QUALCHE  CONSIGLIO  PER  UN ACQUARIO  MARINO  PIU'  FACILE

Ho sempre sostenuto che l'acquario marino richiede una certa preparazione da parte dell'appassionato, perciò ho sempre sconsigliato di allestire come primo acquario una vasca marina invece di una d'acqua dolce. Occorre tuttavia ridimensionare i giudizi negativi riguardanti l'acquario marino, ritenuto a volte troppo complicato e costoso. Questo non è affatto vero. Nella grande maggioranza dei casi, questo non lo si può negare, i pesci marini sono più difficili da allevare dei pesci d'acqua dolce e ciò per una serie di motivi: innanzitutto, per loro stessa natura, i pesci marini normalmente importati come pesci d'acquario sono più sensibili di quelli d'acqua dolce ad un cambiamento delle condizioni ambientali. Inoltre quasi tutti i pesci d'acqua dolce offerti in commercio, essendo riprodotti in cattività da numerose generazioni, hanno notevolmente aumentato le loro capacità di adattamento alle condizioni ambientali più disparate. Ciò non significa però che l'acquario marino non possa funzionare: anche il principiante, cioè l'appassionato che non ha potuto prendere una laurea in biologia, può riuscire ad allevare con successo pesci e invertebrati marini. L'intento di questo articolo è di affrontare i problemi principali che si presentano frequentamente all'appassionato e che possono essere risolti senza eccessive complicazioni previa un'adeguata informazione. In questo articolo non tratterò tanto di accessori e materiali vari quanto piuttosto di questioni di carattere biologico per far comprendere al lettore che quasi tutte le difficoltà riscontrate nell'allevamento di pesci e invertebrati marini derivano dal mancato rispetto di alcune loro necessità vitali. Approfondendo le conoscenze biologiche relative ai pesci e agli invertebrati marini e ai loro habitat naturali, tutto diventerà più semplice, compresa la scelta del sistema di filtraggio, argomento tra i più dibattuti soprattutto fra gli acquariofili marini. La sopravvivenza dei pesci in cattività è condizionata da alcuni fattori che possono essere elencati come segue:

 

   1. lo spazio

   2. le caratteristiche dell'acqua

   3. la luce

   4. il riscaldamento

   5. il mangime

 

 

1 . Parliamo innanzitutto dello spazio

 

L'errore più frequente commesso dall 'acquariofilo è quello di tenere troppi pesci in uno spazio limitato: anche se in natura a volte si possono vedere gruppi numerosi di pesci marini che vivono in uno spazio ristretto, per esempio attorno a una formazione madreporaria, non si deve ritenere che lo stesso gruppo di pesci possa vivere in uno spazio altrettanto ristretto in cattività. Infatti in natura le correnti portano in continuazione acqua nuova nel territorio ben delimitato in cui staziona il gruppo. Inoltre anche se apparentemente questi branchi di pesci, magari territoriali, non si allontanano tanto dalla zona prescelta, in realtà effettuano comunque un certo spostamento, anche se di pochi metri, e sono proprio questi pochi metri che mancano poi in un acquario. Vi sono inoltre dei pesci che pur non essendo territoriali sono buoni nuotatori e si spostano da una zona del banco corallino ad un'altra, o basta pensare che certi Chaetodon, ad esempio, in natura hanno un territorio vitale che si estende per quasi mezzo chilometro quadrato! La