I 198-205: minimo vitale come superficie agricola o sua quota (indicazioni per la moneta del terzo millennio)
I 198 seg.: ogni prestazione economica
risale alla natura
Consideriamo ancora una volta l’ipotesi che ho prospettato ieri: l’economia
chiusa di un villaggio [il grassetto è mio -
ndc]. In essa abbiamo trovato i lavoratori manuali comuni, e,
quanto a lavoratori spirituali, solo il maestro, il parroco e forse ancora il
segretario comunale. È un’economia molto semplice. Qui la maggioranza della
popolazione accudirà a lavori fisici, lavorerà la terra con le proprie braccia;
dovrà produrre in più anche ciò di cui hanno bisogno per il proprio alimento,
abbigliamento, ecc., il maestro, il parroco e il segretario comunale. Questo
lavoro dev’essere compiuto dagli altri, perché il maestro, il parroco e il
segretario comunale non possono fare da sé la loro parte di lavoro intorno alla
natura. Immaginiamo ora che in questo villaggio vivano 30 contadini, più quei
tre, chiamiamoli “notabili”, che prestano la loro opera spirituale. Essi hanno bisogno del
lavoro manuale degli altri. Supponiamo ancora che ognuno di quei 30 contadini
dia a quelle tre persone, o singolarmente a ciascuna di esse, un “buono”, un
foglietto sul quale venga segnato, diciamo, X quantità di grano, di grano già
lavorato. Un altro da’ un foglietto sul quale è segnato un altro prodotto che
riguardo al consumo sia paragonabile al grano. Sono cose fattibili. I foglietti
vengono conservati dal parroco, dal maestro e dal segretario i quali, anziché
recarsi personalmente sui campi a provvedersi di frumento, di frutta, di carne,
presentano i foglietti alla gente che lavora e che, in cambio dei foglietti,
consegna poi i prodotti. Questo è il processo che deve svilupparsi da sé, e che
non può svolgersi diversamente, nemmeno se a qualche furbacchione salti in mente
di introdurre delle monete metalliche al posto dei foglietti. Il processo è
proprio questo: creare la possibilità di dare dei “buoni” sulla base del lavoro
materiale accumulato, applicato ai mezzi di produzione, investito in valori
economici; “buoni” che si trasmettono affinché venga evitato del lavoro a chi
deve risparmiarselo.
Si vede da tutto questo che non può esservi nessuna sorta di denaro che non sia una semplice espressione della massa dei mezzi di produzione disponibili in un campo qualsiasi (tra i quali saranno da annoverarsi in modo particolare e in prima linea le terre), dei mezzi di produzione ridotti a quanto si può esprimere nella forma più semplice. In questa forma l’intero processo economico potrà essere afferrato.
Quanto dobbiamo dire in proposito si connette col fatto che in nessuna parte del
mondo è possibile creare un paradiso economico. A un tale paradiso potrà credere
solo chi sogna utopie senza nessun contatto con la realtà. È facile dire, con
somma disinvoltura, che l’economia dovrebbe essere costruita così e così, ma né
un’economia singola né l’economia che chiamiamo mondiale può essere costituita
in via assoluta in un dato modo, ma solo in via relativa. Pensiamo per esempio
di avere, in un qualsiasi campo economico chiuso in sé, una data superficie di
terra. Se tutte le persone ivi esistenti intraprendono veramente tutti i lavori
possibili agli uomini, avremo per il consumo un risultato diverso se la
popolazione di quella superficie di terra sia di un milione, anziché di due.
TUTTO DIPENDE ASSOLUTAMENTE DAL RAPPORTO DELLA MASSA DELLA POPOLAZIONE CON LA
SUPERFICIE DEL SUOLO [il
maiuscolo è mio - ndc], e quindi anche dalla quantità di beni che una data
popolazione può ricavare dalla superficie del suolo (da cui in ultima analisi
tutto proviene).
Poniamo per ipotesi che un territorio economico abbia 35 milioni di abitanti (il numero è indifferente; e quel che dico riguardo a un campo economico chiuso vale anche per l’economia mondiale).
