Favole, racconti e storie di Natale

Il racconto dei Re Magi

 

"Salve, Baldassarre, come va?"

"Insomma,  non mi lamento. Un altro anno è passato ed eccomi di nuovo pronto. E tu, vecchio Melchiorre, stai bene?"

"Cosa vuoi , mi è venuta un po' di muffa sul mantello, per via dell'umidità. Comunque, a parte questo... sono ancora tutto intero. Ma Gaspare... dov'è?"

"Mah, io non l'ho visto. Chissà, forse stavolta non viene. L'ultimo Natale era così malandato, poverino! Da quella volta che è caduto dal ponticello di legno... Te la ricordi, quella volta?" 

"Oh, sì certo. Da quella volta che cadde dal ponte e battè la testa contro una lavandaia che stava proprio lì a sciacquare i panni, il povero Gaspare sta in piedi per miracolo."

"L'importante è che stia in piedi. Poi, se traballa, pazienza. Ci penserà il cammello a tenerlo su. E quando saremo vicino alla capanna, si appoggerà ad una palma o al pozzo, come due anni fa."

"Guarda che ti stai sbagliando, Baldassarre. Due anni fa non ci siamo neanche arrivati alla capanna. L'abbiamo vista da lontano, perchè davanti a noi c'erano i suonatori di cornamusa e i portatori d'acqua che ingombravano il passaggio."

"Allora è stato tre anni fa, eh Melchiorre? No, neanche. Tre anni fa c'era la neve e noi venivamo giù dai monti con la fila dei cammelli. E allora, quando? Con tutti questi Natali, sto andando in confusione... Toh, eccolo finalmente!". La voce di Baldassarre è piena di sorpresa.

"Buondì Gaspare. Meno male che ci sei!"

"Bentornato, Gaspare!", saluta Melchiorre.

"Dove ti eri cacciato?"

"Oh, non me ne parlare! Quest'anno è stato un anno difficile... ma ora eccomi qui! Tutti pronti per partire?"

"Pronti, sì", ribattè Melchiorre.

"E da un bel pezzo. Allora si fa come di solito. Tu, Gaspare, davanti tu. Tu, Baldassarre, al centro. Ed io chiuderò la fila."

"D'accordo", acconsente Gaspare, rassegnato.

"Per quanto non mi dispiacerebbe cambiare, almeno per una volta."

"E cosa vorresti fare?", chiede Melchiorre. 

"Potremmo camminare fianco a fianco, per esempio. In questo modo si chiacchiera meglio."

"Eh! Qui davanti è già pieno di pecore e di capre.", borbotta Melchiorre.

"Per una volta se ne andranno in fila indiana.", dice Gaspare, lisciandosi la lunga barba color argento.

"Per una volta! In fin dei conti, siamo o non siamo i tre re Magi?"

"Sapete com'è, il tempo passa e questo potrebbe essere l'ultimo Natale che passiamo insieme.", riflettè Baldassarre.

"E' vero, purtroppo!", riconosce Melchiorre.

"Su, su basta con questi discorsi! In groppa ai cammelli e via! Via!" 

E così i tre re Magi vanno uno a fianco dell'altro, tanto per cambiare. E Gaspare si mette al centro, tra Melchiorre e Baldassarre, perchè sta in piedi con difficoltà e ha bisogno di un sostegno.

I tre re Magi vanno e tutto si ripete, anno dopo anno, nello stesso modo. Eppure i re Magi non si stancano mai di comparire, in groppa ai loro tre fedeli cammelli, portando i loro ricchi doni: oro, incenso e mirra.

I tre re Magi vanno e contemplano il paesaggio e la gente intorno a loro. Un paesaggio che cambia, di anno in anno, ma in fondo è sempre uguale. Personaggi che sono sempre gli stessi, però cambiano di posto. Una magia antica per le antiche figure dei re Magi.

"Quel pastorello che abbevera le capre alla fontana è nuovo, vero?", chiede Gaspare.

"Sì", dice Melchiorre. "E anche il venditore di caldarroste vicino al laghetto".

"Mi pare che le montagne siano più alte e le stelle più luminose...", osserva Baldassarre.

"Avete visto come è invecchiato l'angelo trombettiere? E il contadino grosso che spingeva la carriola non c'è più!"

"Ah, lui era vecchio ormai. Troppo vecchio!", borbotta Gaspare.

"Ma non vorrete ricominciare un'altra volta con questi discorsi! Guardate che ce n'è di tempo, da qui all'Epifania e io non ho intenzione di ascoltare i vostri lamenti. Perchè non ci raccontiamo qualche bella storia, invece?" 

