Gli occhi e la vista

 

C’è chi tiene d’occhio il problema, per non perderlo di vista, chi vede al di là delle cose, essendo di larghe vedute, chi si mette le fette di salame sugli occhi e chi non chiude mai occhio.

La nostra principale fonte di informazioni è così importante da essere la protagonista di moltissimi modi di dire.

Si usa dire che il nostro occhio è come una macchina fotografica. In realtà è più corretto paragonarlo a una telecamera. Infatti non “impressiona” una immagine alla volta, ma ben 20 al secondo, le trasforma in impulsi elettrici e le invia a cellule che le registrano come una sequenza televisiva. E proprio come una telecamera, la messa a fuoco e la correzione della luminosità sono operazioni “automatiche”, cioè involontarie, mentre altre dipendono dalla nostra volontà.

Possiamo, per esempio, decidere di non “registrare” una scena, chiudendo le palpebre, o scegliere l’inquadratura migliore, spostando gli occhi o tutta la testa. Usando opportunamente il “registratore”, il nostro cervello, possiamo poi decidere quali immagini sono importanti, e quindi vanno ricordate, e quali lasciare che si cancellino dalla memoria. Bè, va detto che quest’ultima serie di operazioni non è perfettamente controllabile: può capitare di trovare la memoria ingombra di immagini inutili e di non riuscire proprio a ricordare la lezione di geografia.

L’occhio è un marchingegno costruito per ricevere le immagini e trasferirle al cervello, come l’obiettivo di una telecamera. Per far ciò ha bisogno di lenti regolabili, sensori e cavi di collegamento.

Proviamo a seguire il percorso di un raggio luminoso che colpisce il nostro occhio. Prima di tutto deve attraversare uno strato trasparente, la parte anteriore della sclera, detta cornea, e raggiungere l’iride, il dischetto che dà il colore agli occhi, che ha un buchino proprio in mezzo ed è la pupilla. Dietro questo buchino c’è una lente regolabile, il cristallino, che si occupa di mettere correttamente a fuoco l’immagine. Lo schermo su cui viene proiettata l’immagine si trova in fondo all’occhio, sul lato opposto alla pupilla e si chiama retina. Lo spazio in mezzo è riempito di una gelatina trasparente, detta “umor vitreo”, che serve a mantenere “gonfio” l’occhio. La retina è fatta di un tappeto di cellule sensibili alla luce che trasformano gli impulsi luminosi in segnali elettrici. Il “nervo ottico” provvede poi ad inviare questi segnali al cervello perchè li interpreti, cioè ci spieghi che cosa stiamo guardando. Il cristallino è una lente che concentra i raggi luminosi e mette a fuoco le immagini.

Se provi a leggere una pagina di un libro attraverso una lente ti accorgerai che, se non è alla giusta distanza dal foglio, le parole risultano illeggibili, confuse, sfuocate. Lo stesso problema si pone alla tua lente personale incorporata, che però non può avvicinarsi o allontanarsi per mettere a fuoco e quindi deve cambiare di forma. Riesce a farlo grazie alla sua conformazione “a cipolla”, perchè è composta da tanti strati sovrapposti, e da un muscoletto che la circonda e può strizzarla delicatamente fino a farle assumere la forma opportuna. Oltre al muscoletto che agisce sul cristallino, l’occhio dispone di una corona di muscoletti che servono per spostarlo a destra e sinistra, in alto e in basso, cose da inquadrare perfettamente le immagini interessanti. Se poi non basta entrano in funzione i muscoli del collo che spostano tutta la testa.

La messa a fuoco quindi è automatica: non siamo costretti a ragionare per vedere perfettamente. Oltre a mettere a fuoco, il cristallino proietta le immagini capovolte. Ma il cervello lo sa ed è in grado di riproporcele correttamente. Hai mai provato a guardare attraverso gli occhiali del nonno? Se l’hai fatto, avrai visto tutto confuso perchè la lente ha modificato la messa a fuoco dei tuoi occhi, che speriamo siano sempre perfetti. Quelli del nonno, invece, perfetti non sono e quegli occhiali, che a te causano una visione sfuocata, a lui restituiscono un’immagine corretta.

