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Petizione popolare contro l'intesa tra lo Stato italiano
e i Testimoni di Geova.

Testo integrale

Oggetto

Relazione illustrativa della petizione ex art. 50 Cost., recante la richiesta di istituire una competente Commissione parlamentare per rivalutare, prima della stipula dell’intesa ex art. 8 Cost. con la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, l’opportunità del mantenimento del riconoscimento giuridico, a suo tempo concesso al predetto Ente con D.P.R. n. 783/86.

 

Indice

PREMESSA

MOTIVI DI PERPLESSITÀ

UN PO' DI STORIA

PRINCÌPI CHE TEORIZZANO LA DISSIMULAZIONE DELLA REALTÀ

COARTAZIONE DELLE COSCIENZE?

Diritto di voto
Servizio militare
Ostracismo e violazione della privacy
Diritto all'integrità fisica
Tutela della famiglia

CONCLUSIONE

Petizione

All’On. Presidente del Senato
All’On. Presidente della Camera dei Deputati

E p.c. A S. E. Il Presidente della Repubblica
All’On. Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Sig. Ministro dell’Interno

PREMESSA

I sottoscritti, componenti del comitato promotore della petizione indicata in oggetto, nel consegnare alle SS.LL.Ill.me le prime firme finora raccolte in tutta Italia grazie a iniziative spontanee,

- premettono che i sottoscrittori della petizione in oggetto non intendono minimamente mettere in discussione il diritto alla libertà di culto, che va garantita e assicurata a tutti;

- rappresentano il disagio di tanti cittadini preoccupati per "le attività di nuove organizzazioni che operano al riparo della libertà di religione quando le loro pratiche ledono i diritti dell’uomo e del cittadino e pregiudicano la situazione sociale degli interessati" (cfr. Risoluzione del 22/5/1984 del Parlamento Europeo su un’azione comune degli Stati membri della Comunità europea di fronte a diverse infrazioni alla legge compiute da recenti organizzazioni che operano al riparo della libertà religiosa);

- invocano l’accoglimento della richiesta contenuta nella petizione allegata come esercizio della potestà parlamentare di doverosa attenzione ai fenomeni aggregativi di natura "religiosa", insistenti nel tessuto sociale nazionale, nell’ottica di un’indagine che potrebbe colmare ciò che appare, prima facie, come una sostanziale disattenzione finora mostrata dalle Autorità preposte al controllo dell’attività interna degli enti esponenziali di aggregazioni "religiose" cui si è, forse frettolosamente, concesso il riconoscimento giuridico, anche in considerazione dell’autorevole "Risoluzione sulle sette in Europa" del 29/2/1996, con cui il Parlamento Europeo - tenuto conto che "talune sette, operanti attraverso una rete transfrontaliera all’interno dell’Unione europea, praticano attività di carattere illecito e criminale e commettono violazioni dei diritti dell’uomo" - invitava "i governi degli Stati membri a non rendere automatica la concessione dello statuto religioso e a considerare, nel caso di sette implicate in attività clandestine o criminali, l’opportunità di togliere loro lo statuto di comunità religiose che conferisce vantaggi fiscali e una certa protezione giuridica";

- evidenziano che il radicamento della predetta disattenzione rischia di indurre in tantissimi cittadini - toccati negli affetti più profondi - il convincimento che il nostro sistema democratico si dichiari impotente di fronte ad abusi commessi da aggregazioni pseudoreligiose di vario genere e si rinchiuda nel grigio orizzonte di una passiva neutralità foriera di guasti anche per l’ordinamento democratico in cui viviamo.

Sulla base di tale premessa e in considerazione dei passi finora compiuti dal Governo sulla via dell’intesa ex art. 8 Cost. con la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, i sottoscrittori dell’acclusa petizione chiedono che l’auspicata Commissione parlamentare inizi la propria inchiesta con particolare riferimento alla predetta Congregazione, anche tenendo conto della necessità di dare risposte chiare a pressanti interrogativi del tipo: quando una minoranza "religiosa" presenta la domanda, lo statuto e quant’altro necessario al riconoscimento giuridico, la Pubblica Amministrazione deve preventivamente accertare che si tratti veramente di una religione? e chi fissa i criteri per tale tipo di accertamento? più in generale, è compito dello Stato svolgere questo tipo di accertamenti? o è sufficiente il soggettivo principio di autoreferenzialità del gruppo? In realtà, non spetta allo Stato garantire a tutti i cittadini la piena libertà di vivere (individualmente o collettivamente) anche la propria vicenda spirituale, al riparo da indebite pressioni o turbative?

MOTIVI DI PERPLESSITÀ

L’art. 3 Cost. enuncia il fondamentale principio della pari dignità sociale di tutti i cittadini; orbene, non è raro che, nell’invadente economia di certi esperimenti fideistici, si pervenga a un dilatamento praticamente illimitato delle "attività religiosamente rilevanti" che, di fatto, anche con il ricorso a vere e proprie forme di intimidazione, limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, frapponendo ostacoli di ordine sociale che è compito della Repubblica rimuovere: certe visioni "religiose" hanno una dimensione così coinvolgente da implicare una generale "ritualizzazione degli aspetti consueti della vita"; più che dinanzi ad autentiche "confessioni religiose", in questi casi ci si trova alla presenza di veri e propri "popoli transnazionali" tenuti ad unità dalla partecipazione a una fede totalizzante e totalitaria, capace di abbracciare l’interezza della loro esperienza comunitaria. Come osserva G.B. Varnier, "la presunzione di possedere la verità e quindi la necessità di imporla, porta a manifestazioni di neo-fondamentalismo religioso che non possono essere semplicemente bollate come episodi di scarso sviluppo culturale e a cui occorre porre argine proprio a garanzia della laicità statuale".

Si osserva preliminarmente che il parere della Prima Sezione del Consiglio di Stato del 30/7/1986 n°1390 - atto presupposto al riconoscimento della personalità giuridica concessa alla Congregazione cristiana dei testimoni di Geova - si è limitato ad affermare che: "Gli statuti dei culti ammessi devono conformarsi ai principi dell’ordinamento italiano ai sensi dell’art.8 Cost.; pertanto, lo statuto della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova può essere approvato, non contenendo norme in contrasto con l’ordinamento italiano". Al riguardo è pertinente l’opinione di G.B. Varnier, che afferma: "E’ discutibile il (citato) parere del Consiglio di Stato che non trova di meglio che far ricorso agli Atti dell’Assemblea Costituente e che giunge all’affermazione … ‘che al fine del riconoscimento della personalità giuridica di un’associazione religiosa, non può considerarsi necessario il sindacato volto ad accertare la compatibilità con l’ordinamento statale dell’ideologia religiosa professata’".

