Sull'esperimento di fisica non fisica

Fonte: Roberto Monti (1984): "Un esperimento di divulgazione scientifica"

 

A cura di Nereo Villa


Il titolo originale "Un esperimento di divulgazione scientifica" è ironico e lascia intendere che si tratta dell'esperimento della divulgazione per gonzi, dato che la divulgazione scientifica della fisica, disastrata da 80 anni di relatività, parla in sostanza sempre e soltanto del medesimo esperimento di fisica, privo però di fisicità, e pieno di psichismo.

 

Dopo un piccolo assaggio delle prime basilari contraddizioni dell'odierna scienza fisica, pubblicate in questo sito col titolo "Sul bambino molto piccolo della relatività... assoluta, la raccolta di "Scritti di critica alla Teoria della Relatività (1984-1987)" di Roberto Monti, a cura di Paolo Brunetti (1), prosegue parlando proprio di quell'esperimento di fisica mai avvenuto, ma creduto normale esperimento di verifica... delle due relatività einsteiniane; cioè una relatività speciale ed una relatività generale. Ma che senso ha differenziare in "speciale" ed in "generale" una formula o un concetto, o un'idea? La formula dell'area del triangolo è "Base per Altezza diviso due" o BxA:2. Ma che senso avrebbe parlare di BxA:2 speciale e di BxA:2 generale, o del concetto speciale di mela e di un concetto generale di mela? Certamente una mela può essere anche speciale. Una formula, però, è come una zappa, cioè uno strumento e funziona oppure non funziona. Che bisogno ho di distinguerla in speciale e generale? Eppure oggi, se si parla con un fisico di relatività einsteiniana senza precisare se si parla di relatività speciale (o ristretta) o di relatività generale, si è subito inquadrati come ignoranti in materia... Come, non sai nemmeno che le relatività sono due?

 

Con ciò siamo già di fronte ad un sapere tanto settario quanto banale in cui vige il trasformismo concettuale da ogni parte. Insomma, in tale sapere il contenuto stesso dei concetti non è più univoco ma biunivoco o "tri-univoco", o "multi-univoco", "multiversale" insomma. Orwell parlava di "bipensiero"... o di "bis-pensiero" della "neolingua" del futuro...

 

Entrando con Einstein nella doppiezza dei concetti, tutto diventa tanto complicato quanto banale. Ma la cultura è altra cosa.

 

Pertanto l'einsteinismo è lasciato da parte dall'uomo della strada, esattamente come è lasciata da parte l'economia, proprio quando il bipensiero la sdoppia, così che essa non è più quella della massaia ma è l'"econòmia" dell'economista di Stato, che significa tutt'altro.

 

Tutto il mondo oggi sa che, secondo Einstein, non si può superare la velocità della luce o la velocità luminale. Questo "sapere" non è però preso molto sul serio, e ciò avviene non solo a causa degli scrittori di fantascienza che infrangono le regole, ma anche perché è ormai un'abitudine sentire nuove divulgazioni scientifiche di velocità dette "superluminali" in quanto superiori alla presunta velocità della luce, immediatamente smentite dalla sedicente comunità scientifica e dai relativi galoppini einsteiniani che ogni volta - a causa del superamento - si stracciano le vesti come Caifa, contro... gli eretici, cioè coloro che si sono permessi di dire l'inaudito, e cioè pane al pane.

 

Certamente distinguere è un bene se si vuole capire la vita. Se però il distinguere diventa un credere, il distinguere diventa allora un pre-giudizio e quindi non è più un distinguere ma un distinguere pregiudiziale, in cui tutto il linguaggio è cambiato, come del resto avviene nelle sette, nelle quali ci si esprime secondo simbologia o secondo dogmi: questo va distinto, questo no, perché qui abbiamo già la nostra pre-comprensione scientificamente fondata. Insomma in questo mondo di matti, l'intuizione è diventata l'eresia che i guardiani dell'ortodossia scientifica devono poi controllare.

