dall’esposizione del prof. Piana su:

“MULTIMEDIALITA’ ED ETICA”

 

RELAZIONE

della prof.ssa Gabriella Zago

 

I moderni strumenti di comunicazione sociale, in particolare quelli multimediali producono non solo una nuova mentalità, ma anche un vero e proprio mutamento delle conoscenze e della coscienza poiché incidono sulle percezioni che l’uomo ha di sé e del mondo circostante. Siamo di fronte non solo a un ampliamento delle potenzialità umane ma ad un modo nuovo di affrontare la realtà che ha ripercussioni sia sui comportamenti soggettivi sia sull'organizzazione della vita sociale. Questo è dovuto non tanto ai messaggi di cui i nuovi strumenti sono portatori, ma alle dinamiche che essi generano e che diventano a loro volta - come ha sottolineato acutamente Mc Luhan - il vero messaggio: il medium è ormai diventato il messaggio. Quindi diventa importante conoscere le modalità che presiedono all’interpretazione (informazione) della realtà da essi fornita, contenere, con l’acquisizione di un corretto senso critico, i condizionamenti che derivano dalla loro forza di pressione.

L’intuizione dell’autore è porre l’accento sulle ricadute etiche dei processi in atto. L’evidente insufficienza della proposta etica tradizionale e la necessità di affrontare con urgenza questioni che hanno a che fare con lo sviluppo della vita personale e con i rapporti sociali rende prezioso qualsiasi tentativo di tracciare un quadro realistico dei problemi e di individuarne i possibili sbocchi umanizzanti.

Il paradosso di fondo nella situazione attuale è dato dal fatto che, a fonte di una moltiplicazione quantitativa delle informazioni, si assiste a una perdita del significato del “comunicare”, il quale implica coinvolgimento in rapporti bilaterali contrassegnati da una reciprocità. L’estensione non può che andare  a scapito della profondità, cioè il dilatarsi degli orizzonti di conoscenza si intreccia inevitabilmente con l’affievolirsi e il banalizzarsi delle conoscenze stesse. Ma a questo dato se ne aggiunge un altro nuovo e che devia dalla peculiarità degli strumenti, la tendenza a guardare l’altro come una “cosa” cioè a stemperare l’identità soggettiva, l’indicibile unicità.

Non è senza significato che la nostra società sia caratterizzata da un alto livello di incomunicabilità proprio nel momento in cui risultano più facili e più estese le possibilità di comunicazione. Il quadro è ulteriormente complicato dal progressivo venire meno del rapporto dell’uomo con la realtà, si afferma il virtuale come referente esclusivo delle scelte umane. Il rapporto intero soggettivo risulta così ancora più sviato perché ciò che si produce è un interscambio tra visioni rappresentate (e dunque interpretate e pregiudicate) che interponendosi tra loro a danno luogo a una rappresentazione delle rappresentazioni che produce l’impossibilità di convergere su un referente che abbia consistenza oggettiva.

Le conseguenze sull’identità del soggetto sono molte, tanto da parlare di mutazione antropologica.

Il venir meno delle tradizionali coordinate spazio-temporali si traduce in un assottigliarsi del tempo e in un dilatarsi dello spazio con sconvolgimento degli stili di vita. L’immersione in una sorta di immediato permanente produce, da un lato, la perdita della memoria come realtà dinamica e creativa e, dall’altro, l’incapacità di aprirsi al futuro progettandone gli sviluppi; mentre, dall’altra parte l’universalità spaziale, cioè il fatto di poter istituire forme di interscambio sempre più allargate e in tempo reale, provoca assenza di localizzazione e dunque impossibilità di situarsi in modo adeguato. L’estendersi del linguaggio logico-matematico, proprio delle procedure che presiedono alla conduzione dei nuovi media, ai diversi ambiti di vita, determina l’atrofizzazione di quello simbolico, che è il linguaggio  dell’identificazione personale e dell’articolarsi delle relazioni umane e favorisce tendenze individualistiche o, al contrario, pericolose forme di omologazione.

A farne le spese è soprattutto la coscienza che estende indefinitamente la propria area di attenzione ed è destituita della propria interiorità e della propria originalità a causa della pressione sociale fino a ridursi a fatto accessorio della realtà circostante.  Viene in tal modo esasperata la dialettica presente nella cultura moderna tra soggettivizzazione e oggettivazione della coscienza. La spinta alla soggettivizzazione trova infatti nuovi stimoli nell’isolamento indotto dai media i quali vengono in larga misura utilizzati in modo solipsistico o per stabilire relazioni virtuali, mentre l’oggettivizzazione è favorita dai processi di omologazione propri della cultura di massa, espressione diretta degli stessi media. Si verifica così una oscillazione nell’interpretazione dell’agire umano e della sua valenza etica, tra una presunta radicale autonomia soggettiva che dà luogo a scelte arbitrarie e privatistiche e a una forma accentuata di deresponsabilizzazione.

Trasformazione del sistema sociale

Analizzando i riflessi dei processi in corso sul versante sociale ci si imbatte in una serie di questioni che riguardano lo sviluppo della democrazia sia sul terreno del rispetto della libertà individuale (problema della privacy) che su quello della promozione di forme partecipate di convivenza civile.

Il complesso informativo attuale è caratterizzato da un alto livello di complessità, infatti si verifica una costante interazione dei processi dell’informazione con altri quali quello economico, quello culturale, quello sull’organizzazione sociale.

