Myricae
Giovanni Pascoli

DALL'ALBA AL TRAMONTO


I
ALBA FESTIVA

Che hanno le campane,
che squillano vicine,
che ronzano lontane?

E' un inno senza fine,
or d'oro, ora d'argento,
nell'ombre mattutine.

Con un dondolio lento
implori, o voce d'oro,
nel cielo sonnolento.

Tra il cantico sonoro
il tuo tintinno squilla
voce argentina - Adoro,

adoro - Dilla, dilla,
la nota d'oro - L'onda
pende dal ciel, tranquilla.

Ma voce più profonda
sotto l'amor rimbomba,
par che al desìo risponda:

la voce della tomba.
II
SPERANZE E MEMORIE

Paranzelle in alto mare
bianche bianche,
io vedeva palpitare
come stanche:
o speranze, ale di sogni
per il mare!

Volgo gli occhi; e credo in cielo
rivedere
paranzelle sotto un velo,
nere nere:
o memorie, ombre di sogni
per il cielo!


III
SCALPITIO

Si sente un galoppo lontano
(è la . . . ?),
che viene, che corre nel piano
con tremula rapidità.

Un piano deserto, infinito;
tutto ampio, tutt'arido, eguale:
qualche ombra d'uccello smarrito,
che scivola simile a strale:

non altro. Essi fuggono via
da qualche remoto sfacelo;
ma quale, ma dove egli sia,
non sa né la terra né il cielo.

Si sente un galoppo lontano
più forte,
che viene, che corre nel piano:
la Morte! la Morte! la Morte!

IV
IL MORTICINO

Non è Pasqua d'ovo?

Per oggi contai
di darteli, i piedi.
È Pasqua: non sai?
È Pasqua: non vedi
il cercine novo?

Andiamoci, a mimmi,
lontano lontano...
Dan don... Oh! ma dimmi:
non vedi ch'ho in mano
il cercine novo,

le scarpe d'avvio?
Sei morto: non vedi,
mio piccolo cieco!
Ma mettile ai piedi,
ma portale teco,
ma diglielo a Dio,

che mamma ha filato
sei notti e sei dì,
sudato, vegliato,
per farti, oh! così!
le scarpe d'avvio!

V
IL ROSICCHIOLO

Per te l'ha serbato, soltanto
per te, povero angiolo; ed eccolo
o pianto!
lo vedi? un rosicchiolo secco.

Moriva sul letto di strame;
tu, bimbo, dormivi sicuro.
Che pianto! che fame!
ma c'era un rosicchiolo duro.

Ma ella guardava lunghe ore,
guardava il suo bimbo, e morì,
di pianto, di fame, d'amore;
e... guarda! il rosicchiolo è qui.

VI
ALLORA

Allora...in un tempo assai lunge
felice fui molto; non ora:
ma quanta dolcezza mi giunge
da tanta dolcezza d'allora!

Quell'anno! per anni che poi
fuggirono, che fuggiranno,
non puoi, mio pensiero, non puoi,
portare con te, che quell'anno!

Un giorno fu quello, ch'è senza
compagno, ch'è senza ritorno;
la vita fu vana parvenza
sì prima sì dopo quel giorno!

Un punto!... così passeggero,
che in vero passò non raggiunto,
ma bello così, che molto ero
felice, felice, quel punto!

VII
PATRIA

Sogno d'un dì d'estate.

Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.

Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, rose:
due bianche spennellate

in tutto il ciel turchino.

Siepi di melograno,
fratte di tamerice,
il palpito lontano
d'una trebbïatrice,
l'angelus argentino...

dov'ero? Le campane
mi dissero dov'ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.

VIII
IL NUNZIO

Un murmure, un rombo....

Son solo: ho la testa
confusa di tetri
pensieri. Mi desta

quel murmure ai vetri.
Che brontoli, o bombo?

che nuove mi porti?

E cadono l'ore
giú giù, con un lento
gocciare. Nel cuore
lontane risento
parole di morti...

Che brontoli, o bombo?

che avviene nel mondo?
Silenzio infinito.
Ma insiste profondo,
solingo smarrito,
quel lugubre rombo.

IX
LA CUCITRICE

L'alba per la valle nera
sparpagliò le greggi bianche:
tornano ora nella sera
e s'arrampicano stanche:
una stella le conduce.

Torna via dalla maestra
la covata, e passa lenta:
c'è del biondo alla finestra
tra un basilico e una menta:
è Maria che cuce e cuce.

Per chi cuci e per che cosa?
un lenzuolo ? un bianco velo ?
Tutto il cielo è color rosa,
rosa e oro, e tutto il cielo
sulla testa le riluce.

Alza gli occhi dal lavoro:
una lagrima? un sorriso?
Sotto il cielo rosa e oro,
chini gli occhi, chino il viso,
ella cuce, cuce, cuce.


X
SERA FESTIVA

O mamma, o mammina, hai stirato
la nuova camicia di lino ?
Non c'era laggiù tra il bucato,
sul bossolo o sul biancospino.
Su gli occhi tu tieni le mani. . .
Perchè? non lo sai che domani ... ?
din don dan, din don dan.

Si parlano i bianchi villaggi
cantando in un lume di rosa:
dall'ombra de' monti selvaggi
si sente una romba festosa.

Tu tieni a gli orecchi le mani...
tu piangi; ed è festa domani. .
din don dan, din don dan.

Tu pensi . . . oh! ricordo: la pieve . . .
quanti anni ora sono ? una sera . .
il bimbo era freddo, di neve;
il bimbo era bianco, di cera:
allora sonò la campana
(perchè non pareva lontana ?)
din don dan, din don dan.

Sonavano a festa, come ora,
per l'angiolo; il nuovo angioletto
nel cielo volava a quell'ora;
ma tu lo volevi al tuo petto,
con noi, nella piccola zana:
gridavi; e lassù la campana. . .
din don dan, din don dan.

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