Home Page         Pagina Iniziale        L 'angolo di Delphine       Io, Delphine

 

Racconti     Poesie    NewIdee

 

 

IL CARCERIERE

 

 

Aprì gli occhi di scatto e solo in quell’istante si accorse di aver dormito. Incredulo tentò invano di librarsi in volo per ricongiungersi alla Luce, ma le candide ali piumate non risposero ai suoi comandi quasi fossero divenute due inutili appendici di marmo. Provò improvvisamente paura. Mai nessun Angelo aveva dormito dall’inizio dei Tempi, mai nessun Angelo aveva perduto il potere di riunirsi ai suoi simili. Tentò di comprendere, ma qualcosa (o qualcuno?) nel vuoto che lo circondava gli impedì di pensare chiaramente. Il panico lo sopraffece. Lanciò un richiamo in una lingua antica quanto il mondo stesso, una, due, più volte, fino a quando si rese conto che le sue mani stringevano qualcosa di liscio, duro e freddo. Allora, interruppe la preghiera, lasciò la presa e guardò. Ciò che vide lo investì come un’orda di demoni inferociti. Le sue impronte luminose brillavano ancora su due sbarre di uno sconosciuto e sicuramente magico metallo. Il vuoto si era stretto intorno a lui ed aveva assunto la forma di una gabbia! L’Angelo lanciò nuovamente il suo richiamo, questa volta in modo così straziante che se gli uomini lo avessero udito sarebbero morti di dolore all’istante. Nessuno rispose. Una lacrima di luce rigò il viso della creatura celeste…

 

* * *

 

Il Carceriere sedette accanto alla gabbia magica ed osservò divertito il comportamento della sua seconda, gigantesca preda.

“Una bella battuta di caccia!” esclamò con orgoglio ripensando all’Angelo che gemeva in gabbia ed al demone che si lanciava con tutte le sue forze contro le sbarre.

 La creatura dalla pelle dello stesso colore del magma e dalle poderose corna taurine prese a ruggire così forte che avrebbe potuto frantumare vetri, porcellane e timpani umani. Fortunatamente, non v’era nulla di fragile o di umano nel luogo in cui viveva il Carceriere.

Il padrone di casa si alzò e si diresse fluttuando verso il demone che a sua volta si erse sulle zampe posteriori in un chiaro gesto di sfida. Silenzioso come una foglia autunnale, il Carceriere si avvicinò alla gabbia tanto da poter sentire l’alito fetido della bestia sul viso. Negli occhi del demone si accese un bagliore maligno. Era l’occasione per uccidere colui che lo aveva imprigionato con l’inganno! Vomitò una cascata di lava su quell’essere piccolo ed insignificante, poi ruggì di piacere, compiaciuto della sensazione inebriante che il dolore e la morte provocavano in lui. Presto il suo Padrone lo avrebbe liberato e riportato nel girone da cui proveniva. Osservò le ceneri del Carceriere e rise di gusto, una risata che avrebbe potuto uccidere all’istante un essere umano. La risata gli morì in gola. Dalle ceneri, come una fenice, il Carceriere risorse e si parò di fronte a lui con fiero cipiglio.

“Ancora non hai capito con chi hai a che fare, vero?” esclamò con voce quasi atona.

Il demone indietreggiò impaurito per la prima volta in tutta la sua millenaria vita.

“Perché io?” ringhiò con rabbia mista a timore.

Il Carceriere sorrise divertito.

“Oh, no! Non solo tu, progenie del Diavolo! Anche lui farà parte del mio gioco!”

Detto questo fece apparire la gabbia che conteneva l’essenza del bene. In un solo istante, l’intera stanza (se così la si poteva chiamare) si riempì di angelici richiami e di ruggiti demoniaci, suoni che non si fusero neppure per un solo momento.

“Silenzio!” tuonò il Carceriere.

Entrambe le creature tacquero.

“Ed ora ascoltate quello che ho ideato per voi.”

