Dopo City, prolisso ed estenuante esercizio di stile da scuola di scrittura
creativa, Baricco torna al romanzo breve - sulla falsariga di Seta - con
Senza sangue, che è forse il suo testo narrativo più convincente dai tempi
andati di Castelli di rabbia.
Il racconto è scandito in due capitoli. Il primo: breve, fotografico, essenziale, tutto risolto nell’azione. Il
secondo: più ampio e dal ritmo lento, giocato su un lungo dialogo fra i due
personaggi principali e uno spiazzante finale a sorpresa, difficilmente prevedibile dal lettore.
La storia, ambientata in un non meglio precisato Paese ispanofono vari decenni or sono, ha un avvio coinvolgente da thriller ben studiato. È notte.
Presso una fattoria sperduta nella campagna giunge una Mercedes con a bordo
quattro uomini. Il proprietario della fattoria, fiutando il pericolo, nasconde la propria bambina sotto una botola e, pistola alla mano, si
prepara a difendersi. I quattro, sparando a più non posso, fanno irruzione
nella casa. Per farla breve, l’uomo - accusato di essere stato un torturatore durante la guerra appena conclusasi - viene ucciso. Il più
giovane dei killer, prima di abbandonare la fattoria, si accorge della botola e la apre, ma alla vista disarmante della ragazzina decide di non
ucciderla. Fine della prima parte.
Sin qui nulla di speciale. O, meglio, come ci si poteva aspettare dal Nostro, il racconto rivela mestiere e buona padronanza del mezzo espressivo,
uniti alla consueta abilità nel tener desta l’attenzione del lettore grazie
ad una scaltra sceneggiatura western. Ma il bello viene col prosieguo. Con
uno stacco che ci proietta in un altro luogo e in un altro tempo, il secondo
atto riprende dopo che sono trascorsi circa una cinquantina d’anni dalla
feroce uccisione; inoltre lo scenario è cittadino.
Un’avvincente descrizione cinematografica della protagonista (ormai divenuta
un’anziana seppur ancora avvenente) apre il nuovo capitolo in cui la vediamo, rintracciato l’omicida di suo padre (un vecchio costretto, per
campare, a vendere biglietti di lotteria), costringerlo più che a una confessione a un confronto serrato con lei, nel quale ognuno dei due narra
all’altro la propria verità su quell’uccisione e quel lutto mai rielaborato.
Ma non solo: nell’alternarsi delle versioni dell’uomo e della donna, essi
ripercorrono e si raccontano a vicenda le loro vite, segnate entrambe in
modo irrimediabile dal tragico legame che le ha paradossalmente affratellate.
Dal punto di vista spettacolare e narrativo la trovata dell’incontro dopo
mezzo secolo fra l’ex killer e l’ex bambina della fattoria è davvero
vincente/convincente. Che poi la storia sappia ancora una volta da film (meglio da telefilm) importa fino ad un certo punto. Sarà pure un
feuilleton, però il testo scorre, appassiona e soprattutto si fa divorare d’un fiato. Ci sono, è vero, invenzioni teatrali che Baricco poteva evitare;
tipo quella di raccontare che il padrino della bambina, dopo averla cresciuta, se l’è giocata a carte con un nobile, o sentenze in odore di
filosofia come quella di pagina 75 (“alla vita manca sempre qualcosa per
essere perfetta”), oppure lo scialo di puntini di sospensione (a indicazione
dell’improvviso ammutolire di lei o lui), ma lasciamo perdere, sono inezie
da critici, l’importante è che il racconto tenga.
E veniamo al finale, intenso ed emozionante al punto giusto che mi verrebbe
voglia di raccontarlo, tanto è ben congegnato. Ma non posso per non guastare
il piacere di leggere, che è quanto riesce a indurre nel lettore Baricco, e
non ditemi che è cosa da poco. Insomma, sarà pure un costruttore di storie a
tavolino, uno sceneggiatore, un fabulatore attento soprattutto all’intreccio
e in più uno strappalacrime; se il risultato è un romanzo godibile come
Senza sangue, diamogli atto di aver raggiunto un risultato molto lusinghiero: chapeau!
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