Rudolf Steiner sul gesuitismo

 

A cura di Nereo Villa

Basta chiesa! Basta sonniferi! Svegliati Francesco che è ora!

Scegliere il nome Francesco essendo gesuita è una palese contraddizione.

O la si coglie o si fa finta di niente.

Il gesuitismo infatti mira a trasformare l'impulso del Cristo in una signoria puramente terrena,

cioè in uno Stato terreno dei gesuiti governato come si conviene da chi si è fatto “soldato di Cristo”,

quindi nessuna novità rivoluzionaria rispetto alla solita menzogna cattolica...

Il gesuitismo conosce Goethe molto bene e lo combatte.

Tale combattere nega così l'unica idea risolutrice dell'attuale caos sociale:

la triarticolazione sociale promossa da Goethe e da Steiner.

Quanto segue è la seconda parte di una conferenza del 2/11/1918,

tenuta a Dornach da Rudolf Steiner, nella quale sono spiegate

le dinamiche del gesuitismo in contrapposizione al goetheanismo

(R. Steiner “Lo studio dei sintomi storici”, 8ª conf.:

Impulsi religiosi della quinta epoca di civiltà postatlantica, Milano, 1961).

“[…] Come reazione contro l’insorgere dell’individuo appare a questo punto qualcosa d’altro: al romanismo della Chiesa, cioè, viene in aiuto la corrente gesuitica che, nel suo significato originario, era solo possibile all’interno della chiesa cattolica romana, indipendentemente dal fatto che oggi se ne alteri il significato e dappertutto si parli di gesuitismo. Su che cosa si basa esso infatti? In sostanza il gesuitismo si basa su questo concetto: mentre nel vero popolo del Cristo [per il Popolo della Chiesa, Cristo è Re; per il Popolo delle Logge, il Cristo è Maestro; per il Popolo del Cristo, il Cristo è Spirito; cfr. pag. 207 di R. Steiner, “Lo studio dei sintomi storici” - nota del curatore] la rivelazione dell’impulso del Cristo rimane nascosta in una nuvola soprasensibile e non discende nel mondo fisico-sensibile - e Soloviov [Vladimir Sergeevič Solov’ëv, 1853-1900, filosofo e scrittore russo che secondo Steiner avrebbe potuto risollevare la chiesa cattolica dal materialismo in cui è piombata - nota del curatore] in un certo senso vuol sollevare il regno terreno al regno di Dio e non far scendere il regno di Dio in quello terreno - il gesuitismo invece vuol portare proprio il regno di Dio in quello terreno e suscitare nelle anime impulsi tali che sul piano fisco il regno di Dio agisca in modo analogo alle leggi del piano fisico stesso. Il gesuitismo tende cioè ad un regno terreno e vuole ordinarlo in modo che esso appaia come un regno terreno, come il regno del Cristo. E vuole aggiungere questo scopo in primo luogo facendo in modo che i suoi seguaci, vale a dire gli appartenenti all’ordine dei gesuiti, vengano preparati come se fossero una comunità di soldati, un esercito. Il singolo gesuita si sente un soldato dello spirito - e sente il Cristo non come il Cristo spirituale che agisce nel mondo con mezzi spirituali, ma piuttosto, e nei suoi pensieri e sentimenti tutto deve tendere a questo scopo, egli sente il Cristo come un re terreno, sente di servire il Cristo come si serve un re terreno, egli lo serve come un soldato serve il suo comandante in capo. Poiché si ha a che fare con cose dello spirito, le direttive della Chiesa sono naturalmente diverse da quelle del solito militarismo del mondo, ma anche in quest’organizzazione spirituale deve penetrare un forte ordinamento militare; tutto viene predisposto affinché il vero cristiano sia un soldato del comandante supremo Gesù. Per parlare oggi da un altro punto di vista di un argomento già altra volta trattato a Karlsruhe (cfr. R. Steiner, “Da Gesù a Cristo”, Milano, 1968), in sostanza questo è appunto lo scopo degli esercizi fatti da ogni gesuita, affinché si formi in lui quella forza poderosa che a lungo è stata coltivata appunto nell’ordine dei gesuiti e che, nelle sue manifestazioni decadenti, ancora agirà nell’epoca caotica nella quale ora entriamo. Le meditazioni prescritte da Ignazio di Loyola (Ignazio di Loyola, 1492-1556, fondatore della Compagnia di Gesù che ottenne l’approvazione papale nel 1540), e fedelmente seguite appunto dai gesuiti, tendono proprio a fare del gesuita innanzi tutto un soldato del comandante supremo Gesù Cristo.


