Sul monismo di Steiner

e sui mona.....

 

 

 

Approdare al monismo di Steiner, che è un monismo a posteriori (cioè un raggiungimento del pensare il mondo osservabile) scambiandolo con il solito monismo a priori è impossibile.

 

Sostituire l'oggetto di percezione col relativo concetto e decretare questo vera realtà  è un errore che non fa approdare all'unità. Fa approdare all’unilateralità, all’uniformità, alla piattezza, o ad una sorta di monoideismo solipsista ed assoluto, che è il modo di essere di sedicenti propagatori di socialità, che in sostanza ne sono i distruttori, in quanto la conducono fuori dal confronto logico con la vita, tendendo a sovrapporvi dottrine secondo lo stile new age del concentrare la mente su una sola idea o gruppo di idee, con esclusivismo dogmatico.

 

Questi "mona" del pensiero, più che monisti, non sono attaccabili logicamente perché, essendo scemi, è scemata da loro la logica umana: il loro monoideismo, piuttosto che di correlazioni di pensiero, si serve di mere rispondenze terminologiche, evitando in tal modo l'effettivo incontro con le idee, perché le idee sono la loro impossibilità.

 

Costoro semplicemente NON possono avere idee perché sono fichtianamente convinti che ogni idea è invenzione, creazione dal nulla, convinzione del loro essere-uno con la rappresentazione che si fanno del loro creatore del mondo.

 

Dante direbbe che costoro si sono indiati. Ed è vero: si sono fatti dèi. Non che questo sia un problema; uno può credere di essere un padre eterno fin che vuole, però allora non si atteggi da filosofo. Delle due l'una: o si predica una fede oppure si coltiva la filosofia. In filosofia non  c'è bisogno di credere in un oggetto di percezione e/o nel suo relativo concetto. Invece credere nell'oggetto di percezione rispondente al concetto di Dio è testimoniare che non si ha tale percezione se si è intellettualmente onesti. E poi, anche ammettendo la percezione di Dio, perché mai un Dio dovrebbe filosofeggiare sul suo creare? Se è davvero un dio, crei e non rompa le scatole, no? Un simile dio a me pare solo un comico molto ridicolo. Oppure è appunto un mona, più che un monista o un monismo!

 

Inoltre, per questi semidei dell'astrazione comica (non cosmica!) non si tratta nemmeno di avere un'idea, dato che la loro fichtiana convinzione è quella di essere loro stessi quell'idea nel senso di dedurla, congetturarla, inventarla dal nulla... come Dio, appunto, cioè come qualcosa di cui non possono dire di avere avere avuto esperienza, ripeto, se sono intellettualmente onesti.

 

La filosofia di Steiner non consente di prendere le mosse da Dio. Prende le mosse dal pensare.

 

I mona prendono invece le mosse dal un io vertiginosamente fattosi Dio. Per cui se incontrano l'opera di Steiner e si accorgono del fatto che il suo pensiero supera di gran lunga i loro filosofi ritenuti migliori, diventano immediatamente attivisti dell'antroposofia, che ritengono la ideologia di Steiner, come prima lo erano di un'altra ideologia, per es., di Heidegger o di Fichte, e così via. Costoro sono solo alla ricerca della migliore dialettica per estrinsecare la loro "missione del dotto" purché sia la migliore vigna da coltivare e da spremere gabbando gli ingenui, anzi i somari...

 

Ma così non può essere e non sarà mai, dato che quella di Steiner non è un'ideologia.

 

La loro etica conduce sostanzialmente all'attivismo perché non riuscendo a sperimentare l'immateriale attraverso le idee di tutti, bensì vedendolo in quell'idea, sono spinti dal loro idealismo unilaterale (o spiritualismo unilaterale) al dover essere legati nell'attività stessa, mediatrice all'infinito del loro "Assoluto" secondo l'afflato profetico di un pathos che si erge patetico in nome della Verità: "Poiché io sono un Sacerdote della Verità" (Fichte, Prefazione alla "Teoria della scienza")!!!

 

Steiner È un monista.

 

Il suo monismo non è un errore di pensiero, come vorrebbero dimostrare i mona, cioè coloro che non l'hanno capito e che riescono solo a realizzare quel che il monismo di Steiner NON È (materialismo, idealismo, panlogismo o spiritualismo)!

