Perdono Hiroshima

 

 

Perdono, Hiroshima…

Perdono per ogni passo

che tocca una ferita, apre una cicatrice…

Perdono per ogni sguardo,

che duole, anche se carezzevole…

Perdono per ogni parola

che turba il cielo in cui cerchi

i tuoi bambini,

popoli di bambini che perdesti per sempre.

Tomba

Inesistente… Vento… vento… vento…

E’ la loro voce che ora piano suona

ogni giorno più spenta,

solo nel ricordo…

Oh, cimiteri

Inesistenti… inesistenti… inesistenti…

Voler piangere e non poter stringere fra le braccia

nemmeno un’urna, una tomba almeno…

 

 

        Dove sono i tuoi bambini, Hiroshima? Forse

nell’oceano

d’argento indifferente…

Forse nel mausoleo infinito

del cielo…

O forse, proprio su questa terra

che io calpesto…

Ogni passo io lo traccio con timore…

Ogni pezzo di terra

nasconde una bara…

Mi sembra che la terra 

da me calpestata gridi: - Mamma…

 

 

        Ahi, aria di smalto, dammi le ali,

che io mi innalzi leggero

per non urtare col passo delle ferite,

che l’ala mia tagli l’aria, come d’angelo.

Ma sfavillando dalle migliaia di lesioni,

si avvicina Hiroshima a me,

si avvicina e si china piano

e mi fa segno:

vieni, amico

e vedi ciò che è stato,

ciò che è.

E narra…

 

 

(Eugen Jebeleanu)

 

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