AURELIANO
Lvcivs Domitivs Avrelianvs
ca.10/270 - ca. fine 09/275
Nasce il 5 settembre del 214, o, secondo un'altra versione, nel 207;
anche il luogo di origine è incerto: sono accreditati sia la zona di Sirmium, in Pannonia
Inferiore, che la Mesia Inferiore. Il padre era probabilmente un militare, stanziatosi
come colono sui terreni di un senatore di nome Aurelio; la madre era forse una
sacerdotessa del culto del Sole. Gli inizi della sua carriera sono decisamente brillanti,
tanto che, da semplice soldato, scala i gradini della gerarchia militare sino a ricoprire
le cariche di centurione, tribuno di coorte, tribuno di legione e prefetto di cavalleria
sotto Valeriano Padre: diviene così, gradualmente, uno dei più importanti ed influenti
capi militari dell'Impero. Attorno al 258 sposa Ulpia Severina, figlia del senatore Ulpio
Crinito (lontano parente dell'imperatore Traiano). Nel 260, allorquando Valeriano è fatto
prigioniero da Sapore, re di Persia, viene acclamato Gallieno, che decide di mettere in
secondo piano la figura di Aureliano, ormai divenuta scomoda per i larghi appoggi che può
vantare nell'esercito. Nel 268 Aureolo, capo della cavalleria, si ribella a GalIieno a
Milano, e la città viene assediata. Aureliano è, con Claudio II il Gotico, uno dei
generali dell'imperatore, ma i due congiurano per assassinarlo, considerandolo ormai
incapace di gestire la crisi generale in cui riversa il potere centrale. Claudio diviene
successore alla porpora, e nomina Aureliano Maestro di Cavalleria, con la condanna alla
pena capitale di Aureolo. Quando, nel 270, Claudio muore di peste, Aureliano conclude
rapidamente la guerra contro i Goti, quindi si muove contro le pretese del fratello di
Claudio, Quintillo (riconosciuto Augusto dal Senato), facendosi acclamare imperatore a
Sirmium. Alla notizia Quintillo, ad Aquileia, si suicida, ed il Senato, di fronte ai
fatti, riconosce l'autorità di Aureliano. A questo punto per il neo-imperatore appare
subito di primaria importanza affrontare gli Iutungi, che hanno invaso la Pianura Padana
penetrando dal Brennero. Alla notizia del suo arrivo questi iniziano a ritirarsi, ma
Aureliano li raggiunge e li batte poco prima del Danubio, recuperando il loro ingente
bottino.
Si reca quindi, finalmente, a Roma, per il completo riconoscimento dei poteri imperiali,
ma presto è nuovamente chiamato a nord per respingere oltre il Danubio i Vandali, sui
quali ottiene una importante vittoria e riesce ad imporre vantaggiose condizioni in cambio
dell'aver loro risparmiato la vita. Immediatamente dopo, però, una nuova ondata di
barbari mette alla prova lui e le sue truppe: Marcomanni ed Alamanni dilagano in Italia, e
l'Imperatore lascia precipitosamente la Pannonia per affrontare gli invasori presso
Piacenza (siamo nel 271), dove, però, subisce una pesante sconfitta. La notizia porta il
caos a Roma, ma la disorganizzazione degli invasori permette ai Romani di ricomporsi e di
batterli sul Metauro, a Fanum Fortunae e a Pavia. La costante minaccia delle invasioni
provenienti dal centro Europa spinge Aureliano alla costruzione di una nuova cinta muraria
a difesa dell'Urbe, nello stesso anno. L'imponente opera, dato il grave bisogno di truppe
che costantemente attanaglia l'Impero, è portata a termine da civili.
