Problematiche inerenti la creazione
di ipertesti narrativi multimediali


(ovvero la narratologia spiegata ai ragazzini)

di Stefano Franzato


Lo scorso A.S., 1997/98, nell'ambito dei laboratori del tempo prolungato organizzati dalla scuola dove insegno " S.M.S. "Nicolò De' Conti" di Sottomarina mi sono occupato con un gruppo di una decina di ragazzi di prima e coadiuvato in compresenza da una collega di Lettere, della creazione di storie ipertestuali da realizzare, mi ero proposto sin dall'inizio, tramite pagine HTML in maniera di poterle mettere direttamente in linea nel sito web della scuola, fosse stato il caso.

Nell'A.S. precedente, a quanto avevo capito (io ero nuovo di questa scuola e dopo un lungo "esilio" alle Elementari durato più di dieci anni, rientravo alle Medie), i laboratori (di una o due ore pomeridiane o, anche, antimeridiane) erano stati riservati alle seconde e alle terze. Ora si pensava di estenderli anche alle prime. Nella riunione preliminare, nella quale si decidevano tempi, modi e argomenti che avrebbero trattato i laboratori, io proposi la creazione di ipertesti narrartivi, di storie interattive, anche semplici, che comunque avessero fatto capire agli studenti di prima cosa fosse e come si creasse un ipertesto; ho scelto le storie puntando sul piacere che sapevo avevano i ragazzi di dieci, undici anni di inventare appunto storie: era un'esperienza (senza ipertesti però) che già avevo fatto con i miei scolari di quinta nell'A.S. 1996/97: sapevo quindi che cosa potevo io aspettarmi e pretendere e che cosa potevano darmi ragazzini di quell'età. Durante la summenzionata riunione, mi sorprese non poco il fatto che colleghi di lettere che presumibilmente avevano frequentato corsi di aggiornamento, mi domandassero senza mezzi termini, chiaro e tondo, cosa fosse un ipertesto: avevo dato per scontato lo sapessero in quanto docenti specialisti di una materia che con testi aveva sicuramente a che fare, e operanti in un ordine di scuola superiore a quello da cui provenivo io. Mi sbagliavo.

La casa

Lo spazio

Al primo incontro con gli studenti, spiegai loro brevemente cosa intendevo facessimo assieme e, a grandi linee, cosa fossero gli ipertesti. Ho sempre ritenuto che. per quanto chiara, una spiegazione puramente teorica del concetto e della realizzazione di ipertesti potesse il più delle volte risultare complicata, perciò inutile. Gli ipertesti, la loro potenzialità concettuale, li si comprendono appieno costruendoli, scontrandosi con le scelte che di volta in volta si devono fare, scartare, modificare, specialmente se, nel costruirli, si adotta il metodo bottom up, diciamo "ad accumulo"; scelte che comunque vengono effettuate quand'anche si adottasse il metodo contrario, il top down, chiamiamolo, "a pianificazione" o "a progetto".

Cercai di sondare quale genere di storia volessero e volessimo inventare, se avventurosa, poliziesca, di fantascienza, horror; la scelta cadde su quest'ultimo. Mi son sempre domandato quale fosse il meccanismo che rende l'orrido cosi affascinante: perché il bello attrae, il brutto schifa, l'orrido affascina. Ebbi una sorpresa che, sinceramente non mi aspettavo: cercando un argomento, una sorta di canovaccio su cui e con cui costruire la storia, mi accorsi che i ragazzi, sulla cui grande abbondanza di fantasia (che presumevo avessero) facevo affidamento, di questa erano in realtà privi. Alla fine un gruppo di ragazze propose una storia basata sulla Casa degli Orrori, tema tutt'altro che originale ma a me andava bene perché mi permetteva di poter creare luoghi virtuali (le stanze) per entrare e/o uscire dai quali era indispensabile creare dei collegamenti e, inoltre, disegnare una pianta dell'edificio stesso, che altro poi non sarebbe stata che la mappa dell'ipertesto.