E’ appena il caso di rilevare che, se la questione sottoposta all’esame del Consiglio di Stato avesse dovuto limitarsi a una comparazione tra lo statuto della Congregazione in argomento e il nostro ordinamento, in quella sede sarebbe stato quanto meno strano che un’associazione desiderosa d’essere riconosciuta dallo Stato si fosse presentata con una fisionomia diversa da quella richiesta. Lo statuto della Congregazione in oggetto ne costituisce soltanto la facciata pubblica, meglio dire pubblicitaria, in quanto da esso non traspare tutto ciò che il Movimento professa, predica, "consiglia" in modo strettamente riservato. In sostanza, non si evidenzia quello che è l’esercizio in concreto del loro culto! Ci chiediamo: Non è soprattutto questo, piuttosto che il solo controllo formale dello statuto, che rileva ai fini del riconoscimento e, vieppiù, dell’intesa? Pare di sì, stando anche a quanto scrive N. Colaianni, nel suo commento a un disegno di legge sulla libertà religiosa: "il citato disegno di legge sulla libertà religiosa all’art.16 richiede che il Consiglio di Stato, nell’accertare che lo statuto non contrasti con l’ordinamento giuridico italiano e non contenga disposizioni contrarie ai diritti inviolabili dell’uomo, formuli il parere sul carattere confessionale" .
L’art. 8 Cost. recita che ‘le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano’. Quest’articolo, nel 2°comma, collegandosi al principio generale dell’art.2 Cost., ha riconosciuto alle confessioni non cattoliche un àmbito di autonomia e di libertà mai avute nella passata legislazione ecclesiastica. Infatti, è stato riservato ad esse il potere di autodeterminazione, cioè il potere di porre norme efficaci anche nei confronti dello Stato, attraverso statuti interni alle singole confessioni. Tale potere di autodeterminazione trova, comunque, il suo limite nell’ordinamento giuridico italiano con il quale gli statuti e le confessioni religiose nel loro insieme non devono essere in contrasto. Ed è a questo punto che, inevitabilmente, si pongono due questioni: la prima riguarda la natura della Congregazione in discussione; la seconda è quella della compatibilità fra le caratteristiche, le norme di organizzazione, amministrazione e funzionamento del culto in argomento ed il nostro ordinamento giuridico.


UN PO' DI STORIA

Il culto attualmente rappresentato in Italia dalla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova ha fatto il suo ingresso "formale" nel nostro Paese solo dal 2/4/1976, allorché all’ente esponenziale americano - Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania - fu riconosciuto il godimento dei diritti attribuiti agli enti morali italiani grazie al principio di reciprocità sancito da un trattato commerciale tra Italia e Stati Uniti d’America (ratificato e reso esecutivo con legge 18/6/1949 n. 385). Per giunta, l’atto costitutivo della Congregazione in argomento attesta che tale ente esponenziale americano si registrò come società commerciale alla Camera di Commercio di Milano l’8/7/1946.

Eppure, nonostante ciò, in una lettera del 24/11/1998 indirizzata all’On. Presidente del Senato, il Vicepresidente della Congregazione in questione dichiarava che "a detta Camera di Commercio [di Milano] fu iscritta nel luglio 1946 ... una società a responsabilità limitata appositamente costituita e non l’ente statunitense [Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania]".

A cosa si devono queste versioni discordanti, fornite da atti e organi della stessa Congregazione in tempi diversi? Forse nell’atto costitutivo di associazione occorreva "retrodatare" la presenza in Italia dell’ente esponenziale americano per accreditare la tesi che il culto geovista fosse "consolidato nella tradizione italiana", inducendo così in errore le Autorità pubbliche chiamate a pronunciarsi sulla concessione del riconoscimento della personalità giuridica alla Congregazione? Se così fosse, come andrebbe valutata la condotta dei rappresentanti della Congregazione?

E’ noto che la Congregazione nominata in oggetto, con sede in Roma, via della Bufalotta 1281, mensilmente produce e distribuisce decine di migliaia di pubblicazioni religiose le quali fino al 1990 - quindi dopo l’erezione in Ente morale avvenuta nel 1986 - avevano un preciso prezzo di vendita. Orbene, fin dai primi anni di attività "ufficiale" in Italia (segnatamente nel triennio 1976-1978), all’ente esponenziale americano - Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania - fu contestato dal Ministero delle Finanze lo svolgimento di attività commerciale (precisamente di stampa, poligrafia ed editoria); a conclusione di un lungo contenzioso, la prima Sezione della Corte di Cassazione - con sentenza n° 1763 del 27/2/1997 - ha stabilito che le cessioni a terzi, operate dalla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova (subentrata all’ente americano), di pubblicazioni non destinate alla vendita prevalente agli associati identificano attività commerciale.

Chiediamo: se tale attività commerciale svolta dall’ente esponenziale di culto dei Testimoni di Geova fosse stata accertata per tempo (cioè prima del 1986), quale rilievo valutativo ciò avrebbe avuto sulla decisione relativa all’attribuzione della personalità giuridica alla Congregazione in argomento?

Giova, in proposito, ricordare che il fondatore dell’Organizzazione-madre statunitense (Watch Tower Society), Charles T. Russell, scrisse: "La Società Torre di Guardia di Trattati di Sion è solo una associazione commerciale ... La Società Torre di Guardia di Trattati di Sion non è una società religiosa bensì commerciale". Forse si tratta del primo caso nella storia in cui una casa editrice diventa ... una religione!

Inoltre, il 30/1/1984, mentre erano in corso le trattative per la concessione del riconoscimento della personalità giuridica da parte dello Stato, la Congregazione in discussione inviava a pochi fidati "sorveglianti" itineranti una circolare riservata (cfr. allegato A) in cui la Congregazione si dichiarava pronta ad entrare in clandestinità "nel caso dovessero sorgere delle difficoltà in Italia e fossero poste restrizioni sull’opera che compiamo" (cit. da pag. 2 della predetta circolare); le iniziative di cui si parlava non andavano neppure divulgate tra i responsabili dei gruppi locali geovisti perché "si tratta di una cosa confidenziale e particolarmente delicata per cui non se ne dovrebbe parlare in giro" (pag. 3). A quali valutazioni sarebbero pervenute le competenti Autorità se avessero, per tempo, conosciuto tali atti "riservati", o meglio segreti? Quale opportunità si ravvisa nel predisporre un’intesa con un Ente così sleale nei confronti della Controparte statale, il quale programmava attività eversive in contrasto con l’ordinamento giuridico da cui, contemporaneamente, pure chiedeva di essere riconosciuto?

