Perché i fisici odierni

si stracciano le vesti come Caifa

 

 

 

Ho spesse volte sperimentato un fatto significativo relativo alla scienza attuale: i relativisti einsteiniani contemporanei si stracciano le vesti come il veterotestamentario Caifa se qualcuno dubita dell'assolutezza della loro doppia relatività (generale e speciale).

 

Come mai?

 

Forse perché oggi se una cosa è relativa dev'essere considerata, al contrario, "assolutamente relativa", cioè ASSOLUTA? Dove sono finiti i CONTENUTI dei concetti? Dov'è finita la razionalità?

Siamo quindi di fronte ad un fenomeno sociologico che è anche un sintomo di una malattia dell'uomo contemporaneo. Questa malattia potrebbe chiamarsi "auto-rimozione del giudizio critico" ed è - purtroppo - esponenzialmente indotta dalle scuole dell'obbligo o di Stato. Lo Stato NON vuole che l'uomo distingua autonomamente il bene dal male, ma operando sulle coscienze, si comporta come si comportava la chiesa con le streghe. Ovviamente oggi non può bruciare i non credenti però opera ugualmente facendo terra bruciata intorno a loro o "bruciando" le loro carriere.

Sembra proprio che tutto il nostro sapere sia incerto, eccetto quello einsteiniano circa la relatività, che invece è accettato e studiato come massimamente certo ed assoluto: contraddizione in termini, simile a quella del cosiddetto INCONSCIO. Come è possibile studiare l'"inconscio" se per definizione è, appunto, inconoscibile? Si potrebbe estendere il problema anche ai partiti politici o ai vari Stati politici della Terra. Come fa un partito, che è una parte dell'organismo sociale, a promuovere il bene di tutto l'organismo se è una parte del tutto che combatte contro altre parti del tutto? Come si può sperare nel bene dei terrestri se si promuovono parti di essi che si fanno la guerra in nome della pace?

Ma ritorniamo al punto.

Proprio in base alla relatività del conoscibile, ciascuno dovrebbe avere il diritto di fare tutte le ipotesi che vuole. Il diritto all'espressione dei dubbi, di qualsiasi natura essi siano, dovrebbe essere del tutto incondizionato, dato che, in caso contrario, diminuirebbe la sua positività in ordine ad una possibile maturazione culturale di tutti.

Il guaio è che oggi la maggior parte dei docenti parla con ammirazione di personaggi come Socrate, additandoli come esempio ai propri studenti. Ciò si rivela però solo un moralismo, in quanto se fosse davvero chiamata a decidere se far bere o no la cicuta a qualcuno che ragiona alla Socrate o alla Giordano Bruno, non esiterebbe a optare o a votare per il "sì".

Ciò che dà più fastidio nel tipo di fenomeno sociologico descritto è la confusione che ne risulta: dove sono in effetti la razionalità e l'irrazionalità, per ciò che questi due termini possono ancora significare? Sono nella sfera degli anti-relativisti che, come me, desidererebbero per esempio una FISICA RAZIONALE in cui lo spazio e il tempo significhino ancora quel che sempre significarono per il nostro intelletto? O sono nella sfera di coloro che, usando descrizioni di tipo matematico sempre più avulse dalla vita e dalla logica naturali, pretende sostenere che eventi appartenenti al futuro di un osservatore siano nel passato di altri, o la possibilità di viaggi nel passato e nel futuro, magari passando attraverso buchi neri, o bilocazioni di sorta?

 

 

 

Alcune di queste ineliminabili conseguenze delle relatività einsteiniane sono oramai notorie in quanto vanno in qualche modo a contrastare il principio di causalità. Infatti le cause dei fenomeni dovrebbero essere sempre ANTECEDENTI gli effetti. Invece Einstein, in base alla sua teoria, non riconosce come incontrovertibile l'ordine temporale degli eventi. Che ne è allora della sua relatività?

 

Se si verificassero davvero queste stranezze sarebbe impossibile per un conoscitore del mio futuro informarmene, dato che, non potendo alcun segnale recante informazione viaggiare più veloce della velocità della luce, non si riuscirebbe a fare in tempo ad avvisarmi prima che l'evento futuro si sia già realizzato. Dunque, naturalmente, l'esistenza di eventuali segnali più veloci della luce aventi contenuto informativo, sarebbero in contraddizione con la teoria.

