venerdì 31 maggio 2013  11:09


 
Rifondata sul lavoro

L’ITALIA è una Repubblica fondata sul lavoro che non c’è. I posti di lavoro li creano le imprese. Una buona legge da sola non basta a fare occupazione, una cattiva legge, però, può aiutare la crisi a divorare fabbriche, botteghe, giovani e vecchi, famiglie e speranze. Qualunque intervento del governo per fare uscire dal coma l’economia non può che partire da qui: da chi il lavoro lo crea e non lo distrugge. La promozione europea dei conti pubblici, il ritorno in serie A dell’Italia — arrivata più tardi di quanto non meritassimo — dà all’esecutivo Letta margini di manovra più ampi e un po’ di ossigeno che ci si augura siano sfruttati al meglio. Il tempo è scaduto, servono ancora azioni d’emergenza per tenere il malato in vita: dopo il salasso — necessario e doloroso — è l’ora dei ricostituenti. Ma anche questo non può bastare ad evitare gravi ricadute. Il nostro paese soffre da decenni di crescita inesistente e di alto debito pubblico: ieri l’Ocse ha tagliato le stime del Pil a -1,8% per l’anno in corso. I senza lavoro potrebbero sfiorare il 12%, il debito pubblico è al 134% del Pil. Da dove cominciare, dunque, la nuova cura? Indicazioni importanti arriveranno oggi dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, all’assemblea annuale di via Nazionale.

A UN PAESE che ha ancora la seconda manifattura in Europa, però, non può bastare solo la difficile uscita dall’emergenza. Ha il dovere di guardare più lontano e invertire l’ordine di troppe classifiche negative. Come quella della competitività internazionale misurata ogni anno dall’Institute for Management Development (Imd) di Losanna: siamo scesi ancora, dal 40° al 44° posto. siamo stati catalogati tra i «perdenti», tra i Paesi che hanno perso più di 5 posizioni dal 1997 ad oggi. L’uscita dalla recessione più grave dal dopoguerra offre una sola occasione: quella di riuscire a costruire un nuovo Rinascimento. Il primo, quello di cui l’Italia fu la culla, fu mosso anche da motori economici, dai mercanti, dalla rivoluzione del commercio innescata dalla scoperta del nuovo mondo.

Quel nuovo mondo che oggi è dato dalla rivoluzione digitale, da Internet: risorse troppo spesso dimenticate nel dibattito pubblico, mai abbastanza sfruttate nella pratica quotidiana. Eppure, dove sono state utilizzate in pieno hanno dimostrato la loro forza di potente volano di quella crescita economica che da noi latita. Serve un paese che favorisca le imprese e il mondo del lavoro, che punti l’innovazione e la ricerca e sappia spalmarla nel proprio sistema produttivo. Costruirlo sarebbe il doveroso seguito al richiamo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: l’Italia torni a essere una Repubblica fondata sul lavoro.

di Paolo Giacomin  
(qn.quotidiano.net)

© riproduzione riservata www.adisonline.it


promozione

© adisonline.it