È stata usata sia
dai maestri antichi che nel Rinascimento.
Dal modello in
gesso si ottiene un negativo in gelatina (o gomma) e su di esso viene versato
uno spessore di 4/5 mm. Di cera.
Tolto quindi il
negativo otteniamo un positivo in cera.
Questo nei punti di giunzione presenterà delle sbavature che andranno accuratamente ritoccate con ferri caldi.
Si procede poi ad
apporre chiodi di ferro che saranno grandi per grandi lavori e spilli per
piccoli: hanno lo scopo di tenere collegata l’anima (interno) con la copertura
(terra refrattaria e gesso). Nelle parti più alte verranno praticati dei fori
per favorire la fuoriuscita dei gas di scarico al momento del versamento del
liquido di fusione.
Vengono poi
applicati i canali di distribuzione del metallo che dovranno essere di
materiale perfettamente distruttibile e cioè cera o canna.
Si ricopre tutto
con terrà refrattaria con uno spessore di circa 7/10 cm.
Due giorni di
essiccazione e poi negli appositi forni che vengono costruito a seconda delle
dimensioni. Il calore raggiunge i 900°.
Quando le forme
saranno perfettamente bianche si lasciano raffreddare per ulteriori due/tre
giorni, poi tolte dai forni e cinte con lamiere di ferro per evitare
spaccature.
Tolto il metallo
posto a fondere dentro i crogioli, viene immesso dentro le forme da appositi
buchi.
Due giorni di
raffreddamento poi si aprono le forme con robusti metalli.
Tutti i canali
saranno trasformati in canali di bronzo che dovranno essere tolti mediante
cesoie. Inizia quindi il lavoro di bulini e lime per concludersi con
l’applicazione del colore mediante patine ottenute con acidi e calore.
Composizione di una
fusione in bronzo: Rame 85%, stagna 5%, zinco 5%, piombo, 5%.
Punto di fusione da
900° a 920°