FORMAZIONE SOCI AIART
Lunedì 11 dicembre 2006
Incontro di spiritualità con l’associazione AIART
VOCE DI UNO CHE GRIDA NEL DESERTO
LA COMUNICAZIONE PER ECCELLENZA
Riflessione di don Edy Savietto
Premessa:
Mi ha colpito la rivista della vostra associazione di cui ho potuto leggere alcuni articoli. Interessante la ricerca e lo studio sulla comunicazione, interessante per il contenuto ma soprattutto per il titolo, il nome che porta:“La parabola”. Nell’editoriale viene spiegato il motivo della scelta di questo nome e mi sembra essere proprio pertinente per lo scopo che si propone questo strumento. La parabola si pone frammezzo a un determinato momento e assorbe i flussi di significato che sono contenuti in quella data esperienza rimandandoli a chi è collegato per farlo partecipe di quanto è avvenuto o avviene. La Parabola è parola viva, intrisa di memoria affettiva in tutti noi, ci rimanda come simbolo a tanti momenti che hanno dato un senso a quello che siamo o che è la nostra comunità. La Parabola è un mondo che dà a pensare e a decidersi.
Ogni vita potremmo dire è una Parabola, perché una
vita di fatto raccoglie, rimanda e rilancia precisi messaggi. Alcune vite in particolare diventano
significative ed esemplari, quella che vorrei oggi far entrare dentro alla
nostra recezione è la vita di San
Giovanni il Battista.
Perché?
Perché è colui che anticipa la venuta. Potremmo dire
che raccoglie in sé tutta una tradizione millenaria, quella dell’attesa
del Messia…
E’ colui che non rimane neutro, indifferente di
fronte a quanto accade ma parte,prende posizione, dà un giudizio.
Perché non si muove a partire da se stesso ma fondato
su precise linee di significato e di valore che gli vengono da Qualcun altro,
lui recepisce, elabora e rimanda.
Perché può aiutarci a trovare un “modo” di essere
all’interno di quanto stiamo vivendo tutti, un contesto preciso e abitato da
molti agenti di significato che incidono e toccano in profondità la costruzione
della vita, soprattutto quella dei più piccoli.
Lettura di una parte della vita di Giovanni dal
vangelo di Luca.
Dal vangelo secondo Luca (3,1-18)
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tibèrio Cesare, mentre Ponzio Pilato era
governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo
fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca
dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Ed egli percorse tutta la regione del
Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,
com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Diceva dunque alle folle che andavano a farsi
battezzare da lui: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all'ira
imminente? Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in
voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far
nascere figli ad Abramo anche da queste pietre. Anzi, la scure è già posta alla
radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e
buttato nel fuoco»
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni,
dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?».
Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da
mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e
gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete
nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che
dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno,
contentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano
in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose
a tutti dicendo: «Io vi battezzo con
acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di
sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito
Santo e fuoco. Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona
novella.
1.
Il contesto
Giovanni non nasce in un mondo asettico, ma in una
realtà ben perimetrata. Lo stesso per
noi, non nasciamo in una realtà asettica ma bene perimetrata.
Giovanni è figlio di Elisabetta e Zaccaria, due
persone concrete, con la loro storia, la loro religione, la loro percezione
della vita, i loro peccati… nasce in un determinato periodo storico che è
connotato da precisi poteri forti . Anche noi siamo figli proprio dei nostri
genitori, che hanno avuto la loro storia, la loro formazione…anche noi siamo
dentro a un contesto dove i poteri forti sono altrettanto connotati anche se
forse meno esposti, meno evidenti.
I poteri forti comandano sulle vite, si impongono in
vario modo, tentano di cambiare secondo il loro modo di vedere la realtà e le
persone che in tale realtà sono coinvolte. I poteri forti al tempo di Giovanni
fondamentalmente si imponevano per la forza che avevano. Disponevano di molti
mezzi e denaro e con questi controllavano e dettavano legge. Due ne nomino
perché sono immediati: l’impero di Roma e “la supremazia morale del sinedrio”.
Roma con i
suoi eserciti non ha bisogno di molte spiegazioni, chi non si adeguava, chi non
si sottometteva diventava subito un potenziale nemico che per questo andava
combattuto e ricondotto all’ordine.
In Roma abitava uno spirito di onnipotenza tanto da
rendere un uomo, un Dio: l’imperatore. Pazzesco diremmo noi ma a ben vedere non
è molto distante da quanto poi vedremo nel nostro contesto.
Il secondo potere forte, il sinedrio, si imponeva a
livello religioso-morale dove pretendeva l’assoluta autorità. Dio, il bene, il
male, il giusto , lo sbagliato… tutto era letto e ritrasmesso con sentenza da
questo collegio. La sua forza veniva dalla tradizione, dalla legge, dalla
eredità esclusivamente ricevuta.
Che cosa innescava questo, in chi allora abitava
dentro?
In molti sottomissione. L’alfabeto usato in tanti era
più o meno declinabile in queste espressioni: si deve vivere, mantenere la
famiglia, andare a lavorare, a tutto non si può dare risposta, chi se ne frega,
è troppo difficile entrarci, ma cosa vuoi che sia, comunque si stava peggio una
volta… linea di sopravvivenza, non entro in contrasto perché potrei rimetterci
qualcosa di mio.