Ma non è tutto. Mediante una circolare riservata del 20/12/1988 la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova notificò a tutti i responsabili delle comunità locali dei Testimoni di Geova in Italia l’intenzione di organizzare alcuni viaggi in Egitto per pochi fidati affiliati allo scopo "di inviare tramite i fratelli un certo quantitativo di pubblicazioni e altro materiale in Egitto", dove l’attività proselitistica e la letteratura dei Testimoni di Geova è "al bando"; quindi, dietro la parvenza di viaggi turistici, organizzati dalla Congregazione in argomento, si reclutavano cittadini italiani di provata fede geovista per introdurre letteratura e "altro materiale" vietati dalle Autorità egiziane. Un’ulteriore circolare della medesima Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, datata 2/11/1995, confermava l’avvenuta effettuazione di viaggi in Egitto da parte di oltre 400 Testimoni di Geova nei mesi di ottobre e novembre 1995 e ne programmava un altro per il 1996 con le medesime finalità dei viaggi precedenti: introdurre letteratura e "altro materiale" vietati dalle Autorità egiziane. Con circolare datata 6/5/1997, la Congregazione comunicava che nei mesi di ottobre e novembre 1996 oltre 280 Testimoni di Geova avevano "visitato" l’Egitto. Anche per il 1999 sono stati previsti altri "tour turistici" del genere. Siccome le Autorità sono state da tempo informate dei fatti citati, quali iniziative sono state assunte di fronte a questa che appare come una evidente preordinazione e realizzazione di atti illeciti ad opera di cittadini italiani da parte della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova? E non sono questi fatti meritevoli di attenta valutazione da parte di un Organo parlamentare di inchiesta che si attivi prima della discussione del disegno di legge di approvazione dell’intesa con la Congregazione in questione?


PRINCÌPI CHE TEORIZZANO LA DISSIMULAZIONE DELLA REALTÀ

Il principio al quale i Testimoni di Geova fanno riferimento e che costituisce il loro punto di forza in molte battaglie legali è da loro stessi definito: strategia della guerra teocratica. In altri termini, quando si tratta di tutelare un loro "diritto" (es.: il rifiuto dell’emotrasfusione) e altre prerogative (es.: riconoscimento della personalità giuridica dell’ente esponenziale e ottenimento dell’intesa), essi ritengono pienamente giustificato il ricorso alla menzogna davanti alle Autorità della P.A., nei tribunali e in altre circostanze. È opinione ufficiale dei Testimoni che "è appropriato non far conoscere la verità a chi non ha il diritto di conoscerla". I Testimoni di Geova, dopo anni di esercitazioni, sono ormai diventati esperti nell’arte di dire solo una parte della verità, in tal modo contravvenendo alle esigenze dei tribunali che, praticamente in tutte le legislazioni del mondo occidentale, richiedono che si dica "la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità". Essi, invece, sono esperti nel dire le mezze verità, nel fare dichiarazioni che possono avere più di un significato, in poche parole nel mentire, e nel far credere di non farlo ricorrendo a sofismi, stratagemmi, trucchi, ed equilibrismi morali.

La Congregazione geovista così definisce la menzogna: "Dire qualcosa di falso a chi ha diritto di conoscere la verità, e far questo con l’intenzione di ingannare o danneggiare lui o qualcun altro" . Quindi aggiunge: "Il fatto che la Bibbia condanni la menzogna non significa che uno sia costretto a informare gli altri di verità che non hanno diritto di sapere".

Ovviamente la Congregazione non ammetterà mai di insegnare a mentire, ma riconosce che mentire ai "nemici di Dio" non vuol dire mentire, ma compiere un atto di "strategia bellica", e che: "La parola di Dio comanda: "Dite dunque la verità ciascuno al suo prossimo". (Efes. 4:25) Questo comando, tuttavia, non significa che dovremmo dire a chiunque ci interroghi tutto quello che vuole sapere. Dobbiamo dire la verità a chi ha diritto di sapere, ma se non ne ha diritto possiamo essere evasivi". Dobbiamo, perciò, aver chiaro in mente che la definizione geovista di "menzogna" non corrisponde al comune significato che a questa parola viene attribuito. La Torre di Guardia (organo ufficiale della Congregazione) spiegava : "Ma nascondere la verità ad un nemico, che non ha diritto di conoscerla, non gli reca alcun male, specialmente quando egli userà tali informazioni per danneggiare altri che sono innocenti ... Quindi in tempo di guerra spirituale è appropriato sviare il nemico nascondendo la verità. Non viene fatto egoisticamente; non reca danno a nessuno; al contrario, fa molto bene". Queste parole sono un chiaro compendio della posizione dei Testimoni di Geova in merito alla "strategia della guerra teocratica".

Come si evince chiaramente, quindi, tutti i critici e gli oppositori - e in prima linea i detestati governi nazionali, intrinsecamente malvagi perché influenzati da Satana - della Congregazione geovista (dai Testimoni stimata come l’unica organizzazione veramente cristiana al mondo) sono considerati "lupi", perennemente in guerra con la medesima Congregazione, i cui seguaci, per converso, sono indicati come "pecore". Inoltre, è "giusto che le innocue ‘pecore’ adoperino la strategia di guerra contro i lupi negli interessi dell’opera di Dio" . Pertanto, tra i "nemici" cui è opportuno nascondere la verità, le istituzioni statali occupano il primo posto!

Procediamo ora alla sintetica esposizione di due casi concreti in cui il suesposto principio delle "strategia della guerra teocratica" è stato adottato con successo nei confronti di autorità statali europeee.

1) A conclusione della 276^ sessione della Commissione Europea per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, tenuta a Strasburgo dal 2 al 13 marzo 1998, fu annunciato che il ricorso n° 28626/95, proposto dalla filiale bulgara dei Testimoni di Geova (Khristiansko Sdruzhenie "Svideteli na Iehova") contro il Governo di Sofia, era stato risolto con un accordo tra le parti in causa.

Il contenzioso tra il Governo bulgaro e l’Associazione geovista di quel Paese era sorto in seguito al rifiuto del riconoscimento legale del geovismo in Bulgaria. Tale rifiuto era stato motivato anche dalla constatazione che certi principi del Movimento geovista possono compromettere la salute pubblica in considerazione del fatto che esse "non mostrano rispetto per la vita umana allorquando si richiede di rifiutare l’emotrasfusione anche in casi in cui è a repentaglio la vita dell’individuo".

A seguito dell’accordo intervenuto tra le parti in causa, il Governo di Sofia assumeva l’impegno di promuovere una legislazione nazionale che consentisse il libero esercizio dell’obiezione di coscienza al servizio militare di leva e di concedere il riconoscimento giuridico all’Associazione bulgara dei Testimoni di Geova; da parte loro, i rappresentanti del geovismo si impegnavano a includere nello statuto dell’Associazione una clausola che consentisse agli affiliati di esercitare una libera scelta in materia di emoterapie, senza alcun controllo o sanzione (come l’espulsione) da parte dell’Associazione.

