Myricae
Giovanni Pascoli


TRAMONTI



I
LA SIRENA

La sera, fra il sussurrìo lento
dell'acqua che succhia la rena,
dal mare nebbioso un lamento
si leva: il tuo canto, o Sirena.

E sembra che salga, che salga,
poi rompa in un gemito grave.
E l'onda sospira tra l'alga,
e passa una larva di nave:

un'ombra di nave che sfuma
nel grigio, ove muore quel grido;
che porta con sé, nella bruma,
dei cuori che tornano al lido:

al lido che fugge, che scese
già nella caligine, via;
che porta via tutto, le chiese
che suonano l'avemaria,

le case che su per la balza
nel grigio traspaiono appena,
e l'ombra del fumo che s'alza
tra forse il brusìo della cena.





II
PIANO E MONTE

Il disco, grandissimo, pende
rossastro in un latte d'opale:
e intaglia le case ed accende
i lecci nel nero viale;

che fumano, come foreste,
di polvere gialla e vermiglia:
s'annuvola in rosa e celeste
quel botro color di conchiglia.

Qua lampi di vetri, qua lente
cantate, qua grida confuse:
là placido il muto orïente
nell'ombra dei monti si chiuse.

Si vedono opache le vette,
è pace e silenzio tra i monti:
un breve squittir di civette,
un murmure lungo di fonti:

via via con fragore interrotto
si serra la casa tranquilla:
è chiusa: nel bianco salotto
la tacita lampada brilla.


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