AIART Gruppo
territoriale di San Donà di
Piave ( VE )
Il ruolo che
riveste come madre, moglie, figlia, single,
lavoratrice.
Modelli (in
base all’età). Confronto con la realtà.
Una breve
premessa prima di analizzare i ruoli della donna nella fiction televisiva,
analisi in cui non prenderemo in considerazione la qualità del linguaggio usato
come puntualmente avviene nei nostri commenti mensili di alcuni programmi TV. Ci
interrogheremo invece su quando e per chi i ruoli e i personaggi possono diventare
modelli.
Se nella nostra
analisi i giudizi risulteranno sostanzialmente critici e negativi nei riguardi
delle figure femminili nelle due fiction che prenderemo in esame, ci preme
d’altra parte precisare che nel vasto mondo della televisione, molte figure
femminili ricoprono ruoli di tutto rispetto: vogliamo solo accennare alle
giornaliste che più volte in una giornata ci ragguagliano su ciò che accade nel
mondo, immagini che esse stesse ci hanno coraggiosamente inviato durante il
conflitto iracheno.
Per quanto,
visto che si parla di donne e TV, debbo dire che abbiamo trovato fuori luogo il
quotidiano sfoggio, al collo di una giornalista, di sciarpe, di preziosissima
pashmina, mentre venivano mandati in onda scene di morte, di distruzione e di
miseria.
Altre gradevoli
conduttrici ci intrattengono con programmi divulgativi o di
evasione.
Donne
intelligenti e preparate che hanno raggiunto notorietà e credibilità dopo anni
di lavoro e di studio continuo.
Modelli
impegnativi e quindi raggiungibili da poche, mentre, se si è giovani, carine,
ambiziose e basta, è più facile
sognare la platea televisiva anche per una sia pur breve apparizione.
Poi, si sa, da cosa nasce cosa.
Ci viene da
pensare ad alcune di esse che, la scorsa estate, hanno accettato di essere
sbeffeggiate ed umiliate da un conduttore poco galante pur di eseguire la loro
breve performance di aspiranti veline.
E non possiamo
non accennare ai modelli inconsistenti e fatui offerti da “letterine” e
“prezzemoline” coccolate e richieste dalle reti e sempre generosamente svestite
anche per partecipare ad un talk show dove si improvvisano
tuttologhe.
E non ci sembra
di rientrare nella categoria delle bacchettone (si tratta solo di avere un
minimo di buon gusto) se facciamo rilevare la scarsa considerazione verso la
dignità della donna sia essa conduttrice che spettatrice, denunciando la stupida
volgarità di Alda D’Eusanio che, forte di un contratto triennale di oltre 6
miliardi di vecchie lire, durante il suo programma pomeridiano di situazioni e
personaggi il più delle volte fasulli e taroccati, si è presentata, disinvolta e
giuliva, indossando una maglietta che portava la scritta: DALLA, con
sottotitolo:” e non è un cantante, ma un consiglio.”
Il suo invito,
in orario di fascia protetta, era rivolto evidentemente a donne come lei che
tuttavia è stata difesa dall’allora direttore di RAI 2 Antonio Marano che, in
una intervista rilasciata al Corriere della
Sera,dichiarava:
“Sono onorato
di essere il suo direttore. E’ una grande professionista.” Nessun commento.
Il tema è “LA
DONNA NELLA FICTION”.
Se la parola
“fiction” significa appunto “finzione”, non c’è alcun dubbio che vicende e
personaggi siano nella maggior parte estranei alla realtà, alla quotidianità
delle persone perché difficilmente nella vita reale accadono e si susseguono così numerosi colpi
di scena, intrighi, equivoci,
disgrazie e incidenti, con
personaggi in coma che tuttavia si
risvegliano pimpanti, parlano e camminano come se nulla
fosse.
Non troviamo
quasi mai sceneggiature di questo tipo nei film per la TV ispirati da opere
letterarie e quindi di un certo spessore e nemmeno nelle fiction di genere poliziesco dove
anche i ruoli femminili di solito risultano credibili e ben delineati. Per non
parlare della fortunata serie del Maresciallo Rocca, dove i personaggi femminili
avevano il senso della famiglia e interpretavano ruoli
positivi.
Per non
generalizzare, prendiamo in esame due recenti e seguitissimi lavori che hanno
messo in onda il trionfo degli stereotipi femminili: INCANTESIMO e IL BELLO
DELLE DONNE.
Il primo è
arrivato all’ennesima edizione e non c’è alcun dubbio che potrebbe continuare
all’infinito.
Tutti i
personaggi gravitano attorno ad una clinica privata dove ricchi pazienti e
poveri diavoli vengono ricoverati in confortevoli stanze singole e dove
dottoresse bellissime e giovanissime ricoprono cariche prestigiose, eseguono con
successo interventi ad altissimo rischio, quando è noto che nella realtà , in
questi casi, le donne affiancano il chirurgo maschio e comunque dopo una lunga
gavetta.
Sempre nella
clinica LIFE, altre giovani donne, senza specifiche competenze, ricoprono
dall’oggi al domani posti di grande responsabilità con successo
immediato.
Cadono solo in
disgrazia quando entra in azione una figura di donna diabolica (presente in ogni
serie) ,che sconvolge la loro vita
e quella degli altri personaggi con intrighi e cattiverie che ormai non
indignano quasi più lo spettatore ormai vaccinato dal déja vu.