E non si pensi al solito che si stia qui esagerando o filosofeggiando, dato che fu il famoso relativista Arthur Eddington, famoso per la sua "imparzialità scientifica" (fra virgolette nella misura in cui è risaputa la sua arte nell'imbrogliare le carte) ad informarci nel suo "Spazio, Tempo e Gravitazione" (Ed. Boringhieri, Torino, 1971) che "qualsiasi entità con una velocità superiore a quella della luce potrebbe essere in due luoghi nello stesso tempo"! Va dunque da sé che la teoria di Einstein non prevede la possibilità di un superamento della velocità della luce.

Come la mettiamo però coi tempi attuali in cui questa possibilità è un dato di fatto e se ne parla sempre più spesso?

"L'esistenza di onde elettromagnetiche più veloci della luce implica il fallimento del principio di relatività", affermarono esplicitamente Waldyr A. Rodrigues e Jian-Yu Lu ("On the Existence of Undistorted Progressive Waves of Arbitrary Speeds in Nature" in "Foundations of Physics", 27 marzo 1997, pag. 473: "The existence of superluminal electromagnetic waves implies the breakdown of the principle of relativity").

Ovviamente i relativisti einsteiniani escogitarono immediatamente trovate su trovate per dichiarare che gli esperimenti di Rodrigues e di Yu Lu non erano in contraddizione con la loro concezione. E ciò anche in altri casi molto concreti come quello del fisico Gunter Nimtz che avrebbe inviato a Colonia messaggi a velocità diverse volte superiori a quella della luce.

Dunque possiamo o non possiamo considerare in modo serio quei fenomeni di ubiquità di cui sentenziò Eddington?

Si tenga anche ben presente che la circostanza che certe teorie siano espresse nel linguaggio logico formale della matematica non vuol dire assolutamente nulla in ordine alla loro eventuale significatività, o al loro maggiore valore nei confronti di altre teorie che non hanno la stesse credenziali formali, dal momento che la forma logico-matematica è come il cappello di un prestigiatore, da cui può uscire fuori qualsiasi cosa vi sia stata messa dentro prima.

Invece le condizioni in cui versa ancora la fisica teorica contemporanea sono a dir poco tragicomiche. Sentite cosa scrive un certo G. Della Casa, megalomane e fanatico delle speculazioni degli scienziati, in un articolo intitolato "Fisica e Magia" di "Selezione dal Reader's Digest": "Bisogna ammettere che non si riesce a farsi un'immagine mentale soddisfacente di certe astrazioni della fisica moderna, ma tali difficoltà non possono essere considerate come argomenti validi contro una visione del mondo che ha dalla sua parte l'esperienza e la logica. La causa di queste difficoltà deve pertanto ricercarsi nella nostra struttura o nell'inerzia a modificare abiti mentali di lungo uso [...] [la teoria della relatività] non si addice troppo al modo di funzionare del nostro povero cervello di mammiferi primati"! Non di addice? Allora è proprio COL MIO POVERO CERVELLO DI MAMMIFERO PRIMATE che mi permetto di esortarti a considerare quanto mai azzardate le varie speculazioni filosofiche basate sulle più accreditate teorie della fisica contemporanea, all'unico scopo di ricevere in tal modo una sorta di attestato di maggiore "credibilità" rispetto ad altre che non mettono in atto tale espediente.

I pretesi "fatti" di questi sedicenti scienziati spesso non sono altro che "implicazioni remote di teorie possibilmente erronee". Così infatti si esprime con ragione Herbert Dingle in "Science at the Crossroads" (Martin Brian & O'Keefe, Londra, 1972, p. 122), aggiungendo che: "si è sviluppata nella Comunità Scientifica la consuetudine di assumere che una teoria fisica è ben fondata quando la sua matematica è impeccabile: la questione relativa al se c'è nulla in natura corrispondente a questa impeccabile matematica non è considerata una questione". Dingle rappresenta un altro dei numerosi casi di studiosi che trovano tutto facile finché sono convinti assertori delle teorie di Einstein, e che si trovano invece "ignored, evaded, suppressed" quando si rendono conto che qualcosa non va e cercano di comunicare queste loro impressioni. Si pensi al caso di Louis Essen, considerato fino a un certo punto della sua vita il padre dell'orologio atomico, e poi uno stupido idiota dal momento che si accorse dei gravi errori di Einstein circa l'assolutizzazione delle sue convenzionali unità di misura!