A prima vista sembrava che l’impegno formale dinanzi alla Commissione Europea per i Diritti Umani, da parte dell’Ente geovista bulgaro, di non sanzionare gli affiliati sottopostisi volontariamente a emoterapie, implicasse un radicale cambiamento nella direttiva, valida a livello mondiale, espressa da La Torre di Guardia del 15 luglio 1961 con le seguenti, inequivoche parole: "chi riceve la trasfusione del sangue dev’essere stroncato dal popolo di Dio mediante la scomunica o disassociazione" (pag. 447). Purtroppo, però, abbiamo assistito a una chiara esemplificazione della "strategia della guerra teocratica" adottata dai vertici geovista; infatti, mentre i rappresentanti dell’ente esponenziale geovista in Bulgaria si accordavano con il Governo di Sofia nei termini suindicati, qualche giorno dopo - il 27 aprile 1998 - con un comunicato stampa, diffuso dalla sede mondiale geovista di Brooklyn a commento della definizione del contrasto con le autorità bulgare dinanzi all’autorevole Organo del Consiglio d’Europa, i vertici internazionali del Movimento precisavano che "i termini dell’accordo non riflettono un cambiamento nella dottrina dei Testimoni di Geova".

2) Com’è noto, in seguito al dissolvimento dell’impero sovietico, in tutti i paesi dell’area ex comunista vi è stata, letteralmente, un’invasione di movimenti religiosi alternativi, che hanno trovato, dopo settant’anni di "ateismo" ufficiale, un campo fertile per la loro propaganda e il loro proselitismo. Fra i tanti, naturalmente, il geovismo si è ritagliato il proprio spazio e, in ossequio all’ormai consolidato principio della "strategia della guerra teocratica", non ha esitato a ricorrere ad un contorcimento della verità, pur di ottenere il riconoscimento giuridico nella Repubblica Ceca. Riassumiamo i fatti risalenti all’estate del 1993.

Il Responsabile del Ministero della Cultura della Repubblica Ceca aveva sollevato alcune obiezioni relative alla richiesta della "Società Religiosa dei Testimoni di Geova" di ottenere la registrazione ufficiale presso il Governo di Praga. La nota ministeriale esprimeva "obiezioni riguardanti i princìpi sui quali si fonda l’opera dei testimoni di Geova"; in effetti le autorità governative di Praga nutrivano le medesime perplessità enunciate dal nostro Consiglio di Stato, con ordinanza n.785 del 2/5/1986, riguardo a emoterapia, servizio militare armato e sostitutivo civile. Infatti, le obiezioni riguardavano tre punti in particolare, e cioè se è vero che i Testimoni di Geova sono tenuti all’obbligo di non sottoporre, qualora necessario, i loro figli minori alle trasfusioni di sangue; se è vero che ai Testimoni di Geova è proibito di svolgere il servizio militare; se è vero che ai Testimoni di Geova è proibito svolgere anche il servizio civile alternativo.

A tutte e tre queste importanti questioni, dalle quali dipendeva il riconoscimento giuridico o meno dell’ente esponenziale nazionale geovista, i signori Eduard Sobicka e Ondrej Kadisa, risposero negativamente , usando - come formula comune per tutti i quesiti - l’espressione: "La risposta è: No, la Società non lo insegna". In altre parole, negarono che:
(1) il geovismo proibisce agli adepti di ricevere per se stessi o per i loro figli sangue in qualsiasi forma, pena la scomunica [disassociazione] dal gruppo;
(2) il rifiuto del servizio militare è imposto dal Movimento, presentandolo come una libera scelta da parte degli affiliati;
(3) ai Testimoni fosse proibito di svolgere il servizio civile sostitutivo perché la Bibbia non dice nulla sull’argomento.

La citata lettera della "commissione" geovista è un evidente esempio di sleale difetto di chiarezza. Al fine di sottrarsi alle negative conseguenze che avrebbero comportato delle informazioni esplicite ed univoche, gli estensori della lettera ricorsero a mezzi subdoli. Infatti, la prima domanda rivolta all’organismo geovista dal Ministero della Cultura era: "La Società dei Testimoni di Geova insegna che un genitore, appartenente alla Società, deve impedire al proprio figlio minorenne di ricevere una trasfusione di sangue anche quando, secondo l’opinione dei medici, il rifiuto della trasfusione di sangue può causare gravi conseguenze o addirittura la morte?" Al solo scopo d’indurre l’autorità governativa, destinataria della lettera, a lasciarsi suggestionare dal tono usato fino al punto di recepire ciò che corrisponde non tanto al contenuto letterale dell’informazione, ma quasi esclusivamente al modo della sua presentazione, la lettera affermava: "La risposta è: No, la Società non lo insegna". Ma subito seguiva un "Commento aggiuntivo" che dissimulava la menzogna appena esternata con sapienti sottintesi ("la Società non pretende di controllare la vita di coloro che aderiscono ad essa"), con accertamenti suggestionanti ("la Società dei testimoni di Geova ha il massimo rispetto per i traguardi raggiunti dalla scienza medica"), con artificiosi riferimenti a notizie "neutre" perché insignificanti o, comunque, di scarsissimo valore sintomatico ("la Società dei testimoni di Geova è lieta di potersi rendere utile nell’assistere sia i genitori che i medici provvedendo loro le informazioni necessarie").

Quest’episodio, pertanto, costituisce un’ulteriore dimostrazione dell’assunto che, quando questo Movimento ritiene di doversi travisare allo scopo di ottenere vantaggi per se stesso, non esita a farlo, anche ricorrendo alla menzogna o a false informazioni, come nel caso appena illustrato.

Il Consiglio di Stato, nell’ordinanza n°785/86, riteneva utile "conoscere anche i principi e le direttive dell’Organizzazione Mondiale dei Testimoni di Geova" prima di esprimersi sul riconoscimento della personalità giuridica da concedere alla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova. Tale richiesta era motivata dal fatto che nello statuto della Congregazione si dichiara che "la Congregazione opera in armonia con i princìpi e con le direttive dell’Organizzazione Mondiale dei Testimoni di Geova", che il presidente della Congregazione "mantiene i contatti spirituali con l’Organizzazione Mondiale" e che "in caso di scioglimento o di estinzione, il patrimonio della Congregazione sarà interamente devoluto ad altra istituzione in Italia avente scopi analoghi e retta dai princìpi che guidano l’Organizzazione Mondiale dei Testimoni di Geova" . Perciò, è importante sottolineare che nel valutare la prassi di questa Congregazione non ci si può limitare all’ambito nazionale; la Congregazione italiana dipende strettamente dall’Organizzazione Mondiale i cui princìpi e la cui prassi è tenuta ad osservare scrupolosamente. Pertanto, la valutazione dei principi cui si uniforma l’Organizzazione Mondiale geovista riveste fondamentale importanza, in quanto non è la Congregazione italiana che determina scelte e politiche compatibili con il nostro ordinamento giuridico, bensì l’ente americano: Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania. Pertanto, può verificarsi una incompatibilità fra quanto sostenuto nello statuto della Congregazione italiana, il quale deve essere conforme al nostro ordinamento, e quanto attuato praticamente dal culto in esame. Ciò è in effetti accaduto e continua ad accadere in varie nazioni come abbiamo appena illustrato. Tanto premesso, anche nel caso del riconoscimento giuridico accordato alla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova italiana con d.P.R. 783/86, temiamo che, da un attento esame degli atti preliminari di fonte geovista, potrebbero comparire astuzie e trucchi travestiti da ragionamenti, cavilli furbeschi, sofismi spumeggianti, inesattezze e falsità ben mimetizzate, omissioni e silenzi tattici, condizionamenti sotterranei analoghi a quelli manifesti nel caso della lettera praghese.