 

Cos'è allora il monismo di Steiner?

 

È qualcosa che, per la sua stessa natura, non si presta a rientrare in uno di quegli "ismi" di cui Steiner stesso mostrò l'intrinseca relatività (cfr. R. Steiner, "Il pensiero cosmico", Roma 1985).

Per intendere il monismo di Steiner si dovrebbe innanzitutto essere in grado di distinguere la dinamica del processo conoscitivo (prima parte de "La filosofia della libertà") da quella dell'avere idee, intuizioni (seconda parte), cioè distinguere tra i due opposti momenti di quel "moto pendolare vivente" a cui fa esplicito riferimento Steiner nella prima aggiunta al decimo capitolo della seconda edizione del 1918 della sua filosofia. Ed essere poi in grado di distinguere la realtà di queste dinamiche cosmiche dalla consapevolezza che ne possiamo avere.

 

Insomma, dal momento che per Steiner  è l'io ad articolarsi nell'attività interiore del pensare, del sentire e del volere, e che è tale attività ad informare il percepire, è chiaro che a Steiner non sfugga l'unità da cui provengono tanto l'oggetto di percezione che il concetto.

 

Cos'è allora che non convince i fichtiani del terzo millennio (purtroppo devo usare questa categoria per coloro che vanno ad ascoltare le conferenze sulla filosofia di Steiner da un relatore invasato di Fichte e delle sue assolute astrazioni prive di connessioni con la vita reale) o che impedisce loro di comprendere in merito al monismo del pensare umano evocato da Steiner?

 

Non è dato loro di comprendere soprattutto il motivo per cui Steiner, anziché partire come Fichte dall'unità dell'io per arrivare alla dualità (del pensare e del percepire), parta invece dalla dualità (di pensare e percepire) per arrivare all'unità dell'io. E si arrabbiano. In altre parole non possono convincersi che sia giusto il fatto per cui l'unità si dia, in Steiner, non come un "a-priori" da credere dogmaticamente, bensì come un "a-posteriori" da sperimentare. Vogliono capire una volta per tutte, vogliono avere il crisma, il diploma dell'avere capito, e non hanno capito niente. Ed in tal modo predicano errori su errori, come diceva Steiner nella sua tesi di laurea (Verità e Scienza).

 

O bestie! L'unità non è un Essere (oggetto dell'antica metafisica)! È uno Spirito, è il tuo io (soggetto "trans-oggettivo" e "trans-soggettivo" del moderno conoscere).

 

Il voler cogliere a-priori l'unità da cui entrambi i termini (oggetto di percezione e concetto) derivano, significherebbe porsi al centro dell'atto creativo originario, cioè nell'attività e nella coscienza dello stesso Essere divino, illusoria pretesa che rivela qualcosa di ibrido, e quindi un "motivo ispiratore" di natura luciferica.

 

Costoro vorrebbero, giustamente, che non fosse satanicamente, cioè come insegna Arimane, il creato materiale a produrre il pensare immateriale, ma che fosse quest'ultimo a produrre il primo. È però il pensiero divino, uno col volere, a creare il creato, mentre è quello umano, attualmente diviso dal volere, a conoscerlo: e a conoscerlo per quella sola parte morta o inorganica, divisa quindi dalla vita, che gli corrisponde.

 

Scrive Goethe: "Il punto fondamentale che sembra perdersi di vista nell'impiego esclusivo dell'analisi è che ogni analisi presuppone una sintesi [...] La prima cosa che s'impone all'analista è dunque di esaminare (o meglio, non perdere mai di vista) se ha veramente a che fare con una sintesi nascosta e misteriosa, o se ciò di cui si occupa è soltanto un aggregato, un miscuglio, una giustapposizione, e via discorrendo" (R. Steiner, "Le opere scientifiche di Goethe", Genova 1988, p. 64).

 

Ebbene, è appunto tale "sintesi nascosta e misteriosa" a essere ri-creata dal conoscere umano in forma di spirito o di io; ed è proprio per passare dall'unità iniziale (incosciente e naturale) a quella finale (cosciente e spirituale) che l'uomo è chiamato ad affrontare e superare la prova della dualità.

