I 121 seg.: esempi di prezzi e pagamenti occulti

 

[...] Se pure abbiamo osservato che tutto quanto circola nel processo economico deve avere un certo valore, dobbiamo d'altra parte renderci ben conto che in tale processo possono sorgere fatti che nell'organismo economico non esprimono direttamente il proprio valore.


Voglio chiarirlo con un esempio che ci guiderà in seguito a prospettarci anche anche altri concetti economici. Simili fatti, che in certo modo indicano connessioni economiche più occulte [il grassetto è mio - ndc], sono stati ottimamente descritti da Unruh (C. M. von Unruh: "Zur Physiologie der Sozialwissenshaft", Lipsia 1918) nei suoi trattati di economia. Qui cito soltanto ciò che io stesso ho controllato, e di cui posso dire che è giusto come pura osservazione, benché Unruh sia un pensatore che poggia assolutamente sull'economia statale, e che in fondo, pensando secondo direttive non economiche ma politiche, non è in grado di porre le cose nella loro giusta concatenazione.

 

Ciò che può attirare la nostra attenzione sul modo complicato in cui si svolgono i fatti nel processo economico, è per esempio il prezzo della segale in certe regioni dell'Europa centrale. Parlando con grandi agricoltori, avviene spesso di sentir dire che sul prezzo della segale non si guadagna nulla; anzi, ci si rimette. Che cosa significa veramente? Innanzi tutto significa che, a parere degli agricoltori, la segale non può essere venduta come si devono vendere i prodotti il cui prezzo è oggi generalmente costituito, almeno nei suoi elementi principali, dal costo delle materie

 

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prime, dalle spese di lavorazione e da un certo guadagno. Esaminando in questo modo i prezzi della segale, si troverebbe semplicemente che non corrispondono a quello che importano le spese di lavorazione e il guadagno, ma ne sono molto al di sotto. Volendo quindi compilare il bilancio di un azienda agraria calcolando i prezzi della segale alle quotazioni del mercato, si segnerebbero appunto dei valori che influirebbero sul bilancio in senso negativo. Ripeto che si possono controllare questi dati, ed è proprio vero che la segale viene venduta, come si suol dire, sottocosto. Naturalmente è in realtà impossibile che ciò accada davvero; eppure in apparenza è proprio così. La ragione sta nel fatto che la segale non fornisce soltanto il frutto, ma anche la paglia; gli agricoltori, che cedono a sottocosto il frutto della segale, vendono la paglia solo in minima parte, e il resto lo utilizzano nella propria azienda agricola, in particolare come strame. Quando poi compilano il loro bilancio, pareggiano con lo stallatico che ricavano dal bestiame ciò che perdono con la segale. Ora questo stallatico, per la straordinaria ricchezza di batteri, è il migliore che ci sia per l'agricoltura. Così si ottiene lo stallatico gratuitamente, almeno nei confronti del bilancio, e così si può in effetti creare il pareggio.


Come si vede, qui v'è un fatto che ci costringe a considerare un concetto economico estremamente importante, di cui non si tiene abbastanza conto nella letteratura economica. Il concetto che vorrei considerare è quello dell'economia interna in seno all'economia sociale. Quando un'azienda svolge azione economica nel proprio seno, quando dunque esercita lo scambio dei prodotti internamente, senza vendere né acquistare nulla da fuori, bensì facendo circolare i prodotti in seno all'azienda stessa, si ha ciò che vorrei chiamare economia interna, in confronto all'economia generale. Là, dove si pratica l'economia interna, è senz'altro possibile che certi prodotti vengano ceduti perfino al di sotto del prezzo altrimenti necessario nel processo economico.

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In tal modo la formazione del prezzo, nell'ambito di un dato settore economico, diventa naturalmente una categoria di fatti molto complicata.