COARTAZIONE DELLE COSCIENZE?

Nel caso dei Testimoni di Geova, il tentativo di travisare la verità e di presentare i fatti in una luce volutamente distorta allo scopo di conseguire un risultato favorevole alle loro tesi, è stato tradotto in prassi. Prassi tanto codificata da trovare collocazione in alcuni manualetti ad esclusivo uso interno dei legali che assumono il patrocinio dei Testimoni nei tribunali e che costituiscono un illuminante esempio di traduzione moderna del deprecato principio machiavellico: "il fine giustifica i mezzi". Per usare le parole di chi ha raccolto diverse esperienze sul tema: "I tribunali, i sistemi giudiziari, gli altri membri della famiglia, gli ex coniugi, ecc., a motivo del fatto che si oppongono ai Testimoni o per il solo fatto che non fanno parte della "organizzazione di Geova", non meritano di conoscere la verità. Per i Testimoni di Geova, essi appartengono a Satana ed è giusto mentire loro per proteggere "Geova" e la sua organizzazione terrena (cioè la Società Torre di Guardia)" .

Un magistrato della città di Kansas City, il giudice Bouska, in occasione di un procedimento implicante un Testimone di Geova, giunse alla conclusione che il geovismo insegna: "Non vi è niente di male nel depistare o anche nel mentire a qualcuno se questi non è un Testimone di Geova" .

Quindi, quando un magistrato (o un qualunque funzionario dello Stato) dovesse trovarsi ad esprimere delle valutazioni d’ufficio relative a fatti e circostanze implicanti affiliati di questo Movimento, dovrebbe tener conto che di fronte a sé ha degli individui che, pur dissimulando la realtà, non pensano d’essere non veritieri, ma pienamente nel giusto e che non mostrerebbero, nemmeno se sottoposti al Lie Detector, turbamenti di sorta perché convinti di dire ciò che è giusto.

A chi si chiede come sia possibile che gli appartenenti a un Movimento, che si dichiara l’unica confessione cristiana oggi esistente al mondo, possano senza difficoltà fare della menzogna deliberata (o, se vogliamo ricorrere alla fraseologia geovista, del non rivelare la verità) una delle loro principali risorse quando si trovano in difficoltà, rispondiamo che è proprio a motivo del fatto che gli affiliati hanno sviluppato la cosiddetta "mentalità dell’assedio". Si ritengono, cioè, assediati dal nemico - cioè il mondo intero - e per poter sopravvivere devono ricorrere a tattiche di strategia bellica "spirituale" che consentono di battere il loro principale avversario, il Diavolo, rappresentato vicariamente dai governi e dalle autorità umane. Come un agente segreto in tempo di guerra, se spia il nemico per la patria, è considerato un eroe, allo stesso modo, i Testimoni di Geova, quando riescono a dissimulare i loro veri sentimenti e il loro reale modus operandi al nemico, considerano tale comportamento commendevole, anzi, appropriato e voluto da Dio.

Diritto di voto

Pur rappresentando un gruppo religioso relativamente piccolo, la Congregazione in argomento cerca di esercitare un’influenza che è inversamente proporzionale alla consistenza numerica degli affiliati. Che i Testimoni di Geova siano un gruppo estremamente combattivo e che considerino loro funzione peculiare la lettura "autentica" delle legislazioni delle Nazioni che li ospitano, poi, è un altro dei loro tratti caratteristici. Molti dei loro sforzi sono infatti rivolti, e questo da lungo tempo, alla continua contestazione delle leggi e dei regolamenti vigenti.

Nel merito, va preliminarmente osservato che ai Testimoni di Geova, i quali per loro stessa ammissione si definiscono cristiani che "non fanno più parte dell’organizzazione di questo mondo che è l’organizzazione del Diavolo" , viene inculcato il concetto di estraneità alla Nazione. Infatti, così la letteratura diffusa dalla Congregazione definisce chi esercita il suo culto: "come straniero non ha nessun diritto di votare e di prendere parte alle questioni politiche del paese dove risiede quale forestiero o straniero" . L’ideologia di tale Movimento giunge al punto di affermare che: "colui che opta per un governo umano opta nel medesimo tempo per un governo satanico" ; e recentemente ha precisato: "i testimoni di Geova si sentono in obbligo di non interferire nella politica del paese in cui risiedono" . E’ evidente che queste affermazioni tendono oggettivamente ad intaccare l’unità dello Stato, facendo sì che dei cittadini italiani si sentano e si comportino da stranieri nella loro Patria, infatti, i Testimoni di Geova italiani si considerano "ambasciatori di una nazione straniera" (il loro "regno di Dio"), ma nella pratica questo "regno" coincide con la "teocrazia" di Brooklyn (sede mondiale del Movimento) con le sue ferree leggi, spesso conflittuali con quelle delle nazioni in cui operano i suoi "ambasciatori". In tale situazione si giunge al paradosso che lo Stato italiano dovrebbe riconoscere la qualifica di "ambasciatore" ad un "cittadino di stato straniero", stato con il quale l’Italia ... non ha relazioni diplomatiche!

In relazione ai condizionamenti che tali principi implicano sull’effettivo esercizio di voto degli affiliati, la predetta Congregazione ha sempre respinto tutte le accuse di attività anticostituzionale, indicando che l’astensione dal voto (sia in occasione di elezioni politiche che amministrative, ma anche nel caso di referendum ed elezioni scolastiche) sarebbe frutto di scelte personali dei singoli associati. La falsità di tali asserzioni si evince chiaramente dalla stessa letteratura ufficiale del Movimento . Infatti, il quindicinale La Torre di Guardia (organo ufficiale della Congregazione in argomento) del 1964, p. 660, attestava: "Per i cristiani maturi (cioè i Testimoni di Geova), la questione di quale atteggiamento assumere riguardo alle elezioni politiche non presenta nessun problema. Nei paesi totalitari spesse volte le persone sono obbligate dalla legge a recarsi alle urne e talvolta sono anche prelevate a casa e condotte alle urne. Anche in certe democrazie la legge rende obbligatorio per i cittadini l’andare alle urne. I testimoni di Geova non prendono parte alla politica in nessun paese. ... Perciò non prendono parte alle votazioni durante le elezioni. Essi non compromettono la loro neutralità in questioni di politica, comunque, se vanno alle urne (perché costretti) e annullano in qualche modo la scheda, cancellandola o scrivendo ad esempio su di essa le parole ‘Sono per il regno di Dio’. In questo modo egli dice a favore di che cosa è. Facendo questo la loro scheda sarà annullata; non conterà nell’elezione di un uomo. Hanno osservato la legge e sono andati alle urne (se la legge lo impone) e probabilmente hanno evitato la punizione". (Parentesi aggiunte).

