GRUPPO

Il gruppo è una delle entità più notevoli della matematica, e come vedremo avanti, le applicazioni possibili anche in fisica della teoria dei gruppi sono molto feconde, specialmente in meccanica quantistica risulta spontaneo definire lo spin solo ricorrendo a un approccio che tenga in considerazione la teoria dei gruppi.

Prima di procedere però vediamo di definire cosa si intenda per gruppo.

Definizione astratta di gruppo:

Sia dato un insieme, B.

Esista poi sugli elementi di questo insieme una legge di composizione interna, detta #, ovvero sia una legge che associ a due elementi qualsiasi dell'insieme B uno ed un solo elemento, ancora dell'insieme B:

# : B x B -> B = #(a,b) = c, a,b in B, con c ancora in B.

Siano soddisfatte da # le seguenti proprietà:

a) # è associativa, i.e. #(a#(b,c)) = #(#(a,b),c)

b) Esiste un unico elemento, detto elemento neutro o unità e che indicheremo con “e” tale per cui, a in B accada #(a,e) = #(e,a)

c) a in B, esiste un unico elemento, detto elemento inverso e che indicheremo con a-1 tale per cui #(a, a-1) = #(a-1,a) = e

Le proprietà b) e c) inoltre palesano una proprietà di cui godono l'unità e l'elemento inverso: questi cioè commutano con ogni elemento del gruppo. Questa in effetti è una proprietà che in generale può anche non valere, e che se è verificata da ogni coppia di elementi del gruppo rende il nostro un gruppo abeliano (in onore al Abel, che fra i primi ne studio)

Un gruppo è inoltre detto finito se l'insieme B consta di un insieme finito di elementi, infinito altrimenti, senza distinguere tra infinità numerabile o non numerabile.

Ora è bene sottolineare un atteggiamento tipico nella storia della matematica: i gruppi si sono usati per secoli prima che se ne enunciassero le proprietà, allo stesso modo in cui prima nasce una lingua e poi ne viene studiata la grammatica. Innanzitutto è bene dire che il primo gruppo ad essere usato con disinvoltura nella storia dell'umanità è stato probabilmente quello dei numeri interi munito dell'operazione somma, e che può non a torto definirsi come “il gruppo delle dita”. Così, mentre usando proprio le dita, o i fagioli o che altro i primi “matematici” scoprivano che l'operazione di aggiungere verificava quelle proprietà indipendentemente dal fatto appunto che si usassero fagioli o dita, nascevano una serie di concetti assolutamente concreti come “commutatività”, “associatività”, “zero” . . . che però solo col tempo verranno riconosciuti come entità astratte, ovvero comuni anche ad altri insiemi e ad altre operazioni.

La natura interamente empirica riconosciuta all'operazione somma sui numeri interi, addirittura può mettere a disagio chi, ad esempio, per la prima volta si avvicini a questi concetti (ad esempio i bambini). In effetti quesi concetti, in particolare la commutatività e l'associatività, sono usati senza coscienza e senza problemi dalla gran maggior parte dei “non matematici”, ma possono dare problemi ad alcuni, in quanto, mentre è facile verificare con le dita che 4 + 3 = 3 + 4, o ancora che 1 + ( 2 + 3 ) = (1 + 2 ) + 3 (ma già non è banale osservarle, queste proprietà) risulta se non altro molto complicato trovare abbastanza fagioli e abbastanza tempo per verificare ad esempio che 1000 + 2000 = 2000 + 1000. Il grande sforzo che quindi è richiesto è quello di abbandonare il confortante ambito delle verità empiricamente tangibili per entrare nell'ambito delle costruzioni astratte. In breve la situazione è questa: mentre per i più piccoli numeri interi si verifica che l'operazione “aggiungere” è commutativa e associativa, la si definisce in generale sull'insieme dei numeri interi in modo tale che estenda quelle “comode” e “piacevoli” proprietà su tutti gli elementi. Così noi definiamo 1000 + 2000 = 2000 + 1000 proprio perchè pretendiamo che quella proprietà così palese sia propria di tutto il nostro ragionamento. Qui in realtà si mette in gioco un particolare importantissimo, ovvero la natura privilegiata nel ragionamento matematico dei numeri: quindi, dal momento che noi ci sentiamo in un certo senso autorizzati a identificae il senso dell'operazione “+” sia quando questa agisce sui numeri più piccoli sia quando agisce su quelli coi quali diventa complicato contare empiricamente, e quindi essendo accettate sui numeri le predette proprietà, per verificare in altri insiemi connotati con altre proprietà la natura di gruppo dovremo ricorrere all'enunciazione di quelle proprietà in termini numerici, oppure in termini altrettanto familiari.



