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Alessandro Baricco
Data di pubblicazione: n.d.
La Stampa (disponibile in Barnum - ed. Feltrinelli, 1995)

Non esiste il male 
esiste Dio che ogni tanto si ubriaca 

Tom Waits 

E' poi soltanto un disco. Eppure. Lo metti su e senti arrivare da lontano una voce da vecchietto, ma quei vecchietti che stanno in piedi per miracolo, tenuti dritti dal cappottone, e dall'odore di naftalina addosso. Canta, il vecchietto. Con una voce piccola, sottovoce, intonato però, e dolce, in qualche modo, fanno tenerezza quelle note in alto, uncinate per un pelo, e tremolanti. Ci senti tutti i denti che non ha più, il fiato corto, e l'artrite e tutto il resto. Non c'è altro: solo la sua voce, che canta senza mai smettere lo stesso ritornello, sereno, e un po' malinconico. Niente accompagnamento. Qualche rumore di fondo, voci lontane. Delle parole non capisci niente. E non solo perchè è inglese. Senza dentiera, con tutti quegli anni, le parole diventano fantasmi. Suoni. Ma che razza di disco è mai, ti chiedi. 

E' un disco che attualmente è in vetta alle classifiche inglesi. E che ha una storia strana. Nel 1971 un musicista che si chiama Gavin Bryars si mette a registrare, per la colonna sonora di un documentario, le voci dei barboni che vivono alla Waterloo Station, Londra. Registra di tutto. Poi un giorno incontra quel vecchietto. Barbone anche lui. Lo sente cantare. Registra e porta a casa. Risente. Rimane come ipnotizzato. Scopre che quel ritornello viene da una canzone religiosa (Jesus' blood never failed me yet), e scopre che è fatto ad anello: lo puoi ripetere all'infinito, è come una nenia interminabile. Ci lavora su per anni. fa un primo disco che diventa un cult fra i pochi intimi che lo sentono, poi riprende a lavorarci, e dopo vent'anni se ne esce con questo cd: 75 minuti, la voce del barbone che canta ininterrottamente i 25 secondi del suo ritornello. Che idiozia, pensi. Ma è perché non lo hai ancora ascoltato. 

Dopo un paio di minuti senti arrivare, alle spalle del vecchietto, un'orchestra d'archi, da lontano, a poco a poco, che si carica sulla sua voce, la avvolge in una coperta, per così dire, e se la porta in giro. La voce è sempre quella, ma incomincia a suonare diversa. Si scalda, poco, quasi non te ne accorgi, arrivano delle arpe e poi delle campane, e un coro, e delle percussioni, e poi un flauto, due clarinetti, un oboe, e le trombe, e i tromboni (piano, però, per non spaccare nulla) e perfino un organo, e una specie di gong e chissà cos'altro. La vocina del barbone continua a cucire il suo ritornello, minuscola e fragile, ma è diventata ormai una reliquia portata in corteo, un ossicino di un santo che ti guarda dall'alto di una processione sontuosa: al rallentatore, ondeggia e va, per le stradine della tua testa. 

Potrebbe anche bastare ormai- lo senti- in quella musica ti ha incastrato. Ma non è ancora finita. A un certo punto, nella gran processione si fa largo un'altra voce, sembra sparata in un megafono, poi si avvicina e allora la riconosci, sarebbe impossibile non riconoscerla: Tom Waits. E chi, se non lui? Tom Waits- lo dico ai pochi che non lo sanno- è uno che canta e nella sua voce ci sono le voci di tutti i barboni ubriaconi del mondo. Non è una voce, è una discarica pubblica, è una sigaretta lunga anni, è milioni di birre e chilometri, e centinaia di amori e motel. E' una delle voci più emozionanti che vi può capitare di ascoltare. E adesso arriva lì in mezzo, a duettare con quel barbone che nel frattempo è morto, ma non importa, la sua voce non si è mai più fermata, tutti e due a dondolare su quel ritornello eterno, e inarrestabile. Tom Waits. E il vecchio barbone. Figli di un Dio ubriaco. Sembra che non abbiano fatto nient'altro tutta la vita. Solo cantare insieme, tutto il tempo. E scolare birre, naturalmente. 

Finisce che a poco a poco la processione si allontana, come è venuta adesso se ne va, sparisce dentro lo stereo, si lascia dietro un po' di violini impiccati su note altissime, e brandelli di Tom Waits che sparacchiano note come sberleffi al mondo. Il barbone se n'è già sparito. E tu lì a chiederti: chissà come si chiamava. E quando è morto, e come, e dove. E se ne sapeva altre, di canzoni così.

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Ultimo Aggiornamento_Last Update: 8 Mag. 2002