Si tratta di istruzioni chiare ed inequivoche; ma non sono le sole, è disponibile pure un esplicito riscontro più recente. Biasimando coloro che abiurano la fede del Movimento, La Torre di Guardia del 1°/12/1989, pp. 13-14, evidenziava: gli apostati "sono felici di non dover più essere diversi per quanto riguarda la neutralità cristiana ... Ora possono persino votare per uno dei partiti politici". Se, ora, un ex Testimone di Geova è libero di votare, allora significa che, da Testimone, costui non godeva della stessa libertà .

In base a quanto premesso si chiede al Parlamento di verificare compiutamente:
* se l’attività della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, Ente morale ex d.P.R. n° 783/86, possa essere inquadrata nell’ambito delle associazioni con caratteri antinazionali;
* se la notoria constatazione secondo cui i Testimoni di Geova sistematicamente non esercitano il diritto-dovere di voto conferma "la concretezza ... a provocare un effettivo e concreto pericolo di adesione alle idee ... contrarie alle norme dell’ordinamento".

Servizio militare

Con riferimento alla valenza giuridica della libertà di coscienza, se ne individua l’oggetto nel diritto della persona a formare i propri convincimenti al riparo da indebite pressioni; correlativamente lo Stato ha l’obbligo di creare tutte le condizioni per favorire una formazione degli spiriti la più libera possibile da condizionamenti e manipolazioni. La considerazione di quest’aspetto della tutela della libertà di coscienza è doverosa specie nella nostra epoca, in cui molti movimenti religiosi alternativi, servendosi in modo massiccio dei mezzi di comunicazione di massa, influenzano, spesso in forma illecita, il libero sviluppo di quello spirito critico che è alla base della libera esplicazione della personalità umana.

Sulla scorta di recente letteratura, ampiamente distribuita e facilmente reperibile, si sostiene che nel caso della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova ci troviamo di fronte a comportamenti caratterizzati dall’ossequio non tanto ai princìpi che, in materia religiosa, la coscienza degli affiliati abbraccia, quanto alle norme della Congregazione, perché i comportamenti dell’affiliato attuano "in toto" le regole del Movimento . Per illustrare, Raymond V. Franz (ex componente del Direttivo mondiale del Movimento) menziona un rapporto riservato dei vertici della filiale italiana del Movimento in argomento, inviato all’Organizzazione-madre statunitense alla fine degli anni Settanta, in cui si asseriva tra l’altro: "Da contatti diretti avuti con fratelli (Testimoni di Geova italiani) che affrontavano il problema del servizio militare, abbiamo notato che nella maggioranza dei casi essi non comprendevano il motivo per cui non avrebbero potuto accettare di fare il servizio civile alternativo" . Per questo motivo, si sostiene che i Testimoni di Geova non possono essere considerati veri obiettori di coscienza perché si pongono in una posizione non di dialogo con l’ordinamento (da loro recepito come satanico, intrinsecamente malvagio), ma di assoluta indifferenza, se non in contrapposizione netta .

Grazie alla testimonianza di numerosi ex Testimoni di Geova, sono stati divulgati documenti riservati di estrema importanza che comprovano quanto affermato finora . Uno di questi testi, non disponibili al pubblico, noto con la sigla KS 91 , a p. 140, sostiene: "I testimoni di Geova mantengono la neutralità nei confronti delle questioni politiche e militari delle nazioni. ... Non interferiscono in ciò che fanno gli altri in quanto a votare alle elezioni politiche, presentarsi candidati a cariche politiche o fare campagne politiche, unirsi a organizzazioni non neutrali (cioè fare il militare). ... Poiché i veri cristiani dedicati ‘non fanno parte del mondo’, se un (Testimone di Geova) ... viola la sua neutralità cristiana si dissocia in tal modo dalla neutrale congregazione cristiana. ... Se gli anziani (i responsabili delle comunità locali geoviste) sanno che una persona sta pensando di intraprendere una condotta del genere, dovrebbero parlarle in quanto è possibile che agisca in tal modo per ignoranza". (Parentesi aggiunte) Tradotto in termini laici, tutto ciò significa che, se un Testimone di Geova sta per intraprendere una condotta che lo porterà a "violare la neutralità", cioè è intenzionato a esercitare il diritto di voto, ovvero è deciso ad adempiere gli obblighi di leva, allora seguirà l’intervento della Congregazione: se l’intervento dissuasivo dovesse rimanere infruttuoso, si applicherà la sanzione della dissociazione (leggi espulsione) per violazione di neutralità ad opera di un comitato giudiziario . E’ da notare, a tal proposito, che l’espulsione rappresenta per il Testimone una sanzione gravissima, un vero e proprio ricatto di ordine morale .

Diverse circolari e lettere ufficiali del Movimento dimostrano, da un lato, che chi adempie gli obblighi di leva deve comparire davanti a un comitato giudiziario per l’espulsione; dall’altro, che si deve procedere, in tali casi, con la massima segretezza. I documenti dimostrano pure che disassociazione e dissociazione sono equivalenti anche nelle conseguenze. In una lettera della Sede romana del Movimento, identificata con la sigla SCC:SSB, del 9/11/82 (cfr. Allegato D), si avvertiva la consapevolezza, da parte dei vertici italiani del Movimento, che tale segretissima prassi di espellere chi vota o fa il servizio di leva, è illegale per cui, se scoperti, tali "documenti delicati ... potrebbero farci incontrare delle difficoltà".

Da quanto evidenziato, appare palese che l’esercizio in concreto dell’ideologia propugnata dalla Congregazione in questione può rappresentare un’istigazione a disobbedire alle leggi (e che i giovani affiliati alla Congregazione in età di leva si astengano dal prestare servizio militare e solo da poco - repentinamente a seguito delle direttive impartite nel 1996 dai vertici mondiali americani del Movimento - accettino di prestare il servizio sostitutivo, è sintomatico del fatto che non si tratta di obiezione di coscienza, bensì di imposizione normativa).

