DECRETO LEGISLATIVO 19 settembre 1994, n. 626.
Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 19 febbraio 1992, n. 142, ed in particolare
l'articolo 43, recante delega al Governo per l'attuazione delle
direttive del Consiglio 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE in
materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro;
Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante proroga del
termine della delega legislativa contemplata dall'art. 43 della
citata legge n. 142 del 1992, nonchè delega al Governo per
l'attuazione delle direttive particolari già adottate, ai sensi
dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE,
successivamente alla medesima legge 19 febbraio 1992, n. 142;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 7 luglio 1994;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 16 settembre 1994;
Sulla proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche
dell'Unione europea, di concerto con i Ministri degli affari
esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, del lavoro e della
previdenza sociale, della sanità, dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, dell'interno e per la funzione pubblica e gli
affari regionali;
E M A N A. il seguente decreto legislativo:
TITOLO I.
Capo I.
DISPOSIZIONI GENERALI.
Art. 1.
Campo di applicazione.
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la
tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il
lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di
protezione civile, le norme del presente decreto sono applicate
tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con
decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione
pubblica.
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre
1973, n. 877, nonchè dei lavoratori con rapporto contrattuale
privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano
nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e
Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme
di attuazione.
Art. 2.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto
si intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle
dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi
domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche
speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, e gli utenti dei servizi di
orientamento o di formazione scolastica, universitaria e
professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per
perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì
equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed
universitari, e i partecipanti a corsi di formazione
professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine,
apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici e biologici;
b) datore di lavoro: qualsiasi persona fisica o giuridica o
soggetto pubblico che è titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore e abbia la responsabilità dell'impresa ovvero dello
stabilimento;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle
persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda
finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi
professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti
titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia
industriale o specializzazione equipollente;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia
industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del
lavoro;
3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona
designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona,
ovvero persone, elette o designate per rappresentare i lavoratori
per quanto concerne gli aspetti della salute e sicurezza durante
il lavoro;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate
o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare
o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute
della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante
il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute.
Art. 3.
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la
sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite
in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro
riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che
integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche
produttive ed organizzative dell'azienda nonchè l'influenza dei
fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è,
o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di
lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei
metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro
monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle
misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o
che possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici,
sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi
specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per
motivi sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di
lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo
grave ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed
impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni
riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute
durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri
finanziari per i lavoratori.
Art. 4.
Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto
1. Il datore di lavoro è tenuto all'osservanza delle misure
generali di tutela previste dall'art. 3 e, in relazione alla
natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva,
deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle
sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonchè nella
sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi
di lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All'esito della valutazione di cui al
comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e
la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i
criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione
attuate in conseguenza della valutazione di cui alla lettera a), nonchè delle attrezzature di protezione utilizzate;
c) il programma di attuazione delle misure di cui alla lettera
b).
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero unità
produttiva.
4. Il datore di lavoro designa gli addetti al servizio di
prevenzione e protezione ed il relativo responsabile o incarica
persone o servizi esterni all'azienda, e nomina, nei casi
previsti dall'art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro, il dirigente e il preposto che
esercitano, dirigono o sovrintendono le attività indicate
all'art. 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e
competenze, adottano le misure necessarie per la sicurezza e la
salute dei lavoratori, ed in particolare:
a) designano i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure
di prevenzione incendi, di evacuazione dei lavoratori in caso di
pericolo grave ed immediato e di pronto soccorso;
b) aggiornano le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della
salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado
di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della
protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tengono conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza;
d) forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di
protezione;
e) prendono le misure appropriate affinchè soltanto i lavoratori
che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li
espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedono l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di
uso dei mezzi di protezione collettivi ed individuali messi a
loro disposizione;
g) richiedono l'osservanza da parte del medico competente degli
obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi
e sui rischi connessi all'attività produttiva;
h) adottano le misure per il controllo per le situazioni di
rischio in caso di emergenza e danno istruzioni affinchè i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informano il più presto possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso
e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) si astengono, salvo eccezioni debitamente motivate, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una
situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed
immediato;
m) permettono ai lavoratori di verificare, mediante il
rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di
sicurezza e di protezione della salute;
n) prendono appropriati provvedimenti per evitare che le misure
tecniche adottate possono causare rischi per la salute della
popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tengono un registro nel quale sono annotati cronologicamente
gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro
superiore a tre giorni, compreso quello dell'evento. Nel registro
sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale
dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonchè la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro
sul luogo di lavoro è tenuto conformemente al modello approvato
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente di cui all'art. 394
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione
dell'organo di vigilanza;
p) consultano il rappresentante per la sicurezza nei casi
previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adottano le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonchè per il caso di
pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate
alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1
ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il
medico competente, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al
comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo
produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute
dei lavoratori.
8. Al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, il datore
di lavoro consegna al lavoratore copia della cartella sanitaria e
di rischio.
