Gesuita lavagnese, noto
anche come storico e autore di un'opera sulla cometa del 1664, nel poemetto
L'arrivo
in Vuoè dell'Armà de Franza rievoca il bombardamento
di Genova, avvenuto nel 1684, ad opera della flotta francese. Una questione
di precedenza nel saluto fra navi delle due nazioni aveva offerto al Re
Sole il destro per umiliare la piccola e orgogliosa repubblica genovese,
con la quale erano sorti da tempo dissapori e contenziosi di vario genere.
Genova non cedette, navi spagnole giunsero in suo soccorso, e i francesi
dovettero allontanarsi. Tuttavia l'anno successivo, in una mutata situazione
politica, il Doge Lercari dovette recarsi a Versailles per rendere omaggio
al Re e presentargli le sue scuse. Peraltro ricevuto con tutti gli onori,
in mezzo al fasto della reggia, gli fu chiesto che cosa in quel luogo lo
avesse meravigliato di più. Egli rispose con un'espressione passata
poi quasi in proverbio: Mi chì. I Dogi, infatti, per tutto
il tempo del loro mandato, non ponevano mai il piede fuori da Palazzo.
Vegne donca ra seira,
e à ben che andeto
fosse sotta ro sò, parve o nascesse stante che dra sò luxe ro retreto pareiva Zena, che de sciamme ardesse. Sacrilego ro fuoego pre despeto finna re giexe devorà voresse, re moneghe fuzin da ri conventi, né fun tampoco sarvi i Sacramenti. Cossì Monsù
Duchene i scaccorotti
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Venne dunque la sera, e benché il sole
fosse tramontato, parve che nascesse poiché Genova sembrava il ritratto della sua luce, ardendo tra le fiamme. Sacrilego il fuoco per dispetto volle divorare persino le chiese, le monache fuggirono dai conventi, e neppure furono salvi i Sacramenti. Così Monsieur Duquesne giocava con i compagni
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Dopo aver lanciato seimila bombe,
l'ammiraglio Seignalay, ostentando compassione, manda un'ambasceria al Doge: Monsù de Segnalè,
chi è bravo e pio
Ro Duxe disse de
no poei responde
Ò resposta
da Duxe in vero degna
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Monsieur de Seignalay, coraggioso e pio,
Il Doge disse di non poter rispondere
Oh, risposta veramente degna d'un Doge,
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Accrescen ra demanda
dri atre votte
con miggee de franchi per re speise quasi à Zena vegnissen d'India frotte comme in tributo dra nation franseise; pretendeivan cannoin, e remmi, e scotte pe re quattro galee, e che ogni arteise ambisse de servì pre bonna vuoeggia con ro sà de gabella senza duoeggia. Ra mattinn-a seguente,
che de marte
ch'era insolita forma
de trattà
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Accrebbero la domanda delle altre volte
con migliaia di franchi per le spese quasi che a Genova venissero dall'India flotte quale tributo alla nazione francese; pretendevano cannoni, e remi, e scotte per le quattro galee, e che ogni artigiano servisse da galeotto pagando le gabelle senza fiatare. La mattina seguente, che era martedì,
ch'era insolita forma di trattare
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Altre settemila bombe cadono
sulla città. Finite le munizioni, e giunta in prossimità di Genova la flotta spagnola, i francesi si devono allontanare. Cari spagnolli, mi ve voeuggio ben,
Non è miga che lò no fessan tutti
Ma ro veise mancà ciù d'un franseise
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Cari spagnoli, io vi voglio bene,
Non che loro non facessero tutti
E allora, il vedersi mancare più d'un francese,
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