Siccome il dovere di fedeltà alla Repubblica, sancito dalla Costituzione, non può essere ridotto solo all’astensione da attentati contro la Costituzione dello Stato, o dall’obbligo di una osservanza non meramente formale della legge, in ragione del fatto che la fedeltà precede l’osservanza e ne è il necessario presupposto, si chiede al Parlamento di verificare la fondatezza delle documentate critiche riferite e di appurare se, nel caso dei Testimoni di Geova, il rifiuto del servizio militare sia effettivamente una disposizione normativa alla quale gli affiliati sono obbligati ad attenersi pena l’espulsione.

Ostracismo e violazione della privacy

Infine - ma solo per limitare il presente esposto ai principali motivi di perplessità suscitata dalle direttive impartite dalla Congregazione e attuate dagli affiliati con lo spauracchio dei "comitati giudiziari" - dubitiamo che ai rappresentanti dello Stato siano stati mostrati i KS (manuali contenenti le istruzioni sulle procedure giudiziarie riservate ed accessibili ai soli responsabili di comunità o "anziani), gli archivi "riservati" (o, meglio, segreti, in quanto non ne è consentita la pubblica visione) e le circolari interne. In altre parole, è stato tenuto riservato (nel senso di occultato, messo in disparte, tenuto nascosto) il meglio, proprio ciò che è maggiormente rilevante: l’esercizio in concreto della religione professata dai Testimoni di Geova.

Non a caso, nel 1992 in Danimarca le autorità scoprirono - in modo del tutto fortuito - che l’ente esponenziale geovista danese aveva violato sistematicamente le norme sulla privacy vigenti in quel Paese. Per quanto riguarda l’Italia, si fa rilevare che le circolari "confidenziali", datate 14/3/97 e 20/7/98 (cfr. Allegato E), emesse dalla Congregazione in questione, hanno impartito la direttiva - diramata agli "anziani" sparsi in tutt’Italia - di redigere rapporti riservati sugli affiliati che, anche prima della conversione, hanno tenuto comportamenti sessuali moralmente deprecabili, schedatura effettuabile all’insaputa dei diretti interessati . In relazione al rispetto della legge n. 675/96 sulla protezione dei dati personali, si chiede al Parlamento di valutare se il descritto operato dell’Ente in oggetto sia conforme allo spirito della normativa vigente.

Una serie di circolari dell’Ente in questione dimostra l’esistenza di una prassi giudiziaria molto articolata tra i Testimoni di Geova . Il già citato KS - "Libro di testo" ad uso interno dei responsabili di comunità geoviste (i cosiddetti "anziani") - costituisce anche una sorta di "codice di procedura penale" dell’Ente; infatti, alle pagg. 57-59 dell’edizione del 1977 e alle pagg. 92-96 dell’edizione del 1991, viene riportato un elenco di "peccati" con accanto l’indicazione della norma biblica violata [es. ubriachezza = Prima epistola ai Corinzi cap. 5, verso 11]. In relazione a tale attività giudiziaria, la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova detiene un archivio segreto dove sono contenuti informazioni e dati riservati che spesso attengono alla vita privata degli stessi affiliati (abitudini personali, vita sessuale, eventuali trasgressioni di competenza della Magistratura), non garantendo in tal modo alcuna tutela della dignità e dei diritti della persona (art. 13 Cost.).

Diritto all'integrità fisica

Il dettato dell’art. 32 Cost., nato dall’esigenza di evitare illecite interferenze da parte dei pubblici poteri, nella sfera del singolo, è stato talvolta interpretato come una sorta di "magna charta" degli autolesionisti e dei suicidi. Si rileva che il rispetto della persona umana costituisce un limite all’esercizio di qualsiasi diritto o potere e, quindi, l’insuperabile parametro di legittimità dell’esercizio, non solo del potere statuale, ma anche dell’autodeterminazione del singolo.

Spetta certamente al legislatore il potere di valutare i principi delle varie confessioni religiose ai fini del loro riconoscimento. Comunque è pacifico che il cittadino non gode di una sorta di libertà illimitata e incontrollabile nel perseguire l’osservanza del proprio credo religioso o politico, che è costituzionalmente garantito solo nell’ipotesi in cui non interferisca, all’esterno, con diritti aventi pari dignità costituzionale e non si risolva, all’interno, in uno svilimento della stessa ‘persona umana’ che lo propugna. Appare immeritevole di tutela anche il credo religioso che, pur non imponendo istituzionalmente ai propri adepti il suicidio come mezzo diretto di ascesi, tuttavia lo prevede come conseguenza indiretta e ineluttabile di pratiche o divieti manifestamente ingiustificati, bizzarri e futili. Del resto, il divieto geovista delle emoterapie assai poco giustificabile sotto l’aspetto della serietà se si considera che, mentre da un lato non si consente l’uso del sangue per finalità terapeutiche dall’altro si ammette l’uso alimentare della carne con la disinvolta giustificazione che essa, dopo la macellazione, ha perduto gran parte del sangue che conteneva. Appare sufficientemente chiaro, a questo punto, quale possa essere il gradiente di credibilità di chi vieta la trasfusione sanguigna fino all’estremo sacrificio e consente il trionfale ingresso della "fettina" nel desco dei propri adepti e in che misura soprattutto, in tal modo, si attui il rispetto per la persona umana.

Sul problema dell’emoterapia, si richiama la circolare geovista dell’1/12/1981 dove si affrontano gli aspetti sanitari e quelli legali della questione. L’aspetto più agghiacciante, però, viene affrontato alla fine di detta circolare, nel foglio di consigli di contenuto riservato, in cui si arriva addirittura a consigliare ai responsabili delle comunità locali geoviste di proporre alcuni "suggerimenti" ai genitori Testimoni di bambini talassemici o leucemici per precostituirsi delle vere e proprie prove in caso d’imputazione ex art. 591 c.p., ovvero nel caso in cui "il figlio morrà per mancata trasfusione".

Va ribadito che, pur rispettando la scelta religiosa di ogni credente, non si può assimilare l’obiezione all’emoterapia ad una qualsiasi obiezione di coscienza. Innanzitutto, perché non di scelta si tratta, bensì di obbligo normativo: il Testimone di Geova che dovesse abbisognare di tale presidio terapeutico, si trova di fronte al dettato di La Torre di Guardia del 15/7/1961, pp. 446-448, che così stabilisce: "se (il Testimone di Geova) continua ad accettare trasfusioni di sangue o a donare sangue ... Quale ribelle oppositore e infedele esempio per i conservi della congregazione cristiana, egli deve essere stroncato da essa mediante la disassociazione" (parentesi aggiunte). Quindi, non c’è libertà di scelta quando una delle due alternative è la punizione, sia essa fisica oppure no.

