Legge Biagi
Ieri sera sono andata al cinema. Sono andata a vedere il film "tutta la
vita davanti", non so se ne hai sentito parlare. Viene ritratto, forse con
un pò di esasperazione, il dramma che i giovani vivono nella ricerca di un
lavoro, nella conquista di una dimensione lavorativa e umana dignitose. Un
film vero, dove qualsiasi giovane può riflettersi (e per giovane intendo la
fascia di età compresa fra i 18 e i 35 anni), e ogni genitore rammaricarsi
per non essere riuscito a garantire al proprio figlio una società più
giusta. Pensando ai principi fondamentali della nostra Costituzione, ai
primi quattro articoli per intenderci, la mia esternazione più elementare,
vera e diretta è bla bla bla. Si proprio bla bla bla. Lo stesso bla bla bla
che i politici ci fanno ascoltare fino all'esasperazione in questi giorni di
campagna elettorale...".
Questo è un messaggio che mi ha spedito una utente di Digiland come voi. Prima di pubblicarne il
testo, ho ovviamente chiesto l'autorizzazione alla mittente, che me l'ha
gentilmente concessa. Il contenuto di questo messaggio, oltre che
permettermi di sfatare le leggende metropolitane che circolano sul contenuto
della mia messaggeria, mi ha dato anche lo spunto per approfondire l'argomento
del lavoro giovanile, particolarmente sentito in questo momento, alla luce
della precarietà a cui sono sottoposti i giovani italiani nell'accesso al
mondo del lavoro.
Interessantissimo è senz'altro l'esplicito richiamo che nel messaggio viene
fatto ai primi quattro articoli della nostra Costituzione, articoli che sarà
bene citare per chiarezza:
Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,
e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il
dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale
della società.
Siamo fortunati noi italiani, la nostra Costituzione è materia di studio in
tutto il mondo occidentale come uno dei più fulgidi esempi di
autodeterminazione provenienti direttamente dal popolo, si dal popolo, nel
significato più politico del termine.
Osservando i primi quattro articoli si
nota immediatamente la formazione classista della Costituzione stessa,
questi articoli sono infatti espressamente dedicati al "lavoro", senza
citare in alcun modo il "capitale". L'Italia è una Repubblica democratica,
fondata sul lavoro, è il cappello, l'inizio, il cardine, tutto ruota attorno
a questo concetto fondamentale, e proprio il fatto che tutto ciò sia citato
nel primo articolo ne amplifica ancor di più l'importanza. A questo punto
sarà bene specificare che in qualsiasi testo di economia troverete la
seguente definizione:
"elementi fondamentali dell'economia sono: il capitale, il lavoro e la
terra".
Ma la nostra Costituzione punta la sua attenzione esclusivamente sul
"lavoro". Ora, in una economia sempre meno rurale e sempre più industriale
come la nostra, risulta ovvio che i cardini principali siano il capitale e
il lavoro, ebbene la nostra Costituzione dichiara apertamente che l'Italia è
fondata sul "lavoro", sulla difesa del diritto al lavoro, e sul dovere di
ogni cittadino di partecipare al progresso della nazione secondo le sue
capacità e scelte, il capitale non è nemmeno citato. I membri della
Costituente erano tutti insigni oppositori del regime fascista, noto per l'impostazione
corporativa della sua economia, dove erano negati il diritto di sciopero e
di serrata, dove il mercato del lavoro non era più regolato dal sistema
della domanda e dell'offerta, ma disciplinato dalle direttive impartite
dalle "Corporazioni", in tema di salari, di orari, di diritti, di tutto. Il
sistema Corporativo fu inizialmente salutato come il più avanzato esempio
mondiale di legislazione del lavoro, ma il testo della legge era così
generico e le intenzioni così diverse da quelle dichiarate, che il
Corporativismo ottenne come unico risultato quello di cancellare ogni
diritto sindacale a totale vantaggio del padronato. I Costituenti intesero
quindi spazzare via il vecchio sistema, scardinandolo dal suo incestuoso
rapporto di dipendenza con il capitale, e fondare un nuovo sistema basato
sul lavoro e sul riconoscimento dei diritti sindacali.