In effetti il quadro conoscitivo che offre la nostra attuale fisica teorica è ben descritto dal famoso matematico René Thom, "medaglia Fields" per la matematica (premio analogo al Nobel), uno dei pochi ingegni che ebbe il coraggio di scrivere: "I fisici in genere sono delle persone che, DA UNA TEORIA CONCETTUALMENTE MAL MESSA [l'evidenziazione mediante caratteri maiuscoli è mia - nda], deducono risultati numerici che arrivano alla settima cifra decimale, e poi verificano questa teoria intellettualmente poco soddisfacente cercando l'accordo alla settima cifra decimale con i dati sperimentali! Si ha così un ORRIBILE MISCUGLIO tra la SCORRETTEZZA dei concetti di base ed una precisione numerica fantastica [...] purtroppo pretendono di ricavare un risultato numericamente molto rigoroso da teorie che CONCETTUALMENTE NON HANNO NÉ CAPO NÉ CODA" (R. Thom "Parabole e catastrofi - Intervista su Matematica Scienza e Filosofia", a cura di Giulio Giorello e Simona Marini, Ed. Il Saggiatore, Milano, 1980, p. 27).

In effetti - scrive il matematico  Umberto Bartocci ("eretico" secondo i credenti nelle scienziaggini einsteiniane) - «nella pratica scientifica attuale si apprezza maggiormente la produzione di ricette efficaci per lo sviluppo della tecnologia, o la proposta di sempre più complicate variazioni, anche del tutto marginali, sulle teorie di MODA che non l'attenzione agli elementi di base su cui tutto il resto delle speculazioni si fonda, o lo sforzo dedicato alla formulazione di descrizioni sia pur parziali della "realtà" che siano tra loro logicamente consistenti. Tale compito resta riservato a un'ÉLITE, intorno alla quale fioriscono edificanti leggende, e nei cui confronti la maggior parte degli altri componenti della comunità scientifica si comporta come il suddito davanti al regnante. Così, ci si accontenta comunemente di FONDAMENTI che non si capiscono troppo bene, o dei quali non si conoscono quanto si dovrebbero le motivazioni, e si esprime illimitata fiducia nell'immagine della scienza come impresa collettiva, nella quale sempre ad "altri" (che nessuno sa bene chi siano, dove siano, e come riescano a svolgere questo compito istituzionale) sono riservate le decisioni fondazionali, l'indicazione delle linee di tendenza, la demarcazione tra gli argomenti di ricerca che sono considerati interessanti in un certo momento, e quelli che non lo sono. Si va avanti così, stancamente, a "produrre" conoscenza in modo meccanico (tale produzione costituisce del resto titolo essenziale per la progressione della carriera dei docenti), e ad insegnare a studenti per lo più interessati solo a superare l'esame finale con il minimo sforzo, con un atteggiamento gnoseologico che può ben farsi rientrare nel deprimente quadro generale descritto dall'espressione: EPISTEMOLOGIA DELLA RASSEGNAZIONE (per citare un'espressione quanto mai efficace a descrivere la situazione (cfr. Franco Selleri, "La causalità impossibile - L'interpretazione realistica della fisica dei quanti", Ed. Jaca Book, Milano, 1987, p. 13). […] I grandi LEADERS della fisica di questo secolo hanno ormai persuaso tutti (o quasi) che riuscire a prevedere di tanto in tanto con le nostre formule gli effetti quantitativi di certi fenomeni ci deve bastare» (Umberto Bartocci "La scomparsa di Ettore Majorana: un Affare di Stato?"). 