Ad esempio per verificare che l'insieme delle matrici invertibili, con la canonica operazione di composizione matriciale è un gruppo si può ricorrere a dei massacranti conti in termini dei coefficienti – squisitamente numerici – delle stesse. Quei conti, che se si va oltre le matrici di dimensione 4 diventano disumani, dimostrano che in effetti tale struttura è un gruppo.

Si pensi invece ora ad un insieme di n elementi. Ogni elemento sia identificato con nome. L'operazione “permutare i nomi degli oggetti” rende tale struttura un gruppo, in modo assolutamente intuitivo e senza alcuna relazione coi numeri. Per la cronaca, in tale gruppo l'elemento neutro è l'operazione che lascia inalterato il nome di ogni oggetto, mentre l'operazione inversa è talmente evidente che non volgio rischiare di offendere alcuno con altre parole in proposito. Visto che però potrebbero esserci anche dei bambini in lettura ho ritenuto opportuno mettere un simpatico esempio!

Prendo come insieme quello di tutte le possibili combinazioni di 5 elementi. L'operazione invece:

1

2

3

4

5

3

1

4

2

5



Con questa scrittura intendo definire la seguente operazione: l'elemento prima collocato in posizione “1” viene posizionato in “3” e così via. Ora, è evidente che una simile operazione è una legge di composizione interna, quando si sia accorti abbastanza da definire alcuni dettagli che lascio intuire al lettore. E'facile inoltre verificare che questa legge è associativa ma NON commutativa. L'elemento neutro è chiaramente questo:

1

2

3

4

5

1

2

3

4

5



L'elemento inverso anche è facilmente esprimibile:

Sia infatti un elemento:

1

2

3

4

5

3

4

2

5

1



Ora, prima di scriverlo vediamo di definirlo: prendiamo l'oggetto posizionato in “3”: questo viene posizionato dopo l'operazione in “2”. Quindi l'operazione che annulla questo cambiamento deve essere tale da muovere l'oggetto posizionato in “2” in “3”. Ebbene, per come abbiamo definito il tutto risulta chiaro che ciò che cerchiamo è questo:

1

2

3

4

5

5

3

1

2

4



Faccio notare che si potrebbe essere tentati di definire la stessa operazione così:

3

4

2

5

1

1

2

3

4

5



Insomma, e tutta questione di mettersi in accordo. Quello che invece è più importante dire è che questi “operatori” esistono a priori dalla configurazione del problema, sono cioè compatibili con ogni ordine iniziale degli oggetti.

Voglio ora introdurre 2 concetti matematici di grande importanza, e che possono risultare utili anche in situazioni che nulla abbiano a che fare con la nostra disciplina.

ISOMORFISMI e OMOMORFISMI DI GRUPPI

Si consideri dunque ora un gruppo, connotato come già si è visto da un insieme, ad esempio B e da un'operazione, #. Ora, sia C un secondo insieme ed esista definito su questo un'operazione, *, che rende tale struttura un gruppo. Esista inoltre una corrispondenza biunioca tra i due insiemi, overo sia:

F : B -> C, F(a) = a' in modo biunivoco.

Ora è ben chiaro che una generica corrispondenza biunivoca è definibile senza alcun riferimento alle operazioni agenti sui 2 insiemi. In particolare dunque a priori non è lecito attendersi alcun tipo di compatibilità tra le operazioni e la legge di corrispondenza.

Può tuttavia accadere che una simile compatibilità sussista, ed in particolare possiamo individuare 2 situazioni notevoli:

Si parla di ISOMORFISMO quando la legge di corrispondenza “conserva” il prodotto, ovvero quando:

#(a,b) = c -> *(F(a), F(b)) = F(c) = F(#(a,b))

Risulta evidente che per avere un isomorfismo bisogna soddisfare 2 richieste indipendenti: in particolare dunque possiamo trovare corrispondenze biunivoche che siano compatibili con un'operazione e non compatibili con una seconda, mentre, fissata l'operazione possiamo trovare relazioni biunivoche compatibili o meno.

Vediamo subito di dare un esempio di isomorfismo tra gruppi.

Si consideri l'insieme R dei numeri reali, munito dell'operazione somma. Questo è un gruppo.

Si consideri ora l'insieme dei numeri del tipo ex, con x reale qualsiasi. Sia su questo insieme definita l'operazione prodotto. Conoscendo ora l'andamento della funzione esponenziale subito ci rendiamo conto che anche questa struttura è un gruppo. Dalla definizione dell'esponenziale come serie, e dal fatto che il prodotto sui reali è un'operazione commutativa si ha inoltre che:

exey= ez quando sia x + y = z

Dovrebbe essere a questo punto chiaro che quello che abbiamo è un isomorfismo tra il gruppo (Reali, +) e il gruppo (ex, *) con x reale.