"E quale vorresti sentire, amico mio?", s'informa Melchiorre, che di storie ne sa tante quanti sono i giorni in una anno.

"Di roba vecchia non so che farmene.", puntualizza Gaspare.

"E i tuoi racconti, caro Melchiorre, ormai li conosco tutti a memoria. Io vorrei che ognuno di noi inventasse qualcosa di nuovo. Ecco, non so... una storia di Natale, per esempio!"

"Sì", e cominciano a starnazzare le oche nello stagno. "La vogliamo sentire anche noi!"

"Anche noi!", belano le pecore e le caprette, che stanno brucando lungo il sentiero di sassolini bianchi.

"Anch'io! Anch'io!", dicono il portatore d'acqua e il suonatore di cornamusa e l'angelo trombettiere e il pastorello ed il venditore di caldarroste.

"Una storia, una storia!", farfugliano a stento i tre cammelli.

"Che bella idea!", sorride Gesù Bambino, che sta già dentro la capanno perchè è il giorno di Natale.

"Chi  inizia per primo?"

"Racconterò io una storia.", dice Baldassarre.

"La mia sarà una storia alla vecchia maniera... ascoltate dunque il mio racconto, cari amici."

C'era una volta un pino, che era nato proprio in cima alla montagna. Come aveva fatto a nascere proprio lassù, vi chiederete?

Ebbene, un uccello aveva preso alcuni semi da una pigna per portarli al suo nido e uno di questi semi era caduto in cima alla montagna, in una crepa tra roccia e roccia.

Il seme era germogliato, era cresciuto ed era diventato un albero forte come le rocce sulle quali era cresciuto e delle cui sostanze si era nutrito fin dal primo giorno della sua vita.

Il giovane pino aveva resistito intrepido alle tempeste di neve e aveva sfidato le raffiche dei venti, aveva lottato contro i ghiacci ed era sfuggito ai fulmini, con la forza di un gigante buon che non teme nulla. Proprio così, non temeva nulla il giovane pino, ma gli pesava a volte la solitudine, sia d'estate, quando la valle sotto di lui si riempiva di vita, sia d'inverno, quando il gelo lo stringeva in un abbraccio crudele. E quando il vento gli portava le voci degli alberi lontani, egli stava ad ascoltare ogni parola, anche il più debole sussurro, per condividere almeno un poco della loro vita. 

"Ah, se fossi nato anch'io nella pineta, dove crescono tutti i miei fratelli!", si rammaricava in quei momenti.

"Perchè il destino mi ha portato qui, più vicino al cielo che alla madre terra?" 

A volte, durante la bella stagione, capitava che un uccello si fermasse a riposare sui suoi rami. Il pino allora non si stancava mai di far domande, per saper tutto, ma proprio tutto su quello che accadeva laggiù, nella foresta, e ancor più in basso, dove c'era il villaggio degli uomini. Oh, che tristezza poi, quando l'uccello volava via! 

"Perchè non  fai il nido qui?", supplicava l'albero, dondolando i lunghi rami. 

"Oh, no! Sarebbe troppo pericoloso. Io cerco un posto più sicuro per i miei piccolini! E con un batter d'ali l'uccello volava via!"

Ma il peggio veniva d'inverno. La neve scendeva tutt'intorno e s'induriva e diventava ghiaccio azzurro. Allora passavano mesi e mesi prima che il pino potesse vedere un'anima viva e la solitudine lo penetrava ancor più profondamente dei rigori del gelo.

Una notte scese sulla montagna un freddo polare. L'albero guardò verso la foresta e vide che i pini si stringevano l'un l'altro intrecciando rami con rami. Guardò verso la valle e vide persone che entravano abbracciate dentro le case. Allora si sentì così infelice che cominciò a piangere disperatamente. Lo ascoltò dall'alto degli spazi siderali una stella errante e se ne meravigliò moltissimo. 

"Chi piange nella notte in cui tutti dovrebbero essere felici?", si chiese la stella.

E cominciò a scendere, piano piano, giù per l'immensa volta del cielo. Giù, giù, giù, finchè arrivò dal pino e si posò delicatamente sulla sua cima. 

"Non essere triste", disse la stella.

"Domani è Natale!" 

"Lo so. Ma io sono tanto solo", rispose l'albero.

"E' questo che mi fa soffrire." 

"Ci sono qua io, adesso. Non piangere più." 

La stella strinse il pino in un abbraccio di luce d'oro e fece brillare le sue lacrime come piccole sfere colorate. La gente del villaggio, uscendo dalla messa di mezzanotte, vide il pino splendere in alto sulla montagna e rimase a bocca aperta per la meraviglia. 