Poniamo dunque che in un dato momento un territorio economico abbia 35 milioni di abitanti, e che questi abitanti debbano essere portati a una condizione, per quanto possibile, economicamente equa. Il problema non è espresso in modo del tutto preciso e chiaro, ma si comprenderà subito che cosa intendo dire. Che cosa si dovrebbe fare, affinché fra quei 35 milioni di abitanti si stabiliscano condizioni atte a determinare prezzi equi? QUANDO CI SI ACCINGESSE A PORTARE LA VITA ECONOMICA A UNO STATO SANO [il maiuscolo è mio - ndc], BISOGNEREBBE DARE A OGNI SINGOLO INDIVIDUO UNA QUOTA DELLA SUPERFICIE DEL SUOLO (calcolata sulla media della fertilità e delle possibilità di coltivazione) CHE CORRISPONDA ALLA TOTALITÀ DEL SUOLO PRODUTTIVO DIVISA PER 35 MILIONI [Purtroppo questo è esattamente il contrario di ciò che vanno insegnando sedicenti studiosi della triarticolazione, e cioè che Steiner sarebbe incompatibile col MINIMO VITALE (sic)! - ndc]. SE OGNI BAMBINO, VENENDO AL MONDO, RICEVESSE SEMPLICEMENTE QUEL DATO APPEZZAMENTO DI TERRA DA COLTIVARE, ALLORA SI FORMEREBBERO I PREZZI CHE SONO POSSIBILI IN QUEL TERRITORIO, E OGNI COSA AVREBBE IL SUO VERO E NATURALE VALORE DI SCAMBIO.
Ma ciò che ho esposto qui come una strana ipotesi, corrisponde proprio alla
realtà. Il processo economico, indipendente dall’uomo, fa veramente così. Lo fa
(e si capirà bene che intendo quel che sto per dire in senso figurato), in
quanto il processo economico divide effettivamente la superficie del suolo fra
un dato numero di individui, i quali poi devono lavorare
[“POI devono lavorare”
non significa altro che, PRIMA, i terrestri devono avere quella
data QUOTA o
quella data terra su cui poter lavorare - ndc]
in modo adeguato tutto quanto
spunta dal suolo; si può immaginare tutto il territorio ripartito fra gli
abitanti, e questo, come fatto reale, da’ a ogni singola cosa il suo valore di
scambio; si può tener nota di questi valori di scambio, e l’esperienza ci
mostrerà che essi si approssimano molto alla realtà vera. Se poi li si confronta
con la realtà d’oggi, si trova che certe cose hanno oggi un prezzo molto al di
sotto, e altre molto al di sopra dei valori così calcolati. Se ora immaginiamo
che in qualche luogo sorga un paese di “Utopia” in cui si possano trasferire
tanti neonati ai quali inizialmente provvedano gli angeli, ma a ognuno dei quali
venga assegnato il suo pezzo di terra, al momento in cui essi potranno
cominciare a lavorare, vedremo formarsi i veri e naturali valori di scambio. Se
dopo un certo tempo i prezzi risultassero diversi, sarebbe segno che qualcuno
avrebbe tolto qualcosa ad altri. Ed è appunto ciò che è avvenuto, provocando il
malcontento di tanti: si sente oscuramente che nel processo economico si è
potuto insinuare qualcosa che fa alterare di molto i prezzi reali.
Se ora si cerca di comprendere l’organismo economico col modo di pensare che
abbiamo applicato in queste nostre considerazioni, con gli stessi provvedimenti
potremo arrivare a quel che qui ho esposto. Questo è l’importante. Troveremo
così che sul denaro, che rappresenta direi quasi la contabilità volante
dell’economia mondiale, dovrà trovarsi iscritto qualcosa di simile a: grano
coltivabile su un dato appezzamento di terra, da confrontarsi poi con le altre
cose. I più facili a valutarsi reciprocamente sono i prodotti del suolo; si vede
comunque da dove occorra prendere le mosse. Bisogna pur prendere le mosse da
dove le cifre devono avere un significato. Ci allontaniamo per forza dalla
realtà, se scriviamo sul denaro questo o quel valore aureo; veniamo invece
condotti alla realtà, se vi iscriviamo: “vale tanto lavoro applicato a un dato
prodotto di natura”. Supponendo che sul denaro stia scritto “x frumento”, che su
tutto il denaro stia scritto: “x frumento”, “y frumento”, “z frumento”, riuscirà
evidente a che cosa vada ricondotta tutta l’economia. Con questo avremo
ricondotto la moneta a mezzi di produzione utilizzabili, ai quali sia applicato
lavoro materiale (mezzi di produzione di qualsiasi settore economico);
questa (cioè la somma dei mezzi di produzione utilizzabili)
è l’unica moneta sana.