L’innovazione tecnologica ha dunque ricadute multiple che non sono, fin dall’inizio, prevedibili per l’impossibilità di definire a priori gli effetti a catena, spesso affioranti a lunga distanza, di quanto si è innescato.

Il rischio è che, soprattutto in un ambito come quello dell’informazione che incide profondamente sulle decisioni sia individuali  che collettive, si verifichi un capovolgimento di prospettiva tra tecnologia e uomo, che il Galimberti ha lucidamente evidenziato, il passaggio cioè da una tecnica strumento a servizio dell’uomo, a una tecnica fine con la conseguenza  dell’uomo a mezzo asservito ad essa. Il pericolo è quello di un dispotismo democratico con forti pericoli per lo sviluppo economico e per la stessa democrazia minacciata dalle nuove possibilità di controllo sociale  e del prodursi di interventi informativi che possono grandemente influenzare l’opinione pubblica provocando forme di adesione del tutto manipolate.

Diviene allora essenziale il ricorso all’etica come riferimento per la produzione di regole che diano un certo orientamento all’informazione e sappiano aprire prospettive di vera crescita umana. La sfida risulta ardua se si considera la difficoltà di padroneggiare il corso della tecnica senza lasciarsi suggestionare dal suo enorme potere che può essere utilizzato per obiettivi radicalmente egemonici.

Orientamenti di riflessione morale

Compito dell’etica è anzitutto la ricostruzione dello spazio della coscienza morale e conseguentemente della responsabilità individuale.

La centralità assunta dallo strumento e l’oggettiva forza di condizionamento che essa possiede – la  televisione per es. parla ai sensi e impedisce la riflessività e provoca passività e dipendenza – esige uno sforzo educativo volto a stimolare un uso parsimonioso e consapevole. La ragione dello stato di impotenza dell’uomo di fronte alle nuove tecnologie è ravvisata da Galimberti nello scarto tra gli sviluppi accelerati dal progresso tecnico e la capacità di adattamento della coscienza. I ritmi della coscienza sono sempre stati più lenti di quelli esterni ma ciò che oggi sorprende e inquieta è l’enorme dilatarsi di questo gap. A ciò si aggiunge il pericolo dell’accentuarsi della distanza tra le generazioni e dal costituirsi di una nuova marginalità sociale, dovuta alla diversa capacità di accesso agli strumenti. L’istanza etica che occorre perseguire è allora quella di una crescita della coscienza tecnologica intesa come capacità di reagire criticamente agli effetti negativi che essa provoca attraverso un’azione educativa che faccia maturare la consapevolezza della distanza esistente tra rappresentazione e realtà e favorendo il recupero della dimensione relazionale per reagire all’individualismo e alla perdita di identità personale. A queste ipotesi operative si deve poi collegare l’impegno a elaborare un modello etico che sappia coniugare l’umanesimo con la cultura scientifico-tecnologica sì da corrispondere alle speranze del mondo attuale. Un paradigma creativo che evidenzi con chiarezza i limiti della coltura tecnologica, senza per altro svalutarne gli aspetti positivi per la costruzione della città dell’uomo e sappia situare a partire da essa, le domande di senso, la cui soluzione si può trovare solo nel linguaggio simbolico, capace di aprire l’uomo alla percezione del “mistero”.

L’etica, tuttavia, non può limitarsi ad offrire il proprio contributo alla ristrutturazione della coscienza, deve anche affrontare i complessi nodi che derivano dagli sviluppi delle tecniche di informazione nella vita associata.

La globalizzazione del mercato e l’enorme potere di controllo sulla vita, in tutti i suoi aspetti, potere dovuto alla forte incidenza dello strumento, rendono urgente predisporre regole che sappiano disciplinare l’uso dei media ponendo precisi limiti a forme di ingiustizia e corruzione, che sappiano fornire al massimo la socializzazione della comunicazione, attraverso l’adozione di linguaggi univoci capaci di rendere il sistema accessibile a tutti, che sappiano anche fornire le basi per lo sviluppo di un’etica dei “comunicatori” che coniughi il dovere dell’informazione con il rispetto alla privacy e con le esigenze del bene comune.

L’obiettivo irrinunciabile è una vera democratizzazione dell’informazione attraverso l’intervento sempre più massiccio della società civile quale diretto protagonista. La democrazia è oggi e sempre più in futuro strettamente dipendente nella sua realizzazione concreta dalle possibilità di controllo e gestione dell’economia e dell’informazione: poteri che risultano collegati e interdipendenti. Bisogna superare la tradizionale dialettica tra stato e mercato per fare spazio a forme di partecipazione delle soggettività sociali, fornendo forme di decentramento territoriale sempre più allargate.

L’azione politica deve,  dunque, acquisire forza e credibilità per svolgere un’insostituibile azione sociale come regolamentazione dei processi sociali.

La multimedialità apre, dunque, all’etica nuovi orizzonti stimolandola ad affrontare problemi inconsueti e di grande portata per la vita individuale e associata. L’efficacia dei mezzi a disposizione rende manifesta la necessità di istituire modalità di controllo delle loro dinamiche e del loro uso sociale, per evitare i pericoli della dipendenza che conduce sia all’alienazione personale sia alla limitazione delle possibilità di espressione della vita democratica. Le vie perché questo non accada e operare perché la multimedialità diventi occasione di crescita umana e sociale sono diverse: dalla conoscenza, alla educazione, a una rinnovata sensibilità sociale fino all’impegno politico. Fondamentale è promuovere un forte senso critico e fare crescere una matura consapevolezza della cittadinanza.