Oltre alle invasioni esterne, egli si trova a far fronte a vari casi di rivolte provenienti dall'interno, con diversi fugaci usurpatori che proclamano la propria indipendenza (Settimio in Dalmazia, Domiziano in Gallia, ecc.). Ben più grave è però il problema orientale: le province più ad est sono di fatto governate in maniera indipendente da Vabalato e dalla madre di questi, Zenobia: autoproclamatisi Augusti, hanno stabilito la propria capitale a Palmira (metà del 271). |
Aureliano nel 270 ha accordato loro alcune concessioni, temendo che
tutto l'Oriente potesse uscire dal suo controllo. Tuttavia la loro autoproclamazione lo
spinge a muoversi alla loro offensiva, cosicché in prima persona parte per l'Oriente
(271): durante la campagna seda i disordini in Tracia e sconfigge ripetutamente i Goti sul
Danubio, lasciando loro, però, mano libera sulla Dacia transdanubiana, le cui frontiere
sono ormai ritenute troppo difficili da difendere (fissa il confine presso la sponda
occidentale del fiume). La "riconquista" dell'Asia Minore non incontra
particolare resistenza, anche per la saggia politica che l'Imperatore adotta da subito con
le città e i territori che a mano a mano riesce a riportare sotto il controllo di Roma
(limita o addirittura vieta i saccheggi da parte delle proprie truppe): anche per questo
il suo generale Probo riesce a riprendere rapidamente l'Egitto, senza spargimenti di
sangue, e l'esercito di Zenobia subisce una pesante sconfitta in Siria (dove Aureliano
viene acclamato, ad Antiochia), tanto che la stessa sovrana viene catturata prima di
riuscire ad organizzare la difesa dall'assedio di Palmira, proprio mentre è in procinto
di chiedere aiuto ai Persiani. La città viene presa e Zenobia posta sotto processo, ma
riesce ad addossare le proprie colpe politiche sul proprio consigliere e ad avere salva la
vita. Aureliano rientra in Occidente, ma presto il governatore da lui posto a Palmira deve
affrontare una nuova ribellione, ed anche l'Egitto mostra nuovi segni di disobbedienza a
Roma: l'Imperatore torna rapidamente e riprende entrambe le regioni, potendosi così
dedicare, ora, al fronte della Gallia, dove Tetrico regge lo stato Gallo-Romano fondato da
Postumo; questo avrà però vita breve: nella primavera del 274, presso Catalaunos (nello
Champagne), l'armata romana e l'armata ribelle si scontrano, e lo stesso Tetrico, ormai
conscio dell'irreparabilità degli eventi, abbandona il suo esercito consegnandosi ad
Aureliano. Questi, nei mesi successivi, riorganizza l'amministazione della Gallia e affida
a Probo il controllo del confine del Reno. Sono maturi i tempi per celebrare il Trionfo
dell'Imperatore, a metà del 274: a Roma Tetrico, suo figlio omonimo e la regina Zenobia,
prigionieri, divengono i simboli, dinanzi al mondo, del potere di Aureliano e
dell'avvenuta riunificazione dell'Impero. L'imperatore risparmia comunque la vita a tutti:
Tetrico è nominato governatore in Lucania, Zenobia viene mandata a Tivoli, sotto
controllo. A fine anno Severina riceve il titolo di Augusta, ed egli è chiamato in Gallia
e in Rezia per domare alcuni disordini.
Sotto "Manu ad ferrum" ("Mano alla spada", uno dei soprannomi
di Aureliano, derivatogli dalla sua fama militare) si compie una importante riforma
monetaria, che mette ordine nello stato di generale decadimento nel quale è caduta la
produzione delle zecche imperiali. La pesante inflazione infatti ha ormai ridotto
l'antoniniano ad un livello di metallo fino irrisorio, e la fiducia nella forte moneta
battezzata da Caracalla è ormai un lontano ricordo. La riforma, ancor oggi oggetto di
studi e di discussioni, include alcuni importanti provvedimenti. Fra questi la provvisoria
chiusura dell'officina di Roma, che emette pezzi troppo scadenti anche al confronto con
quelli prodotti in varie altre zecche imperiali, per permetterne una riorganizzazione
generale.
