ALESSANDRO

TETI

TORRICELLA PELIGNA NEGLI ANNI 50 & 60

 

 

 

LA FIERA

"Bell'O' quanda coste sti scarp?" "Quattr e cingh" "Ué sciambagnò è tropp care" "E quanda me vu dà" "Dù mila lire" Tira e molla, molla e tira, alla fine si addiveniva ad un compromesso: "Damme dumile e cingh e nin ze ne parla cchiù". Questo più o meno era uno dei dialoghi che si svolgeva tra 1 'acquirente e il venditore in una delle tante fiere di Torricella. La parola "signore" nei tempi passati era sinonimo di persona ricca, pertanto quando ci si rivolgeva ad uno sconosciuto si usava l'espressione "bell'o (mene) e bella fè(mene)". Per gli anziani il titolo era unico, per tutti "zizi". Per le signorine "giuvenè", per i ragazzi "giuvenò".
Le fiere si svolgevano una volta al mese (come oggi) tranne a luglio (due volte). Ad agosto si faceva a Colle Zingaro. Le più famose erano quelle di S. Vincenzo (5 aprile), di S. Giovanni (24 giugno) ,di S. Marziale (10 luglio), di S. Giacomo (sande Iaquiie 25 luglio).

Gli zingari

Nei giorni precedenti c'erano le prime avvisaglie con 1 'arrivo degli zingari, con i loro carri trainati dai cavalli . Le mamme raccomandavano ai bambini di prestare at¬tenzione: "Stéteve vicine a la case, ca sennò ve s'acchiapp le zinghere". La sera prima arrivavano i venditori con i camioncini, preparavano i loro giacigli su cui trascorrere la notte. Non tutto filava liscio, spesso scoppiava un litigio per il posto da occupare. La guardia o i carabinieri sedavano però gli animi. I1 mat¬tino seguente di buon 'ora le bancarelle erano già pronte.

Ciclone

Tra i personaggi caratteristici va citato Ciclone, un omone alto e grasso residente a Casoli, ma di chiarissima origine nordica. Lo avresti preso per un fenomeno da circo, invece e¬ra un semplice venditore di papere d'allevamento. I1 suo piccolo "stand" era sempre affollato di gente, attratta dal¬le sue continue battute spiritose.
L'arrotino invece era di poche parole. Non possedeva la mac¬china, perciò viaggiava in corriera portandosi dietro il suo ingombrante baldacchino.Come facesse a ficcarlo sull'auto¬bus lo sapevano solo lui e i fattorini della Ditta Teti o della Majella. Qualche giorno prima faceva un giro per il paese al grido di "arrotìno, arrotìno, arròta curtiell e temberìne". Alla fiera si metteva sempre al solito posto, davanti alla falegname¬ria di Edoardo Martinelli; continuava imperterriro ad "arrotare" coltelli, contemporaneamente, non si sa come, teneva d’occhio la sua preziosa mercanzia. Appena un ragazzino allun¬gava la mano, immediatamente scattava l'allarme: "Eih, uagliò nin zi tòcch ".


I1 pappagallo

Alla fiera c'era di tutto, perfino l'oroscopo. A dire il vero veniva chiamato "pianeta della fortuna” dal suo venditore un tipo dalla faccia burbera, simile ad un forzato evaso da Alcatraz. Costui, con l'indispensabile ausilio di un variopinto pappagallo e con la modica spesa di dieci lire, offriva un foglietto in cui prediceva il futuro,¬ con l'aggiunta di tre magici numeri da giocare al lotto per una sicura vincita da far cambiare la vita da così a così. Evidentemente tale evenienza non era applicabile nei suoi confronti, visto che continuava a sbarcare il lunario vendendo oroscopi.

I1 bestiame

Lo smercio del bestiame si effettuava "abbàll pe le fuòss" praticamente dal luogo in cui sorge la cosidetta pinetina, fino al campo sportivo. I1 posto aveva un aspetto ben diverso da quello attuale. C'era un dirupo pieno di sterpaglie dal qua¬le venivano scaricati oggetti di ogni genere, fiancheggiato da alcuni pericolanti ruderi di case distrutte durante la guerra. Nei paraggi di quel mercato operava "lu mastàre" (il venditore di basti per asini e muli). Ottimi affari faceva¬no anche il ramaio che vendeva oggetti di uso quotidiano come "le chettròle” "le conghe' "le fressòre","le vrascière". Nei mesi estivi passava anche "lu azzusàre" il quale,con un secchio pieno di bottiglie di gassose, di aranciate e di chinotti rinfresca¬ti con ghiaccio tritato, andava su e giù per il corso facen¬dosi largo tra una folla immensa, in uno scenario di convul¬sa vitalità: altoparlanti a tutto volume, grida di venditori, lo strombazzare di qualche lambretta,i pianti dei bambini davanti alla bancarella dei giocattoli, un asino che s'impunta spaventato con relative imprecazioni e bastonate da par¬te del padrone; i giocatori delle tre carte in attesa di "polli da spennare"; gente alla ricerca di qualche parente smarrito.

La porcchetta

Alla fiera venivano centinaia di persone dalle contrade e dai centri vicini, perfino da Pizzoferrato; famose erano le donne di questo paese con i loro tipici costumi: gonnellino blu, fazzoletto giallo, busto rosso e scarponi, anche con 40 gradi all'ombra.Venivano a piedi! Con un asinello per ven¬dere un carico di fascine (le cèpp) . La fiera durava fino al tramonto, molti infatti preferivano fare acquisti di po¬meriggio convinti di poter risparmiare. Intanto la fame co¬minciava a far sentire i suoi effetti perciò parecchie per¬sone, specialmente "li massariuole" si recavano nelle cantine per mettere qualcosa nello stomaco, allettati anche dal gra¬devole profumo della porchetta. Una volta entrati però,ci si poteva limitare al solo companatico? Certo che no! Occorre¬va qualcosa che li aiutasse a mandarlo giù. E così bevi tu che bevo anch'io, si alzavano i canti, dapprima solenni, poi sempre più stonati. Nel contempo cominciavano a vacillare le gambe, si annebbiava la vista, insomma "s'avè rizzilate la fiere", da un pezzo era calata la notte e qualcuno si attardava ancora a fartugliare impossibili discorsi con amici e compari....
Le mogli incitavano i mariti a sbrigarsi a far ritorno a casa a piedi. E già, ma così conciati chi ce la faceva ad al¬zarsi dalla sedia