Rimase in silenzio per un istante, assaporando la trepidazione quasi palpabile che si diffuse nell’aria.

“Per prima cosa, osservate ciò che si sta muovendo sul palmo della mia mano.”

Inizialmente, né l’Angelo, né il demone parvero scorgere nulla, poi una minuscola sferetta blu comparve per incanto e prese a pulsare a pochi centimetri dal palmo del Carceriere. All’Angelo rammentò una stella, al demone il battito del cuore di una creatura impaurita. Il Carceriere sorrise percependo i pensieri di entrambi. Il colore della sfera passò dal blu all’indaco, dal nero al grigio, dal bianco al celeste per poi tornare al blu. Infine, smise di pulsare, si posò delicatamente sulla mano che l’attendeva e mutò forma. L’Angelo sospirò alla vista del nuovo aspetto della sfera, un sospiro delicato come un timido alito di vento e dolce come una lacrima di miele. Il demone digrignò i denti e ruggì di eccitazione ed avidità.

Una bellissima creatura stava rannicchiata sul palmo del Carceriere. Aveva forma umana, ma l’intero suo minuscolo corpo era caratterizzato da una miriade di particelle argentate e dorate in continuo movimento. Un essere umano si sarebbe sicuramente chiesto quale forza potesse essere in grado di tenere unite tutte quelle particelle, sempre se fosse riuscito a sopravvivere alla vista di una tale meraviglia.

“Un’anima!” esclamò il Carceriere mostrando con orgoglio ai due prigionieri il risultato del suo incantesimo. “Una piccola, innocente e neutrale anima.”

Il demone si lanciò con furore contro le sbarre della gabbia e ruggì: “E’ mia! Dammela!”

L’Angelo volse il viso verso il soffitto e lanciò un gemito straziante.

Il Carceriere strinse il pugno, prima con delicatezza, poi sempre più forte fino a quando l’anima parve esplodere in una miriade di coriandoli d’oro e d’argento. Dove le schegge si posarono, si accese una delicata fiammella celeste che arse per un battito di ciglia. Quando riaprì la mano, il suo palmo era vuoto. Una stilla luminosa rigò il volto dell’Angelo.

“Adoro questi giochetti di prestigio!” esclamò il Carceriere divertito. “Ora, veniamo finalmente al dunque. Non ho posto termine all’esistenza di quell’anima, non temere, creatura celeste! L’ho semplicemente nascosta all’interno di un corpo che voi dovrete individuare. Una volta ritrovata, l’anima abbandonerà l’involucro e seguirà spontaneamente colui che l’ha scoperta e reclamata. Un bel premio per il disturbo, non trovate?”

Si fermò un istante ad osservare il demone che continuava eccitato a gridare “mia, mia, mia!” e batté le mani fragorosamente. Il pavimento tremò.

“Un po’ di attenzione, figlio del demonio! Ci sono delle regole alle quali entrambi dovrete sottostare. Prima di tutto, chi di voi non riuscirà a trovare l’anima, morirà. Il suo nome, il suo volto, o muso nel tuo caso, creatura infernale, scompariranno dal ricordo come se non fossero mai esistiti. Il suo corpo, di lava o di luce che sia, svanirà senza lasciare traccia. Il vincitore, invece, potrà tornare indenne dal suo Signore e portargli l’ambita anima come omaggio da parte mia.”

Prima che potesse esporre ulteriori regole, l’Angelo domandò: “Perché?”

Il Carceriere volse lo sguardo impietoso verso di lui e, puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli colmi di miele della creatura celeste, rispose:

“Perché io sono il Destino e, fino a questo momento, mi stavo annoiando terribilmente! Ed ora, se non avete altro da aggiungere, finirò di elencarvi le regole del gioco. Come vi ho già detto, chi di voi fallirà la ricerca, morirà. Il tempo a vostra disposizione sarà breve, non più di sette giorni. Avete familiarità col modo di imbrigliare il tempo degli umani? Sette giorni sono un alito di vento, un fugace battito di ciglia… “ Si schiarì la voce. “Se entrambi tornerete a mani vuote, allora sarà il Caso a decidere chi di voi resterà in vita. Provate ad immaginare la scena: un Angelo ed un demone che combattono fra di loro per guadagnare il diritto di sopravvivere. Persino il Tempo fermerà la sua inarrestabile corsa per assistere ad uno spettacolo del genere!” Sospirò già pregustando il momento. “Chi riuscirà a sopraffare l’avversario conquisterà la libertà. Bene, a questo punto credo che non ci sia altro da aggiungere. Non vi resta che cominciare a giocare!”