Ora da questi fenomeni che, ripeto, sono già stati osservati come realtà da certi economisti, possiamo passare a un altro ordine di fatti a cui ho già accennato, ma che dobbiamo considerare anche da un altro punto di vista. Ho rilevato alcuni giorni or sono come non sia facile abbracciare senz'altro con lo sguardo le concatenazioni economiche; ho citato l'esempio del calzolaio ammalato che, capitato in cura di un medico inetto, è obbligato al letto per tre settimane, e non può allestire nemmeno un paio di scarpe; sicché i prodotti ch'egli avrebbe forniti in quelle tre settimane vengono a mancare nella circolazione economica. Se invece quel calzolaio ricorre alle cure di un medico abile, che lo guarisce in una settimana, così che egli possa allestire le scarpe durante le altre due settimane, è lecito porre il quesito: chi, dal punto di vista economico, ha fabbricato le scarpe? Pensando "economicamente" non c'è dubbio che, in questo punto del processo economico, si dovrebbe dire: le ha fabbricate il medico.


Ma qui può sorgere un'altra domanda: sono state pagate al medico quelle scarpe? No, non gli sono state pagate. Si potrebbe infatti calcolare quanto valgono al prezzo corrente le scarpe fabbricate, per così dire, dal medico; compilando poi un bilancio molto circostanziato, si potrebbe conguagliare questa somma con le spese di educazione professionale da lui incontrate; si vedrebbe allora che tali sue spese non sarebbero probabilmente molto diverse dall'importo di tutte le scarpe da lui fabbricate (poiché i medici non hanno sempre la specialità di liberare in otto giorni da una malattia chi, altrimenti, sarebbe malato e sottratto alla vita attiva per tre settimane). In ogni modo, quali fossero le risultanze del bilancio totale, non faremmo un calcolo economico veritiero se non si conguagliassero le spese dell'educazione professionale del medico con le scarpe che egli allestisce,

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i cervi che abbatte (se guarisce più rapidamente un cacciatore), il grano che raccoglie, e così via. Naturalmente il processo economico è qui assai complicato, e il pagare sarebbe anch'esso complicatissimo.


Da quanto abbiamo detto si potrà dunque rilevare che non è tanto sicuro stabilire da quale punto provenga in realtà il pagamento di una cosa qualsiasi nel processo economico. Bisogna talvolta risalire assai lontano per scoprire da dove una data cosa venga pagata. Chi nel processo economico vuole trovar tutto semplice e liscio, non potrà mai raggiungere vedute economiche che comunque si accordino con la realtà; non si inoltrerà mai, come bisognerebbe fare, fino a ciò che ho detto occultarsi veramente dietro le formule: prezzo, offerta, domanda e così via. Ma per tale ragione diventa particolarmente difficile valutare il processo economico nel modo giusto: trovandosi talvolta infatti gli introiti tanto lontani dagli esborsi, non si arriva facilmente a scorgere nel processo economico generale che cosa venga pagato o comprato, che cosa venga prestato e che cosa venga donato. Supponiamo infatti che si realizzi quello che ho menzionato alcuni giorni or sono, e cioè che non si permetta ai capitali, che in qualsiasi modo si sono formati, di ingorgarsi nell'impiego fondiario, ma si portino a riversarsi invece nel campo della cultura spirituale, per esempio a mezzo di fondazioni, largizioni, borse di studio, ecc.; ecco che si avranno delle donazioni [il maiuscolo è mio - ndc]. Solo ora si potrà vedere, in una specie di una contabilità vastissima (ma che solo così può abbracciare l'economia nella sua realtà), che per quello che il medico produce, per le scarpe allestite durante quelle due settimane, esiste forse una contropartita che si dovrà cercare, sotto la rubrica delle donazioni, in qualche borsa di studio o in qualche elargizione di cui egli può aver beneficiato.
In poche parole, partendo da questo punto, si potrà sollevare il grave quesito: quali sono veramente le più produttive accumulazioni di capitale nel processo economico? [...]

 

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