 

Perciò mi pare che questa storia della velocità luminale e di quella superluminale (degli eretici) durerà secoli e potrà finire solo quando si tornerà a distinguere la luce immateriale dalla luce materiale, cioè l'antica "lux" dall'antico "lumen", dato che l'oggetto della misurazione della luce materiale non è altro che il mezzo in cui il fenomeno del lumen si manifesta (2). D'abitudine sentiamo dunque parlare di velocità superluminale periodicamente smentita dai guardiani dell'ortodossia, anche se in genere tutto questo bailamme rimane nel subconscio collettivo, così come avviene del resto per altri "saperi", quali, ad es., il "buco dell'ozono" o il "riscaldamento globale", o altre "dottrine", "mistiche", ecc...


E così fu anche per R. Monti. Di fronte al divieto di pensare ad una velocità superluminale, racconta: «gli attribuivo lo stesso peso che si potrebbe dare a chi affermasse, oggi, che non si possono superare le colonne d'Ercole: "si tratta solo di vedere dov'è che [Einstein] sbaglia". Cosi mi imbattei per la prima volta in Michelson e Morley. Ci sono rimasto per quasi 18 anni. Perché, per la prima volta in vita mia, non riuscivo a capire. O meglio: quello che capivo mi sembrava assurdo e privo di senso, ma dal momento che si trattava di carta stampata ufficialmente, e di autorevoli autori, ero colto dall'orrendo dubbio di essermi imbattuto nei limiti della mia capacità di comprensione. Poiché delle due l'una: o io ero corto o quelle erano sciocchezze» (3). E racconta che il dubbio esistenziale di essere "corto" in questo mondo di pazzi scatenati a piede libero lo fece diventare un po' "asociale": "ma quando, nel 1968, riaffrontai di nuovo la questione fu ancora peggio: ero sempre più convinto che si trattasse di sciocchezze ma riuscivo sempre meno a distinguere la realtà. Perché, per quanto la mia asocialità mi abbia preservato dalla sistematica distruzione della ragione operata dalla Scuola e dalle Istituzioni, tuttavia, specie negli ultimi anni, non ne ero stato totalmente immune" (ibid.).

 

Nel 1980, dopo avere imparato a districarsi tra le falsificazioni, a non fidarsi mai delle "interpretazioni" ed "a controllare sempre gli originali, ma soprattutto a riconoscere immediatamente i mucchietti di polvere scopati attentamente sotto il tappeto", R. Monti riprendendo in mano un libro di Born sulla più famosa "equazione di Einstein" scriveva: «ebbi subito modo di constatare quanto fossero diversi i miei occhi. Dove, da studente, avevo letto: "IL TEOREMA DELL'INERZIA DELL'ENERGIA nella sua completa generalità FU STABILITO PER LA PRIMA VOLTA DA EINSTEIN (1905)", adesso leggevo: "Il teorema dell'inerzia dell'energia NELLA SUA COMPLETA GENERALITÀ fu stabilito per la prima volta da Einstein (1905)". Cos'era 'sta storia della "completa generalità"? Non vedevo nessuna differenza tra "E=mc² nella sua singolarità" ed "E=mc² nella sua generalità". Era, appunto, un indizio, al quale prima non avevo prestato sufficiente attenzione: nessuna delle "leggi sperimentalmente provate" attribuite ad Einstein era "nella sua singolarità" di Einstein. Trasformazioni? di Lorentz. E=mc²? Mosengeil, Hasenhorl, Giorgi e prima ancora Maxwell-Poynting. Variazione della massa con la velocità? Kaufmann, Lorentz, Lewis. Doppler trasverso? Larmor-Lorentz... e via di questo passo. Nessuna teoria fisica mi si era mai rivelata tanto sterile e fuorviante come la relatività. Essa aveva interpretato l'esistente, leggi che esistevano già prima del 1905, poi, a parte le strida dei beoti che incensavano a sproposito il suo autore, il silenzio. Tutte queste leggi erano poi continuamente citate, nella letteratura scientifica, come PROVE INDIRETTE della validità della teoria einsteiniana. Nessuno che mi citasse mai qualche PROVA DIRETTA. Dov'erano le prove dirette?» (4).

 

"Le equazioni restano, le interpretazioni passano". In base a questa frase di Poincarè, R. Monti si chiedeva dunque quali fossero le verifiche dei postulati einsteiniani su cui basa "E=mc²", cioè la cosiddetta equazione delle equazioni, o formula delle formule, divenuta il simbolo di tutta l'attuale scienza mondiale: quali erano le prove sperimentali della validità dei postulati einsteiniani? L'etere davvero non esiste?

