Gustav Richter


Dopo una lunga giornata di lavoro nelle serre
il sonno era dolce, ma se si dorme sul fianco sinistro
i sogni possono finire bruscamente.
Stavo tra i fiori ed era come se qualcuno
li coltivasse per prova,
per poi trapiantarli
in un giardino più grande all’aria aperta.
E io ero visione incorporea
nella luce, come se il sole entrando
si fosse librato a toccare la volta di vetro
come un palloncino e fosse scoppiato mollemente,
in un pulviscolo d’aria dorata.
E tutto era silenzio, ma in quello splendore
era immanente un pensiero chiaro
come viva voce, e io, nel pensiero,
sentivo una presenza pensare mentre si aggirava
tra i vasi potando foglie,
cercando insetti e osservando i pregi
con un occhio cui nulla sfuggiva:
«Omero, oh, sì! Pericle, bene.
Cesare Borgia, che ne facciamo dite?
Dante, un po’ troppo concime, forse.
Napoleone, lasciamolo stare così per ora.
Shelley, più terra. Shakespeare, bisogna annaffiarlo—.
Nubi in vista, eh!—