Che cosa sarebbe dovuto succedere in quella casa? Ebbi un'altra sorpresa. Anche qui i ragazzi mancavano d'inventiva: rimestavano e riproponevano senza nemmeno manipolarli o modificarli, tanto per cambiarli almeno un po', cliché desunti da film che avevano visto: mostri che improvvisamente balzano fuori (da armadi, cassapanche, botole), cadaveri e fantasmi, lupi mannari, scheletri e via dicendo: tutto il vieto repertorio dell'immaginifico horror da B-movie: più che una casa degli orrori, mi richiamava alla mente il tunnel degli orrori delle fiere. Con che cosa si poteva spiegare tutta questa carenza di inventiva e di creatività da parte di ragazzi undicenni? Troppa mal digerita TV? Troppe poche letture? (e, nel caso, per questo non credo sia da puntare il dito esclusivamente sull'Istituzione Scolastica: la famiglia qui, ha una responsabilità maggiore). "In questa stanza, il giocatore/lettore, trova uno scheletro che gli mette una mano sulla spalla"; ma questo era ancora, più che storia, una precisazione sul luogo. Sì, è vero, cominciavo a instillare negli studenti il concetto di interattività: la storia si costruiva per farla leggere a e, al contempo, giocare da un'altra persona. Ma, almeno sommariamente, che cosa dovesse avvenire, ancora non saltava fuori. Dovevamo inventare una fabula.

Fabula, ambientazione e caratterizzazione dei personaggi

Suggerii che poteva essere una casa in cui abitava uno scienziato pazzo che faceva esperimenti efferati. Anche questo era una tematica più che sfruttata ma poteva andar bene: bisognava in ogni caso delineare con maggiori dettagli il personaggio che, tra parentesi, era chiaro essere quello principale. Ponevo domande per vedere che idee venivano in mente ai miei studenti; domande che mi consentivano anche di dare delle spiegazioni su nozioni e concetti, materie non insegnati alle Medie inferiori. Lo scienziato doveva essere un fisico o un biologo, o un medico (nel qual caso, fisiologo o patologo?). Ciò, andava da sé, dipendeva dal tipo di esperimenti che questi faceva: se, per rendere veramente orripilante la storia, questi venivano effettuati su esseri umani, allora era o un biologo o, meglio, un medico. Per creare una certa motivazione e curiosità nel lettore/giocatore, dissi che era meglio avvolgere tutto il luogo in un alone di mistero e presentare le informazioni iniziali come vaghe dicerie di paese collocando la casa poco al di fuori di questo; per caratterizzare il personaggio era necessario fornirgli una sia pur scarna biografia: i vecchi del paese dicevano che quella casa era stata abitata tanti anni addietro da uno scienziato folle quanto schivo e riservato, famoso un tempo, che, allora si mormorava, eseguiva esperimenti misteriosi e forse poco leciti; altri dicevano che era tuttora abitata perché alcuni viandanti, cacciatori o villeggianti, passando nelle vicinanze dell'edificio avevano udito rumori e suoni strani. Altre voci riferivano che lo scienziato convivesse o fosse convissuto con un servo factotum che lo aiutava negli esperimenti. Altre dicerie riguardavano una presunta figlia dello scienziato che quindi era stato sposato (se così, allora la moglie? No problem: lo facciamo vedovo). Alcuni anziani erano pronti a giurare di aver visto giocare questa bambina nel cortile della casa. Era ancora viva, poi, questa bambina? Quanto di tutto ciò rispondesse al vero, stava al lettore/giocatore scoprirlo.

Ok, avevamo deciso che lo scienziato pazzo era un medico, avevamo inventato qualche notizia su di lui e gli avevamo affiancato altri personaggi. Restava da definire con una certa precisione la natura dei suoi esperimenti. Li eseguiva su umani? No, decidemmo che lui facesse studi ed esperimenti per prolungare la vita oltre la morte e che a questi studi ed esperimenti l'avesse spinto il dolore per la lunga mortale malattia che gli aveva portato via la sua unica, giovane, adorata figlia. Gli esperimenti, inoltre, non li effettuava su cavie umane prelevate chissà come e dove, bensì su di sé e sul suo factotum. Ma, allora, come si spiega che la casa è fatiscente e ha tutta l'aria di esser davvero disabitata da lungo tempo? Se c'è qualcuno dentro che ci vive (il che giustificherebbe i rumori e suoni uditi da gente di passaggio)! Il problema di coerenza non era da poco. Bisognava pensarci. La soluzione la trovò un'allieva in breve tempo: "facciamo che lo scienziato avesse trovato sì un modo per vincere la Morte, ma che i suoi studi fossero arrivati ad un punto tale che egli cadeva in una specie di letargo per un intero anno, passato il quale, si risvegliava." Non era affatto male come idea. La precisai dicendo che lui stava studiando come manipolare i geni del tempo e della vecchiaia (egli era quindi anche un genetista) e che, al momento in cui entrava in scena (e in casa) il lettore/giocatore, questi fossero i risultati ottenuti. Risultati parziali ma pur sempre migliori rispetto a quelli posti in essere per tenere in vita il factotum: anche questi "viveva" ma la sua sopravvivenza sussisteva grazie ad una macchina. Lo scienziato poteva stare "sveglio" solo per un breve periodo (poniamo un mese dopo di che tornava in "letargo" per un a altro anno), durante il quale, dopo aver risvegliato il proprio aiutante, proseguiva freneticamente i propri studi al fine di migliorare le condizioni di entrambi.