9. Per le piccole e medie aziende, con decreto dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio
e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per
l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dell'attività e
alle dimensioni dell'azienda, ad eccezione delle attività
industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, delle centrali
termoelettriche, degli impianti e laboratori nucleari, delle
aziende estrattive e altre attività minerarie, delle aziende per
la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e
munizioni, sono definiti: a) procedure standardizzate per gli
adempimenti documentali di cui al presente articolo; b) i casi,
relativi ad ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e
protezione oltre i limiti di addetti di cui all'allegato I; c) i
casi in cui è possibile la riduzione ad una sola volta all'anno
della visita, di cui all'art. 17, lettera h), degli ambienti di
lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori,
allorchè si modificano le
situazioni di rischio.
10. Il decreto di cui al comma 9 deve essere emanato entro otto
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 5.
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria
sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti
delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione
ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore
di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli
utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di
trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonchè i
dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione
messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o
al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle
lettere b) e c), nonchè le altre eventuali condizioni di
pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente,
in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli,
dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi
di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che
non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la
sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro
confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai
preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la
sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Art. 6.
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli
installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di
sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e
tecniche e scelgono macchine nonchè dispositivi di protezione
rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella
legislazione vigente.
2. Sono vietati la vendita, il noleggio, la concessione in uso e
la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di
impianti non rispondenti alla legislazione vigente.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri
mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di
igiene del lavoro, nonchè alle istruzioni fornite dai rispettivi
fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la
parte di loro competenza.
Art. 7.
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad
imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di
commercio, industria e artigianato, l'idoneità
tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori
autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o
contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui
rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad
operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in
relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e
protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività
lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai
rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente
anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera
complessiva.
3. Il datore di lavoro promuove il coordinamento di cui al comma
2, lettera b). Tale obbligo non si estende ai rischi specifici
propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli
lavoratori autonomi.
Capo II
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art. 8.
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro
organizza all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica
persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui
al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o
più persone da lui dipendenti per
l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e
capacità
adeguate, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero
sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di
mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro
assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne
all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie
per integrare l'azione di prevenzione e protezione.
5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175; b) nelle
centrali termoelettriche; c) negli impianti e laboratori
nucleari; d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito
separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende
industriali con oltre 200 lavoratori dipendenti; f) nelle
industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti.
6. Se la capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sono insufficienti, il datore di lavoro
può far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche
dell'azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al
numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini
e capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto
di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva
permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e
procedure, per la certificazione dei servizi, nonchè il numero
minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi
esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e
alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il
nominativo della persona designata come responsabile del servizio
di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all'azienda.
Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale
si attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
Art. 9.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi
professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione
dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e
la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della
normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e
protettive e i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i
sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività
aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei
lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della
salute e di sicurezza di cui all'art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e
protezione informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione
delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie
professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al
segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente
decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal
datore di lavoro.
Art. 10.
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti
propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonchè di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi
previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni
di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di
cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al
comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia
di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle
associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di
vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei
compiti di prevenzione e protezione dai rischi;
b) il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie
professionali della propria azienda elaborata in base ai dati
degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello
stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione
vigente;
d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
Art. 11.
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più
di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il
servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno
una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone
all'esame dei partecipanti:
a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai
fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali
significative variazioni delle condizioni di esposizione al
rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove
tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei
lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a
15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di
una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione
e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale
della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per
la sua consultazione.
Capo III
PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO
Art. 12.
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5,
lettera q), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici
competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta
antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa i lavoratori incaricati di attuare le misure di pronto
soccorso, salvataggio, prevenzione incendi, lotta antincendi e
gestione dell'emergenza;
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un
pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i
comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà
istruzioni affinchè i lavoratori possano, in caso di pericolo
grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività,ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente
il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinchè qualsiasi
lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria
sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore
gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le
conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze
e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il
datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero
dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo,
rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in
numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo
conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente
motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la
loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave ed immediato.
Art. 13.
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente
della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno,
del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di
rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a
limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle
attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti
del personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Art. 14.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e
che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro
ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno
e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore
gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale
pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che
non abbia commesso una grave negligenza.
Art. 15.
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero
dell'unità
produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i
provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di
assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre
eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i
necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto
dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente,
designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei
provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto
soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione
sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al
numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con
decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza
sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente
e il Consiglio superiore di sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano
le disposizioni vigenti in materia.
Capo IV
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 16.
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti
dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico
competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai
fini della valutazione della loro idoneità alla mansione
specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione
specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e
biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti
necessari dal medico competente.
Art. 17.
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di
prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla base della
specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni
di rischio, alla
predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della
salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al
lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per
ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella
sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro
con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli
accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di
esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali
agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli
accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello
stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai
rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi
degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce
indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due
volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo
dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti
con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di
competenza;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b),
effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale
richiesta sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del
servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al
capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni,
della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di
lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di
cui all'art. 16, comma 1, lettera b), esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore,
ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso,
entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio
medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che
dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata
convenzionata con l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti
di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le
condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente ai sensi del comma 5, lettera
a), qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 18.