 

E proprio a proposito dell'individualismo etico a cui si perviene attraverso "La filosofia della libertà" di Steiner, questi addormentati semidei della parola e della semantica fichtiana dovrebbero mettersi d'accordo con se stessi: se affermano che Steiner è un genio, poi ci dicono che lo è di meno a proposito del suo monismo in quanto in discrepanza terminologica col solito monismo?

 

Secondo loro, la contrapposizione dell'individualismo etico all'universalismo kantiano, nascerebbe allora da inintelligenza rispetto ai pensati kantiani a proposito delle leggi negative del vietare questo o quello?

 

"Non come tutti gli uomini agirebbero - scrive Steiner - ma come io ho da agire nel caso individuale, debbo considerare". E loro commentano: "Sì, ciò è vero ma ad eccezione delle leggi negative che dovrebbero promuovere il fatto che tutti gli uomini dovrebbero agire impedendo a se stessi di agire". Quindi per costoro il "dover essere" di Kant dovrebbe essere rivalutato nel fatto che la proibizione, legge negativa in quanto consistente nel non fare questo o quello, è un impedimento alla libertà umana, che diventa un non impedimento in quanto istituita per liberare il genere umano, la specie umana! Ma questa liberazione della specie umana non c'entra con la filosofia della libertà né con l'individualismo etico. C'entra casomai con una specie etica, con uno Stato etico... Ma allora siamo ancora nello statalismo o nel nazifascismo o nella dittatura del proletariato, e così via!

 

Un individualismo etico invalidato di fronte alle leggi proibitive è solo un individualismo etico a metà! Come mai allora Gesù lo preferì intero non obbedendo al divieto di agire di sabato?

 

Il problema di coloro che confutano il monismo di Steiner è il loro pregiudizio circa il monismo ordinario, cioè a priori. Non riescono a concepire un monismo a posteriori, cioè da filosofi e non da imbranati semidei, forse perché si credono dèi per fede, dato che un salmo recita: "Voi siete dèi" (Salmo 82,6), e che tale salmo è riportato dall'evangelista Giovanni (Gv 10,34), massimamente studiato da Fichte, massimo rappresentante dell'idealismo assoluto? Se è questo il loro problema predichino le sacre scritture non la filosofia della libertà da esse! Perché oggi non è più il tempo di appellarsi ai salmi o alla fede, bensì è il tempo di attuare ciò che anticamente poteva essere raggiunto solo per fede. L'anacronismo non può essere il nostro pastore. Se proprio vogliamo essere pecore siamo pecore del terzo millennio e cioè rispondenti all'"io so" che è la chiave dell'Acquario. La chiave dell'epoca precedente, quella dei Pesci era "io credo". Quella ancora prima, dell'Ariete, o dell'Agnello, era "io sono".

 

Oppure credono che l'individuale e l'universale non possano convivere senza risolvere a priori il problema dello stabilire se l'individuale debba o no essere opposto e assoggettato all'universale?

 

Ma questo problema, se c'è ancora in loro, significa che non hanno mai capito quello che predicano con così tanta foga misticheggiante e moralisticheggiante!

 

Imparino innanzitutto a stabilire chi sia il primo, e chi sia il secondo: l'io o l'universale? E dicano a se stessi: per stabilirlo io devo rifletterci, quindi il primo posto appartiene all'io, no? E stabiliscano soprattutto se tra i due si dia un rapporto d'immanenza o di trascendenza. Certamente là, dove il primo fosse fichtianamente un io e il secondo un non-io (materiale o immateriale che sia) si avrebbe ragione a parlare di dualismo e di non libertà. Ma nel caso di Steiner non stanno così le cose, ed è questo che non capiscono: là, dove l'individuale è l'io abituale, che sa di sé in quanto s'identifica col corpo, e l'universale è l'io spirituale, cioè l'essenza o il fondamento di quello abituale, ecco allora che il primo, assoggettandosi al secondo, altro non farebbe che assoggettarsi a se stesso, ed essere perciò libero: "libero è l'uomo quando in ogni momento della sua vita è in grado di ubbidire a se stesso" ("La filosofia della libertà", cap. 9, §49).