 

«Qual è la velocità della luce? e soprattutto COME SI MISURA? Tra i pochi libri che, neppure nei tempi più grami, avevo voluto vendere: il Resnick Halliday "Fisica Generale". L'avevo comprato (ultimissima edizione, 1970) con i soldi della Borsa di Studio del CNR: Vol. II pag. 377 (vedi immagine a destra)» (ibid.), sbigottendo davanti a tante facilonerie e banalità:

 
«"Rigorosa verifica sperimentale". Bene! "Valore accettato presentemente". Bene. "ε0... misurato nel 1906" [Il numero ε0 è una costante detta permettività elettrica o permittività elettrica, anche chiamata semplicemente o permettività o permittività - ndc]. 1906?! "8,84025... completamente verificato fino a questo grado di precisione". (Vero?). ''La nostra fiducia". CHE FIDUCIA? "... calcolare il valore di ε0... dal valore della velocità della luce misurato sperimentalmente usando l'equazione 39-15". Come: "CALCOLARE il valore di ε0"? Tanta puzza di bruciato in così poco spazio non l'avevo mai annusata in vita mia. Cominciai dal "completamente verificato fino a questo grado di precisione", dato che quando ero studente i conti si facevano ancora con le tavole o con il regolo calcolatore» (ibid.).

 

«Io, ad esempio» - continua R. Monti, raccontando la sua storia di studioso - «solamente verso il 1974, passato di ruolo al CNR, mi ero permesso il lusso di un ricco Texas 51 [calcolatrice - ndc]. Ed una delle prime cose che avevo notato, divertendomi a provarlo, era il fatto che anche Resnick e Halliday, nel 1969, andavano a mano: tutti i risultati degli esercizi, a fondo libro, non andavano al di là del primo o del secondo decimale; e il secondo, spesso, era sbagliato. Ora, quell'8,84025, di decimali ne aveva 5. Vuoi vedere che... ?

Proprio così: un inequivocabile, abbondante 3 contro un 2,9 che vantava 6 cimali. "La nostra fiducia"! Puah! Mi venne in mente mio padre: "Se poi credi questa, te ne racconto un'altra", Vaccinato per sempre!

 

Contemporaneamente ricordai che da qualche parte, in un cassetto, tra le decine di interpretazioni di Michelson e Morley tentate centinaia di volte, doveva essercene una che prometteva cose interessanti nell'ipotesi di una discrepanza tra le misure "nell'etere" e quelle in un riferimento mobile. C'era. In poco più di mezz'ora di lavoro frenetico la rimisi a posto, e adesso fa bella mostra di sé nell'appendice 3 [si veda anche nell'analisi critica di R. Monti il significato fisico dell'esperimento di Michelson e Morley in rapporto ad oggi - ndc].

Dopo 18 anni avevo finalmente liquidato Michelson e Morley. Il resto venne da sé. Con una facilità ed una semplicità che mi lasciavano ogni volta quasi incredulo: trasformazioni, variazione della massa inerziale, Doppler.

 

Tutto!
 

Tanto che, a cose fatte, non riuscivo a capacitarmi di aver sprecato 18 anni della mia vita girando attorno ad una banalità di quel genere.


Era la fine dell'82. E secondo il mio calendario ero disgustosamente in ritardo. Anche secondo quello del mio direttore, che mi sollecitava una relazione. Così, contentandomi per il momento di questi primi risultati, attaccai un avviso in bacheca:

 

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

ISTITUTO T.E.S.R.E.

(Tecnologia e Studio delle Radiazioni Extraterrestri)

 

Bologna Martedì 14/12/1982

Via De' Castagnoli, 1 - 40126 Bologna - Italia

Telex: 511350 CNR - BO

Telef.: 519593

 

AVVISO DI SEMINARIO

Martedì 21 dicembre alle ore 15,30, in

Sala Riunioni, il Dr. Roberto Monti terrà

un seminario dal titolo:

PRINCIPI PER UNA FISICA MODERNA

 

Ora, quando, alcuni anni prima, io avevo dichiarato la mia intenzione di occuparmi esclusivamente di relatività con lo scopo preciso di demolirla, suppongo di non essere stato preso molto in considerazione. Ma dal momento che non chiedevo soldi andava bene lo stesso. E poi, nel caso in cui, entro la fine dell'82, io non fossi approdato a nulla, mi ero impegnato a mettermi a completa disposizione della direzione. Inoltre, fino al giorno del mio seminario (si noti: "fino al" e non "fino a qualche giorno dal"), io non avevo più parlato con nessuno dei miei colleghi. Perciò suppongo che l'improvviso annuncio di un seminario con un titolo di quel genere sia stato preso come uno scherzo: i fuochi d'artificio alla fine della festa. Fatto sta che, mentre preparavo i lucidi, tutti quelli che mi capitava di incontrare nel laboratorio mi assicuravano, sghignazzando più o meno apertamente che non sarebbero mancati. Infatti il giorno stabilito c'erano tutti.