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o
designato il rappresentante per la sicurezza.
2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15
dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto
direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che
occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per
più aziende nell'ambito territoriale
ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o
eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di
riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15
dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o
designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze
sindacali in azienda.
In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori
dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del
rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo di lavoro
retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni,
sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di
cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da
emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo,
gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le
amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione
pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al
comma 1 è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino
a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da
201 a 1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità
produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di
contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto
dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22,
comma 7.
Art. 19.
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione,
realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di
prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto
soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di
cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente
la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonchè quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le
macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di
lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a
quella prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle
misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità
fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche
effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati
nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga
che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal
datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei
a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo
necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di
retribuzione, nonchè dei mezzi necessari per l'esercizio delle
funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1
sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio
alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei
suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge
per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per
l'espletamento della sua funzione, al documento di cui all'art.
4, commi 2 e 3, nonchè al registro degli infortuni sul lavoro di
cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Art. 20.
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici
tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di
iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi
sono inoltre primaistanza di riferimento in merito a controversie
sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza,
informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi
bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali,
di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla
rappresentanza indicata nel medesimo articolo.
Capo VI
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 21.
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinchè ciascun lavoratore
riceva un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività
dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in
materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste
dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta
antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il
medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure
di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma
1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1,
comma 3.
Art. 22.
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che
ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'art. 1,
comma 3, ricevano una formazione sufficiente ed adeguata in
materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al
proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove
tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione
all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una
formazione particolare in materia di salute e sicurezza,
concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i
rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza,
tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche
di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. Il lavoratore incaricato dell'attività di pronto soccorso, di
lotta antincendio e di evacuazione dei lavoratori deve essere
adeguatamente formato.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti
di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli
organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di
lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei
lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono
stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei
rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui
all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e
della tipologia delle imprese.
Capo VII
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art. 23.
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in
materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta
dalla unità sanitaria locale e, per quanto di specifica
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè,
per il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato.
2. Per attività lavorative comportanti rischi particolarmente
elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione
della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata
anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente
il servizio di prevenzione e sicurezza della unità sanitaria
locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 deve essere emanato entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 24.
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le regioni, il Ministero dell'interno tramite le strutture
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'ISPESL, anche
mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati
del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici
della Direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano di
medicina sociale e gli enti di patronato, svolgono attività di
informazione, consulenza ed assistenza in materia di sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle
imprese artigiane e delle piccole e medie imprese e delle
rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai
soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza.
Art. 25.
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su
proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,
entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale
nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori.
Art. 26.
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni e l'igiene del lavoro
1. L'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 393 (Costituzione della commissione). - 1. Presso il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una
commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa è presieduta dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore
generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui
delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro,
laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in
chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
d) un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: sanità;
industria, commercio ed artigianato; interno; funzione pubblica;
trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati
dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale
assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili
del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia
nazionale protezione ambiente;
g) quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali
dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
h) quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali
dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello
nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei
dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a livello
nazionale.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro
supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la
composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui
al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione
delle associazioni professionali, dell'università e degli enti
di ricerca, in relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono
disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i
segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale su designazione degli organismi
competenti e durano in carica tre anni".
2. L'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 394 (Compiti della commissione). - 1. La commissione
consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di
sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una
relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre
disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della
salute dei lavoratori, nonchè per il coordinamento degli organi
preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali
sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei
luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente
tecnica relativi alla normativa CEE da attuare a livello
nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art.
48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art.
8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento di conformità alle
prescrizioni per la sicurezza e la salute dei lavoratori di norme
tecniche;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni
impartite dagli ispettori del lavoro nell'esercizio della
vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente
elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g),
n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità
di cui all'art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle
regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del
lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa
pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti
ed ai presidenti delle regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può
chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o
autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, effettuare sopralluoghi.".
3. L'art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1995, n. 547, è soppresso.
Art. 27.
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un
anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati
criteri generali relativi all'individuazione di organi operanti
nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro
al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario
raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i
pareri di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI,
dell'UPI e dell'UNICEM.
Art. 28.
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la
sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi
e sistemi di sicurezza in attività lavorative comportanti rischi
elevati e di nuove tecnologie;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea
per le parti in cui modificano modalità esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già
recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura
strettamente tecnica e degli allegati al presente decreto in
relazione al progresso tecnologico.
Capo VIII
STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 29.
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati
relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con
strumenti telematici.
2. L'ISPESL e L'INAIL indicono una conferenza permanente di
servizio per assicurare il necessario coordinamento in relazione
a quanto previsto dall'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7
dicembre 1993, n. 517, nonchè per verificare l'adeguatezza dei
sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno
degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni
relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI,
riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di
infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza
e gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale
e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente, possono essere individuati criteri integrativi di
quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni
relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie
professionali, nonchè ad altre malattie e forme patologiche
eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro
della sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
sulla base delle norme di buona tecnica.
TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO
Art. 30.
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al
presente titolo si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati
all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, nonchè
ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero unità
produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa
agricola o forestale, ma situati fuori dall'area edificata
dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le
prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono
specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se
del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le
porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e
i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da
lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di
lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993, ma debbono
essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e
l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
Art. 31.
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari
vigenti, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente
all'entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati
alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo
entro il 1 gennaio 1996.
Art. 32.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinchè:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a
uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano
sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni
evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati,
quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano
pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni
igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla
prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a
regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Art. 33.
Adeguamenti di norme
1. L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del
presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che
consente alle persone che occupano un edificio o un locale di
raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi
al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre
situazioni di emergenza.
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e
consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo
sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter
essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei
lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle
uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei
luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione
d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonchè al numero
massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di
m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in
materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora
siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed
immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di
utilizzarle in caso di emergenza.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a
chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità
competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le
saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle
girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di
circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere
ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni
momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da
apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti,
durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono
un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di
sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in
caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che siano costruiti o adattati interamente per
lavorazioni che comportano un numero di lavoratori superiore a
25, ed in ogni caso quando le lavorazioni ed i materiali ivi
utilizzati presentino pericoli di esplosione o di incendio e
siano adibiti nello stesso locale più di 5 lavoratori, devono
avere almeno due scale distinte di facile accesso. Per gli
edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità,
quando non ne esista la impossibilità accertata dall'organo di
vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele
ritenute più efficienti.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio
1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli
stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di
emergenza.".
2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14 (Porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di
lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di
realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed
essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino
rischi di esplosione e di incendio e siano adibiti alle attività
che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno
una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso
dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle
previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la
seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi
occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una
porta avente larghezza minima di m 0,90;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi
occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve
essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che
si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi
occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve
essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di
una porta avente larghezza minima di m 0,90, che si aprano
entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi
occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte
previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1
porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di
m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione
compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza
rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche
essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti
inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m
1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per
cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui
all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1,
si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono
ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte
girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte
apribili verso l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente
alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il
passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei
pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere
sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere
trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno
indicativo all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei
portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il
rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di
rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro
lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di
sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono
disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di
ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono
funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi
devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza
facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti
anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire
automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono
essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica
durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter
essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto
speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter
essere aperte.
17. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1
gennaio1993 non si applicano le disposizioni dei commi
precedenti. I locali di lavoro e quelli adibiti a deposito devono
essere provvisti di porte di uscita che abbiano la larghezza di
almeno m 1,10 e che siano in numero non inferiore ad una per ogni
50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa fra 10
e 50. Il numero delle porte può anche essere minore, purchè la
loro larghezza complessiva non risulti inferiore.".
3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e
passaggi). - 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale
fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e
calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla
loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di
queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per
persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli
utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di
trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di
sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad
una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni,
corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo
esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato
delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione
della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei
lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono
essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non
autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i
lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo
chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al
passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e
devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento
ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da
materiali che ostacolano la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono
completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o
mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli
che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere
adeguatamente segnalati.".
4. L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo II
DISPOSlZIONI PARTICOLARI".
5. Nell'art. 6, primo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, dopo le parole "da
destinarsi al lavoro nelle aziende" è soppressa la parola
"industriali".
6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). - 1. Nei
luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto
dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono
sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere
sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere
segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario
per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di
ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i
lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un
pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto
all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato
rapidamente.".
7. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 11 (Temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei
locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante
il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e
degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si
deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di
essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il
personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e
dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla
destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere
tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro,
tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di
lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto
l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro
le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure
tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.".
8. L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi
di lavoro). - 1. I luoghi di lavoro devono disporre di
sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che
consentono un'illuminazione artificiale adeguata per
salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di
lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie
di circolazione devono essere installati in modo che il tipo
d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio
per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente
esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione
artificiale,devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di
sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione
artificiale devono essere tenuti costantemente in buone
condizioni di pulizia e di efficienza.".
9. L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei
locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). -
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità
della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi i
locali chiusi i che non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti
di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di
impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti
tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni
adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi,
stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul
pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve
avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per
avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e
scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di
passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in
permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non
sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti
dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di
lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente
segnalate e costituite da materiali di sicurezza ovvero essere
separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione
succitati, in modo tale che i lavoratori non possono entrare in
contatto con le pareti, nè essere feriti qualora esse vadano in
frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione
devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai
lavoratori in er i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti
congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che
consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che
effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori presenti
nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non
sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se
sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in
tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena
sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di
emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle
dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita.
Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano
m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da
evitare che i lavoratori possono cadere.".