 

 

 

A proposito di tutto ciò che studenti e docenti NON capiscono (proprio perché non c'è alcunché da capire in una scienza che è diventata scienziaggine) ecco cosa dice l'illustre fisico Richard P. Feynman, premio Nobel 1965: "Ciò di cui adesso vi parlerò è ciò che noi insegniamo ai nostri studenti di fisica [...] ma credete che ve ne parlerò in modo che voi possiate capire? No, non sarete in grado di capire [...] É mio compito persuadervi a NON andare via perché non capirete. Perché vedete, i miei studenti di fisica non capiscono neppure loro. E questo accade perché neppure IO capisco. Nessuno capisce. [...] É un problema col quale i fisici hanno imparato a convivere. Hanno imparato a rendersi conto del fatto che la questione essenziale non è tanto se una teoria possa piacere o non piacere. Piuttosto, che una teoria dia, oppure no, previsioni in accordo con gli esperimenti [...]. La teoria dell'Elettrodinamica Quantistica descrive la Natura come assurda dal punto di vista del senso comune. Ma va pienamente d'accordo con gli esperimenti. Così, io spero che voi possiate accettare la Natura così come Essa è - assurda" ("QED - The strange theory of light and matter", Princeton University Press, 1985, pp. 9-10). Questo tipo di argomentazioni - che Feynman ribadisce all'inizio delle sue celebrate lezioni di Meccanica Quantistica ("The Feynman Lectures on Physics", Addison-Wesley Publ. Co., 1965), insistendo sull'assoluta impossibilità di comprendere certi fenomeni in modi conformi alla razionalità ordinaria - mostra chiaramente che si IMPONE DEFINITIVAMENTE nel nostro secolo una filosofia naturale (dalle radici peraltro lontane) che rinuncia a ogni tentativo di SPIEGAZIONE PER ANALOGIE, e scredita gli sforzi di edificare una scienza QUALITATIVA che si accompagni a quella QUANTITATIVA. Il favore va tutto a una fisica puramente FORMALE - nella migliore tradizione delle più attuali e vincenti concezioni sui fondamenti della matematica - per valutare le cui teorie sono sufficienti da un canto l'impeccabilità della struttura "logica", dall'altro la corrispondenza delle previsioni numeriche con le osservazioni sperimentali.

 

Ho preso queste informazioni dal libro di U. Bartocci "La scomparsa di Ettore Majorana: un Affare di Stato?", nel quale si trovano anche le seguenti parole in merito alle delusioni che molti studenti di fisica sono costretti a vivere oggi quando si accorgono che le certezze della relatività di Einstein, a ben vedere, non sono altro che un MITO, politicamente costruito nei minimi particolari di un "politically correct" divenuto "physically correct":

 

- «Sta di fatto che anche oggi, quando determinati rapporti di forza ideologici appaiono ancora più consolidati, l'ASSURDA CONNESSIONE della teoria della relatività con la questione generale della II Guerra Mondiale, del nazismo, e dell'antisemitismo, dissuade purtroppo molti "spiriti prudenti" dall'approfondire talune particolari QUESTIONI FONDAZIONALI della fisica, e risulta utilissima a tutti coloro che non hanno troppa voglia di affrontare le difficoltà e le fatiche, che comportano affrontare certi problemi. Costoro si considerano infatti pienamente autorizzati o a non rispondere affatto alle obiezioni che provengono dalla parte meno "integrata", o addirittura, nei casi più rozzi, a utilizzare il semplice espediente di assimilare tout-court gli autori di eventuali critiche, o i "portatori di dubbi", che assomigliano troppo a quelli dei "fisici nazisti" (e sorvolando per esempio sul fatto che certe opinioni assomigliano anche a quelle di illustri fisici inglesi, o italiani, degli ultimi anni del secolo scorso, e dei primi decenni di quello presente, per non dire che possono in qualche caso essere fatte addirittura risalire a Cartesio, o ad Aristotele!), ai responsabili dell'Olocausto, e di emarginarli quindi immediatamente dagli ambienti accademici nei quali ci si fa un punto d'onore di essere "politicamente corretti", a prezzo talvolta anche della "verità", della morale, e dell'obiettività scientifica».


