HOD

 

Parlando di Netzach abbiamo presentato la triade delle Sephiroth che riguarda direttamente la nostra evoluzione e quella del mondo materiale, la triade del “Triangolo Astrale o Naturale” e abbiamo detto che questa triade è formata da tre Sephiroth, Netzach (Vittoria ed Eternità), Hod (Gloria e Splendore) e Yesod (Fondamento e Verità), che sono considerate le Sephiroth, per eccellenza, trasformatrici delle energie, in quanto sono il punto di incontro tra le energie che vengono dall’alto e quelle che vengono direttamente dal mondo della natura e dalle forme- pensiero dell’uomo. Tramite lo studio e la presa di coscienza delle qualità di queste Sephiroth, possiamo avere la spiegazione di tanti fenomeni che avvengono in natura e che a noi sembrano soprannaturali. L’energia di Netzach che, come sappiamo, è l’energia della “Vita Una” rifratta in mille raggi multicolori, non ha ancora una forma e si riversa in natura tramite le forze di vari veicoli naturali come un fiume, una catena montuosa, un temporale, la vita di un fiore, la forza di un animale, ecc. e l’uomo che riesce ad entrare in contatto con queste energie astrali, antropomorfizza queste energie che sono dietro il fenomeno che si manifesta e crea forme-pensiero secondo i suoi canoni e a sua somiglianza, così da rappresentare a se stesso queste forze sottili ed elusive che si sforza di contattare, comprendere e assoggettare alla sua volontà. È proprio Hod, la Sephirah della magia e della ritualità, tramite il possesso delle sue qualità, l’essere umano riesce a dare la concretezza e l’anima alle sue forme-pensiero. Con l’intelligenza, la volontà e la perseveranza di Hod, l’uomo riuscirà a captare l’energia di Netzach e ad animare le sue forme-pensiero. È in questa Sephirah che si compiono i cosìddetti “miracoli”. Hod comunque, senza le qualità immortali di Netzach, Eternità e Vittoria, non può raggiungere il suo scopo cioè la Gloria e lo Splendore: queste due Sephiroh sono legate a doppio filo, sono rispettivamente come la gamba sinistra e destra dell’uomo, con l’una ci si muove e con l’altra si acquista stabilità e il lavoro svolto da chi possiede le capacità di Hod, rimarrà comunque sterile e illusorio, senza le energie e le qualità di Netzach.
Soffermiamoci quindi sulla Sephirah Hod per comprendere meglio i requisiti che l’essere umano deve avere per potersi sentire un iniziato a questo livello. Hod, Gloria e Splendore, è considerata dal Sepher Yetzirah (il Libro della Forma), “Intelligenza Assoluta e Perfetta”, il suo Chakra mondano è Mercurio, pianeta guizzante, instabile portatore di luce e intelligenza e i suoi simboli sono tutti spiccatamente mercuriali. A Hod è associata, appunto, la figura di Hermes, il dio greco della prudenza e dell’accortezza, della sagacia e dell’astuzia, che viene considerato l’autore di una innumerevole varietà di invenzioni che vanno dall’alfabeto alla matematica, dall’astronomia ai pesi e alle misure. E fu proposto inoltre al commercio e alla buona fortuna e lo si figurò messaggero e araldo degli dei dell’Olimpo. Secondo Virgilio gli dei gli avevano affidato l’incarico di condurre dal mondo inferiore a quello superiore, l’anima dei trapassati, patrocinandone la causa. È in Hod che noi dobbiamo trovare la forza di mettere in atto le qualità immortali dell’anima, in Hod capiamo l’importanza dell’eternità e sentiamo la necessità di aprirci all’universo, mettendoci in cammino.