Detto questo, la stanza, le gabbie ed il Carceriere stesso si dissolsero (o furono l’Angelo ed il Demone a scomparire?) e di tutta questa intricata storia parve non rimanere che un timido, evanescente ricordo.

 

* * *

 

L’Angelo aprì gli occhi e per la seconda volta si rese conto di aver dormito. Guardandosi intorno notò con triste stupore di non trovarsi nel Regno dei Cieli, bensì all’interno di una statua raffigurante un Angelo, scelta sicuramente non casuale da parte del Destino. Con facilità estrema uscì dall’involucro in cui era stato rinchiuso ed immediatamente la Luce Divina lo avvolse, lo coccolò, lo rassicurò e lo rinvigorì rendendogli tutto ciò che la prigionia gli aveva sottratto. Dalla sua gola uscì un inno al Signore che investì dolcemente ogni angolo della piccola Chiesa in cui il Carceriere lo aveva spedito. Le candele si accesero, i vetri colorati tremarono producendo un insolito stridio e lo stesso organo prese a suonare una melodia antica quasi quanto l’Angelo stesso. Fuori, il prato si empì di rose e di gigli bianchi.

 

* * *

 

Il pozzo pareva non aver fine. Il demone aveva iniziato ad arrampicarsi nel momento stesso in cui si era risvegliato e solo ora cominciava a scorgere la sgradevole luce delle stelle attraverso l’apertura circolare. Lame appuntite che costellavano le pareti lisce ed umide del pozzo e che già avevano gustato in tempi remoti il sapore del sangue, lacerano le carni della bestia. Qualche goccia di lava stillò dalle ferite sulle sue braccia poderose, ferite che si rimarginarono nell’arco di pochi istanti. Continuò a salire ignorando tutto quello che lo circondava. Non appena la creatura diabolica si ritrovò all’aria aperta, emise un inquietante ruggito. Le margherite che dormivano silenziose sul prato circostante avvizzirono come se fossero state sfiorate dalla Morte stessa. Il Demone ruggì nuovamente. La sfida aveva inizio.

 

* * *

 

Il demone vagò per cinque giorni sulla Terra prima di trovare quello che stava cercando. Il primo giorno, dopo essersi mutato in un affascinante uomo, aveva approfittato dell’occasione per convertire qualche stupido essere umano alla causa del Male. Era stato più semplice del previsto. Le poche persone che lo avevano riconosciuto nonostante il travestimento erano morte fra dolori atroci. Gli altri avevano venduto le loro anime per una manciata di cose futili. Il demone non si era mai divertito tanto. Il suo Padrone sarebbe stato orgoglioso di lui. Avrebbe trovato l’anima nascosta dal Destino e gliela avrebbe servita su un piatto d’argento. Già pregustando il sapore della vittoria, fiutò l’odore inconfondibile della sua preda e partì alla carica.

 

* * *

 

L’Angelo aveva trascorso i primi giorni sulla Terra volando da una parte all’altra ad aiutare tutti gli umani in difficoltà. Ovunque venisse innalzata al Cielo una preghiera, là la Creatura di Luce si recava senza indugi. Come avrebbe potuto rimanere insensibile? Eppure sapeva che il tempo incalzava e che allo scadere della settimana la sua vita sarebbe terminata. Infine, all’alba del sesto giorno, il pensiero che il demone potesse trovare l’anima e portarla con sé nel regno del Male lo riportò alla realtà. Ed in quell’attimo la ricerca divenne una priorità assoluta.