La leggenda dice che nacque così la tradizione di preparare ogni anno gli alberi di Natale, adornandoli con fili dorati e con palline multicolori. 

Baldassarre si guarda intorno soddisfatto, perchè i suoi  ascoltatori hanno gli occhi umidi di commozione. 

"Bravo!", si complimenta per primo Gesù Bambino dalla sua capanna...

"Sì, bravo! Ma adesso, avanti il prossimo!", gridano uomini e animali da più parti, ansiosi di sentire un'altra storia.

"Il prossimo sarò io!", dice Gaspare.

"E siccome il buon Baldassarre ha toccato le corde del sentimento, io credo che a me convenga farvi un po' divertire, perchè anche il sorriso e l'allegria si addicono alle sante feste natalizie. Vi racconterò dunque la vera storia della Befana."

"E vissero tutti felici e contenti..." Così finiscono le fiabe che abbiamo ascoltato da bambini. Ma le fiabe, si sa, sono molte antiche e col passare del tempo molte cose possono anche cambiare.

Orbene, la cara Cenerentola, che noi tutti abbiamo imparato ad amare per la sua bontà d'animo, aveva sposato il suo principe e aveva vissuto con lui nel castello, felice e contenta, per cento anni. Ma poi cosa successe dopo il fatidico centesimo anno? Ve lo siete mai chiesto, cari amici?

Ebbene, nel caso di Cenerentola accadde che il principe suo consorte, uscì per andare a caccia e non tornò mai più a casa. Forse era stato trasformato in un ranocchio da una maga, forse aveva incontrato il lupo cattivo nel bosco. Nessuno seppe mai cosa gli fosse successo davvero.

Cenerentola lo fece cercare a lungo, poi si rassegnò. Aveva un grande castello, aveva per sè l'oro e l'argento, poteva vivere comodamente per altri cento anni. Ma da sola, senza un marito, senza figli, Cenerentola si annoiava.

Si annoiava così tanto che incominciò a invecchiare a vista d'occhio. In  breve tempo diventò una curva vecchietta, piena di rughe e di acciacchi.

Un giorno che si annoiava più degli altri, scese nelle cantine del castello. E proprio lì, con sua grande sorpresa, ritrovò un caro oggetto che credeva di aver perduto: la sua scopa.

Sì, certo! Proprio quella famosa scopa con la quale ramazzava dal mattino alla sera quand'era una povera e infelice orfanella. Oh, fu un momento molto commovente! Cenerentola abbracciò la sua scopa, che in quel momento non le ricordava le angherie dell'acida matrigna, ma solo i bei sogni della giovinezza. 

"Oh, cara amica! Come stai?" 

"Insomma...", sbottò la scopa, un po' contrariata.

"Era ora che ti ricordassi di me!" 

"Come?", si meravigliò Cenerentola.

"Tu parli?" 

"Sicuro!", replicò quella.

"La notte in cui venne la tua fata madrina per aiutarti, un po' della sua polvere magica cadde su di me. Così io posso fare molte cose, se me le chiedi: parlare, vedere, ascoltare, volare..."

"Volare?"

"Sì! e so anche pensare! A proposito, Cenerentola, perchè non ci mettiamo in società? Tu hai i soldi e io la mia piccola magia: insieme possiamo fare qualcosa."

"E cioè?"

"Ho una proposta che ti interessa di sicuro, se sei ancora la buona Cenerentola di cento anni fa."

"Bè, a parte le rughe, qualche chilo di troppo e un po' di artrite, credo di non essere cambiata molto..."; osservò Cenerentola.

"Voglio dire, il cuore è sempre lo stesso. E poi sono stufa di starmene qui con le mani in mano. Avanti, cara vecchia scopa, sentiamo cos'hai in mente..."

E fu così che Cenerentola e la scopa fondarono la BE.FA.NA., vale a dire la famosa società di BEne-FAttori-NAtalizi, che ogni anno, in occasione della festa dell'Epifania, distribuisce regali e dolciumi ai bambini di tutto il mondo. E andranno avanti a farlo ancora per molto, Cenerentola e la sua scopa magica, perchè i personaggi delle fiabe hanno la fortuna di non morire mai.

"Che buffo! Che curioso!", applaudono tutti quanti.

"Strano racconto di Natale il tuo...", bofonchia tra i denti Baldassarre.

"Strano davvero! Non so se Gesù Bambino avrà apprezzato." 

Gesù Bambino ride, saltando fuori dalla greppia e correndo fin sotto i cammelli.