Definite le radici classiste della nostra Costituzione, sarà utile puntare
la nostra attenzione sugli articoli 3 e 4, dove si dice che è compito della
Repubblica rimuovere ogni ostacolo che impedisca lo sviluppo della persona;
e che ogni cittadino è tenuto a partecipare al progresso della nazione
secondo le proprie capacità e scelte. Secondo le proprie capacità e scelte,
interessantissimo questo particolare, perché al giorno d'oggi l'ingresso nel
mondo del lavoro avviene in tutt'altro modo. I nostri giovani studiano e si
preparano, ma sempre più spesso trovano solo lavori poco gratificanti,
prendono quello che trovano, senza avere la benché minima possibilità di
operare una scelta che non sia del tipo: "il meno peggio" e ciò, sulla base
di quanto abbiamo letto nell'articolo 4, è anticostituzionale. Purtroppo
contro questa situazione di fatto c'è poco da fare, i motivi sono chiari, i
lavori vengono resi disponibili dal capitale, e con i capitalisti che ci
ritroviamo meglio di così non potrebbe andare, ciò non di meno rivendico l'anticostituzionalità
dell'attuale situazione. Ma l'incostituzionalità dell'attuale mercato del
lavoro non si osserva solo in questo punto. Come ben sappiamo, le ultime
leggi hanno impostato il sistema in modo che nella pratica non esiste quasi
nessuna possibilità di sviluppo o di crescita personale. Allo stato attuale
le capacità e le professionalità dei nostri giovani vengono svilite da una
serie senza fine di contratti a termine, a obbiettivo, a progetto, in
appalto, eccetera. Lo sviluppo di una personalità si ottiene attraverso un
percorso lavorativo progressivo, non attraverso un saltellamento continuo di
palo in frasca, da un lavoro all'altro, ciò che è l'attuale realtà del mondo
del lavoro in Italia, pertanto l'attuale mercato del lavoro è
incostituzionale anche in base all'articolo 3.
A questo punto è giunto il momento di prendere il toro per le corna e
dichiarare apertamente quale sia l'origine, la causa di tutto questo. Essa è
una e una sola: la Legge Biagi. Tale legge, fumosa e inapplicabile per l'80%
del suo testo, ha però introdotto una pletora di nuove forme di contratto e,
esattamente come accaduto con la legge sulle "Corporazioni" fasciste, con l'obiettivo
dichiarato di rendere più flessibile il mercato del lavoro, ha invece
fornito al padronato un formidabile strumento per usare i lavoratori alla
stregua di macchine. Quando una macchina non serve più si spegne, solo che
le persone non sono macchine, e soprattutto il più delle volte le macchine
non servono più perché l'industriale ha fatto le scelte sbagliate, non ha
saputo rimanere nel mercato, non ha saputo modernizzare la gamma dei suoi
prodotti o renderli concorrenziali. In sostanza con la Legge Biagi si è
scaricato il rischio di impresa sui lavoratori. Caro lavoratore mi spiace,
ho sbagliato il campionario, ti licenzio. Troppo facile, troppo comodo,
perché in questo modo si deresponsabilizza l'industriale, il quale proprio
come su Matrix, ha sempre dei livelli di sopravvivenza che è disposto ad
accettare. Nel senso che se l'industriale continua a guadagnare i suoi
centomila euro al mese con la metà degli operai, accetta il livello
inferiore di sopravvivenza e manda a casa metà dei dipendenti. Non c'è più
lo stimolo a migliorare, a perfezionare, ad avere quel piglio
imprenditoriale che permette ai capitalisti di razza di prevalere, di
crescere e di far crescere l'economia. Perché diciamocelo, senza i
capitalisti non esisterebbe il lavoro, saremmo ancora all'epoca del baratto,
i capitalisti, gli industriali, insieme ai lavoratori sono il vero cardine
dell'economia. Ma la legge Biagi ha imbastardito i nostri capitalisti, e ha
imbastardito il mercato del lavoro, quindi in sostanza la
legge Biagi è incostituzionale.
In questo primo lavoro ho solo affrontato i gli effetti della legge Biagi,
nella seconda parte affronterò i motivi della inapplicabilità della Legge
Biagi ad una società come quella italiana
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