Qualcuno invece si ribellava attraverso la lotta
violenta organizzandosi in gruppi politici e armati (zeloti), il loro tentativo
era scalzare chi opprimeva con le stesse armi.
Qualcuno si escludeva dal contesto e si ritirava per
vivere un altro tipo di vita completamente diversa e improntata su valori,
parametri che andavano in tutt’altra direzione: gli esseni.
Qualcuno tentava di fare il possibile…
Giovanni nasce qui dentro e da qui dentro prende le
sue progressive decisioni, non da un altro mondo.
Veniamo a noi oggi. Il contesto nel quale viviamo
cambia e si assesta, ricambia con forte velocità, però se ci fermiamo un attimo
e leggiamo in profondità possiamo dire che anche per noi oggi esistono dei
poteri forti che continuamente tentano di imporsi. Non sono più certamente
l’impero di Roma o il Sinedrio, seppur non sono così diversi nelle cause e
negli effetti.
Il potere forte dell’IO, dei soldi (con le sue varie
sfumature), delle armi, della tecnologia che nei mezzi di comunicazione hanno
la loro potente cassa di risonanza, mai neutra ma sempre più caratterizzata e
veicolante precisi stili di vita, valori, riferimenti.
I poteri forti li vogliono perché possono così
veicolare e tranquillamente proseguire nella loro strada di rafforzamento del
potere. Il potere forte dell’IO è potente e molto spesso subdolo, potremmo dire
che contiene anche dei dati positivi o che da questi partiva, è altrettanto
vero però che sta imponendo ora una dittatura nel modo di vedere, giudicare e
praticare la vita. È il valore assoluto che relativizza tutto il resto. Se al
tempo di Roma c’era l’imperatore che voleva essere un dio, ebbene oggi questo
si è moltiplicato in tutti. Vogliamo essere imperatori e dei. Le conseguenze
sono ben visibili da varie rotture e frammentazioni in atto o già avvenute. Il
bene e il male non hanno più condivisione nel loro giudizio… la vita e la morte
vengono privatizzate, la famiglia…
Le reazioni nostre o di chi possiamo conoscere in
tale contesto sono più o meno le stesse di quanti abitavano al tempo di Giovanni il Battista.
Chi si integra tranquillamente e se ne fa una
ragione…sopravvive, e c’è
chi vuole combattere in modo violento ciò che sta
accadendo.
C’è chi si estranea e comincia qualcosa di nuovo.
Ecco, qui la
Parabola Giovanni forse può aiutarci. C’è un modo diverso, “cristiano “ di
vivere dentro a tutto questo per dare ragione della speranza che ci abita? Per
mandare in circuito un messaggio diverso che possa prendere qualcuno e
aiutarlo? Per non cadere nella rabbia cieca o nella depressione impotente? Sì!
Questo è Natale.
Vediamo Giovanni, decodifichiamo il segnale che invia
con la sua vita e poi assorbiamo per decidere se effettivamente non potrebbe
essere la via.
2.
La vicenda di Giovanni
a.
Giovanni non
apparteneva alla schiera dei forti del tempo, era un “piccolo”.
b.
Giovanni non frequenta
i luoghi dei potenti, non ha i mezzi dei potenti, non percorre le loro strade.
c.
Giovanni è conoscitore
di Dio, del Dio vero con il quale intesse e
vive una relazione molto forte. Il suo interlocutore è Dio e suo il
luogo dove Dio ha parlato, ha trasmesso di sè: la Parola di Dio e i poveri.
d.
Giovanni viene
investito da questa parola non in una esperienza di successo, ma di deserto.
Giovanni era nel deserto quando la parola scese su di lui.
e.
Giovanni cammina,
guarda, pensa, si informa…
f.
Giovanni non tace
quando coglie il dono che ha ricevuto ma parla, predica, grida, denuncia,
annuncia.
g.
Giovanni predica una
conversione, predica un cambiamento profondo di rotta perché la direzione
intrapresa da molti va verso la morte.
h.
Questa conversione dai
peccati per un battesimo di riconciliazione è fondata su una promessa: Ogni
uomo vedrà la salvezza.
i.
Giovanni si va ad
ascoltare nel deserto.
j.
Giovanni dice la
verità, non la annacqua e non la edulcora.
k.
Giovanni ha ben in
mente che cosa si deve fare per consentire, facilitare il passaggio del
Signore, di Dio nella vita: giustizia e condivisione
l.
Giovanni sa che non è Lui
il Salvatore per questo non illude ma rimanda a Colui che battezzerà in Spirito
Santo e fuoco.
m.
Giovanni non lega a sé
ma rimanda a Gesù
n.
Giovanni è maestro di
comunicazione perché parla in verità senza interessi da difendere, senza
mettere al centro se stesso
o.
Giovanni pagherà con la
vita.
Conclusione
C’è speranza, speranza forte perché “Nulla è
impossibile a Dio”, perchè “porterà a compimento l’opera che in noi ha
iniziato”, perché è un Dio nella storia e in questo senso rinasce. Perchè
vengono a rompersi alcuni clichè legati al successo, perché i poteri forti in
realtà sono già sconfitti. Perché riprendiamo energie per ricominciare la
battaglia, perché il mondo non lo salviamo noi, da soli.