BRIGANTAGGIO NEL PERIODO FRANCESE

Con la presa della Bastiglia (14 luglio 1789), a causa della Rivoluzione francese, si affermano anche in Italia le idee del liberalismo.
Ferdinando IV è insediato dai principi rivoluzionari.
Il popolo continua ad essere oppresso dalla miseria e dal dispotismo.

Sia gli intellettuali sia i popolani reagiscono. I primi aspirano ad un ordine nuovo delle cose e creano il movimento detto giacobinismo e i secondi si ribellano alla situazione esistente singolarmente o unendosi in comitiva.

Il 22 gennaio 1789 viene proclamata la Repubblica napoletana. Il cardinale Fabrizio Ruffo organizza bande di guerriglieri sanfedisti in difesa del trono e dell'altare scatenando una sanguinosa rivolta plebea antiliberale.
Durante le loro azioni, i Sanfedisti mettono a ferro e a fuoco chi osa contrastare i propri disegni.
Sono specialmente i briganti a dare una mano al cardinale: le bande di Proni, Sciarpa, Michele Pezza, detto Fra Diavolo, De Cesari, Gaetano Mammone e Nicola Gualtieri. Ovviamente la scoperta della congiura, gli arresti e i processi ai rei di stato colpiscono l'opinione pubblica.
La Repubblica napoletana cade. La sanguinosa reazione lascia bande di facinorosi che, in nome regio, commettono vendette private, rapine e violenze. Il dispaccio del 22 febbraio 1800 ordina ai Tribunali di adoperarsi per esercitare un'azione repressiva e di riferire, settimanalmente, sullo stato della Provincia, sugli episodi verificatisi e sulle disposizioni impartite per contrastare i fatti criminosi.
Il Tribunale di Principato Ultra, quattro giorni dopo, fa sapere che nella nostra Provincia,da quando sono cessati i saccheggi, le "capricciose carcerazioni e le violenze che di private autorità commetevansi dagli amici dell'anarchia", comincia a regnare una relativa calma, anche se questa è offuscata da disertori, soldati licenziati e detenuti evasi i quali commettono furti e omicidi: "guaio di cui questa Provincia, peraltro, non è andata mai esente, abbondando di facinorosi e di gente avvezza al sangue e alle rapine".
L'episodio più grave e che ha fatto parlare molto è stato quello che si è verificato a Lioni. Qui "una ciurma di milizziotti e di disertori aveva promosso a tal segno l'anarchia che abusava finanche dell'onore delle donne. Lo spavento ammutolì ognuno di quel luogo e il silenzio accresceva gli eccessi, fortunatamente interrotto da un ricorso pervenuto nelle mani del Visitatore, monsignor Ludovici, e dal medesimo a questo Tribunale trasmesso pel pronto riparo. Ora per allontanare gli omicidii e i furti, si sono date le seguenti disposizioni: non si è mancato mai di inculcare ai Governatori locali di procurare l'arresto dei delinquenti per mezzo delle forze baronali e di farle dagli erari raddoppiare a tenore dei bisogni; di sentirsela coi Governatori viciniori per un reciproco aiuto; di eseguire il disposto della prammatica "De persequendis malefactoribus"; di mantenere sempre in attività la guardia urbana e oltre a queste precauzioni, non ha omesso di fare continuamente girare, ove più il bisogno lo richiedesse, una partita di Cacciatori sotto il caposquadra Francesco Ebreo, giacché tutto il rimanente delle poche forze di quest'Udienza, sta impiegata parte alla custodia del carcere, parte presso il Visitatore delle Finanze e parte per assistere agli inquisiti di Stato.