Purtroppo, a questi responsabili locali, definiti "anziani", non viene chiesto di limitarsi a controllare la scrupolosa attuazione delle direttive della Congregazione, ma - come evidenziava una circolare geovista del 3/1/1996 - "se in qualche situazione critica il comitato sanitario vi chiede di rimanere con il paziente all’ospedale perché i medici minacciano di fargli una trasfusione, fate del vostro meglio per cooperare. Potreste dover organizzare le cose in modo che altri anziani e fratelli maturi vi assistano affinché ci sia sempre qualcuno presente fino a che il paziente migliori e la minaccia di una trasfusione sia eliminata".

I Testimoni di Geova invocano l’art. 32 Cost. a tutela del proprio rifiuto dell’emoterapia; tuttavia La Torre di Guardia del 15/6/1991, pag. 31, istigando i Testimoni a violare ordinanze della Magistratura, afferma: "se sembrasse probabile che un tribunale autorizzi una trasfusione, un cristiano potrebbe scegliere di non rendersi reperibile per tale violazione della legge di Dio". E, purtroppo, questo "consiglio" è stato ripetutamente applicato da diversi Testimoni di Geova

In definitiva la Congregazione geovista impone l’esercizio dell’obiezione di coscienza ai suoi affiliati che, se non fosse per la paura dell’espulsione, risolverebbero il conflitto interiore tra la norma giuridica ed il precetto confessionale diversamente da come richiede il Movimento. Infatti è spesso accaduto che, venuto meno il veto dei vertici dottrinali geovisti, i singoli Testimoni si sono di buon grado sottoposti a pratiche prima vietate (come nel caso dei trapianti d’organo, delle vaccinazioni e, di recente, per il servizio civile sostitutivo di quello di leva). Questo dimostra che per i Testimoni di Geova l’obiezione di coscienza non è libera determinazione dell’individuo, ma atto obbligato e indispensabile per conservare l’appartenenza al gruppo; da mezzo di valorizzazione della personalità umana si trasforma in strumento di difesa integralistica dell’identità del gruppo geovista, che viene a sovrapporsi anche alle leggi dello Stato.

Si auspica che il Parlamento vorrà verificare, in particolare, se l’esercizio del culto geovista violi norme penali dettate in materia di ordine pubblico e di tutela dei diritti della persona. Infatti, si ritiene che, a prescindere dallo statuto, (che, come detto, rappresenta solo l’aspetto propagandistico della Congregazione), alcune l’attività, poste in essere dai Testimoni di Geova, si ispirino a quelle azioni che poi lo Stato è costretto a perseguire come contrarie al suo ordinamento giuridico.

Tutela della famiglia

Premesso che l’esercizio della libertà religiosa ha ricadute anche sul tessuto familiare, consideriamo ora come, anche in questo campo, la Congregazione in argomento commette abusi sui quali s’impone l’attenzione del Parlamento al fine di ristabilire le condizioni per un sereno esercizio di tale libertà da parte degli affiliati. Stando ad esplicite ammissioni contenute in atti ufficiali della citata Congregazione (per esempio la circolare SSC datata 7/2/1977), la concezione del vincolo matrimoniale propugnata dalla medesima è "praticamente in contrasto con gli articoli del Codice civile italiano"; infatti, nella "formula per la celebrazione del matrimonio" - allegata alla circolare appena menzionata - a dispetto del diritto di famiglia, che pone sullo stesso piano i coniugi, si evidenzia la supremazia del ruolo maritale nel rapporto di coppia geovista: si aggiunge un "comunque", dopo la lettura degli artt. del c.c. di prassi, che relativizza l’importanza della legge e la subordina all’interpretazione biblica citata; inoltre, dal confronto delle domande rivolte ai nubendi dal ministro di culto, si evince che l’interrogativo posto alla donna comprende sempre l’espressione "rispettarlo profondamente", che invece non compare nel quesito rivolto all’uomo. Il che attesta un’impostazione illecita del rapporto di coppia, basato - secondo la Congregazione in argomento - sulla supremazia dell’uomo, in contrasto con i cardini del diritto di famiglia adottato da ogni moderna società civile. In effetti, in contrasto con il c.c. che statuisce la parità dei genitori all’interno del nucleo familiare, la prassi comportamentale - inculcata sistematicamente dalla Congregazione - prevede la supremazia del ruolo maritale confermando che "l’obbligo di provvedere fisicamente come pure spiritualmente ai figli ricade principalmente sui genitori, in particolare sul padre" . Data l’attuazione sistematica della predetta direttiva congregazionale, che pregiudica il riconoscimento dei pieni diritti civili della moglie, e considerato che tale prassi era già in vigore prima della concessione del riconoscimento di personalità giuridica, perché non è stata revocata l’autorizzazione a celebrare matrimoni, concessa a suo tempo ai ministri di culto della più volte citata Congregazione?


CONCLUSIONE

Com’è possibile che il Governo italiano abbia ravvisato l’opportunità di stipulare un’intesa con la Congregazione in oggetto, la quale esercita un controllo autoritario sugli affiliati e ne limita indebitamente la libertà? Piuttosto, i fatti di cui alla presente relazione dovrebbero indurre a considerare la predetta Congregazione, nella sua essenza, come un centro d’interessi non sempre in linea con la nostra Costituzione .

Nel caso della Congregazione indicata in oggetto, lo Stato si trova dinanzi a una fattispecie che autorevole dottrina ha così definito: "Quando una confessione religiosa lotta per far sì che la legalità statale si adegui alla moralità specifica propugnata dalla confessione stessa, quest’ultima non può che ricondursi alla figura sostanziale di gruppo di pressione, che come tutti i gruppi di pressione dispone dei normali canali (partiti, opinione pubblica) predisposti in una democrazia rappresentativa proprio perché gli interessi della base facciano sentire il loro peso nelle decisioni politiche da prendere. Al gruppo confessionale, in quanto gruppo di pressione, non può essere consentito il canale della negoziazione" .

Per giunta, come si ritiene di aver parzialmente documentato, profili molto delicati sorgono in rapporto a certi aspetti, se la pratica rispecchi realmente le norme contenute nello statuto o se ne discosti. D’altra parte, più in generale, non può certo negarsi che gruppi sociali con finalità pseudoreligiose esercitino di fatto un’azione diretta a determinare una reazione dell’opinione pubblica al fine di orientarla in senso favorevole ai princìpi dei singoli gruppi e ad influenzare gli indirizzi e le tendenze dell’azione dei poteri pubblici; l’opinione pubblica è influenzata nelle motivazioni in base a posizioni di potere precostituite e, tra queste, quelle di tali gruppi sociali con oscure finalità pseudoreligiose sono particolarmente rischiose per la sopravvivenza dei princìpi autenticamente democratici.
Convinti che l’argomento non si può esaurire nel sintetico ambito di una relazione illustrativa di una petizione, gli scriventi restano a disposizione per ogni ulteriore accertamento, con riserva di esibire la cospicua documentazione in loro possesso.

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