- «Il noto epistemologo "anarchico" Paul K. Feyerabend illustra bene come certi argomenti hanno soprattutto "l'intento di sottoporre l'avversario e i suoi possibili alleati a pressioni morali e di impedire loro di sviluppare ulteriormente le loro idee. Hitler, la seconda guerra mondiale, Auschwitz e recentemente anche il terrorismo emergono qui con tediosa regolarità", e più oltre: "Contro il metodo" e Adolf Hitler contengono 'formulazioni in parte sorprendentemente simili' [...] E allora? Devo forse tagliarmi il naso perché anche il signor Hitler ne aveva uno?" (Da P. K. Feyerabend, "La scienza in una società libera", Ed. Feltrinelli, Milano, 1981, pp. 61 e 85. "Contro il metodo - Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza" è invece una precedente opera dello stesso Feyerabend, edizione italiana Feltrinelli, Milano, 1979, contro la quale si sono scagliati molti difensori dell'ortodossia scientifica a tutti i costi)».

 

- «[…] Perfino la FISICA, lo STANDARD della precisione per tutta la scienza sperimentale, non è altro che una MITOLOGIA, CREATA DA MENTI UMANE SOTTO L'INFLUENZA DEL PARADIGMA DEL GIORNO».

 

- «[...] Brillanti studenti con i più alti punteggi in attitudini matematiche arrivano avidi di apprendere tutte le meravigliose verità della scienza, e per i primi due anni ci credono davvero [...]. Ma scoprono poi che si tratta nient'altro che di un MITO. É un mito con alte capacità predittive, e non è stato trovato nessun altro mito che sia più accurato [...]. Quando si trova di fronte a questa consapevolezza la maggior parte degli studenti attraversa una PROFONDA CRISI EMOTIVA, DALLA QUALE ALCUNI NON SI RIPRENDONO MAI PIù [...]" (Citazione da John F. Sowa, "Conceptual Structures - Information Processing in Mind and Machine", Addison-Wesley P.C., 1984, pp. 355-356; è l'immagine stessa della verità, ancorché parziale, o anche solo dell'aspirazione alla verità da parte della ricerca scientifica, ma non soltanto, che viene messa in dubbio da queste parole; ed è sintomatico che per coloro che a tale "categoria" restano invece affezionati si usi l'analogia del malato. Come ci si è chiesti all'inizio di questo libro, con la domanda "Chi ha paura della storia?", ci si potrebbe chiedere adesso: "Chi ha paura della verità?", ma in fondo si tratta sempre della stessa domanda!)».


E ancora, a proposito dello stracciarsi le vesti, alla Caifa, per l'indignazione, o dei vari tipi di flagellazione (ingiustificati insulti, scotomizzazioni, sbeffeggiamenti, sarcasmi, ecc.) a cui sono in genere ancora sottoposti TUTTI coloro che oggi osano dubitare della giustezza assoluta della relatività einsteiniana (già l'idea stessa di una RELATIVITÀ ASSOLUTA fa ridere in quanto contraddizione in termini):

 

- «[…] come sa bene per esperienza personale chi scrive, fatto segno diverse volte di ingiustificate aperte "aggressioni" culturali per avere espresso alcune considerazioni critiche sulla fondatezza di talune opinioni comuni, in situazioni che richiedevano più approfondimento che non disprezzo, o sarcasmo. Ecco che ha origine così la spiegazione più semplice, quella della FOLLIA. Dichiarare qualcuno "demente" diventa un modo per esorcizzare il "diverso", per allontanare dalla propria coscienza il dubbio che egli possa "avere ragione" […]».

 

Anche se oggi è un fatto ancora raro, devo segnalare che, almeno in rete, si possono comunque trovare testimonianze di studiosi ai quali l'onestà intellettuale della verità non manca.

 

L'opinione comune riguardo al valore della teoria di Einstein è infatti arrivata addirittura al punto che si potevano trovare correntemente opinioni di questo genere: "La possibilità che UN DUBBIO sulla teoria della relatività possa essere accolto è la stessa che avrebbe un dubbio sul sistema copernicano" (Tullio Regge, "Cronache dell'Universo", Ed. Boringhieri, Torino, 1981); "Nessun fisico, a meno che sia FOLLE, può mettere in dubbio la teoria della relatività" (Isaac Asimov, "The two masses", Mercury Press, 1984); "Special relativity: Beyond a Shadow of a Doubt " (Clifford Will, "Was Einstein right?", Oxford University Press, 1988), ecc.! Opinioni come queste ebbero l'ovvia conseguenza che chi invece avvertiva qualche dubbio in cuor suo, lo taceva, per la vergogna di poter essere considerato un "folle", o una persona corta d'intelletto, che nutriva dubbi solo perché non ce la faceva a capire quello che invece tutti gli altri capivano benissimo!