Voglio darne alcune prove (gli esercizi qui citati da Steiner sono stati presi da “Exerzitienbuch des hl. Ignatius von Loyola”, a cura di Moritz Meschler S.J., edito da Walter Sierp S.J.). Fra gli esercizi spirituali che un gesuita deve fare e attraverso i quali egli acquista la sua forza, si prendano per esempio quelli della seconda settimana; questa deve sempre cominciare per il gesuita con un esercizio iniziale che gli faccia avere l’immaginazione del «regno del Cristo». Egli deve però pensare al regno di Cristo in modo che il Cristo stesso, con la spada, vi compaia alla testa delle sue legioni, pronte alla conquista del mondo. Segue poi una preghiera preparatoria e quindi il primo esercizio, pure di preparazione:


« 1 - Esso consiste in una rappresentazione visiva del luogo; qui devo vedere con gli occhi della mia forza di rappresentazione le sinagoghe, le città e i luoghi attraversati predicando da Cristo, nostro Signore.


2 - Mi sia fatta la grazia alla quale agogno. Qui devo impetrare la grazia di nostro Signore, affinché io non sia sordo al suo richiamo, ma pronto e solerte ad adempiere la sua santissima volontà».


Segue poi l’altra parte, l’esercizio vero e proprio, perché quelli che ho esposto finora sono soltanto esercizi preparatori. Questa parte consiste anch’essa di alcuni punti: l’anima vien preparata con molta cura.


« 1 - Mi pongo davanti agli occhi un re terreno, scelto da Dio nostro Signore, al quale tutti i prìncipi e tutti i cristiani debbono venerazione ed obbedienza».


Chi fa l’esercizio deve però avere tutto ciò così chiaro davanti agli occhi, come fosse un’immagine dei sensi, con la medesima intensità.


« 2 - Osservo come questo re si rivolge a tutti i suoi e dice: È mia volontà sottomettere tutto il paese degli infedeli. Chi mi vuoi seguire, a tale scopo deve accontentarsi del mio stesso cibo, delle medesime mie bevande e degli stessi miei vestimenti. E cosi egli dovrà faticare quanto me durante il giorno e vegliare di notte, per poter in seguito prender parte con me alla vittoria, come ha preso parte alle fatiche».


Ciò rafforza la volontà perché le immagini sensibili penetrano immediatamente nella volontà stessa, la infiammano, la spiritualizzano.


« 3 - Io rifletto sopra la risposta che i buoni sudditi devono dare a un re talmente magnanimo e clemente, e di conseguenza anche a come dovrebbe essere trattato chi non dovesse accettare la richiesta di un tal re, vale a dire esser biasimato da tutti ed esser considerato un cattivo soldato».


Questo deve esser ben chiaro al gesuita: se egli non diventa un buon soldato, un guerriero di un tal comandante, sarà considerato un uomo indegno in tutto il mondo.
 

Segue poi la seconda parte della seconda settimana.


« La seconda parte di questo esercizio consiste nell’adattare il paragone sopra citato del re terreno a Cristo nostro Signore, come esposto nei tre punti indicati:


1 - Se già consideriamo degno di attenzione un tale appello del re terreno ai suoi sudditi, tanto più sarà degno di attenzione Cristo nostro Signore, re eterno, e dinanzi a lui tutto il mondo, quand’egli chiami a raccolta tutti insieme e ognuno singolarmente per dire: È mia volontà sottomettere tutto il mondo e tutti i nemici per entrare così nella magnificenza del Padre mio. Chi vuol venire a tale scopo con me, deve con me faticare per potermi quindi seguire nella magnificenza come mi seguì nei disagi.