Questo Tribunale non ha mancato di rivolgersi con risentimento agli erari e agli agenti baronali, come ha praticato con (agente di Montefredane ove parecchi omicidii sono accaduti. Ma occorre la voce Sovrana a dare maggior tuono, obbligando tutti i baroni della Provincia a consegnare fra un mese in mano dei Tribunali i rei che infestano le rispettive giurisdizioni. Per Lioni, riferisce il nominato Ebreo, di aver già carcerato il capo di quei facinorosi dal che ci conviene sperare in breve di sentire arrestati o dissipati i suoi seguaci. D. V.M. umilissimi e fedelissimi vassalli: Michele Peredes, Crescenzo Rivellini, Domenico De Cesare".
Dalla relazione del 5 marzo, si apprende che alcuni "commissionati", con il pretesto di arrestare i giacobini, requisiscono armi, cavalli e altri beni reali.
Il Re, perciò, con dispaccio del 6 marzo, ordina che "qualunque commissionato così per arresti, come per recupero di armi, cavalli o altra qualsivoglia commissione non munito di facoltà spedite dall Autorità legittima, venisse di,fatto arrestato"(144).
Ecco alcuni episodi che dimostrano la grave situazione esistente.
Nel 1802 il secolare Giuseppe Novellino di Montemarano invia alcuni documenti al Re per evidenziare i sentimenti perversi del vescovo.
L'anno dopo, una lettera anonima proveniente da Avellino addebita estorsioni e violenze ai fratelli Nicola e Lorenzo De Conciliis (145).
Nel 1804 un'altra banda di otto briganti, guidati da Vito Errico detto il matto, sconvolge queste terre. Essa è composta da banditi, ladri, ex soldati borbonici provenienti dai due Principati e dalla Basilicata ed in particolare dai calitrani Vito Cianci e Vito Scoca, conterranei del capo, Pasquale Marvini di Rionero in Vulture e quattro di Avigliano(146).
La banda agisce apparentemente come moto insurrezionale per la restaurazione dei Borboni (147).
Frattanto i capireparto della Provincia di Montefusco sono sempre più intollerabili nello svolgimento dei loro doveri; alcune famiglie sono accusate di dispotismo, qualche prete turba la tranquillità pubblica, e finanche il tenente Lorenzo de Conciliis è accusato di delitti contro lo Stato.

Francesco Pepe denuncia il sacerdote di Bisaccia "per materia di Stato ed altri eccessi".
L'arcìprete di Lacedonia, Nicola Franciosi, accusa Giuseppe La Nunziata di delitti comuni "anche in materia di Stato"(148).
Un'altra comitiva di fuorilegge, nel 1809, si aggira in queste zone.
La popolazione è maltrattata, da una parte dalle orde di persone di malaffare e, dall'altra dalle guardie civiche le quali commettono ogni specie di crudeltà.
I Comuni irpini sembrano, però, indifferenti al brigantaggio nonostante i proprietari siano continuamente minacciati.
L'Intendente di Principato Ultra, Mazas, deplora tale atteggiamento e lì invita, il 5 novembre 1813, a proteggersi daì pericoli in quanto si tratta di una "difesa legittima, per diritto di natura"; invoglia a seguire l'esempio di Montella che si è creata autonomamente un organismo formato dagli stessi proprietari e da persone idonee assoldate. Qui i proprietari si tassano di tre carlini al giorno per pagare gli aggregati.
L'Intendente emana addirittura alcune norme per la costituzione di tali corpi: venti uomini per Comuni con tremila abitanti; venticinque per quelli con quattromila e trenta per quelli con cinquemila. La compagnia armata ha il compito di sorvegliare costantemente le proprietà deì benestanti fino a dicembre quando, in pratica, ì malvìventì, per i rigori dell'ìnverno, sono costretti a lasciare i nascondigli montani per mancanza di mezzi di sussistenza (149).

 

144 ) Cfr. Samnium, gennaio?giugno 1968. n. 1?2, pagg. 123?125.
145 ) Cfr. Delazioni e Delatori nel Principato Ultra e nel Molise nel 1802?5: Da un "indice di carte diverse dal 1799 al 1805" conservato nell' Archivio di Stato di Napoli , Alta Polizia, fase. 40, dove si annotano notizie relative agli avvenimenti del 1799, in Samnium, 1949, fase.
3?4, pagg. 213?214.
14(x) La banda è chiamata "del matto di CaLitri".
147) Scrive De Nicola in Acocella V., Storia di Calitri, seconda edizione, ristampa nella celebrazione del I centenario della nascita, Grafiche F.lli Pannisco, Caltri, 1984 pagg. 117?118.

148) Samnium. 1949, n. 3?4, pagg. 273?214.
149 ) Giornale dell'Intendenza, 1813, p. 107 in Samnium, gennaio-giugno 1984 n. 1, Varietà e Postille, pag. 86.
150) " S:R.M. La Corte Criminale di Principato Ultra, prostata ai piedi del vostro Real Trono, si affretta ad umiliare alla M.V. i sentimenti più sinceri della sua devozione ed eterno attaccamento.... " , Avellino, 4 giugno 1815 in Samnium, luglio-dicembre 1955, n. 3?4, pag. 209-210.


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