10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 14 (Locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la
salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di
un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il
personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che
offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed
essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in
funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la
protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e
frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere
messi a disposizione del personale altri locali affinchè questi
possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in
cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti
locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione
dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori
continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di
lavorare stando a sedere ogni qnon pregiudica la normale
esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni
appropriate.".
11. L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali
appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a
disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare
indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di
decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e
convenientemente arredati.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità
sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro
aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati
durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che
consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri
indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività
insudicianti,polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti
in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle
dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o
comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro
devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve
poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter
riporre i propri indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37 (Docce e lavabi). - 1. Docce sufficienti ed
appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori
quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per le docce separati per uomini
e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce o i
lavabi e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra
loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per
permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in
condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda
e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
5. Devono essere previsti lavabi separati per uomini e donne
ovvero un'utilizzazione separata dei lavabi, qualora ciò sia
necessario per motivi di decenza.
Art. 39 (Gabinetti e lavabi). - 1. I lavoratori devono disporre,
in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo,
degli spogliatoi, delle docce o lavabi, di locali speciali dotati
di un numero sufficiente di gabinetti e di lavabi, con acqua
corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti
separati.".
13. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro
esterni). - 1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere
idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali
in dipendenza dell'attività lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono
essere adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o
impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante
le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la
circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo
sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art. 7 e le disposizioni sulle vie
di circolazione e zone di pericolo sono altresì applicabili alle
vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie
di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e
sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine
di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo
si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente
illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto,
questidevono essere strutturati, per quanto tecnicamente
possibile, in modo tale che i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario,
contro la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni
nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di
pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".
14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore
tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
TITOLO III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
Art. 34.
D e f i n i z i o n i
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo
si intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio,
utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione
lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa
in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la
riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo
smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza
di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la
sicurezza dello stesso.
Art. 35.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a
tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative
adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle
attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che
dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e
secondo condizioni per le quali non sono adatte.
3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore
di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinchè le
attrezzature di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo
la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate,
ovenecessario, da apposite istruzioni d'uso.
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego
conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro
rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori
all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il
lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per
svolgere tali compiti.
Art. 36.
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei
lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei
lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Nulla è innovato nel regime giuridico che regola le
operazioni di verifica periodica delle attrezzature per le quali
tale regime è obbligatoriamente previsto. In ogni caso le modalità e le procedure tecniche delle relative verifiche
seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al
quale l'attrezzatura è stata costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e
della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, può
stabilire modalità e procedure per l'effettuazione delle
verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
"Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli
dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale,
un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di
arresto di emergenza.".
5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la
funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero
comprensibili senza possibilità di errore.".
6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il
libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di
questo libretto.".
7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18
marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i
seguenti commi:
"Un'attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o
da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi
appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti
ademanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di
polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di
ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a
tali pericoli.".
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre
mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 37.
Informazione
1. Il datore di lavoro provvede affinchè per ogni
attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati
dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso
necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base
delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite
nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare
comprensibili ai lavoratori interessati.
Art. 38.
Formazione ed addestramento
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro
ricevono una formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di
lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che
richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui
all'art.
35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che
li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e
sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
Art. 39.
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o
di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione conformemente all'informazione, alla formazione ed
all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato
nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.
TITOLO IV
USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Art. 40.
D e f i n i z i o n i
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI)
qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi
suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il
lavoro, nonchè ogni complemento o accessorio destinato a tale
scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non
specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute
del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate,
delle forze di polizia e del personale del servizio per il
mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di
trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e
fattori nocivi.
Art. 41.
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono
essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di
prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi
o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Art. 42.
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di
per sè un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del
lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da
mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei
confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
Art. 43.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono
essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinchè
questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo
conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate
dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI
fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le
caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta
con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione di cui al comma 1.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui
all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere
usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione
di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai
requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45,
comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni
d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le
sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle
informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone,
prende misure adeguate affinchè tale uso non ponga alcun
problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il
DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva
informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario,
uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo
pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre
1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 44.
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e
addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti
necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e
all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure
aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi
rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Art. 45.
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce
elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto
all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto
con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della
natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio,
indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende
necessario l'impiego dei DPI.
Art. 46.
Norma transitoria
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di
dispositivi di emergenza destinati all'autosalvataggio in caso di
evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del
decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente
decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o
di altri Paesi della Comunità europea.
TITOLO V
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Art. 47.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività
che comportano la movimentazione manuale dei carichi con i
rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori
durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto
o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori,
comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare,
portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o
in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli,
comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture
osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso lombare.
Art. 48.
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare
attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una
movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale
dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta
le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati
o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di
ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di
detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di
un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il
datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta
movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di
sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene
conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base
all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i
rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei
fattori individuali di rischio, delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività
comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli
addetti alle attività di cui al presente titolo.
Art. 49.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui
il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i
lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in
maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato
VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
TITOLO VI
USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Art. 50.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività
lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di
videoterminali.
2. Le norme del presente titolo si applicano ai lavoratori
addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di
trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario
all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano
oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte
le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di
visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso
diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 51.