2 - Io ritengo che tutti quelli che possiedono giudizio e intelligenza si offriranno interamente per queste fatiche.


3 - Chi risulta animato dal desiderio di manifestare un’abnegazione ancor maggiore e di volersi distinguere al servizio del suo re eterno, Signore supremo, si offrirà non soltanto per le fatiche richieste, ma combatterà anche la propria corporeità e il proprio amore per la carne e per il mondo; porterà cioè offerte di maggior valore e di maggior peso, e dirà: Signore eterno di tutte le cose, con la tua protezione e il tuo aiuto, io sacrifico me stesso - alla tua infinita bontà ed in presenza della tua madre gloriosa e di tutti i santi della corte celeste, io affermo e desidero essere mia ponderata decisione, in quanto ciò possa risultare a tua maggior lode e servizio, di imitarti e di sopportare ogni ingiustizia, ogni ingiuria e ogni miseria, sia materiale e sia spirituale, quando la tua santa maestà vorrà scegliermi e chiamarmi a una tale vita e a un tale stato.


Quest’esercizio vien fatto due volte al giorno, e cioè la mattina appena alzati e un’ora prima dei pasto di mezzogiorno o di quello della sera. Per la seconda settimana, e anche per le successive, sarà molto consigliabile di leggere ogni tanto brani dai libri dei seguaci di Cristo, o dai Vangeli, o dalla vita dei santi».


Quando in essa agiscono queste immaginazioni, bisogna sapere come diventa la volontà, questa volontà - soldatesca ma spirituale, che fa del Cristo Gesù il comandante supremo! Qui si parla di «corte celeste che va servita in ogni forma di sottomissione e sudditanza». A questi esercizi che, partendo dall’immaginazione, addestrano specialmente la volontà è unito pure qualcosa che agisce molto fortemente quando venga ripetutamente immesso nella volontà. Vien raccomandato dì ripetere giornalmente gli esercizi fondamentali, ora esposti, anche nelle settimane successive, possibilmente nella medesima forma, prima della meditazione scelta per il giorno. Per esempio nel quarto giorno si avrà la preghiera preparatoria come il solito, e quindi un primo esercizio.


« 1 - Esso presenta l’evento storico così: il Cristo che chiama e vuol riunire tutti sotto la sua bandiera, e dall’altra parte Lucifero che chiama sotto la sua».


Occorre figurarsi con precisione la bandiera e vedere i due eserciti che portano avanti le due bandiere, la bandiera di Lucifero e quella del Cristo.


« 2 - Rappresentazione visiva del luogo: qui si veda una pianura nei pressi di Gerusalemme dove si trova Cristo nostro Signore come supremo ed unico comandante dei buoni; un’altra pianura nei pressi di Babilonia, dove appaia Lucifero come capo dei nemici».
Ora stanno i due eserciti di fronte uno all’altro, con la bandiera di Lucifero e la bandiera di Cristo.


« 3 - Io prego di ottenere quanto desidero, e precisamente invoco di conoscere gli inganni del capo malvagio; chiedo inoltre aiuto per potermene preservare e per conoscere la vera vita che viene mostrata dal supremo e vero comandante, nonché la grazia di imitarlo».
Viene ora la prima parte dell’esercizio vero e proprio: la bandiera di Lucifero; chi fa l’esercizio deve cioè indirizzare lo sguardo spirituale dell’immaginazione all’esercito che si trova sotto la bandiera di Lucifero.


« 1 - Mi immagino di vedere il condottiero di tutti i nemici sulla vasta pianura davanti a Babilonia, seduto sopra un alto trono di fuoco e di fumo, con la sua spaventevole ed orrenda figura.


2 - Si consideri com’egli riunisca innumerevoli spiriti cattivi per inviarli poi, uno in una città e uno in un’altra, per tutta la terra e senza trascurare nessun paese, nessun gruppo e nessuna persona singola».


Questi incarichi devono esser immaginati nei particolari e in concreto.


« 3 - Si rifletta al discorso che egli tiene loro e a come li solleciti affinché essi gettino reti e catene, vale a dire perché tentino gli uomini, in primo luogo attraverso il desiderio per la ricchezza, come fa egli medesimo presso il maggior numero di persone, in modo che essi arrivino con facilità ai vani onori del mondo e quindi ad uno sfrenato orgoglio.


