VESPASIANO
Titus Flavius Sabinus Vespasianus
01/07/69
* - 24/06/79
* = Riconoscimento dell'esercito


Titus Flavius Sabinus Vespasianus


Nasce a Reate, in Sabina, nel 9 d.C., da Flavio Sabino (esattore) e Vespasia Polla, entrambi di rango equestre. La sua brillante carriera lo vede, fra l'altro, ricoprire le cariche di Pretore (nel 40) e di comandante di legione, nonché di Senatore.
Nel 51 diviene Console, nel 63 proconsole in Africa, nel 67 Governatore della Giudea, che meno di un anno dopo egli avrà ricondotto sotto il controllo di Roma, seppure con l'esclusione di Gerusalemme. Nel 68, alla morte di Nerone, sospende le proprie attività militari e riconosce l'autorità del nuovo eletto: Galba. L'uomo-chiave per Vespasiano diviene Caio Licinio Muciano, Governatore di Siria, col quale però non è all'inizio in ottimi rapporti. Tuttavia i due, presa coscienza della generale situazione di precarietà, avvicinano le proprie posizioni, ed al suicidio di Otone riconoscono strategicamente Vitellio, in un primo momento, alla carica imperiale. Ma il piano di Muciano è quello di portare alla porpora Vespasiano, a lui ormai più vicino; Muciano stesso, senza prole, non può "politicamente" ambire al trono, al contrario del nuovo alleato, padre di Tito e Domiziano.
Il primo luglio del 69 le truppe d'Egitto giurano fedeltà alla causa di Vespasiano, Siria e Giudea fanno la stessa cosa pochi giorni dopo e le legioni di stanza sul Danubio seguono l'esempio alla fine del mese successivo, andando in parte a sconfiggere i Vitelliani a Cremona e quindi a dirigersi su Roma. Nella Capitale viene organizzata una strenua resistenza e Sabino, prefetto fratello di Vespasiano, viene assassinato; l'episodio vede la fortunosa fuga di Domiziano, che riesce ad allontanarsi incolume dal Campidoglio dato alle fiamme dagli assaliti. Il 21 dicembre le truppe di Marco Antonio Primo entrano in città, ma Vitellio è stato appena assassinato (20 dicembre). Il disegno di Muciano è quindi compiuto: egli resterà il più potente personaggio, al cospetto di Vespasiano, sino alla morte, avvenuta attorno al 76.

Il principato di Vespasiano pone fine alle guerre civili, e l'evento è celebrato dal Tempio della Pace che Plinio il Vecchio porrà fra le Sette Meraviglie del Mondo Antico. Per volere dell'Imperatore viene anche iniziata la costruzione dell'Anfiteatro Flavio (più tardi noto come Colosseo), e nel 69 l'Imperatore incarica Tito di riconquistare la Giudea; campagna che vedrà Gerusalemme cadere dopo ben quattro mesi.


Importante è la riorganizzazione dell'esercito, celebrata dal Princeps nella maniera più alta fissando la data della propria ascesa ufficiale al primo luglio del 69 e non al momento del riconoscimento da parte del Senato. Un altro segno dello svuotamento dei poteri dell'antica assemblea ci è dato dalla restaurazione della carica censoria, e ciò nonostante l'esteriore rispetto per la tradizione e la memoria di Augusto; in sintonia, quindi, con le tendenze di accentramento del potere sull'autorità dell'Imperatore già portate avanti da Claudio.
La situazione finanziaria lasciata in eredità a Vespasiano dalla crisi del biennio 68/69 non è delle migliori, tanto che le dissestate casse statali non gli permettono altro se non una politica severa e di rigoroso controllo delle evasioni; ciò va, fra l'altro, a nutrire quel colorito stereotipo che ci ha dipinto Vespasiano come uomo austero ed avaro.
L'attività che più impegna l'Imperatore è quella giudiziaria, alla quale dedica gran parte del proprio tempo, sempre denso di attività; a tal punto che si tramanda abbia detto, sul letto di morte tentando di alzarsi, che «Un Imperatore dovrebbe morire in piedi».
Specialmente con la morte di Muciano Vespasiano inizia sempre di più ad avvalersi della collaborazione del figlio maggiore Tito, che diviene l'implicito erede alla successione malgrado le forti obiezioni di parte del Senato, che si dimostra giustamente ostile alla pretesa di trattare il Principato alla stregua di una privata proprietà. Fra le misure prese contro i critici più accesi vi è anche un'esecuzione capitale, comandata da Vespasiano, secondo la tradizione, non senza rammarico. Più tardi l'Imperatore, colpito da malattia, si ritira ad Aqvæ Cvtiliæ, dove muore il 24 giugno del 79 pronunciando le spiritose parole «Væ, puto devs fio!» (Povero me, penso di star per diventare un dio!). In perfetta sintonia con quel suo stesso schietto carattere per cui un giorno, la moneta sonante fra le mani (raccolta con la tassa sulle urine), chiese al figlio Tito, che lo criticava, se forse quei proventi ... emanassero cattivo odore.

In alto: sesterzio.

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