prima raccomandazione è quindi di offrire spazio ai pesci. La convivenza troppo stretta comporta innanzitutto una specie di "stress": i pesci si sentono continuamente minacciati, cacciati e anche se in apparenza non sono timidi sono però nervosi. Ciò facilita l'insorgere di complicazioni, prima fra tutte la comparsa di malattie. Non dimentichiamo, inoltre, l'arredamento della vasca che frequentemente è inadatto alle abitudini dei pesci. Troppo spesso si vedono acquari arredati con criteri puramente estetici senza tener conto del fatto che molti pesci necessitano ad esempio di numerosi nascondigli nei quali ritirarsi non solo per la notte, ma anche durante certi periodi del giorno. Chi si ricorda che molti Labridi, ad esempio, hanno la necessità di rifugiarsi sotto la sabbia? Rendiamoci conto perciò che pesci stressati sono pesci malati. Per evitare questo inconveniente e per facilitare, come vedremo più avanti, l'indispensabile "manutenzione" dell'acqua è buona norma riservare almeno 7,5 litri d'acqua ogni centimetro di lunghezza di pesce. Attenzione però: parliamo di acqua e non di volume dell'acquario. Troppo spesso si calcola il contenuto lordo di un acquario in base alle misure esterne della vasca, senza considerare che, a causa dell'arredamento ecc.. la quantità di acqua effettivamente contenuta è molto inferiore. L'indicazione a questo proposito ce la darà anche la quantità di sale necessaria per raggiungere la giusta densità dell'acqua. Nel caso di primo allestimento dell'acquario la capacità netta della vasca può essere stabilita così in base al consumo di sale e all'acqua effettivamente introdotta. Per non creare futuri disguidi è consigliabile trascrivere questo valore, magari con un pennarello, su un angolo poco visibile della vasca stessa. Un altro errore che il principiante commette molto frequentemente è quello di calcolare la lunghezza dei pesci in base alle dimensioni degli esemplari appena acquistati trascurando il fatto che tutti i pesci, escludendo i rarissimi casi di acquisto di esemplari adulti, crescono anche rapidamente in acquario. È buona norma quindi informarsi presso il negoziante di fiducia, o consultando un testo specializzato, o le schede nel mio sito, sulla lunghezza massima che questa specie può raggiungere in acquario e calcolare in base a questa la quantità di pesci da allevare nel proprio acquario. Se si acquistano esemplari particolarmente giovani e piccoli si può aumentare leggermente il numero perché durante il periodo di accrescimento che, a seconda delle specie dura anche qualche anno, si avranno ovviamente e inevitabilmente delle perdite che daranno spazio agli altri esemplari divenuti nel frattempo grandi. A qualcuno potrà sembrare esagerato questo consiglio, ma in pratica in una vasca di 100 litri di capacità effettiva si possono introdurre per esempio tre o quattro Amphiprion, Abudefduf o Dascyllus di non eccessive dimensioni. Certo in una vasca di questa capacità si potrebbero introdurre inizialmente anche 10 Amphiprion della lunghezza di circa 3 cm, ma sarebbero sin dall'inizio troppo numerosi e non solo, come si è accennato prima, a causa della maggiore quantità di sostanze organiche presenti nell'acqua (dovute agli escrementi e ai residui di mangime) ma anche per la mancanza di spazio vitale per ognuno degli esemplari allevati.