Chi sia capace di scrutare spregiudicatamente la realtà, vede proprio così la situazione, benché taluno possa forse obiettare che nemmeno così si possa fare con precisione il confronto con ogni altro valore. Ma fino a un alto grado di precisione si potrà farlo, perché in generale, dato che ogni cosa si valuta, in ultima analisi i valori delle prestazioni non si differenziano poi troppo tra loro attraverso il consumo. Per quanto io possa essere un lavoratore spirituale, ogni anno mi occorre tanto lavoro risparmiato, quanto mi abbisogna per mantenermi come essere umano; si mostrerà anche senz’altro assai bene che a un lavoratore spirituale occorre anche qualcosa di più che non a un lavoratore manuale; appunto perché la cosa apparirà tanto evidente, sarà anche ovunque riconosciuta. Nelle economie chiuse si trovano ancora oggi delle situazioni (sebbene vadano diventando sempre più rare), nelle quali i lavoratori spirituali ricevono con abbondanza quanto loro necessita, e trovano gente che glielo dona volentieri, senza scriverlo prima su foglietti. Non lo dico perché voglia fare di una questione economica una questione sentimentale; ma lo dico perché è parte delle realtà della vita economica, e perché in ultima analisi in ogni punto del complesso economico ci si imbatte nell’uomo.
Soprattutto si ottiene in questo modo un rapporto fra le singole parti di un
complesso economico che è abbracciabile con lo sguardo. Si ottiene la
possibilità che anche nel denaro ognuno scorga in ogni istante la propria
connessione con la natura. Quel che rende tanto malsane le nostre condizioni è
il fatto ch’esse si stacchino tanto dalla natura, che non si scorga più il loro
nesso con la natura. Se arriviamo effettivamente (e il RISOLVERE TALE
PROBLEMA [vale a dire il problema del MINIMO VITALE,
dato ad ognuno, nel modo dovuto, ciò che gli
spetta a partire dal suo venire alla luce come terrestre! -
ndc] DIPENDERÀ
SOLTANTO DALL’ORGANIZZAZIONE CHE SAPREMO CREARCI NELLA VITA ASSOCIATIVA) a
segnare sulla nostra carta-moneta il valore di natura anziché il valore
indefinibile dell’oro, riconosceremo direttamente, nel commercio quotidiano,
anche il valore di ogni prestazione spirituale, poiché Sapremo allora che,
mentre un pittore dipinge un quadro, tanti contadini devono lavorare a produrre
frumento, avena e altro, per un dato numero di mesi o di anni. Pensiamo in quale
chiara prospettiva ci si mostrerebbe in tal modo tutto il processo economico!
Allora si direbbe, usando il frasario attuale: abbiamo una moneta in natura
anziché una moneta aurea; questa sarebbe appunto la cosa giusta, quella che
mostrerebbe la vera realtà economica.
Eccoci posti di nuovo davanti a un immagine. Bisogna appunto che parli per mezzo
di immagini, poiché esse rendono la realtà, mentre non è realtà ciò che la gente
ha in testa di solito nel rapporto economico. Possiede la realtà solo chi sa che
il ricevere una moneta d’oro di una certa grandezza rappresenta una data
quantità di lavoro della terra; va inoltre tenuto conto anche del lavoro con
altri mezzi di produzione; essi però diventano equivalenti alla natura in
quanto, dal momento in cui sono condotti a termine ed escono dal campo delle
merci, passano a uno stato di svalutazione, di impossibilità di essere comprati
o venduti; per questo diventano simili ai mezzi di produzione che abbiamo in
natura. Si tratta solo di una continuazione del processo che abbiamo in natura,
quando diciamo che i mezzi di produzione devono essere trattati a questa
stregua. SOLTANTO COSÌ SI SARÀ FORMATO UN CONCETTO CHIARO ANCHE PER LA NATURA
STESSA, QUALE MEZZO DI PRODUZIONE, POICHÉ DI FRONTE AI CONCETTI ABITUALI DI
“TERRENO” SARÀ SEMPRE POSSIBILE SOLLEVARE QUALCHE OBIEZIONE, SE NON SI
INTRODUCE IL CONCETTO DEL MEZZO DI PRODUZIONE QUALE HO CERCATO DI ESPORLO NEL
MIO “I PUNTI ESSENZIALI DELLA QUESTIONE SOCIALE” [Anche la
natura è dunque mezzo di produzione!!! - ndc]. Basta riflettere che anche un pezzo di
natura deve in ogni caso essere lavorato prima di essere utilizzabile; fino al
momento in cui la natura, un pezzo qualsiasi di natura, non sia dissodato e reso
utilizzabile, bisogna pure che vi si applichi del lavoro; anche un appezzamento
di terra è dunque giustificatamente merce, e cioè un valore economico nel senso
di un “bene” collegato a un lavoro.