E, mentre nella
vita reale, queste persone maledette difficilmente modificano la loro natura,
nella fiction ad un certo punto diventano esseri
celestiali.
Questi
personaggi femminili vivono in ville o appartamenti da sogno e quelle che
ricoprono il ruolo di madri hanno figli pieni di problemi che vanno
dall’indifferenza all’odio verso di loro, passando spesso attraverso crisi
esistenziali ed esperienze di droga.
In Incantesimo
le donne cambiano velocemente partner, spesso deluse da qualcosa che hanno
sentito origliando (in quella clinica tutte le porte sono sempre aperte o
socchiuse anche quando chi è nella stanza deve fare rivelazioni sconvolgenti
regolarmente captate da chi passa di li per caso. E i partner che si susseguono
sono uomini affascinanti e potenti, mai degli stipendiati al minimo mai degli
stipendiati al minimo.
Sia in questa
fiction che in quella che esamineremo in seguito, è completamente sparito il
ruolo della casalinga. (Tilly è una casalinga sui generis, con giardiniere e
maggiordomo e, comunque, sempre fuori casa a consolare e a dar consigli o a
organizzare party).
Sarebbe
interessante sapere perché il ruolo della casalinga non fa audience: forse
perché non diventerebbe mai un modello.
Ne IL BELLO
DELLE DONNE c’è una nutrita serie di stereotipi femminili: madri, mogli,
lavoratrici, single, mangiauomini, nobildonne, donne perfide, transessuali:
tutto un variegato mondo che ruota attorno ad un salone da parrucchiere arredato
alla grande e avviato praticamente senza soldi (vedi vita reale) ma che in breve
tempo va a gonfie vele grazie alle cifre astronomiche che le clienti pagano
anche per una messa in piega.
Le
proprietarie alla cassa o sedute al bar di fronte si occupano principalmente dei
complicatissimi fatti loro, le sciampiste sono in ombra, intervengono solo nel
pettegolezzo implacabile e becero delle clienti che praticamente soggiornano nel
salone. L’unica figura maschile è Luca, parrucchiere omosessuale (altro
stereotipo) sensibile, buono e gentile che si divide tra il lavoro e le sue
difficili storie personali che si mescolano con quelle sempre problematiche
delle figure femminili che lo circondano.
C’è la giovano
ex drogata con un figlio piccolo che diventa in breve tempo una commercialista
affermata, altre donne che ricattano a suon di milioni i loro ex amanti e
siccome lo fanno a fin di bene, ne escono con l’aureola e suscitano simpatia e
ammirazione.
Sul piano della
credibilità, ci si chiede come una bella e intelligente contessa, con tanto di
palazzo, servitù e un guardaroba da sfilata, possa diventare all’improvviso
tanto povera da dover chiedere un posto da commessa proprio alla più pettegola
delle sue conoscenti e come gli uomini si lascino così facilmente infinocchiare,
ricattare e ridicolizzare dalle loro donne.
Per quel che
riguarda i figli, quante madri reali che lavorano sodo come il personaggio
interpretato dalla Sandrelli, tirano su figli irresponsabili e ottusi come i
suoi, infelici e ribelli solo perché la loro mamma lavora? Ma dove sono andati a
finire i ruoli dei bravi ragazzi?
Poi,
ovviamente, nella fiction, specie quando la serie si deve concludere, le cose
s’aggiustano come d’incanto e anche questo fa parte del grande affresco di ruoli
e di situazioni incredibili che, come una droga, vedono presenti
all’appuntamento settimanale persone peraltro razionali e selettive nella scelta
di altri programmi e che, nei momenti di riflessione, giurano che non si faranno
più coinvolgere dalla prossima serie, per poi ricascarci regolarmente. Nel caso
del nostro gruppo d’ascolto, il
commento alle fiction rientra nel lavoro di analisi dei programmi
televisivi.
Tali programmi
tuttavia si rivolgono, supponiamo, ad un target ben definito di pubblico
femminile, “maturo” nel senso dell’età e refrattario, speriamo, all’influenza
dei ruoli come modelli.
Per le ragazze
invece, pericolose sono a nostro avviso, le trasmissioni dove giovani donne,
note esclusivamente per la loro bellezza giustificano ad esempio i calendari
dove pubblicizzano il loro corpo senza veli come una realizzazione di sé, come
un passo importante che “dovevano” compiere per una non ben chiara maturazione
artistica ed esistenziale.
Questi sono i
modelli che generano illusioni e frustrazioni in quelle giovani donne che non si
sentono realizzate e apprezzate se sono, fra virgolette, normali, con un lavoro
normale, un uomo vicino normale con cui costruire una vita
normale.
Ora, lungi da
noi chiedere la normalità alla fiction, sarebbe una contraddizione in termini,
ma per i ruoli ricoperti da donne, un po’ più di credibilità e di aderenza alla
realtà non guasterebbero.
Perché siamo
convinte che in un contesto reale, credibile e aderente alla vita vera possano
egualmente convivere emozioni e dipanarsi vicende appassionanti, degne di essere
rappresentate e apprezzate da un pubblico.
Relatrice:
Anita Bertapelle
con il gruppo
d’ascolto
Boni
Brussolo
Campagna
Lauria
Manfredini
Rottigni
Segatini
Stradella