"Sulla
nostra pelle" di Noam Chomsky
è l'analisi lucida di
un intellettuale controcorrente americano sulle disastrose conseguenze sociali
della globalizzazione. Chomsky è convinto che la globalizzazione altro non
sia che l'esito estremo del neoliberismo, oggi filosofia politico-economica
dominante, che consentirebbe a una lobby ristretta di "capitalisti"
di condizionare la vita di tutti. Quella di Chomsky è una denuncia contro
l'elite che governa la terra nell'interesse di pochi, con conseguenze
ecologiche, tra l'altro, particolarmente disastrose per il Terzo Mondo, dove
sono relegate le produzioni più inquinanti. Anche "Impero.
Il nuovo ordine della globalizzazione" di Michael
Hardt e Antonio Negri è un pamphlet contro l'attuale ordine economico
mondiale. I due autori chiamano "Impero" il nuovo soggetto politico
che regola gli scambi fra i paesi. Secondo i due intellettuali, però, il
nuovo mostro hobbesiano porta dentro di sè gli elementi che lo condurranno
alla rovina: saranno proprio quegli stessi individui che oggi vivono nel
mercato globale e ne subiscono gli effetti perversi, che alla fine si
ribelleranno e si riapproprieranno delle loro vite. "La moltitudine sarà
chiamata a inventare nuove forme di democrazia e un nuovo potere costituente
che, un giorno, ci condurrà, attraverso l'Impero, fino al suo
superamento".
"Il
dio denaro" di Giorgio Bocca prende il titolo da una
sua famosa inchiesta degli anni '60 sui calzolai di Vigevano: " Il dio
denaro: ricchezza per pochi, povertà per molti", ed è una lunga
invettiva contro chi oggi, come allora il calzolaio di Vigevano, è interessato solo al dio denaro. Un tipo umano che sopravvive ancora e trova la
sua consistenza nella nuova "bolla" del
"turbocapitalismo", conosciuto come new economy, che dopo aver
infiammato le borse di tutto il mondo è "scoppiata simile a una bolla
piena d'aria come una gravidanza isterica."
"Economia
all'idrogeno" di Rifkin conclude la rassegna
letteraria di questa settimana. Rifkin è molto pessimista sulla questione
delle riserve di petrolio: se l'opinione diffusa è che dovrebbero bastare
almeno per altri quarant'anni, secondo Rifkin la crisi petrolifera potrebbe già
presentarsi alla fine di questo decennio. La colpa sarebbe della
globalizzazione che ha portato ad un'industrializzazione su scala mondiale,
provocando un aumento del fabbisogno energetico. Se nel momento della crisi
gli Stati Uniti e gli altri paesi industriali facessero ricorso a materiali più
"sporchi" del petrolio, la conseguenza disastrosa sarebbe quella di
accentuare il surriscaldamento del pianeta e di infliggere il colpo finale
all'ecosistema terrestre.