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SPACCIANEVE E I SETTE
NASI
Spaccianeve
viveva ai margini del bosco fatato, un monolocale
fuori equo-canone semi arredato, e si guadagnava
da vivere non vendendo rose, bensì campava
smerciando la dose. Con lei abitavano i sette
Nasi contenti che poi erano i suoi migliori
clienti: c'erano Spinolo, Passalo, Scaldalo,
Pillolo, Trippolo e Rollo, e infine Sniffolo, che
era di tutti il rampollo, si alzavan di mattina a
un'ora molto presta e prendevano la pista
attraverso la foresta, era una pista lunga e
polverosa che conduceva a una radura erbosa, dove
i Nasi lavoravano tutta la settimana coltivando
papaveri e canapa indiana. "Andiam
(sniff-sniff) andiam (sniff-sniff), andiamo a
coltivar tanti bei papaveri da raffinar, e noi
vogliam (sniff-sniff) vogliam (sniff-sniff),
vogliamo respirar la polverina che ci darà la
felicità!" Ma Spaccianeve dirigeva la
piantagione e suggeriva moderazione:
"Portate pazienza miei giovani amici,
mettete un freno alle vostre narici, soltanto se
i raccolti saranno buoni verranno soddisfatte le
vostre aspirazioni" Intanto la malvagia
Regina nel suo superattico con piscina stava
armeggiando senza fretta con uno specchio e una
lametta, ah, no, scusate, mi son sbagliato, con
uno specchio sì, ma fatato. "Specchio,
specchio delle mie brame chi ha la roba più
buona del reame?" "Regina, una volta
l'avevi tu, ma ora Spaccianeve ne ha più buona e
molta di più!" "Ah, sciagurata! Come
osa ostacolarmi? Dimmi dov'è, sicché io possa
vendicarmi!" "Ai bordi del bosco valla
a cercare e questo strano frutto in regalo le
dovrai portare." Così la Regina partì un
bel mattino sotto mentite spoglie di un pusher
marocchino e giunse poco dopo alla casina
portando in tasca una siringa piena di stricnina.
"Benvenuto amico mio, posso darti una
mano?" disse Spaccianeve quando vide
l'Africano, gradisci un chilom, un trip, un
caffè con la panna?" aggiunse poi,
rollandosi una canna. "Gara Sbaggianeve, di
ringrazio dell'invido e g'hai gulo ghe sdasera
sono brobrio ben fornido! Gosa ne digi di farmi
entrare gosì questa bella bera gi bossiamo
sbarare?" Spaccianeve accettò volentieri la
proposta, senza neanche immaginare la malvagità
nascosta, ma poco dopo cadde riversa sulla
schiena con l'ago ancora piantato nella vena. Ora
la Regina, tornata normale, quella sventurata si
mise a sbeffeggiare: "Guardati, Spaccianeve,
sei ridotta ad uno straccio, ed ho di nuovo io il
monopolio dello spaccio! Vedi cosa succede alle
persone golose? Chi troppo vuole alla fine si
ritrova in overdose!" Immaginate voi lo
strazio e la disperazione che colse i nasetti di
ritorno dalla piantagione, il primo di essi
aprendo la porta la vide distesa che sembrava
morta: "Oh, Spaccianeve, dicci chi è stata
chi ti ha venduto roba tagliata! Come faremo noi
la mattina senza la magica polverina?" E
rimasero a fissare quel corpo inerte che aveva le
gambe tutte scoperte: "Certo però che è
proprio carina!" sussurrò Sniffolo con la
sua vocina, rispose Rollo "Che vuoi che ti
dica, è sempre stata un gran pezzo di fica, ma
adesso che è in coma non sente niente, potremmo
farcela tranquillamente!" Così si disposero
in fila indiana davanti all'ingresso di quella
tana, entrando a turno per pochi minuti, finché
tutti quanti non furon venuti., quindi riposero
quel corpo giallo dentro una bara di puro
cristallo e dopo un viaggio di pochi minuti la
scaricarono in mezzo ai rifiuti. Da quel dì
vissero nella disperazione trascurando persino la
piantagione, e diedero fondo con ritmi indecenti
alle riserve di stupefacenti. Era da tempo finita
la scorta quando qualcuno bussò alla porta, e di
chi era quel tocco lieve? Ma che domande, di
Spaccianeve! L'accolsero tutti con entusiasmo,
addirittura quasi sfiorando l'orgasmo, quindi le
chiesero come si chiamava quel tipo strano che
l'accompagnava. "Cari Nasetti, prestate
attenzione, è a lui che devo la resurrezione, è
dolce come il miele, tenero come il burro ed il
suo nome è Principe Buzzurro!" Costui era
un tipo un casino alternativo, capelli lunghi, la
barba, lo sguardo primitivo, i jeans unti e
strappati, portava un grosso anello, gli puzzavan
le ascelle, fumava lo spinello, e quando i sette
Nasi gli chiesero una spiegazione lui rispose
così, grattandosi il panzone: "A nasè,
cioè, io stavo a rovistà n'a mondezza quando
d'un tratto te vedo 'sta bellezza, stava ferma,
distesa, tutta sbracata, e che dovevo fà, io m'a
sò chiavata!" "E lei - chiesero
stupiti i Nasi - si è svegliata?" "No,
però la voja mica m'era passata, e lei stava
sempre la, dentro 'sta scatola de vetro, aho, io
l'ho ggirata, m'a so' fatta pure dietro!"
"Ed a a quel punto - insistettero i Nasi -
che lei si è risvegliata?" "Manco pe'
gnente, però la voja io me l'era levata. Me ne
stavo a annà, abbonandome i carzoni quando
questa caccia n'urlo - mi cojoni! 'A moré - me
dice - pe' tutta 'sta trafila vedi un po' de
calà na bbella centomila!" E siccome che
'sta cifra nu je la potevo dà m'ha chiesto de
seguirla, ed ora eccoce qua!" E da quel
giorno vissero ai margini del bosco Spaccianeve,
i sette Nasi, con in più quel tipo losco,
ripresero a coltivare, e tutto andava bene anche
perché avevano le narici sempre piene, mentre
invece la Regina, travolta dall'egoismo si era
data addirittura all'alcoolismo. "Tutto è
bene ciò che ti fa star bene", dice il
saggio e a volte ne basta appena un assaggio.
Ma... lunga la pista, stretta la via, occhio che
arriva la Polizia!!
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