Nereo Villa

Lettera aperta a Bersani e a Grillo
Le misure anticorruzione sono la triarticolazione sociale
 

Signor Bersani e signor Grillo,

l’esigenza imprescindibile per l’autogovernabilità dell’Italia oggi consiste nelle auspicabili misure anticorruzione. Le cosiddette “mazzette” sono gli effetti della secolare incomprensione della questione sociale. La scuola, da sempre pensata come scuola dell’obbligo, cioè giuridicamente o economicamente, oggi è usata per creare “posti di lavoro”. Lo Stato da sempre pretende, ad es., di correggere l’economia attraverso la distruzione legale degli agrumi (1), ed è oramai diventata normalità la “produzione” del diritto come se il diritto fosse una merce. A suo tempo Rudolf Steiner nel suo scritto “I punti essenziali della questione sociale” indicò che è sbagliato usare la logica economica come se fosse giuridica, così come è sbagliato usare la logica del diritto e/o della cultura come se fossero logiche economiche (2), e così via, nel miscuglio quasi magico di un calderone chiamato Stato, a cui invece dovrebbe competere non tutte e tre (diritto, economia, cultura) ma una sola di queste logiche: la logica del diritto, da cui il nome appunto di Stato di diritto. L’organismo sociale dovrebbe comprendere, accanto allo “stato” (condizione) del diritto, un secondo “stato” dell’economia, ed un terzo “stato” della cultura, tutti e tre pensati come sistemi relativamente autonomi ed indipendenti dell’organismo sociale così come sono disposti, entro la fisiologia umana, rispettivamente al sistema cardio-circolatorio, a quello nervoso, ed a quello metabolico. Rispettando questa analogia di composizione delle sue tre parti essenziali, l’organismo sociale e quello umano, non possono che convivere in armonia, autogovernandosi da sé in modo ottimale. Per questo autogoverno ottimale della società, occorre che i suoi soci comprendano dunque il funzionamento delle tre principali e assolutamente differenti essenze, che ne sono alla base. Le tre diverse caratteristiche, essenziali all’economia, al diritto, ed alla cultura, sono rispettivamente l’assoluta solidarietà concernente la divisione del lavoro, l’assoluta uguaglianza concernente la giustizia, e l’assoluta libertà di ricerca concernente la cultura. Queste tre caratteristiche - solidarietà, uguaglianza e libertà - consistono nel famoso trinomio “liberté, égalité, fraternité” della rivoluzione francese, che essendo in contraddizione fra loro non potranno mai attuarsi se non se ne capisce la rispettiva diversità essenziale. Se infatti tale triade si fosse davvero attuata, non ci troveremmo nella crisi mondiale odierna...(3)

Distinti saluti.

Nereo Villa

Castell’Arquato 28 febbraio 2013

 

(1)La Comunità europea concede un indennizzo per la distruzione degli agrumi in eccesso” (G. Falcone, "Cose di Cosa Nostra”, Milano, 1991 p. 144). L'amministrazione statale (o superstatale, cioè europea) dell’economia non può che generare carestia. In base alla mera logica economica, la distruzione di una merce può anche essere giustificata, dato che rendendo rara una merce la si rende più apprezzata e quindi più cara di prezzo. Ma la logica economica collusa con quella giuridica, impedisce a quest'ultima l’implicazione morale del concetto di uguaglianza fra gli uomini, mediante la quale il diritto dovrebbe vietare anziché promuovere la distruzione di cibo, soprattutto di fronte al fatto notorio che in molti paesi del mondo i bambini muoiono letteralmente di fame.