 

Ma uscirono molto seri.


lo me ne tornai nel mio studio. Cominciavo lentamente a realizzare la portata dell'intera faccenda: Cosa restava di Einstein? Niente. Niente? Niente. Un grande Bluff. Il più incredibile, colossale bluff nella storia della scienza» (5)
.

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NOTE

(1) Roberto Monti, "Scritti di critica alla Teoria della Relatività (1984-1987)", Ed. Andromeda, Roma 2018. Paolo Brunetti, amico di R. Monti e direttore editoriale delle Ed. Andromeda, "La Biblioteca per il Terzo Millennio per chi sa che, oggi, l’intelligenza è eresia", scrive nell’introduzione a questo libro: «In questo primo volume sono raccolti in ordine cronologico gli articoli che Roberto ha pubblicato su SEAGREEN negli anni 1984-1987. In questi lavori il lettore può trovare ampiamente documentate le argomentazioni scientifiche con cui Monti ha contestato la validità della Teoria della Relatività di Albert Einstein. Ma non solo! Nella documentazione presentata è possibile rendersi conto dell'ostracismo e della "guerra" che i guardiani dell'ortodossia scientifica hanno scatenato contro di lui. Mi ricordo come fosse ora le giornate trascorse assieme a preparare gli articoli da pubblicare, le ore ed ore di discussioni accanite sul modo migliore di "fare breccia" nell'ortodossia, i confronti fatti sia attraverso la corrispondenza che "de visu" con altri ricercatori eretici. Perché la mia casa, in via Salvador Allende 1 a Bologna, divenne in quegli anni il luogo di incontro e di discussione dei ricercatori di frontiera di mezzo mondo su numerosi paradigmi scientifici della nostra epoca. Da Roberto Monti a Ignazio Licata, Stefan Marinov, Maurizio Manca, E. W. Silvertooth, L. Kostro, Vigier, W. A. Rodrigues jr, H. Aspden, Umberto Barrocci, Renzo Boscoli, Giuseppe Arcidiacono, Joseph Hasselberger, M. Mamone Capria, P. T. Pappas, J. P. Wesley, Giuseppe Antoni, P. Tewari, Omero Speri, P. E. Amico Roxas, G. Spavieri e tantissimi altri ancora. Paradigmi scientifici messi in discussione, dalla Relatività einsteiniana alla Fusione Fredda ai principali dogmi della Medicina Convenzionale. In quella casa furono ideati e organizzati i Convegni internazionali GALILEO BACK IN ITALY (1990), QUALE FISICA PER IL 2000 (1992), GALILEO BACK IN ITALY II (2000), oltre che ben 6 Convegni su Medicina alternativa, Aids e Vaccinazioni con decine e decine di relatori, tra il 1990 ed il 2000. Tutti Convegni i cui Atti sono stati pubblicati da Andromeda. Discussioni senza fine, tirando mattina, e poi i Comunicati stampa, i contatti con i "Politici", i giornalisti, quelli che "non parlo, non scrivo, non vedo e non sento", tranne rarissime eccezioni. Un'avventura durata oltre vent'anni, in cui sono stati messi in discussione alcuni fondamenti della Fisica e della Medicina. "Per liberare arte, scienza, politica dalla metafisica"».

(2) "Luminale" è il termine esatto. Per approfondire la differenza tra "lux" e "lumen", cfr. il post: "Differenza fra Lux e Lumen non considerata dai fisici"; oppure il video: "La cosiddetta velocità della luce è in realtà la velocità del Lumen".

(3) "Scritti di critica alla Teoria della Relatività (1984-1987)", op. cit., p. 21.

(4) ibid. pp. 22-23.

(5) ibid. pp. 23-26