"E' stata una storia divertente, senza contare che le buone vecchiette come la Befana mi stanno molto, molto simpatiche."

"E tu, Melchiorre, che cosa ci racconterai adesso?"

"Ecco, io... credo che dopo aver pianto e dopo aver riso, ci voglia un pizzico di tensione. Vi racconterò quindi la storia della "Grande Corsa".

Negli spazi infiniti del cielo, un giorno Dio indisse una grande gare per le comete. Tutte arrivarono puntuali, all'appuntamento, ciascuna con a bordo il suo miglior equipaggio.

Già, perchè le comete sono come delle meravigliose macchine da competizione, anche se di gran lunga più potenti e più veloci. Senza un pilota che regga i comandi e senza un navigatore che indichi la rotta,  sbanderebbero pericolosamente e non potrebbero percorrere con tanta precisione le loro orbite millenarie.

Bene, per farla breve, eccole là tutte allineate le comete dell'universo, con i loro equipaggi in perfetta tenuta di gara, con una schiera di tecnici per la messa a punto dei motori, pronte a sfidarsi in quella prestigiosa competizione sportiva.

I pronostici degli arcangeli, i più esperti in materia  di velocità, davano per favorita la cometa di Halley, che era la più luminosa di tutte, ma si attendevano con ansia le prestazioni delle comete Ikeya-Seki e Hencke, che avevano apportato delle modifiche importanti al sistema propulsivo e alla linea aerodinamica degli abitacoli. Tutto il popolo alato del paradiso fremeva nell'attesa della partenza. Finalmente San Michele alzò la sua spada lucente e gridò: "Via!"

A quel segnale le comete si tuffarono nelle nere profondità dello spazio, alla velocità della luce. Halley si portò subito in testa, secondo le previsioni. Ma Ikeya-Seki e Hencke la tallonavano da vicino, rendendo a ogni momento più incerto l'esito della gara.

Già alcune comete più lente erano state doppiate durante l'appassionante sfida e si era ormai agli ultimi giri. Quand'ecco improvviso l'incidente: Ikeya-Seki, che era terza, fece una carambola e si proiettò fuori dal percorso.

"Va dritta verso Sirio!", gridò il navigatore della cometa Hencke, che era seconda.

"Si schianterà in mille pezzi!"

"Che dobbiamo fare?", chiese il pilota.

"Pensiamo a  noi e non pensiamo a loro?"

"Perbacco, pensiamo a loro! Si vincerà un'altra volta!"

Con una manovra ardita, il pilota guidò Hencke all'inseguimento della cometa impazzita. La raggiunse, l'agganciò e trasse in salvo l'equipaggio. Halley tagliò vittoriosa il traguardo. Solo più tardi, e per ultima, giunse anche la cometa di Hencke.

"Ebbene", osservò Dio, "ho fatto disputare questa gare per scegliere la cometa che dovrà portare sulla terra un grande e lieto messaggio di speranza. Non c'è dubbio che Halley si sia rivelata di gran lunga la più veloce e sicura. Ma io credo opportuno che in questa missione di grande impegno Halley debba ospitare a bordo anche l'equipaggio di Hencke, che si è distino per il suo altruismo."

Ecco cosa decise Dio. E così i due equipaggi si unirono fraternamente nella missione, portando sulla terra l'annuncio della nascita del Signore a tutti gli uomini di buona volontà.

"Ah!", si entusiasma Gaspare.

"Io credo che la tua storia sia proprio la migliore! Non è vero, Baldassarre?"

"Eh sì... Bisogna ammettere che è molto originale. Complimenti, Melchiorre, sei stato molto bravo."

"A me sono piaciute tutte e tre.", dice Gesù Bambino con gli occhi che brillano dall'emozione.

"Ne posso sentire un'altra?"

"I re Magi sono stanchi, adesso.", interviene Maria.

"E' tardi figlio mio, vieni a dormire..."

"E' tardi Anna, vieni a dormire...", ripete la mamma con voce di rimprovero.

"Un momento, ancora un momento, per favore!"

"No, ora basta. E non toccare più il presepe, da brava."

"Posso portare a dormire con me i re Magi, mamma?"

"Ma, ma... che novità è questa? Sono statuine di gesso e sono vecchie per giunte. Non sono dei giocattoli!"

Anna la guarda con quello sguardo speciale a cui non si può dire no.

"Almeno oggi che è Natale, mamma..."

"E va bene, prenditi i re Magi! Ma sta' attenta a non farli cadere."

"Fossi matta! Sapessi che belle storie sanno raccontare! Buonanotte, mamma, e buon Natale!"

 

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