 

(2) La volontà normativa è stata osservata come “nichilismo giuridico, quale si esprime nell’incessante produzione e consumo di norme” (Natalino Irti, “Nichilismo giuridico”, Bari, 2004, p. 128). Ciò che a mio modesto parere sconcerta qui, ma si potrebbe dire anche nell’ambito giuridico generale di oggi (dato che le legislature oggi acquistano il loro valore dal numero di leggi che si formulano), non sono tanto le parole “produzione e consumo”, tipiche della sfera economica, ma il fatto che il pensare il diritto come una merce da produrre anziché come un valore morale da scoprire sia giudicato funzionale: “C’è, sì, una sezione più ferma e stabile del diritto (o che tende a stabilità e fermezza): quella, orientata o disegnata dalle tecnocrazie europee. Qui la volontà normatrice degli Stati, assumendo come proprio scopo la funzionale razionalità dei mercati, si fa partecipe del medesimo tecnicismo, della medesima astratta oggettività. Il diritto ne guadagna in meccanica coerenza, in univocità di disciplina. Il nichilismo del mercato sembra dar misura al nichilismo normativo: non c’è unità di senso, la domanda sul perché rimane senza risposta, ma almeno le cose funzionano e le quantità sono calcolabili” (ibid. p. 129). Funzionano? Se funzionassero non saremmo nella crisi mondiale della giustizia, dell’economia e della cultura in cui siamo.

 

(3) Alla faccia di coloro che come Mario Monti fanno mostra di meravigliarsi del procedere della crisi (vedi il primo pensiero dell’“Agenda Monti”), occorre sottolineare che tutto ciò è comunque stato previsto con accurata precisione, almeno da quasi mezzo secolo. Vedi il seguente scritto di Massimo Scaligero, “L'economia mondialmente uccisa”, in “La logica contro l'uomo”, Tilopa, Roma, 1967: “[...] È inevitabile che il sostanziale materialismo della cultura, sul piano economico gradualmente si converta [oggi questo processo è già in atto - nota di Nereo Villa] in automazione totale del procedimento produttivo e nell’aggruppamento univoco e acefalo dei complessi economici secondo organizzazione meccanica non più mossa da idee ma da metodologia, tecnologia e psicotecnica, sostituenti in ogni settore l’elemento individuale della responsabilità e della creatività. L’aggruppamento acefalo attua l’irresistibile tendenza a strutturarsi in forma statale o secondo potere statale, per rimpiazzare mediante normazione giuridica l’assenza di virtù intuitiva organatrice e simultaneamente per imporsi come dominio a cui non abbia a sottrarsi individuo libero. Con ciò l’ideale marxista può infine fondersi, mediatrice la dialettica post-marxista, con l’ideale borghese: la fede tecnologica li accomuna. La possibilità di operare secondo una realtà diveniente, ogni volta dinamicamente intuibile, viene eliminata dalla necessità di produrre secondo schemi metodologici riconducibili all’automatismo mentale, che è dire all’alterazione mentale [recentemente, il tipo di uomo che ben si confà a questa carenza umana è stato concretamente evidenziato, ad es., in persone come Mario Monti o nei suoi sostenitori, mestieranti della politica, dell’imprenditoria e della cultura, aberrate – nota di Nereo Villa]: il cui fine inconsapevole è la soggezione totale dell’umanità al bisogno economico: essendo stato identificato l’ideale economico col senso stesso della vita. Il potere viene concentrato nell’organismo economico privato di vita: così che dòmini come fatto economico qualcosa che ha soppresso l’economia: e, come fatto economico, asserva a sé le attività umane. Il fatto economico da mezzo diviene fine non soltanto ad opera del materialismo marxista, ma regolarmente ad opera del materialismo economico dell’epoca, ossia anche dei sistemi che sembrano opporsi al marxismo, essendo tale fatto il prodotto del pensiero comune ad entrambe le parti, incapace di afferrare nella realtà economica qualcosa che non sia numericamente misurabile. Mentre in una zona della terra il marxismo è dovuto morire di logica morte, appunto perché tradotto nelle strutture economiche e sociali-politiche previste dalla sua morta dialettica, in altre vaste zone la sua cadavericità si diffonde e si riattizza di vita automatistico-tecnologica, tendente ad attuarne, mediante nuove strutture economico-sociali, la seconda morte. La cadavericità mondiale marxista è il logico graduale compimento del quasi secolare processo dialettico e analitico-metodologico, ultimamente fornito di mistica necessità dalle neo-sovietiche argomentazioni chiesastiche”.