Ma vediamo passo passo come si manifesta nell’uomo l’opera di Hod. Quando si supera la sfera di Yesod che, come vedremo, rappresenta per l’adepto il rapporto diretto con il maestro, e con un lavoro interiore, silenzioso e solitario, si arriva poi alla sfera di Hod, avremo allora raggiunto la consapevolezza che facciamo parte inerente del mondo e che tutto deve tornare, insieme a noi, al suo Creatore, capiremo che l’energia, una volta arrivata a Malkuth, ha come spinta naturale quella di risalire, e che il nostro compito è quello di aiutarla a liberarsi dalle scorie e dalle forze coesive della materia. Allora sentiremo la necessità di aprirci agli altri, di partecipare a gruppi di persone che la pensano come noi per essere più forti insieme e collaborare meglio a questa “Grande Opera”, come chiamano gli alchimisti l’opera di trasformazione dell’energia nel mondo alla quale gli uomini sono chiamati direttamente e coscientemente a collaborare. Le energie che captiamo con le nostre forme-pensiero, con riti, con meditazioni, preghiere, invocazioni, ecc. devono avere un solo scopo: quello di liberare le energie dalle scorie cercando di purificarle da elementi che trattengono sulla terra e quindi sentiremo anche la necessità di comunicare con le Forze Superiori per la nostra e l’altrui risalita. Cercheremo, per raggiungere il nostro scopo, di servirci di tutti i mezzi a nostra disposizione, quelli consolidati nel tempo, come possono essere i riti già strutturati da anime iniziate che hanno trasferito a Netzach i poteri di Hod per promuovere l’evoluzione umana e con la nostra carica emotiva, insieme a quella delle persone che la pensano come noi, riusciremo a dare vita alle nostre forme-pensiero e a liberare energie sacrificate nella materia. Il nostro compito quindi è proprio quello di agevolare la risalita delle energie, purificandole. Ma se si operasse invece in controtendenza, cioè se le energie captate a questo livello si usassero per scopi personali, è evidente che tornerebbero a livello di Malkuth (il Mondo della materia), così, le energie che per loro natura tendono ad andare in alto, verrebbero nuovamente costrette in basso, verso forme restrittive, provocando ogni sorta di negatività, esplodendo come una bomba coatta, nelle varie forme e dimensioni.
Quando un individuo arriva alla Sephirah Hod vuol dire comunque che ha oltrepassato la sfera delle illusioni e degli inganni, vuol dire che si è distaccato da animosità, da pregiudizi, da malintesi e cerca di vivere in un’altra dimensione, si mette in cammino verso i veri valori, quelli eterni dell’anima. Vuol dire che è cosciente delle possibilità che ha di trasformare se stesso e il mondo e che non si tratta di un sogno utopico e irrealizzabile, ma di una realtà reale e concreta, addirittura un’esperienza irrinunciabile e sa anche delle responsabilità a cui va incontro se non si appellasse al volere divino.
L’iter “dell’uomo di desiderio”, desiderio di tornare alla Sorgente, è lungo, faticoso e anche tortuoso, fatto di alti e bassi, di avanzamenti e regressioni, di certezze e dubbi: in Yesod l’adepto o “l’uomo di desiderio” trova finalmente il maestro spirituale, e può stabilire con lui, come abbiamo già accennato, un rapporto segreto (Sod = segreto, in ebraico). Il maestro spirituale infatti deve essere, in questa fase, un amico dal quale ci si può recare per conversare, per scambiare opinioni, per chiedere consiglio, ecc. così che si verifichino le condizioni perché possa avvenire fra maestro e discepolo un processo di osmosi sottile tramite il quale avviene il travaso di Luce e di Sapienza. Ciò sta ad indicare come le esperienze più belle vissute dal discepolo durante i contatti con il maestro spirituale, siano segrete e impossibili da comunicare. In Hod viceversa, si sente l’esigenza di aprirsi con chi la pensa alla stessa maniera e di formare un unico gruppo, quindi si cercano le persone giuste per militare insieme e si diventa automaticamente maestri spirituali. In Hod siamo quindi animati dal desiderio di trovare la comunità a cui apparteniamo, e nel fare ciò cambiamo sovente ambienti e gruppi prima di sentirci a nostro agio in un ben definito movimento spirituale. Uno dei significati del termine Hod è anche quello di “Eco”. È l’eco con cui i discepoli rispondono e se fra i discepoli c’è integrazione e spirito di fratellanza, l’eco diviene Splendore. Ma è proprio nella comunicazione