Nell'estate del 1995 decedeva in Genova l'agente di commercio Angelo Ghiglione - già assessore provinciale per il Partito Repubblicano - e fra le sue carte veniva ritrovata una raccolta inedita di canti popolari di Porto Maurizio. Un'indicazione di pugno del Ghiglione attribuiva la raccolta alle ricerche compiute da tale Bartolomeo Acquarone. Il Dizionario Biografico dei Liguri (Consulta Ligure,Genova,1992) ci informa che un Bartolomeo Acquarone, nato a Porto Maurizio nel 1815 e deceduto a Siena nel 1896, fervente mazziniano, fu tra i volontari in Lombardia nel 1848; laureato in Legge e in Lettere, fu giornalista, traduttore dall'inglese de "Il dottor Antonio" di Ruffini ed autore di una "Vita di Fra' JeronimoSavonarola"; fu poi docente di Diritto Costituzionale ed Internazionale a Siena.
      Non si hanno notizie circa una sua attività di studioso del folklore, ma quest'ultima poteva forse costituire per lui un interesse occasionale, peraltro non sorprendente in una persona vissuta nel clima culturale del Risorgimento, ove -anche sulla base di suggestioni tardoromantiche - l'esaltazione del "popolo" e la valorizzazione delle sue tradizioni si inquadrava in un preciso programma politico, volto a rinsaldare il sentimento nazionale unitario.
       La raccolta di canti liguri giunta in nostro possesso consta di cinque fogli, redatti in momenti diversi, a giudicare dalle differenze nella qualità della carta e nella calligrafia. Vi è poi un foglietto con annotazioni quasi illeggibili, riguardanti il significato di alcune parole. Dallo stesso foglietto si può desumere che l'Acquarone aveva compiuto ricerche anche nelle zone di Alessandria, di Ovada e dell'Orba, i cui risultati, però, non ci sono pervenuti. D'altronde, neppure i canti liguri ci sono pervenuti integralmente, poichè quello che qui consideriamo il terzo foglio inizia con una "canzone terza" e ciò prova che le prime due sono andate perdute.
        Circa la data di compilazione, si osserva che due dei fogli recano in filigrana il nome della cartiera e la data di fabbricazione: "BAR.MEO TESTA 1840". C'è poi un sesto foglio, apparentemente tra i più recenti, che contiene poesie e canti popolari in dialetto nizzardo, e recante il nome dell'informatore, tale Joseph-Rosalinde Rancher. Consta che il Rancher, poeta dialettale autore di una "Nemaida, o sia Lou trionf dai sacrestan" di spiriti anticlericali e giacobini, era nato nel 1785 e morì nel 1843. La datazione della raccolta ligure potrebbe insomma essere collocata intorno alla fine degli anni '30 o primissimi anni '40 del diciannovesimo secolo, contemporanea dunque di quella ovadese del Buffa.
        I primi due fogli contengono composizioni del genere definito "strambotto", "stornello" o, in genovese, "strunello". D'origine antichissima, forse siciliana, lo strambotto - da cui secondo alcuni sarebbe derivata la forma metrica del sonetto - è un breve componimento in endecasillabi a carattere satirico, epigrammatico e, successivamente, anche amoroso. Il secondo foglio contiene anche due sonetti d'argomento filosofico-religioso, intitolati "Ego sum qui sum", probabilmente opera dell'Acquarone stesso. Gli altri tre fogli contengono canzoni di tipo narrativo, o ballate, alcune delle quali ben note anche al di fuori della Liguria, con numerose varianti: la canzone detta "della Mal Maritata" ad esempio (IV, 1), quella  "del Falso Pellegrino" (III, 1), quella "dei Mietitori" (IV, 4).