Per questo le lenti si chiamano “correttive”. Ce ne sono di tanti tipi, adatte a rimediare a tutti i difetti del vista che sono tanti. C’è chi non riesce a mettere a fuoco gli oggetti lontani, ed è miope, e chi ha problemi con quelli vicini ed è presbite. C’è chi ha una visione leggermente distorta delle cose ed è astigmatico e chi ha un po’ di tutti questi difetti. Le lenti per questi ultimi sfortunati spesso sono divise a metà e sono dette “bifocali”. La parte bassa permettere di leggere, quella alta di guardare lontano. Gli occhiali hanno molti pregi, ma anche qualche difetto: in particolare tendono a spostarsi, scivolando sulla punta del naso,  inclinandosi a destra e sinistra, con il risultato di costringere gli occhi ad adattarsi faticosamente alla nuova posizione delle lenti. Per rimediare a questi inconveniente sono nate le lenti a contatto: piccole e perfette si applicano direttamente sull’occhio davanti alla pupilla, come un’aggiunta correttiva sovrapposta al cristallino. 

Ma perchè i nostri occhi possono aver bisogno di aiuto? Le cause sono tante: ereditarie, vuol dire che insieme ai capelli biondi  e agli occhi azzurri, hai ereditato da mamma o papà anche un difetto di vista, patologiche, gli occhi possono ammalarsi come qualsiasi altra parte del corpo, l’invecchiamento aumenta i rischi, oppure traumatiche, gli incidenti che colpiscono la vista sono frequentissimi. Per fortuna la medicina ha trovato un rimedio per quasi tutti i problemi che possono sorgere, ma la prevenzione è meglio della cura. 

Perchè siamo dotati di due occhi? Non solo per averne uno di ricambio in caso di emergenza, ma perchè, essendo distanti l’uno dall’altro, in media sei centimetri, ci possono inviare due immagini distinte, leggermente differenti fra loro. Prova a guardare un oggetto vicino chiudendo prima un occhio e poi l’altro. Vista la differenza? Comunque il nostro cervello conosce bene questo fenomeno, la “visione binoculare”, e con abilità degna di un computer registra queste differenze e le utilizza per calcolare perfettamente la distanza che ci separa da ciò che vediamo. Il che ci permette di non inciampare nei grandini o di infilare il filo nella cruna dell’ago.

Non tutti gli animali hanno la visione binoculare: gli uccelli ad esempio hanno gli occhi ai lati della testa, che guardano in due direzioni contrapposte. Così per calcolare le distanze le galline devono continuare a muovere il capo avanti e indietro. Chi non ha una perfetta visione binoculare ha qualche problema. Per inquadrare un oggetto vicino, gli occhi devono convergere, così da avvicinarsi dando un’espressione un po’ strabica. Ma se lo fanno anche quando non serve abbiamo lo “strabismo”: un difetto dei muscoletti che dovrebbero guidare i due occhi a puntarsi correttamente verso lo stesso oggetto. Così il cervello riceve due punti di vista sbagliati, come se avesse un occhio al posto giusto e l’altro, per intenderci nella posizione dell’orecchio. Un bel guaio che viene risolto annullando l’immagine più assurda. E chi è strabico è costretto a vedere con un solo occhio: scomodissimo! Per queste ragioni ogni forma di strabismo, se possibile, va corretta.

Per far ciò si ricorre alla “ginnastica oculare”, ovvero a un allenamento dei muscoli dell’occhio. Per gli esercizi si usano attrezzi particolari che stimolano l’occhio a fare i movimenti adatti a svilupparne armoniosamente la muscolatura. Nei casi più semplici in cui praticamente si devo solo ritoccare la pigrizia di un occhio, si copre con una benda quello più attivo per costringere l’atro a fare il proprio lavoro. In situazioni più gravi si può ricorrere a una piccola operazione chirurgica per mettere in regola i muscoli più indisciplinati.

Nessuno può vedere al buio nemmeno i gatti, checché se ne dica. Infatti la retina, ovvero il fondo sensibile dell’occhio, è in grado di reagire soltanto se stimolata da una fonte luminosa sia pur fioca. Al buio veramente completo non recepisce nessun messaggio, ma basta che solo un fotone, ovvero la più piccola particella luminosa, passi attraverso il buchino della pupilla perchè si cominci a vedere qualcosa. La retina è un tappeto di vari strati di cellule, sotto le quali vi sono terminazioni fotosensibili. Significa che sono sensibili alla luce come i cornini di una lumaca al tocco del dito, e sono detti bastoncelli e coni.