dei nostri intenti, nella partecipazione ai gruppi spirituali che troviamo le maggiori difficoltà di assestamento. Le vie di crescita sono tante e all’inizio non ci si capisce, si cerca, anche per lungo tempo, il gruppo che fa per noi, ma una volta che cerchiamo di seguirlo seriamente dovremmo lasciarci dietro le incomprensioni e cercare di trarre profitto della forza del gruppo. Nel Talmud, libro che racchiude tutti gli insegnamenti della dottrina ebraica, si racconta di un gruppo di ventiquattromila discepoli, capeggiato da uno stimatissimo rabbino che ebbero un tragica sorte perché - è scritto - “non si rispettavano gli uni con gli altri”. Se non si acquisisce la capacità del rispetto reciproco, il gruppo è quantomeno destinato a sciogliersi e la possibilità di un cammino spirituale, proprio della Sephirah Hod, si interrompe, l’iniziato deve ricominciare a trovare il suo gruppo per aprirsi e lavorare insieme. Le difficoltà dipendono solo da noi, dal capire più o meno subito qual è il cammino a noi più congeniale, dall’essere abbastanza forti da sopportare gli umori degli altri, sapendo che poi passano, dall’essere noi stessi rispettosi delle piccole differenze di vedute e di opinioni del cammino altrui, dal capire, a questo punto della nostra evoluzione, che dobbiamo cominciare a sacrificare, con dignità e consapevolezza, le nostre esigenze personali per il bene dei principi che ci tengono uniti. Quando il gruppo è ben coeso, sì che ogni persona agisce per il bene dell’altro, è il momento per il gruppo di aprirsi e offrire un insegnamento pubblico, deve cercare di estendersi e fare quindi proseliti. Infatti quanto più cresce il gruppo, tanto più cresce lo Splendore e il suo riverbero si diffonde. Lo splendore di Hod emesso dal gruppo è l’aura che si condensa intorno all’assemblea riunita per lavorare secondo la Volontà di Dio. Perché lo splendore di Hod possa continuamente raddoppiarsi è bene diffondere gli insegnamenti ricevuti ed è bene avvicinare le persone che mostrino interesse sincero. Oggi non si teme più l’apertura degli insegnamenti esoterici, siamo entrati nell’Età dell’Acquario, e le scienze hanno già divulgato gli insegnamenti che ci portano alla conquista dei cosiddetti poteri magici, per i quali si temeva la divulgazione di certe dottrine esoteriche. Oggi, più che in passato, bisogna aprirsi per poter spiegare il senso e le conseguenze, spesso disastrose, di certe pratiche o riti divulgati con troppa faciloneria.
I riti a livello di Hod, strutturati da anime iniziate, quali Mosè e Aronne, sono una possibilità che Dio ha messo a nostra disposizione per facilitarci il compito della risalita e il primo Gran Sacerdote, associato alla Sephirah Hod, fu “Aronne”, perché Aronne e la moglie erano costantemente all’opera per riconciliare eventuali discordie tra i figli di Israele e il ruolo sacerdotale consiste proprio nella capacità di eliminare, con riti e preghiere, il peso karmico delle azioni negative. Hod poi è quel tipo di luce (Splendore) e di energia particolare che esce dalle mani del Gran Sacerdote mentre benedice o dal maestro mentre sta dando l’ordinazione o l’iniziazione all’adepto. Nella Torà è scritto: “Gli darai del tuo Hod (Splendore e Luce)”. Tanto Mosè che Aronne avevano un grande Hod.
I Chasidim, gruppo mistico cabalistico, insegnano che la qualità dell’anima umana connessa con Hod è la semplicità, cioè, per arrivare a Hod bisogna mantenere un atteggiamento di pazienza e di facilità ad accontentarsi, di capacità a non farsi abbagliare dalle apparenze, a non cedere alla troppa esaltazione o all’entusiasmo in modo esagerato per qualche nuova scoperta. E insegnano che la semplicità sta anche nel non preoccuparsi troppo di ciò che ci attende in futuro. Chi si preoccupa eccessivamente del futuro rischia di non vivere nel presente e di dimenticare che è proprio agendo bene nel presente che siamo in grado di modificare il corso degli eventi prima che questi si manifestino e il saperli in anticipo con pratiche divinatorie, ecc. può rafforzare le probabilità del loro verificarsi.
Possiamo concludere che Hod è una Sephirah per noi molto importante, indica un approfondito e costante lavoro di trasformazione, di purificazione, di associazione e di sublimazione delle energie, ma bisogna stare attenti alle allucinazioni e alle prese di coscienza ingannatrici che arrivano a Hod, direttamente della Sephirah Yesod.
-TORNA-