 

 

2 . La qualità dell'acqua

 

Se ci si accontenta di un numero limitato di pesci, seguendo più o meno scrupolosamente la regola appena esposta, non bisogna d'altra parte trascurare nessuno degli altri fattori precedentemente elencati. E' importante riservare anche una certa attenzione all'acqua, alla sua per così dire "manutenzione" e soprattutto alla sua qualità. Al contrario dei pesci d'acqua dolce i pesci marini necessitano di un'acqua particolare che deve essere appositamente preparata dall'acquariofilo. Gli anni di esperienza personale mi hanno insegnato che conviene impiegare il miglior sale artificiale disponibile sul mercato per preparare l'acqua marina. Il risparmio di qualche migliaio di lire nell'acquisto di un sale marino si paga, nel 99% dei casi, con un'inspiegabile mortalità che si verifica prima o poi tra gli abitanti dell'acquario. Il mercato offre numerosi tipi di sale marino artificiale, ma solo pochissimi sono veramente adatti ad ospitare pesci marini per un lungo periodo di tempo. Molte specie di pesci marini sopravvivono o per meglio dire "vegetano" per un certo periodo anche con un'acqua marina imperfetta ingannando così l'acquariofilo sulla qualità del sale marino impiegato. Con ciò si spiega anche il fatto che qualcuno sia riuscito per qualche tempo ad allevare pesci marini impiegando addirittura il meno costoso sale da cucina. Ma dopo qualche giorno, o al massimo poche settimane, le conseguenze sono più che evidenti. Perciò è consigliabile comprare un sale completo di tutti gli oligoelementi presenti nel mare e preparare l'acqua marina seguendo scrupolosamente le istruzioni. L'operazione non presenta alcuna difficoltà: basta rispettare alcune norme fondamentali. Prima di tutto si dovrebbe sciogliere il sale marino in un recipiente atossico (non di metallo, ma possibilmente di plastica, da utilizzare esclusivamente per questo scopo, con acqua di rubinetto leggermente tiepida, mai bollente, per evitare precipitazioni che per certe sostanze contenute nei sali sintetici sono irrimediabili. Per facilitare l'operazione, soprattutto in acquari grandi, si può preparare con lo stesso procedimento una soluzione salina di elevata concentrazione, versarla poi nell'acquario e allungarla con acqua di rubinetto fino a raggiungere la giusta densità. Il sale marino, come si sa, viene venduto già confezionato in sacchetti contenenti sali sufficienti normalmente per 25 o 30, 50 o 100 litri di acqua. È comunque opportuno acquistare un densimetro per misurare, alla giusta temperatura, l'effettiva densità dell'acqua una volta riempita la vasca. È buona norma scarseggiare un poco di sale marino sintetico poiché è più conveniente aggiungerne un po' in un secondo momento, dopo aver fatto funzionare l'impianto per alcune ore, piuttosto che abbassare la densità buttando via preziosa acqua marina e allungando l'acqua della vasca con semplice acqua di rubinetto. A questo proposito è bene ricordare che in media per 100 litri di acqua marina ci vogliono circa 3,2-3,4 Kg di sale. Con una temperatura dell'acqua di 25°C, la densità dovrebbe essere in media fra 1020 e 1024. (Occorre fare attenzione alla temperatura perché i densimetri sono tarati a 25°C di temperatura e ogni grado in meno dell'acqua falsa il risultato della misurazione facendo apparire la densità superiore, e con una temperatura più alta succede l'inverso). Ovviamente non basta la scelta di un buon sale marino per creare le condizioni vitali indispensabili per la sopravvivenza dei pesci in acquario. Inizialmente l'acqua marina, dopo un certo periodo di maturazione (senza aggiunta di sostanze speciali) dopo alcuni giorni, raggiunge un equilibrio quasi perfetto per la sopravvivenza di molti pesci, ma una volta introdotti gli animali è necessario l'intervento dell'uomo per tenere "pulita" l'acqua. Infatti senza l'intervento dell'uomo con adeguati sistemi di filtraggio, questa sarebbe ben presto inquinata a tal punto da diventare una vera e propria brodaglia tossica per qualsiasi animale acquatico. A questo proposito basta ricordare che alcuni scienziati hanno calcolato in 50 mg di azoto la produzione giornaliera per ogni 100 g di pesci, di cui dal 25% al 50% viene prodotto sotto forma di ammoniaca. Inoltre è inevitabile che una parte più o meno limitata del mangime non finisca nello stomaco dei nostri pesci, ma sul fondo della vasca o fra l'arredamento dove si decompone inquinando ulteriormente l'acqua. Dobbiamo pertanto eliminare quanto più possibile tali sostanze. A questo proposito ci vengono in aiuto i batteri che si sviluppano nell'acqua depositandosi su particolari substrati (sabbia, materiale filtrante, ecc.) e che sono in grado di trasformare le sostanze inquinanti in sostanze meno pericolose o addirittura innocue per i pesci. Solo in un'ipotetica vasca in cui oltre a pochissimi pesci vi fossero un gran numero di invertebrati, fra cui molti filtratori (per esempio ascidie, cozze, ecc.) si potrebbe fare a meno dell'impianto di filtraggio ricorrendo semplicemente a un cambiamento parziale dell'acqua ad intervalli più o meno lunghi. Ma si tratta di pura teoria. Difficilmente l'appassionato riuscirebbe a far funzionare un simile acquario che indubbiamente però si avvicinerebbe di più alle condizioni naturali dei pesci che non una complessa apparecchiatura tecnica di filtraggio. Si può quindi affermare, senza tema di smentite, che anche un acquario non sovrappopolato, sia esso destinato ai pesci o agli invertebrati, non può funzionare senza un potente impianto di filtraggio e senza che l'acquariofilo cambi ad intervalli più o meno frequenti una certa parte dell'acqua.

 

I vari sistemi di filtraggio

 