I bastoncelli, numerosissimi, sono molto sensibili ma poco precisi: registrano solo un’immagine grigiastra e confusa, comunque utilissima quando c’è poca luce. La vista dei dettagli e dei colori è affidata ai coni, che hanno bisogno di molta luce. Hai mai notato che se c’è troppa luce, ti viene automatico socchiudere gli occhi mentre, al contrario, la sera tendi a spalancarli? Se guardi le pupille di un tuo amico nelle stesse situazioni, vedrai che diventano un piccolo puntino nero quando c’è il sole e molto più grandi nella penombra.  Questo perchè il buchino della pupilla si regola automaticamente in modo che la retina venga raggiunta solo da una giusta quantità di luce: troppo abbaglia, le cellule si “bruciano” e capita che continuiamo a vedere punti luminosi anche a occhi chiusi e troppo poca non basta a farci percepire dettagli e colori.

Per affermare che una cosa è indubbiamente vera usiamo l’espressione: “L’ho vista proprio con i miei occhi.” Ma così dicendo pecchiamo un po’ di presunzione perchè sono molte le cose che sfuggono alla nostra vista. Certi colori, ad esempio. Noi riusciamo a distinguere solo le radiazioni luminose comprese tra il rosso e il violetto, con tutto l’arcobaleno in mezzo. Le altre, dette infrarosse e ultraviolette, ci risultano invisibili, ma esistono: infatti ci sono pellicole fotografiche capaci di coglierle perfettamente! E anche i colori visibili possono apparirci diversi da come sono in realtà. Noi possiamo solo guardare davanti. E se non spostiamo la testa, la visuale è limitata. Eppure chissà quante volte ti è capitato di cogliere un movimento con “la coda dell’occhio”, all’estremità del campo visivo. Non hai visto bene, ma sapevi che c’era qualcosa da vedere e subito hai girato la testa per puntare il bersaglio. Così facendo hai portato l’immagine sulla parte centrale della retina, che è ricca di coni, e non più sulla periferica, che ha quasi solo bastoncelli. Ebbene, sono stati proprio i bastoncelli a mandarti quel segnale, ma essi sono solo capaci di una visione approssimativa... quella della coda dell’occhio!

L’occhio è un organo molto delicato. Per difenderlo, il nostro corpo dispone di validi strumenti: una specie di saracinesca, le palpebre, in grado di chiudersi per coprirlo; delle spazzole, le ciglia, che sigillano la chiusura e che permettono il passaggio di un solo filo di luce e delle sopracciglia che deviano il sudore della fronte impedendogli di raggiungere e irritare la superficie dell’occhio. Questa è sensibilissima: basta una minima irritazione per farci piangere a dirotto. E non a caso le lacrime sono uno strumento indispensabile alla manutenzione del nostro occhio. Le “ghiandole lacrimali”, poste sotto l’arcata sopraccigliare, producono in continuazione una pioggia di goccioline, anche quando non ce ne accorgiamo, e così mantengono trasparente e umida la cornea, la nutrono, la disinfettano e sciacquano via, proprio come un detersivo, polvere e microbi. A questo punto le lacrime sporche finiscono in due canaletti posti all’attaccatura del naso e infine nel naso stesso... che, proprio per questo motivo “gocciola”, in modo tragico quando piangiamo abbondantemente. E si spiega così anche il fatto che quando siamo raffreddati ci troviamo gli occhi umidi: il naso è tappato, le lacrime non trovano sfogo nei canaletti appositi e traboccano.

I cavalieri medioevali proteggevano i loro occhi con una specie di griglia ribaltabile detta “celata”, così gli spadoni non potevano colpirli in un punto tanto delicato. Oggi i giocatori di rugby e di baseball hanno delle protezioni simili anche se a minacciarli sono solo palloni di cuoio. Ma noi che non possiamo vivere con la testa dentro un casco, dobbiamo accontentarci delle difese naturali, che non sono trascurabili. Il nostro occhio è anche circondato da un guscio d’osso, le arcate sopraccigliari, e la parte del cervello preposta all’elaborazione della vista, che sta più o meno sopra la nuca, è ben racchiusa nella scatola cranica.