Solo se si formulano veramente i concetti nel modo che abbiamo indicato, è
possibile arrivare a concepire il puro concetto del mezzo di produzione; allora
lo si potrà applicare nei più diversi campi, e al momento giusto apparirà chiaro
che, quando qualcuno scrive un articolo, il valore economico di questo
consisterà soprattutto nel lavoro risparmiato, sottrattone solo quel po’ di
lavoro materiale eseguito nello scrivere. I concetti si differenziano subito,
nelle più diverse direzioni, e in modo da fissarsi saldamente nella vita, se
vengono formati nel modo giusto partendo dalla vita stessa.
Se dunque in qualche modo si vuol trattare la questione del prezzo, non si può
fare altrimenti che risalire, non solo fino alle spese di produzione, ma fino
all’origine stessa della produzione, e partendo da quella osservare le
condizioni della formazione del prezzo. Allora si potrà veramente seguirne lo
svolgimento fino a un punto qualsiasi del processo economico. Con questo ho
forse potuto dare almeno qualche idea in merito a ciò che soprattutto importa
riguardo alla questione principale dell’economia, alla formazione dei prezzi.
L’economia consiste in sostanza nel portare allo scambio fra gli uomini ciò che
viene prodotto, e lo scambio si estrinseca nella formazione dei prezzi. La
formazione dei prezzi dev’essere dunque il punto principale. CHE NON OCCORRA
RISALIRE A QUALCOSA DI INDETERMINATO [come avviene oggi grazie agli ottusi che
ci governano con leggi criminali nazifasciste mascherate da “salvastato” o MES o
ESM,
supportate dai novelli chierici traditori sedicenti antroposofi -
ndc], LO SI
CONSTATERÀ APPUNTO ARRIVANDO FINO AI VALORI CHE PER LA LAVORAZIONE DEL SUOLO
POSSONO ESSERE DETERMINATI DAL RAPPORTO TRA IL NUMERO DELLA POPOLAZIONE E LA
SUPERFICIE DEL SUOLO ATTA AD ESSER LAVORATA. In tale rapporto si trova ciò che
in origine sta appunto alla base della formazione del valore, poiché tutto il
lavoro che può essere eseguito può provenire solo dal numero della popolazione
[oggi manipolata dai manipolatori di capitali; in
realtà la popolazione è
essa stessa il vero capitale umano - ndc], e tutto ciò con cui questo lavoro può
collegarsi deve provenire unicamente dal suolo. DEI PRODOTTI DEL SUOLO TUTTI
HANNO INFATTI BISOGNO, E PER CHI IN SEGUITO ALLE SUE PRESTAZIONI SPIRITUALI
RISPARMIA IL PROPRIO LAVORO, DEVONO LAVORARE GLI ALTRI. ECCO PERCHÉ GIUNGIAMO
QUI A CIÒ CHE STA PROPRIO ALLA RADICE DELL’ECONOMIA.
Osservando la cosa in questo modo, dobbiamo dire: anche nella nostra
complicatissima economia attuale avviene quel che già esisteva nelle condizioni
economiche più primitive, dove non si aveva in sostanza che il baratto; solo che
non siamo più in grado di vedere ovunque chiaramente questo rapporto. Ma lo
avremo subito davanti a noi, se sui nostri biglietti di banca sarà indicato il
rapporto con la natura, poiché nella realtà esso tuttavia esiste. NON
DIMENTICHIAMOLO MAI! È LA REALTÀ. Vorrei dire, e anche qui parlo servendomi di
un’immagine, che mentre compro un oggetto qualsiasi e spendo spensieratamente il
mio denaro, c’è sempre un piccolo dèmone che vi scrive sopra quanto lavoro
compiuto sulla natura corrisponde a quell’oggetto. Questa è la realtà. Anche
qui, PER ARRIVARE ALLA REALTÀ, NON DOBBIAMO RIMANERE ALLA SUPERFICIE.