 

Tuttavia, il mondo sta cambiando. E in bene! Si consideri l'illustre schiera degli anti-relativisti contemporanei, aggiunti a quelli dei primi tempi!

 

È infatti comico osservare che in siffatti termini di "sicurezza" si esprimevano invece anche i fisici in difesa allora della teoria dell'etere, che permane la principale rivale della teoria della relatività. Oggi infatti la teoria dell'etere, più che una teoria è una realtà vitale universale: lo scienziato russo Vadim Nikolaevich Tsytovich ha chiamato tale vitalità "corpo bioplasmatico" in riferimento alle forme viventi; Rudolf Steiner la chiamava "corpo eterico"! Ed alcuni fisici sono arrivati a parlare di numeri MAGICI per la matematizzazione della forza coesiva del "corpo eterico" di certi atomi e molecole: «Nel 1963 viene assegnato il premio Nobel per la fisica a Maria Goeppert Mayer per il modello a guscio del nucleo atomico, e ad altri due scienziati: Jensen e Wigner. Dal modello risulta che i nuclei atomici contenenti 2 oppure 8 o 20 o 50 o 82 o 126 neutroni, sono particolarmente stabili, cioè tengono insieme la materia; altri nuclei, con 28 o 40 neutroni, sono meno stabili; tutti gli altri nuclei, contenenti un numero di neutroni diverso da questi, sono instabili. La fisica nucleare chiama i numeri della stabilità, "numeri magici"» (cap. 5° di N. Villa, "Numerologia Biblica. Considerazioni sulla Matematica Sacra", SeaR Edizioni, Reggio Emilia 1995).
 

 

Invece Einstein ebbe a scrivere, assieme al fisico polacco Leopold Infeld, che: «Il risultato del celebre esperimento di Michelson e Morley fu un "verdetto di morte" per la teoria di un oceano d'etere IMMOBILE attraverso il quale tutta la terra si muoverebbe» ("L'evoluzione della fisica", Ed. Boringhieri, Torino, 1965, p.183 in U. Bartocci, "Albert Einstein e Olinto De Pretto. La vera storia della formula più famosa del mondo"). Affermazione questa che è giusta solo in quanto è detta male, cioè AMBIGUAMENTE! Infatti, quando mai si può pensare IMMOBILE la vita dell'universo? Un "ETERE IMMOBILE" non può che riguardare la forma cadaverica, appunto immobile! Non può riguardare la vitalità del vivente, la quale che in ogni istante combatte affinché non si manifesti, appunto, la forma cadaverica dell'immobilismo. E la nostra Terra, come tutto il VIVENTE organismo cosmico, è qualcosa di vivente, non di morto… Si muove assieme ad ogni altro astro... Dunque non è solo eterica ma anche astrale...

Oggi, dopo anni, il fisico polacco Leopold Infel, scherzando, dice del libro di Einstein "Relatività, teoria speciale e generale", stampato in Inghilterra nel 1920, e ritenuto allora comprensibile da chiunque: «LA DESCRIZIONE, GENERALMENTE COMPRENSIBILE, SCRITTA SULLA COPERTINA DEL LIBRO DOVREBBE ESSERE CAMBIATA CON "GENERALMENTE NON COMPRENSIBILE"»!

 

Di fatto la teoria einsteiniana non ha alcun senso per lo sviluppo della Scienza Fisica. E mai furono scritti così tanti libri da tanti esperti che pretesero spiegare detta teoria, ma senza successo alcuno! Con parole come queste termina anche la parte finale di un video del fisico Wal Thornhille, intitolato "Einstein il mito della celebrità" (trad. in italiano di Dino Tinelli).

 

W i giovani studiosi che non si lasciano mortificare da "scienze" che si limitano a studiare solo corpi morti! Ciò ovviamente non significa credere, d'altra parte, nella vita della "terra piatta"!