In primo luogo quindi si hanno le ricchezze, in secondo luogo gli onori ed in terzo luogo l’orgoglio; con questi tre gradi Lucifero induce a tutti gli altri vizi».

 


Seconda parte. La bandiera di Cristo


 

«In modo analogo ci si rappresenti sul campo opposto il supremo e vero condottiero, Cristo, nostro Signore.


1 - Si osservi come, sopra una vasta pianura nei pressi di Gerusalemme, prenda posto su un semplice seggio Cristo, nostro Signore, bello ed amabile.


2 - Si osservi come il Signore di tutto il mondo scelga tante persone, apostoli, discepoli e così via, per inviarli su tutta la terra affinché essi spargano il seme del suo santo insegnamento fra gli uomini di tutti i ceti e di tutte le condizioni.


3 - Si rifletta al discorso tenuto da Cristo nostro Signore a tutti i suoi servitori ed amici che egli invia per tale missione, a come egli raccomandi loro di cercar di aiutare tutti gli uomini spingendoli in primo luogo alla massima povertà in spirito, affinché, se la sua divina maestà lo ordinasse e li dovesse prescegliere, essi fossero anche pronti alla povertà effettiva; in secondo luogo affinché tutti siano pronti a ricevere ingiurie e ad essere disprezzati perché da queste due prove, dal subire la povertà e il disprezzo, deriva l’umiltà.


Si hanno cioè tre gradini: in primo luogo la povertà contro la ricchezza, in secondo luogo gli insulti e il disprezzo in contrapposto agli onori del mondo, ed in terzo luogo l’umiltà in confronto all’orgoglio; sulla base di queste tre qualità, gli inviati del Cristo devono guidare gli uomini a tutte le rimanenti virtù».


Gli esercizi vengono fatti in tal modo. La loro essenza consiste in quanto ho già accennato: un regno mondano cioè, da organizzarsi appunto come un regno terreno, ma da pensare come l’esercito del Cristo Gesù. Il gesuitismo è appunto la più conseguente, la migliore e la meglio organizzata espressione di quanto ho indicato come seconda corrente, l’impulso cioè del popolo della Chiesa. In sostanza si troverà che l’impulso del popolo della Chiesa consiste appunto nel far discendere quell’unica rivelazione - avvenuta una volta per tutte a Gerusalemme - in un regno di questo mondo. Perché infatti tutti gli esercizi tendono a far sì che chi li esegue elegga se stesso a soldato della schiera di Cristo, che egli si senta un vero soldato di Cristo. Questo era anche il significato dischiusosi ad Ignazio di Loyola attraverso una rivelazione di natura speciale, dopo che egli aveva compiuto le più diverse imprese come soldato e dopo che, attraverso meditazioni, mentre era infermo per le ferite riportate, fu condotto - non voglio dire da quale potenza - a trasformare nell’animo suo gli impulsi militari, prima attivi in lui, nell’impulso ad essere un soldato di Cristo, un soldato di Gesù. È uno dei più interessanti fenomeni della storia, che un soldato particolarmente coraggioso venga ferito e, a seguito di meditazioni, si trasformi da soldato in senso comune in soldato dello spirito.
Nei luoghi dove l’impulso del Cristo venne attutito nella sua azione continuativa, che invece gli fu propria in seno al popolo del Cristo, in quelle zone divenne naturale che quella gesuitica dovesse essere l’impronta esteriore dell’impulso del Cristo. Ci si può ora chiedere: non esiste forse un atteggiamento opposto a quello del gesuitismo? All’uopo dovrebbe sorgere qualche cosa sul territorio del popolo della Chiesa, dovrebbe sorgere dalle diverse reazioni, dalle correnti di Lutero, di Zwingli, di Calvino, di Schwenkfeld, degli anabattisti; da tutto questo caos, pur così frantumato, dovrebbe risultare qualcosa che non sia soltanto sulla linea del gesuitismo - perché infatti il gesuitismo è l’estrema espressione, ma parecchie altre cose sono sulla sua medesima linea - bensì dovrebbe risultare qualcosa che sia diametralmente opposto al gesuitismo, qualcosa che, in un certo senso, voglia svincolarsi dallo spirito del popolo della Chiesa, mentre il gesuitismo vuole invece penetrare sempre più profondamente nell’essenza ai esso. Il gesuitismo vuol trasformare l’impulso del Cristo in una signoria puramente terrena, vuol fondare uno Stato terreno che sia però in pari tempo lo Stato dei gesuiti e che venga governato come si conviene da chi si è fatto soldato del generalissimo Cristo. Quale potrebbe esser la corrente opposta?


