TRAIANO DECIO
Gaius Messius Quintus (Traianus) Decius 
10/249* - 07/251
* = proclamazione del Senato. Proclamato dall'esercito nel mese di giugno del 249


Gaius Messius Quintus Decius 


Gaio Messio Quinto Decio nasce intorno al 190 d.Cr. nel villaggio di Budalia, nei pressi di Sirmium (in Pannonia, non lontano dal Danubio), da famiglia di proprietari terrieri di estrazione locale ma con collegamenti italici di rango: è infatti un raro esempio di danubiano che diviene dapprima senatore, poi console. E' possibile sia stato anche governatore in Hispania citeriore ed in Moesia Inferiore. Sposa Herennia Cipressenia Etruscilla, di "stirpe etrusca".
Le fonti narrano che, nel 248, Filippo l'Arabo, minacciato su più fronti dagli usurpatori e timoroso per la propria vita, ha intenzione di abdicare, ma Decio, allora prefetto di Città, lo incita a non desistere, prevedendo la loro fine imminente, che puntualmente si avvera.
La figura di Decio sarà fortemente idealizzata dagli storici posteriori: Zosimo narra che temesse un trasferimento di fedeltà da Filippo a lui da parte delle truppe (ciò che avvenne nel giugno 249), al punto da scrivere all'Arabo una lettera in cui manifestava il proposito di deporre le insegne che era stato costretto ad assumere, una volta rientrato a Roma dalla campagna di riordino dall'invasione dei Goti in Mesia e in Pannonia. Vi è però, in questa versione dei fatti, molta carica idealistica a favore di Decio, storicamente quantomeno opinabile.
La verità dei fatti ci mette innanzi ad una vittoriosa battaglia di Decio contro Filippo: a Verona, dove quest'ultimo ed il figlio soccombono lasciando fronte libero al nostro danubiano.
Decio fa ritorno a Roma, dove, all'inizio del mese di ottobre, riceve dal Senato non solo la conferma della propria proclamazione ad Augusto, ma anche il conferimento del nome di Traiano, a celebrare il benevolo comportamento (o, meglio, la relativa aspettativa) nei confronti della massima Assemblea dell'Urbe, nel ricordo storico di quanto fece l'imperatore Marco Ulpio un secolo e mezzo prima.
Ma Traiano fu soprattutto un conquistatore, e Decio inizia a far produrre monete che celebrano sia la propria origine danubiana, sia le province e gli eserciti a cui doveva la propria ascesa e dalle quali, allo stesso tempo,  proveniva il nucleo delle forze armate imperiali.
Durante il primo anno di regno si impegna nel restaurare i culti tradizionali; fa inoltre emettere una larga serie di monte dedicata alla "consacrazione" degli imperatori del passato, a partire da Augusto sino ad Alessandro Severo. Queste monete sono attribuite in parte alla zecca di Roma, in parte all'officina di Philipopolis, in Tracia. Decio vuole operare nel sostegno della sopravvivenza del mito della Roma Æterna, ed è in questa ottica che va considerata la drammatica persecuzione dei Cristiani operata sotto il suo governo, operata con una durezza ferrea che per qualche verso traspare dai ritratti che di lui ci sono pervenuti.
Dai Cristiani non si pretendeva di rinunciare alla fede, ma non ne veniva tollerato il rifiuto di partecipare alle pratiche che erano pur sempre la spina dorsale "storica" dello stato romano. Si chiedeva loro di compiere un "adempimento religioso", che veniva poi "certificato" da una commissione. 
Il governo di Decio si trova poi a dover fronteggiare una nuova, grave situazione esterna: il Danubio viene attraversato da un'orda di dimensioni mai viste prima di Goti, capeggiati sal sovrano Kniva. Contemporaneamente i loro alleati Carpi sfondano in Dacia. I Goti, attraversato il danubio sui ghiacci, si dividono in due colonne: la prima avanza in Tracia sino a Philippopolis, ed assedia il governatore Tito Giulio Prisco; la seconda, con alla testa Kniva, si dirige prima verso la città di Novæ, poi è costretta ad un ritiro da Treboniano Gallo (governatore delle Mesie), e va ad assediare Nikopolis ad Istrum, colma di rifugiati.
Decio nel frattempo sta portando avanti un vero e proprio progetto dinastico: la moglie Herennia Etruscilla è elevata al rango di Augusta, e all'inizio dell'estate del 250 il loro primogenito, il giovane Erennio Etrusco, è creato Cesare e Principe della Gioventù ed inviato in Mesia con l'avanguardia dell'esercito. Subito dopo anche suo padre, posto Valeriano (il futuro imperatore) a capo di una pubblica amministrazione a Roma per curare gli affari della Capitale, si mette in viaggio per ricacciare gli invasori. Riesce a liberare Nikopolis dall'assedio e Kniva riesce ad aver salva la vita e a fuggire. Decio si muove poi in Dacia contro i Carpi, cacciandoli, ma subisce forti perdite nella battaglia di Beroe Augusta Traiana. Questo avvenimento sconforta il governatore Tito Giulio Prisco, che è adesso assediato da una parte dei suoi stessi soldati, ammutinati. Si proclama imperatore e fugge, unendosi ai Goti in rotta. Di lui non si saprà più nulla. 
I Goti riescono comunque a devastare la Tracia e Decio fugge verso le truppe di Treboniano gallo, ancora intatte in quel di Oescus. In questa località i due eserciti si uniscono con lo scopo di cogliere in trappola gli invasori. Decio pare abbia ottenuto in questa fase una vittoria, a seguito della quale il figlio Erennio Etrusco è proclamato Augusto ed Imperatore congiunto col padre, ed il figlio minore Ostiliano è nominato Cesare.
La battaglia decisiva si ha però allorché Kniva, sul cammino di ritorno, giunge ad Abrittus, in Scytia minore. Qui Decio riesce a distruggere due divisioni di Goti, ma cade prigioniero assieme al figlio ed entrambi vengono uccisi: è la prima volta che un imperatore di Roma cade in battaglia contro un nemico esterno.



Dall'alto:

- doppio sesterzio;
- busto in marmo di Traiano Decio;

La nostra MAILING LIST

© Copyright