D e f i n i z i o n i
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a
prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione
utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature
munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro
sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia
uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature
connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem,
la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di
lavoro, nonchè l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita
di videoterminale in modo sistematico ed abituale, per almeno
quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le pause di cui
all'art. 54, per tutta la settimana lavorativa.
Art. 52.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio
di cui all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con
particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o
mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare
ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1,
tenendo conto della somma ovvero della combinazione della
incidenza dei rischi riscontrati.
Art. 53.
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti
lavorativi comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo una
distribuzione del lavoro che consente di evitare il più
possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Art. 54.
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno
quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di
attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla
contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante
l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha
diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di
applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere
stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico
competente ne evidenzi la necessità.
5. è comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni
all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i
tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico,
che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove
il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante
dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile
all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario
complessivo di lavoro.
Art. 55.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori di cui all'art. 54, prima di essere addetti
alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti ad una
visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali
e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico
competente.
Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il
lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i
lavoratori vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni ed i
lavoratori che abbiano compiuto il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di controllo con
periodicità
almeno biennale.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua
richiesta, ogni qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione
della funzione visiva, confermata dal medico competente.
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di
correzione in funzione dell'attività svolta è a carico del
datore di lavoro.
Art. 56.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi
dello stesso di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con il Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida
d'uso dei videoterminali.
Art. 57.
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e
il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici
che comportano mutamenti nell'organizzazione del lavoro, in
riferimento alle attività di cui al presente titolo.
Art. 58.
Adeguamento alle norme
1. I posti di lavoro utilizzati successivamente alla data di
entrata in vigore del presente decreto devono essere conformi
alle prescrizioni dell'allegato VII.
2. I posti di lavoro utilizzati anteriormente alla data di
entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati a
quanto prescritto al comma 1 entro il 1 gennaio 1996.
Art. 59.
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente,
sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli
adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione del
progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche
internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle
attrezzature dotate di videoterminali.
TITOLO VII
PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 60.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti
ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività
disciplinate dal:
a) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n.
962;
b) decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti
soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
Art. 61.
D e f i n i z i o n i
1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente
cancerogeno:
a) una sostanza alla quale, nell'allegato 1 della direttiva
67/548/CEE, è attribuita la menzione R 45: "Può provocare
il cancro" o la menzione R 49: "Può provocare il
cancro per inalazione";
b) un preparato su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5, lettera
j), della direttiva 88/379/CEE deve essere apposta l'etichetta
con la menzione R 45: "Può provocare in cancro" o con
la menzione R 49:
"Può provocare il cancro per inalazione";
c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato
VIII nonchè una sostanza od un preparato prodotti durante un
processo previsto all'allegato VIII.
Capo II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 62.
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un
agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare
sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una
sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in
cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e
eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente
cancerogeno il datore di lavoro provvede affinchè la produzione
o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno avvenga in un sistema
chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente
possibile il datore di lavoro provvede affinchè il livello di
esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore
tecnicamente possibile.
Art. 63.
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di
lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti
cancerogeni, i risultati della quale sono riportati nel documento
di cui all'art. 4, commi 2 e 3.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle
caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro
frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero
utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli
stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e,
qualora allo statosolido, se in massa compatta o in scaglie o in
forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida
che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della
valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e
protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità
delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con
i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze
o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui
all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono
impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti
ad agenti cancerogeni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado
della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati
come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui
al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro
e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di
cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma
3.
Art. 64.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati,
che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi
di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle
lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego, in
forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono
accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o
che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando
le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati
segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali
"vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori
che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o
con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non
vi è emissione di agenti cancerogeni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni
deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma
5, letteran). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di
un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare
l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare
precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non
prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali,
delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati,
manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello
smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni
contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di
sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure
protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i
quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi
particolarmente elevati.
Art. 65.
Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti
protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinchè i dispositivi di protezione individuale
siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo
ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o
sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. è vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di
lavoro di cui all'art. 64, lettera b).
Art. 66.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro
dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego,
ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e
protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro
corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misureda
adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono
fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in
questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale,
e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinchè gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano
etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I
contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere
conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e
successive modifiche ed integrazioni.
Art. 67.
Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che
possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per
identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i
lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area
interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli
interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie,
indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di
protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal
datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di
protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni
lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di
vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e
riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le
conseguenze.
Art. 68.
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella
di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le
misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile
un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di
lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle
suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile,
all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante
appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di
protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori
adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori
addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
Capo III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 69.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63
ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a
sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori
sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici
effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere
l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8
del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente,
l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il
medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di
lavoro dispone una nuova valutazione del rischio in conformità
all'art. 63 e, ove tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell'agente in aria, per verificare l'efficacia
delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti,
con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
lavorativa.