 

* * *

 

Il Destino sedette sulla riva del lago nella caverna interdetta agli uomini e sfiorò l’acqua con la mano. Il lago si increspò, poi la superficie tornò piatta come una lastra di vetro.

“Bene!” esclamò osservando l’immagine che stava lentamente prendendo forma sull’acqua. Era eccitato all’idea di poter seguire quello che le pedine del suo gioco stavano facendo. Notò con piacere che entrambi erano molto vicini al luogo in cui si trovava colei che portava dentro di sé la tanto agognata anima. Pensò che presto avrebbe assistito ad una delle più grandi lotte mai viste. Era così stanco di torturare, illudere o rendere felici solo insignificanti essere umani. Il suo potere si era accresciuto nei millenni ed ora poteva anche concedersi il lusso di giocare con qualcosa di più grosso. Guardò una seconda volta le immagini che si susseguivano sulla superficie del lago. Il demone era appena giunto al cospetto della sua preda. L’Angelo, invece, l’avrebbe raggiunta fra poco. Poveri ingenui! Nessuno dei due immaginava cosa il Destino avesse in serbo per loro. L’Angelo però doveva arrivare in tempo affinché il suo piano riuscisse, così soffiò sull’acqua rendendo la Creatura di luce due volte più veloce. Rise di gusto crogiolandosi nell’idea di essere veramente geniale.

 

* * *

 

La bimba osservò divertita quelle deliziose creature che volteggiavano sul suo capo emettendo una musica dolce e piacevole. Non poteva sapere che si trattava di un gioco ideato appositamente per i piccini, né che la melodia proveniva da un carillon. Non poteva saperlo perché era ancora troppo piccola per comprenderlo. Mosse lentamente una manina in direzione delle creature volanti e, dietro al ciuccio rosa, sbocciò un sorriso. La mamma scorse l’espressione gaia della bimba e sorrise a sua volta.

“Ora dovresti dormire, piccolina!” sussurrò dolcemente la mamma accarezzandole la manina ancora sospesa a mezz’aria. Lasciò che il carillon terminasse di suonare, poi intonò una ninna nanna. La bimba socchiuse gli occhi, lieta di sentire la voce della madre.

Il demone, appoggiato alla porta della cameretta, osservò disgustato la scena, poi si avvicinò alla culla. La donna non lo vide, ma per un istante provò l’irrefrenabile impulso di prendere la figlia e di fuggire il più lontano possibile. La bimba, invece, si addormentò con un’espressione beata sul volto roseo, ignara del fatto che probabilmente non si sarebbe svegliata mai più.

Il demone allungò la mano verso la bimba con l’intenzione di reclamare l’anima che si trovava dentro di lei, quando la voce dell’Angelo ruppe il silenzio:

“Non la toccare, figlio del Traditore!”

Il demone volse lo sguardo rovente verso la Creatura di Luce e, nella stessa antica lingua in cui l’Angelo gli aveva parlato, rispose:

“Hai perso, Angelo, per te è finita! Sarai polvere ancor prima di riuscire a sbattere le ali!”

Per la seconda volta tentò di allungare la mano verso la piccina indifesa, ma il suo rivale gli si parò dinanzi.

“Non la toccare!” gridò nuovamente l’Angelo brandendo quella che pareva una lunga spada di fiamma celeste.