Va premesso che, non essendo finanziariamente possibile un significativo innalzamento del
fino contenuto anche per le enormi difficoltà di reperimento del metallo, la riforma è
indirizzata all'emissione di pezzi, se non altro, di fattura e dimensioni migliori
(emissione che il potere centrale può ora permettersi in forza delle entrate derivanti
dal recupero delle province d'Oriente), e con una chiara indicazione del valore intrinseco
sulla moneta stessa. La riforma si concretizza in quella nuova moneta che studi ormai
consolidati nel tempo accreditano del valore nominale di 4 denari (quindi due antoniniani
ante-riforma), che reca, all'esergo, la dicitura "XXI" (per l'oriente
"KA"), stante a significare il rapporto di cambio fisso di 20 pezzi ( XX ) per
uno ( I ) di argento puro, pari ad un titolo del 5%; il titolo è quindi uguale a quello
delle monete emesse prima della riforma sia dagli Augusti precedenti, sia dallo stesso
Aureliano (antoniniani più piccoli recanti la dicitura VSV: Usualis), ma le
dimensioni sono maggiori, ed il valore facciale è doppio. Una tendenza tende a definire
la moneta da 2 antoniniani (4 denari) in maniera chiaramente distinguibile dalla vecchia,
ribattezzandola Aureliano (J.-Pierre Callu: "La politique monétaire des
Empereurs Romains de 238 à 311" - Parigi, 1969). Nell'ambito della riforma, o
comunque durante il regno di Aureliano, viene anche migliorata la tecnica di argentatura
delle coniazioni.
La riforma monetaria non è la sola azione stabilizzatrice, finanziaria
e non, attuata dall'Imperatore: screma la struttura pubblica da gran parte dell'apparato
burocratico costituito da esattori corrotti e spie, dà solidità maggiore al prezzo e
alla distribuzione statale dei generi di prima necessità, inizia una ristrutturazione
agricola per recuperare i troppi terreni in abbandono in tutta la Penisola. Inoltre
istituisce ufficialmente il culto del Sol Invictus, innalzando un tempio a
Roma e riprendendo così la sostituzione dei culti tradizionali; la data della
celebrazione della natività del Sole è fissata al 25 dicembre, data poi ereditata dal
culto Cristiano. Il culto viene prescritto ufficialmente alle milizie ed i suoi simboli
sono aggiunti alle insegne militari, nonché ai rovesci di diverse emissioni monetarie.
Nell'estate del 275 Aureliano, nell'intento di riprendere completamente la
Mesopotamia ai Parti, si rimette in viaggio verso l'Oriente. Siamo, forse, attorno alla
fine di settembre giunge in Tracia, dove si verifica l'episodio che gli sarà fatale: un
suo stretto collaboratore, sospettato di avergli mentito, nel timore di essere giustiziato
fa circolare fra i pretoriani la falsa voce che alcuni di loro sarebbero stati
probabilmente messi a morte perché sospettati di tradimento. In breve viene organizzato
il complotto, e l'imperatore è pugnalato alle spalle da un soldato: si consuma così a Cænophrurium,
vicino Bisanzio, la fine di colui che, in appena cinque anni, realizzò una colossale
impresa di salvataggio dell'Impero, difendendolo dalle invasioni e dalla disgregazione
interna. La grandezza di Aureliano si perpetuerà anche dopo la sua morte: fatto unico
nella storia del terzo secolo, l'esercito si dimostra incapace di scegliere un degno
successore dell'Imperatore. Dal punto di vista militare (quindi del potere di fatto) senza
dubbio è Probo l'uomo che, più di ogni altro, parrebbe degno e capace di raccoglierne
l'eredità, ma la porpora verrà affidata a Tacito, dopo un periodo di "stallo"
durato circa due mesi, durante i quali è forse il Senato a pervenire ad una decisione,
probabilmente dopo complesse trattative con l'esercito.
Nel periodo di vacatio alcuni vedono in Severina la momentanea
"reggente" dell'Impero.
Dall'alto:
- Aureliano, o doppio Antoniniano (4 denari);
- Palmira: la via che conduceva al Foro;
- Due antoniniani (2 denari).
© Copyright