        Come spesso accade nei canti popolari, anche questi presentano contenuti fortemente impersonali, atemporali; di provenienza colta, vi compaiono i luoghi comuni della poesia e dell'invettiva amorose, di cui il popolo si è impadronito, adattandoli alle proprie esigenze, spesso stravolgendoli. Lo prova anche la lingua usata, un ibrido italianizzante dove, accanto a parole e frasi tipicamente ponentine, ne compaiono altre chiaramente genovesi, forse perchè il genovese era sentito come "lingua dotta" quasi al pari dell'italiano, o forse perchè esso potè costituire il tramite con le regioni da cui i canti originariamente provenivano.
        In una canzone (III,5) in particolare, si riscontrano mischiati assieme elementi genovesi, centro-italiani e veneti. Un'altra (IV, 8) è in un genovese pressochè puro. Compaiono in questi canti parole liguriassai antiche, o usate in accezioni diverse da quelle conosciute; ad esempio pezzin (I, 8) sorta di danza,ma letteralmente piedino; e poi piccozin (I,23) pettegolezzo, letteralmente piccola scure; saìa (IV,1) veste
di seta (voce medievale; secondo il Toso, nella sua Storia Linguistica della Liguria, da sagum attraversoil francese saie); ed ancora gaccia (III,4) che in genovese vale bocchetta della serratura, ma qui sembra usato in senso aggettivale, col significato di larga.
      Tuttavia, l'aspetto di maggior interesse in questa raccolta non è, almeno per lo scrivente, scoprirne la provenienza immediata; la sua vera suggestione sta nell'essere uscita da un passato che non è limitato all'altroieri e ad una località precisamente determinata, ma è antico quanto il cuore dell'uomo.Miti universali vi fanno capolino, sebbene non più compresi dall'informatore: si pensi all'ambiguità del distico che inaugura la raccolta ("Tocca, angero de Dio") , al di là del significato erotico, che poteva essere quello di più immediata fruizione per l'esecutore ed il suo pubblico, facilmente vi si può indovinare una vera invocazione ad intermediari celesti, affinchè proteggano la navigazione.
         La canzone cumulativa "Margariton" è con tutta evidenza una continuazione, sebbene residuale e degradata, di qualche rituale pagano propiziante il perenne rinnovarsi della natura, madre universale, tramite la progressiva celebrazione delle singole parti del corpo di un essere femminile e il suo simbolico smembramento. L'isola "in mezzo de lo mâ", che per miracolo non sprofonda e dove si trova un faro sempre acceso, è, come testimonia il "requiem eternam" del verso successivo, una delle possibili figurazioni dell'archetipica  "isola dei morti".  Fantasmi dell'inconscio emergono tra battute di spiritoapparentemente innocue  e  facili moralismi. Che dire infatti della canzone (I, 4) in cui, per una donna,la passione erotica frustrata si muta in fantasia sepolcrale e necrofila? La "gaccia tumba" che accoglie i due amanti riceve anche i genitori di lei, cioè gli ascendenti femminili, in un regressus ad uterum dove è la donna, il mondo esclusivamente matriarcale della morte e delle radici, ad avere la supremazia sull'inaffidabile mondo maschile.
          Quanto alla ballata del  "Falso Pellegrino" (III, 1), vi compare uno dei miti più antichi, la cui narrazione più nota  è quella che troviamo nell'Odissea; un uomo torna da un viaggio durato tutta la vita, e tornando mette alla prova la sua famiglia, che non lo riconosce. Storia di validità perenne, poichè i figli
della terra devono comunque tornare, presto o tardi, al porto delle origini a fare i conti con quei loro stessi
che non partirono, ma li hanno attesi. O ancora, da un altro punto  di vista, chiunque di noi, anche nel momento meno prevedibile, può imbattersi nell'uomo tornato dal fondo della coscienza, dall'isola dei morti, e sentirsi  chiedere conto di quegli impegni della sua vita, presi all'aurora dei tempi.
 
 
                                                                                                                  Alessandro Guasoni
Strambotti
Canzoni portorine
Acquarone