Il demone indietreggiò lentamente poi, con un balzo felino, si scagliò contro l’eterno nemico. Le sue zanne acuminate penetrarono nel collo dell’Angelo. Dalla ferita fuoriuscì un raggio luminoso. L’Angelo urlò di dolore, ma non si arrese. Con un’agile mossa parò il secondo attacco del rivale e lo scaraventò a terra. Il demone, allora, mutò forma. Nessun essere umano avrebbe potuto guardarlo senza perdere il senno ed io non potrei descriverlo senza rischiare di impazzire a mia volta. Vi basti sapere che si trattava di qualcosa di ancora più spaventoso dei nostri incubi, un concentrato di odio, crudeltà e follia. L’Angelo indietreggiò. La lingua di fiamma celeste che teneva fra le mani scemò rapidamente. La Bestia avanzò verso di lui. L’Essenza del Bene alzò gli occhi al cielo, salmodiò parole nella sconosciuta lingua degli Angeli ed esplose nello stesso istante in cui il demone gli si gettò addosso. Per qualche momento la stanza si riempì di macchie di luce e chiazze di tenebra ancora più nere del nero stesso, poi tutto parve tornare alla normalità.

 

* * *

 

Il Destino rise di gusto, una risata sadica e trionfante. Come aveva previsto, l’Angelo aveva vinto. Fece schioccare le dita ed il Signore del Male dimenticò di avere avuto alle sue dipendenze quel demone. Rise nuovamente. Ora sarebbe finalmente giunta la parte più divertente del suo piano, quella che avrebbe mostrato a tutto l’universo il potere del Destino.

 

* * *

 

L’Angelo si rialzò quasi del tutto incolume da terra. Sapeva di avere combattuto e di essere riuscito ad impedire qualcosa di veramente orribile, ma l’immagine del suo nemico era misteriosamente svanita dalla sua mente. Ricordava solo di dover reclamare l’anima della piccina per poter salvare la propria vita.

Quando volse lo sguardo verso la culla comprese che, in quel giorno di inizio primavera, a dispetto del mondo dei mortali che stava ricominciando a vivere, lui  sarebbe morto.

Non poteva farlo. Non poteva condannare la bimba ad una morte prematura a causa di un capriccio del Destino. Sedette accanto alla culla osservando il cucciolo di essere umano. La bimba aprì gli occhi e lo guardò. Lo riconobbe immediatamente e sorrise. La madre, ignara della battaglia che si era tenuta nella camera e della presenza dell’Angelo, esclamò:

“La mia piccolina ride! Sorridi forse agli angeli, amore mio?”

L’Angelo socchiuse gli occhi. Non poteva farlo. Il Destino gli aveva giocato uno scherzo orribile. Se il demone lo avesse sconfitto, sarebbe morto per sempre, cancellato dal ricordo degli Altri come se non fosse mai esistito. Allo stesso tempo, se fosse riuscito a distruggere il rivale, non avrebbe mai potuto reclamare l’anima. Non era nella sua natura, e questo il Destino lo sapeva fin dall’inizio! Qualunque strada avesse scelto, sarebbe giunto là dove il Destino voleva che andasse. Non sapeva cosa fosse la rabbia, così si limitò ad accettare la cruda realtà.

“Mio Signore!” iniziò a pregare attendendo che il Destino reclamasse quello che gli spettava, “sacrifico la mia esistenza per questa bambina e lo faccio con gioia estrema. Sia fatta la Tua volontà.”

Si volse verso la bimba e con delicatezza la baciò sulla fronte.

“Questo ti proteggerà, piccolina!”

 

* * *

 

Il Destino si fregò le mani compiaciuto. Il gioco era terminato. Schioccò le dita. L’Angelo scomparve, ma la Luce Divina lo avvolse prima che l’oblio potesse portarlo via con sé. Il Destino fece spallucce. A volte anche lui doveva sottostare a piccole limitazioni. Ora che questo passatempo era terminato, cos’ altro avrebbe potuto fare? Pensò alla sua collezione di statuine di carne ed ossa e sorrise. Aveva lasciato gli esseri umani in balia di se stessi per troppo tempo. Si sedette accanto alla ricostruzione di un teatro e, dopo aver scelto alcune statuine a caso, giocò con loro causando dolore, gioia, delusioni e sorprese alle creature corrispondenti sulla Terra. Preso da questo antico passatempo, ben presto si dimenticò del demone, dell’Angelo e, soprattutto, della bimba che, grazie al bacio dell’Angelo, sarebbe divenuta la più devota e caritatevole figlia di Dio.