Art. 70.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'art. 69 sono iscritti in un
registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno utilizzato ed, ove noto,
il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la
tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi e il
rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Per ciascuno dei lavoratori di cui all'art. 69 è istituita
una cartella sanitaria e di rischio, custodita, a cura del medico
competente, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, sotto la responsabilità del datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed
all'organo di vigilanza competente per territorio e comunicando
loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne
facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia
del registro di cui al comma 1;
c) comunica, all'ISPESL e all'organo di vigilanza competente per
territorio, la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori
di cui all'art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute
dall'ultimacomunicazione, delle relative annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1. Consegna all'ISPESL le
relative cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2;
d) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna il
registro di cui al comma 1 all'ISPESL e copia dello stesso
all'organo di vigilanza competente per territorio. Consegna
all'ISPESL le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2;
e) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza
esercitato attività con esposizione al medesimo agente, richiede
all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella
sanitaria e di rischio di cui al comma 2;
f) tramite il medico competente comunica ai lavoratori
interessati le relative annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di
rischio di cui al comma 2 ed al rappresentante per la sicurezza,
i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma
1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2
sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione
del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quaranta anni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni.
5. La documentazione di cui ai precedenti comma è custodita e
trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta dei registri e delle
cartelle sanitarie di cui rispettivamente ai commi 1 e 2 sono
determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto
con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati
di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti di cui al comma
1.
Art. 71.
Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonchè gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o
privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate
da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono
all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero
anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
2. Presso l'ISPESL è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un
archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente,
sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che,
in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la
raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonchè le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le
modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla
Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del
registro di cui al comma 1.
Art. 72.
Adeguamenti normativi
1. Nelle attività con uso di sostanze o preparati ai quali è attribuita dalla direttiva comunitaria la menzione R 45:
"Può provocare il cancro" o la menzione R 49:
"Può provocare il cancro per inalazione", il datore di
lavoro applica le norme del presente titolo.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale
e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e
la commissione tossicologica nazionale, è aggiornato
periodicamente l'elenco delle sostanze e dei processi di cui
all'allegato VIII in funzione del progresso tecnico,
dell'evoluzione di normative e specifiche internazionali e delle
conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni.
TITOLO VIII
PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 73.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi
è rischio di esposizione ad
agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle
norme comunitarie sull'impiego confinato di microorganismi
geneticamente modificati e sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
Art. 74.
D e f i n i z i o n i
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se
geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita
umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o
intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o
meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di
cellule derivate da organismi pluricellulari.
Art. 75.
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro
gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare
malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i
lavoratori;
è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma
disponibli efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può
causaremalattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio
rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi
nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure
profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può
provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio
rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di
propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma,
efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione
non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i
due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di
rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologici
classificati nei gruppi 2, 3, 4.
Art. 76.
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che
comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica
all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti
informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del
gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni
qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che
comportano una variazione significativa del rischio per la salute
sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende
utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in
via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle
informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di
microorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo
II, come definito all'art. 4 del decreto legislativo 3 marzo
1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli
casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono
tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto
riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
Art. 77.
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio
della propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve
munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanitàsentito il parere dell'Istituto superiore di
sanità. Essa
ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L'accertamento del
venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione
ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al
comma 1 informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente
biologico del gruppo 4 utilizzato, nonchè di ogni avvenuta
cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono
esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all'organo di vigilanza
competente per territorio le autorizzazioni concesse e le
variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici
del gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce ed aggiorna
un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di
cui ai commi 1 e 4.
Capo II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 78.
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui
all'art. 4, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni
disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e
delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o
possono presentare un pericolo per la salute umana quale
risultante dall'allegato XI o, in assenza, di quella effettuata
dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze
disponibili e seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un
lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività
lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici
utilizzati.
2. Il datore di lavoro, in relazione al rischio accertato, adotta
le misure protettive e preventive di cui al presente titolo,
adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui
al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro
e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo
esemplificativo nell'allegato IX, che, pur non comportando la
deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono
implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi,
il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma
3, e 86, qualora i risultati della valutazione dimostrano che
l'attuazione di tali misure non ènecessaria.
5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai
seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio
di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera
a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonchè le misure
preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori
contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo
3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima
dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha
accesso anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 79.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui
all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il
datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e
procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti
biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo
di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente
esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di
protezione individuali qualora non sia possibile evitare
altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo
di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato
nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare
campioni di origine umana ed animale;
tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,
l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di
sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed
identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti
stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in
condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo
di lavoro.
Art. 80.
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui
all'art.
78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati
provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonchè, se del
caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od
altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti
civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano coro e
protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici
vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e, se necessario, distrutti.
2. è vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di
lavoro in cui c'è rischio di esposizione.
Art. 81.
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e
veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta
particolare attenzione alla possibile presenza di agenti
biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei
relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza
comporta in relazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di
lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che
consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi
per l'operatore e per la comunità, i materiali ed i rifiuti
contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che
sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del
gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per
ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate
nell'allegato XII.