Si avrebbe la corrente opposta se si cercasse non di abbassare quanto è in alto, ma di elevare verso il mondo spirituale quanto è in basso. Nel vero popolo del Cristo tutto tutto ciò è una specie di disposizione naturale, e si manifestò in Soloviov, anche se spesso come un balbettìo. Nelle regioni abitate dal vero e proprio popolo della Chiesa vi è però una corrente diametralmente opposta al gesuitismo, una corrente che non vuole mescolare nulla di spirituale nei rapporti esteriori di governo, ma che piuttosto vuole che l’impulso del Cristo agisca sempre nelle anime, e soltanto per via indiretta, attraverso le anime, sul mondo esterno. Poiché oggi molte cose vorrebbero inserirsi in questo modo, un tale impulso apparirebbe nell’ambito del popolo della Chiesa, ma vorrebbe però sempre guidare l’evoluzione in modo che l’impulso spirituale del Cristo agisca soltanto nelle anime, rimanendo in certo senso esoterico, beninteso esoterico nel modo migliore e più nobile. Mentre il gesuitismo vuol trasformare tutto in un regno di questo mondo, questa corrente considererebbe tutto quanto ha a che fare con lo Stato come qualcosa che di necessità deve esistere sul piano fisico, ma che riunisce gli uomini affinché possano elevare le loro anime ai mondi superiori. Questa diametrale contrapposizione, questa polarità al gesuitismo è il goetheanismo. Quest’ultimo vuole esattamente l’opposto di quanto vuole il gesuitismo. Il goetheanismo può essere compreso da un altro punto di vista, quando lo si consideri in questa polare contrapposizione al gesuitismo. Da qui deriva l’eterna inimicizia che il gesuitismo ha giurato e sempre più giurerà al goetheanismo. Le due correnti non possono esistere assieme. Ognuna conosce molto bene l’altra; il goetheanismo conosce Goethe molto bene: il padre gesuita Baumgartner ha scritto il miglior libro su Goethe, naturalmente da un punto di vista gesuitico. Quanto è stato scritto su Goethe da rari professori tedeschi o dall’inglese Lewes (George Henry Lewes, 1817-1878, filosofo e critico letterario; scrisse fra l’altro una “Vita di Goethe”) sono tutte cose imperfette in confronto a quanto fu scritto dal padre gesuita Baumgartner nei suoi tre volumi su Goethe; egli sa infatti perché scrive! Tutto quanto egli vede in Goethe rende acuto il suo sguardo di avversario; non scrive come un professore tedesco con la sua mediocre comprensione di borghese, oppure come l’inglese Lewes che descrive, sì, un uomo nato a Francoforte nel 1749, che ha dovuto attraversare le stesse esperienze vissute da Goethe, ma che non è il vero Goethe. Il gesuita Baumgartner racconta invece sulla base di quanto gli è stato trasfuso nella volontà in seguito alle sue meditazioni.
E così il goetheanismo, che dovrà agire nell’avvenire, si congiunge a questo punto con qualcosa che è cominciato immediatamente dopo l’inizio del secolo XV e che, con la riforma, ha condotto al gesuitismo.


Domani parleremo ancora della terza corrente.


Oggi ho quindi accennato al popolo del Cristo, al popolo della Chiesa e alla terza corrente che vi s’inserisce; ho accennato alle reciproche interferenze per giungere, attraversi i sintomi, ad un’intima comprensione dell’evoluzione religiosa moderna. Domani ne parleremo ancora ancora”.