Parlando dei vari sisteni di filtraggio oggi esistenti sul mercato occorre ricordare che in un acquario marino normalmente la capacità dell'impianto di filtraggio deve essere tale da garantire innanzitutto il passaggio dell'acqua contenuta nella vasca nel giro di almeno un'ora, meglio ancora se l'acqua passa una volta e mezza attraverso il materiale filtrante. La quantità e il tipo di materiale filtrante usato nel filtro stesso dipendono molto dal sistema adottato. Per i filtri aperti incorporati nella vasca, i cosiddetti "filtri biologici", è comunque buona norma prevedere una capacità corrispondente circa al 10-15% della capacità della vasca riempita in media per 2/3 con materiali filtranti. Purtroppo la cosa non finisce qui. Anche se l'impianto di filtraggio funziona bene ed è adeguato per capacità e resa oraria alla grandezza della vasca, non si può fare a meno di cambiare una parte di acqua perché anche il miglior sistema di filtraggio non riesce ad eliminare tutte le sostanze prodotte dai batteri. Rimangono certi residui che si accumulano nell'acqua e, anche se in concentrazioni minime non sono pericolosi per i pesci, l'effetto dell'accumulo fa sì che i pesci dopo un periodo più o meno prolungato ne risentano: non hanno più appetito, possono addirittura cambiare colore e non nuotano più come una volta. Si dovrebbe evitare di arrivare a questi stadi cambiando almeno ogni mese, o meglio ancora ogni 15 giorni circa il 10% dell'acqua. È meglio ricorrere a simili cambiamenti minimi a tempi ravvicinati piuttosto che decidere all'improvviso, dopo mesi e mesi, di cambiare il 50% o più dell'acqua. In questo caso si tratterebbe di un intervento molto brusco che potrebbe addirittura peggiorare la situazione provocando malattie nei pesci. Dato che questi cambiamenti d'acqua devono essere fatti con acqua marina, costituiscono innegabilmente un costo che tuttavia, secondo me, deve essere affrontato e che l'appassionato deve mettere in preventivo fin da quando decide di tenere un acquario marino. Sarà ripagato da pesci più belli, più vivaci e soprattutto più sani. Qualche parola ancora a proposito della circolazione dell'acqua all'interno della vasca. Per stabilizzare i valori chimici dell'acqua marina, soprattutto il famoso valore pH, che deve essere possibilmente stabile intorno a 8,2-8,5, è indispensabile il cosiddetto scambio dei gas alla superficie dell'acqua. Pertanto l'acqua che si trova nella parte più bassa deve arrivare alla superficie e una volta giuntavi deve essere sempre mantenuta in movimento per arricchirsi di ossigeno ed espellere altri gas (ad esempio CO2) che sono la causa dell'abbassamento del pH. Se il filtro è già di per sé molto potente, dotato cioè di una pompa centrifuga di notevole resa, spesso basta la circolazione dell'acqua impressa da questo impianto per risolvere qualsiasi problema. Ma non di rado, soprattutto in acquari di una certa dimensione, pur disponendo di un potente impianto di filtraggio, la circolazione dell'acqua è incompleta e in alcune zone addirittura mancante. Si dovrebbe rimediare a questo inconveniente applicando una pompa centrifuga supplementare il cui unico scopo è di far circolare l'acqua all'interno della vasca, oppure disponendo delle pietre porose (anche più di una se la vasca lo rende necessario) e facendole funzionare con un potente aereatore. Gli accessori per la cosiddetta "manutenzione" dell'acqua marina, esistenti in commercio, sono infiniti: materiali filtranti speciali (resine o liquidi) per stabilizzare il pH, ozonizzatori per ottenere un'acqua più pulita, schiumatoi e lampade germicide. Si tratta di accessori utili che però in ultima analisi non fanno altro che coadiuvare l'impianto di filtraggio a mantenere pulita l'acqua, ma non sono indispensabili. Un acquario marino può funzionare anche senza questi accessori. In un certo qual modo sono degli elementi in più, una sorta di valvola di sicurezza, ma ricordiamoci sempre che l'acquario non funzionerà mai bene se non disponiamo di un buon impianto di filtraggio, né si deve ritenere che l'applicazione di una lampada germicida o di un ozonizzatore possa rimediare gli errori commessi dall'acquariofilo. La loro potenza è sempre limitata e in linea generale si può dire che tali accessori contribuiscono a mantenere un certo "status quo", ma sarebbe illusorio pretendere che un ozonizzatore o una lampada germicida possano curare i pesci malati di Odinium. Da qualche tempo il mercato offre dei prodotti speciali, come per esempio biocondizionatori e batteri liofilizzati, da aggiungere all'acqua in modo da renderla più perfetta cioè più vicina alle caratteristiche naturali dell'acqua marina. Questi prodotti, se di buona marca, possono essere utili, infatti i biocondizionatori e i batteri liofilizzati per esempio permettono di allestire in breve tempo un acquario nel quale si possono introdurre i pesci anche dopo poche ore. Anche in questo caso tuttavia non si deve ritenere che si tratti di un toccasana. L'acquariofilo non potrà non pagare in qualche modo gli errori commessi. Anche con questi prodotti l'acquario non funzionerà da solo e non sopporterà lo stesso, per esempio, che l'acquariofilo somministri una quantità esagerata di mangime o introduca un numero troppo elevato di pesci. Nelle prossime pagine tratterò degli altri fattori che condizionano la vita dei pesci nell'acquario: la luce, il riscaldamento e il mangime.

 

 

Parte II