Art. 82.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato
XI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici
dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e
nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente
contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee
misure di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia
eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello
dicontenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile
contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei
locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori
di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti
biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere
un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo
livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero
della sanità, sentito l'Istituto superiore di sanità, può
individuare misure di contenimento più elevate.
Art. 83.
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato
XI, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti
biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure
opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XIII,
tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui
uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Art. 84.
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la
dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai
gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente
la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti
ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi
di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di
vigilanza territorialmente competente, nonchè i lavoratori ed il
rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo
hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente
relativo all'uso di agenti biologici.
Art. 85.
Informazioni e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art.
78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici
utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto
impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti
biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure
da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono
fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in
questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e
comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile
cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di
infortunio od incidente.
Capo III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 86.
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la
valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute
sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i
quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono
misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei
lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente
nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277.
Art. 87.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti
del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono
riportati, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente
utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui
al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il
rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto
superiore di sanità e all'ISPESL, comunicando ad essi ogni tre
anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le
variazioniintervenute;
b) comunica all'ISPESL la cessazione del rapporto di lavoro, dei
lavoratori di cui al comma 1 fornendo nel contempo
l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo
Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio di cui
all'art. 86, comma 5;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna
all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al
comma 1 ed all'ISPESL copia del medesimo registro nonchè le
cartelle sanitarie e di rischio di cui all'art. 86, comma 5;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione allo stesso
agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonchè copia della
cartella sanitaria e di rischio di cui all'art. 86, comma 5;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori
interessati le relative annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di
rischio di cui all'art. 86, comma 5, ed al rappresentante per la
sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui
al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1 e le cartelle sanitarie e d registri e delle cartelle
sanitarie di cui rispettivamente ai commi 1 e 2 sono determinati
con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati
di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma
1.
Art. 88.
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL è che refertano i casi di malattia, ovvero
di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della
relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono
determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di
cui al comma 1, nonchè le modalità di trasmissione della
documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su
richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro
di cui al comma 1.
TITOLO IX
Art. 89.
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4,
comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 22, comma 1; 30,
commi 3, 4, 5 e 6; 31; 54, commi 1, 2, 3 e 4; 55, commi 1, 3 e 4;
58;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un
milione a lire cinque milioni per la violazione dell'art. 4,
comma 5, lettere a), c), f), g), i), m) e p).
2. Il datore di lavoro è punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 2 e 7; 12, comma 1, lettere d), e), e comma 4; 15, comma 1;
32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38; 43, commi 3, 4, lettere a), b),
d), g), e comma 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 56, comma 2; 62;
63, commi 1, 3, 4 e 5; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 68; 69,
commi 1, 2 e 5; 78, comma 2; 79, comma 2; 80, comma 1; 81, commi
2 e 3; 82, commi 1, 2, 3 e 4; 83; 85, comma 2; 86;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un
milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 4 e 6; 7, commi 1, 2 e 3; 6, commi 2, 3, 7 e 8; 9, comma 2;
10;
12, comma 1, lettere a), b) e c); 15, comma 2; 21; 37; 43, comma
4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 63, comma
6; 66, commi 1 e 4; 67; 70, commi 1 e 2; 76; 77, commi 1 e 4; 78,
comma 3;
84, commi 2 e 4; 85, comma 1; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni
per la violazione dell'art. 4, comma 5, lettera o).
4. Il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la
violazione degli articoli 4, comma 8; 8, comma 11; 11, commi 1 e
3; 70, commi 3 e 4; 87, commi 3 e 4.
Art. 90.
Contravvenzioni commesse dai preposti
1. I preposti sono puniti:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire
cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli
articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 22,
comma 1; 31, nonchè per la inosservanza delle prescrizioni
minime di cui all'art.
30, comma 3; 54, commi 1, 2, 3 e 4; 55, commi 1, 3 e 4; 58;
b) con l'arresto sino ad un mese o con l'ammenda da lire
trecentomila a lire un milione per la violazione dell'art. 4,
comma 5, lettere a), c), f), g), i), m) e p);
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione dell'art.
4,comma 5, lettera o).
Art. 91.
Contravvenzioni commesse dai commercianti e dagli installatori
1. La violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto
fino a sei mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire
sessanta milioni.
2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punità con
l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire seicentomila a
lire due milioni.
Art. 92.
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un
milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17,
comma 1, lettere b), d), h) e l); 69, comma 4; 70, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli
articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonchè del comma
3; 69, comma 6.
Art. 93.
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e
duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 39; 44;
84, comma 3;
b) con l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la
violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
Art. 94.
Violazioni amministrative
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65,
comma 2, e 80, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila.
TITOLO X
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 95.
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e
comunque non oltre il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che
intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e
protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di
formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando
l'osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10,
comma 2, lettere a), b) e c).
Art. 96.
Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4
1. è fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4
nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Art. 97.
Obblighi d'informazione
1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
trasmette alla commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel
settore della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il
lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle
commissioni parlamentari.
Art. 98.
Norma finale 1.
Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate
dal presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di
prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 19 settembre 1994