La scultura ad Alcara Li Fusi tra il 1500 ed il 1600

 

Tesi finale di Storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo - anno accademico 1983/84

 

Volume pubblicato nel 1991 con il patrocinio del Comune di Alcara li Fusi (ME)

Alcara de Fusis, oggi Alcara li Fusi. E’ un piccolo paese, situato ai piedi di una grande rocca, a 400 metri di altezza sul livello del mare. Chi viene a visitare Alcara trova un panorama davvero pittoresco e artistico, cielo sereno, clima dolce, acque chiare; a Nord si eleva una gigante balza costituita da rupi: ad Est si ammirano i ruderi dell’antico Castel Turio, ancora più in alto le rocche del castro, a ponente si vedono una serie di giochi montani e discese interrotte da rupi, da macigni colossali; scendendo più in giù vi è una gran valle dove scorre il fiume Ghida, oggi detto Rosmarino, per le piante di rosmarino che un tempo crescevano spontanee sulle sue sponde. Il territorio alcarese comprende cinque ex feudi, questi costituiscono quasi tutto il territorio di Alcara, ricco di acqua e di sorgenti (grazie a quest’ultime ad Alcara si contavano quattro mulini ad acqua, per la macina del grano) e coltivato a grano, vigneti ed oliveti e, fino a mezzo secolo fa, anche il baco da seta; fiorente è anche l’allevamento di bestiame. La disposizione del caseggiato del paese segue il naturale declino del suolo, e perciò è divisa in tre sezioni: la parte alta detta Motta; la parte media detta Parrocchia, mentre la parte bassa comprende il centro del paese.

I comuni confinanti con Alcara sono: S. Marco d’Alunzio, Longi, Cesarò, S. Fratello, Militello Rosmarino e S. Agata Militello. Varie sono state le ricerche e gli studi sulle origini del paese, molti critici storici hanno cercato di dimostrare che Alcara è una paese alquanto antico. Imprendendo a narrare quanto si riferisce di questo paese, cercherò di seguire le tracce degli storici più accreditati: Dionisio, Plinio, Fazello ed altri. Il nome di Alcara si crede abbia avuto origine dal castello di cui si conservano ancora i resti. Una leggenda narra che alcuni troiani scampati con Enea dalla distruzione di Troia incendiata dai greci, sbarcarono dopo lungo e travagliato viaggio ad Acquedolci. Qui si pensa che Enea abbia lasciato il suo luogotenente Turio, che sarebbe venuto in Alcara, ove invaghitosi delle nostre alture  avrebbe costruito il castello, che dal nome del suo fondatore si chiamò Castel Turio o Turiano. Secondo gli storici sembra che sia avvenuto dopo la caduta di Troia la cui guerra si svolse intorno al 1270 a.C. Dopo alcune investigazioni archeologiche il Surdi, così come il Marmocchi, afferma che un padre gesuita trovò un manoscritto di un certo Andrea Zamburdi, alcarese, il quale riferisce ciò: << Nel terremoto del 10     giugno 1490 cadde un’aquila scolpita in pietra, che era posta nell’entrata dell’antico castello: essa teneva negli artigli un cartoccio che aveva incisa un’iscrizione greca, la quale in italiano significa - Castello per lo innanzi Turiano, indi Acaret, adesso Alcara->>.

Altri scrittori credono che i primi abitanti di Alcara furono i Sicani, gente emigrata dalla Spagna, che per difendersi dagli invasori edificarono qua e la paesi a guisa di fortezza sulle alture dei monti. Tommaso Fazello asserisce che esistesse una città ( Crasto),  città dei Sicani, tale opinione confermata da Vito Amico, il quale dice che sopra un’altura poco distante da Alcara, in contrada Lemina, sia esistita una città denominata Demone, voce greca che significa anche Crasto.

In seguito all’assedio dei mussulmani, si dice che gli abitanti lasciarono i ruderi della città, raggruppandosi in un sito sottostante l’antica fortezza dove edificarono Alcara.

    Della città di Demone ce ne parla di gran lunga lo storico francese Nicotra che nel suo “Dizionario illustrato dei comuni siciliani” cerca di provare l’esistenza dell’antica città di Demone nel territorio di Alcara, e se ne mostra cosi convinto tanto che scrive:<<Il diploma del 1090 del Conte Ruggero descrivente i confini della diocesi di Messina, ricorda la città di Demone, e fa dedurre che esistesse presso Alcara, quando dice; - Diedi anco appo e  Emenna il castello di Alcara con i suoi tenimenti >>.

   Cosi aggiunse l’Abate Amico: << Ugo Arcivescovo di Messina nei suoi diplomi del 1131, enumerando le chiese concesse all’archimandrita, registra S. Barbaro di Demenna, di cui fa menzione anche il Re Ruggero>>.

   Ove essendovi nel territorio alcarese una fonte che tuttavia con le sue circostanti presso S. Giorgio dicesi di S. Barbaro, cosi si desume l’esistenza dell’antica Demone.

   Ad ogni modo la vera origine di Alcara, sia che rimonti all’epoca dei Sicani, sia a quella di Enea, è un problema che difficilmente il tempo e le ricerche potranno risolvere. Per quanto riguarda gli studiosi, che abbiano cercato e ricercato sulle gesta di tante generazioni vissute, nelle diverse epoche e sotto governi stranieri, nulla emerge di tanto importante.

   I numerosi oggetti antichi rivenuti nel territorio alcarese, vasi, monete, piatti, ed un lacrimatoio ecc. ne danno prova evidente. Nel 1880 si trovò un piatto di argilla stagnata, concavo e di forma quasi ovale con il fondo bianco e lucido, cosparso di varie iscrizioni in lingua fenicia, greca, araba e spagnola, il quale fù venduto ad un passante molti fa. Sotto l’Impero romano, è probabile che la popolazione dovette raggiungere un livello di maggior benessere e progredire nella pastorizia e nell’agricoltura. Sotto la dominazione araba, il paese si in grandi verso Est e verso Ovest; sotto il dominio saraceno Alcara fu annoverata a Val Demone, prendendo il nome della città più importante del territorio, appunto Demone, la quale divisione fù conservata dai Normanni e dagli Svevi.

Profilo storico di Alcara li Fusi