Sempre per evitare problemi alla vista, il nostro corpo ha elaborato tutta una serie di riflessi condizionati, ciò di meccanicismi di difesa automatici. Così la pupilla si stringe automaticamente di fronte a un bagliore, le palpebre si chiudono anche solo a un forte rumore, la testa si gira di scatto per esporre al pericolo il cranio più robusto e non i fragili occhi. Quando inciampiamo le braccia si allungano ad assorbire l’urto senza bisogno che stiamo a pensarci sopra. Ma, nonostante tutte queste precauzioni, siamo esposti al rischio di un incidente: un pugno, un oggetto appuntito, uno schizzo di liquido acido o bollente possono fare gravi danni. Se dovesse capitare precipitati da un medico: un pronto intervento può trasformare un grosso guaio in una sciocchezza. Meglio non sottovalutare il pericolo.

Chi non vede non può leggere, può però sentire, annusare, toccare... soprattutto toccare, visto che i ciechi affinano soprattutto il senso del tatto. Oltre un secolo fa Luois Braille, un maestro cieco, inventò un alfabeto fatto di puntini a rilievo che si può “leggere” sfiorandolo con la punta delle dita. Non dimenticare mai che la vista è un bene prezioso e, a differenza dei muscoli non migliora le sue prestazioni se sottoposta a sforzi continui, anzi! Quindi meglio prendere alcune precauzioni, diffidare di molti oggetti, dimostrare prudenza e buon senso.

Per non affaticare gli occhi evita di passare troppe ore davanti alla televisione, leggi solo se hai luce sufficiente e comunque presta attenzione a segnali d’allarme come il bruciore agli occhi, le palpebre pesanti, la difficoltà  a mettere a fuoco. Se poi questi segnali arrivano troppo spesso, meglio andare da un oculista per un controllo.  Evita comunque tutto ciò che può irritare la superficie dell’occhio: polvere, spray solventi per vernici e preoccupati invece di incamerare quotidianamente la giusta quantità di vitamine mangiando tanta frutta e verdura. E se nonostante tutto l’oculista ti dicesse che devi mettere gli occhiali, ricorda che non sono una vergogna: guarda un po’ le facce delle persone più importanti cha appaiono al telegiornale!

Oltre agli ipnotizzatori, ci sono anche medici specializzati che ti ordinano: “Guardami negli occhi!” Sono gli oculisti e in effetti sono loro che devono guardare nei tuoi occhi per scoprire se sono perfetti o hanno qualche problemuccio. Per farlo usano strane macchine simili ai periscopi dei sottomarini  e magari si aiutano con goccioline di sostanze capaci di dilatare la pupilla: più aperto è il buchino, meglio si può guardare dentro! Per valutare la potenza della tua vista, ti sarà chiesto di leggere delle lettere in caratteri sempre più piccoli... e per chi non sa leggere c’è un cartellone pieno di disegni. Oltre a ricevere messaggi, i nostri occhi ne inviano in continuazione: sbarrandosi, chiudendosi, strizzandosi o ammiccando comunicano agli altri i nostri stati d’animo.

Naturalmente questi segnali non sono propriamente degli occhi ma di tutta la parte del viso che li circonda: palpebre, ciglia, sopracciglia si muovono in modo diverso per dire qualcosa secondo un linguaggio preciso che tutti impariamo fin da piccolissimi. Basta pensare ai personaggi dei fumetti e dei cartoni animati, riescono a spiegarsi meglio anche senza parole. Per verificare queste affermazioni, prova a nascondere la bocca con una mano e cerca di comunicare solo con gli occhi a un tuo amico gioia, rabbia, stupore o cattiveria: vedrai che ti capirà perfettamente!

Ma c’è di più: esaminando attentamente i nostri bulbi oculari un medico legge anche notizie e informazioni circa lo stato di salute di tutto il corpo. Infatti molte malattie, del fegato, della tiroide e altre ancora, si possono riconoscere da un esame del colore, della forma, dei vasi sanguigni dei nostri occhi. Quindi teniamoli d’occhio!

Home Page

LE MILLE BOLLE BLU