Chiaramente l'isomorfismo è simmetrico rispetto ai due gruppi.

Questo è un esempio davvero banale, che non riesce certo nell'intento di palesare l'utilità dell'intero discorso che è questa: supponiamo di avere un insieme sul quale sia definita un'operazione che presenti delle difficoltà di calcolo non banali. Supponiamo poi che esista un secondo insieme, sul quale sia definita una diversa operazione più semplice. Ebbene, se riusciuamo a trovare una corrispondenza biunivoca che rende la 2 strutture isomorfe potremmo trasferire il calcolo dal primo al secondo gruppo, li svolgerlo, e invertire la trasfomazione sul risultato, in modo da trovare il risultato del problema originale.

Vediamo ora il concetti di omomorfismo: siano quindi dati due insiemi B e C tali per cui per ogni elemento di B esiste associato uno e un solo elemento di C, ma possono esistere elementi di C che siano immagine di più di un elemento di B. (in breve, si ha che la corrispondenza B – C è di tipo “molti a uno”, mentre una corrispondenza biunivoca è del tipo “uno a uno” ). Siano al solito i due insiemi dotati di opportune operazioni che li rendano entrambi gruppi. Ora, se è verificata la condizione:

#(a,b) = c -> *(F(a),F(b)) = F(c) per ogni a, b in B,

diciamo che sussiste un omomorfismo tra le due strutture mediante la funzione F.

Mentre l'isomorfismo però stabilisce una spiccata simmetria, così non è per un omomorfismo: vediamo di approfondire questo particolare.

Per primo esamino il caso di un isomorfismo tra B e C.

Dunque siamo nella situazione in cui:

#(a,b) = c -> *(F(a),F(b)) = F(c) , ricordiamoci ora che un generico *(x,y) = *(F(k), F(j)), per ipotesi sulla funzione F.

Dunque posso scruvere in modo del tutto generico:

*(x,y) = z = *(F(k), F(j)) = F(w), ma io so che #(k,j) esiste, lo chiamo n, e che è tale per cui *(F(k),F(j)) = F(n), ovvero n = w. Questo a dire che se accade che *(F(k),F(j)) = F(w), allora #(k,j) = w

Un esempio di omomorfismo servirà a negare una simile possibilità.

Inventiamoci un paio di gruppi.

Il primo è (Reali, +), l'abusato gruppo di cui già ho detto.

Il secondo invece è qui introdotto per la prima volta: un generico elemento di questo insieme, che chiamo T, sarà indicato con una coppia di numeri [x,y] ove, il primo, nel caso x, appartiene ai reali, mentre il secondo può assumere i valori 1 e -1.

Definisco poi l'operazione:

ç([x,y],[z,k]) := ([x+z, y*k])

Si vede subito che questo è un gruppo: in particolare questo risulta evidente quando si sia notato che di fatto è una combinazione di due gruppi.

Ebbene, adesso considero il gruppo (Reali, +), e considero la funzione F: T -> R, F([x,y]) = x.

Questa funzione stabilisce un omomorfismo tra i due gruppi, in modo peraltro palese.

Mentre è in effetti banale vedere che se ç([x,y],[z,k])= [w,r] allora anche accade che #(x,z) = w, non ha senso porsi la domanda inversa, infatti diversi elementi del primo insieme (nel nostro caso 2, ovvero [x,1] e [x,-1] corrispondono a un solo elemento del secondo, quindi la funzione non è invertibile e così un generico omomorfismo nega quella simmetria presente in ogni isomorfismo.

Quello che però in un certo senso è presente solo negli omomorfismi è una certa “libertà” di scelta:

Al solito supponiamo di avere due gruppi tra i quali sussista un omomorfismo. Siano questi 2 gruppi (B,#) e (C,*), e sia la corrispondenza tra i due insiemi tale che per ogni elemento di B esista un unico elemento di C. A questo punto poniamo di essere interessati al calcolo di *(x,y) in C. Come al solito il calcolo potrebbe essere assai difficoltoso da svolgersi in questa struttura, quindi potremmo trovare giovamento trasportando il nostro problema nel gruppo (B,#). Come però ho già prima sottolineato diversi elementi di B corrispondono a x e y, e proprio questo potrebbe essere un vantaggio: infatti noi sappiamo che, sussistendo l'omomorfismo, scelti comunque in B degli elementi k e j, tali che F(j) = x, F(k) = y, allora F(#(j,k)) = *(x,y), allora è chiaro che noi possiamo cercare, tra tutti questi j e k, quelli “più comodi” per fare il conto #(j,k), e alla fine trasformare #(j,k)



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