Bene! Era questa la verità cui doveva pervenire il lettore/giocatore. Era la fabula della nostra storia. Dovevamo adesso trovare il modo migliore per dispiegarla al lettore/giocatore. In qualche maniera, dovevamo creare l'intreccio della storia: Ebbi così necessariamente modo di spiegare agli studenti la differenza tra fabula e intreccio: la prima era la nostra storia in sé il ciò che accade, linearmente, dall'inizio alla fine, il secondo riguarda il come accade dal punto di vista del lettore/giocatore.

Intreccio dinamico e multiplo

Una storia ipertestuale non può avere un intreccio statico: per forza di cose è dinamico e dato dal percorso che il lettore di volta in volta si è scelto leggendo e giocando, rileggendo e rigiocando la storia se non è riuscito a concluderla positivamente la prima volta che l'ha letta e giocata. Intreccio dinamico e multiplo quindi ma, tenendo presente la soluzione, il numero dei possibili percorsi non è infinito. Nel nostro caso, il percorso che porta alla soluzione è uno solo; volendo, se ne sarebbero potuti costruire anche altri, ma per ragioni di tempo e di semplificazione, si è preferito così. Sostanzialmente, i percorsi logicamente possibili sono quattro:

  1. quello che porta alla soluzione, intendendo per soluzione la capacità del lettore/giocatore di a) scoprire la verità e b) uscire indenne dalla casa;
  2. scoprire la verità ma non uscire indenne dalla casa;
  3. non scoprire la verità e non uscire indenne dalla casa;
  4. non scoprire la verità e uscire indenne dalla casa.

Si tenga presente che quando diciamo "scoprire la verità" intendiamo "tutta" la verità non, eventualmente, brandelli della medesima. Ciò precisato, val la pena di notare la somiglianza della soddisfazione delle due proposizioni che portano alla soluzione e la tavola di verità relativa alla congiunzione 'e'; il giocatore può dichiarare vero che ha vinto se e solo se entrambi le proposizioni (e condizioni) "ha scoperto la verità" E "è uscito indenne dalla casa" sono vere (e state soddisfatte); mostrato in forma tabellare: se il lettore/giocatore

ha scoperto la verità (E) è uscito indenne dalla casa (ALLORA) ha vinto
         
V   V   V
F   V   F
V   F   F
F   F   F

Volendo, si potrebbe aggiungere un quinto percorso possibile ma poco probabile, tanto è vero che si è fatto in modo che questo caso non si verifichi: ossia non scoprire la verità e non uscire dalla casa che equivarrebbe a continuare all'infinito a gironzolare per le stanze.

Ma doveva pur succedere qualcosa al giocatore in un momento della sua esplorazione della casa! Certamente. La sua interattività determina parte degli eventi e ciò, a sua volta crea il tempo della storia.

Percorsi ed eventi

Quando il lettore/giocatore inizia, due, a sua insaputa, sono gli eventi certi, previsti dalla fabula: il risveglio dello scienziato il quale a sua volta risveglia il suo factotum/assistente; far entrare il giocatore in un periodo dell'anno in cui questi eventi non hanno luogo, significherebbe non metter in moto il meccanismo narrativo.

Si era ipotizzato che, il lettore/giocatore, dopo aver esplorato le varie stanze, entrasse nel laboratorio, e, curiosando qua e là, azionasse la macchina che dà avvio al processo del risveglio dell'aiutante tuttofare il cui - come chiamarlo - "sarcofago" si trova in un'altra parte della casa (nel sotterraneo): ovviamente il giocatore non si rende conto di cosa abbia fatto: nel laboratorio tutto rimane com'è. Le conseguenze del suo gesto le constaterà allorché vorrà uscire dal laboratorio e si troverà davanti al factotum che, visto l'intruso, verso di questi non sembrerà dimostrare intenzioni pacifiche. In questa situazione il lettore giocatore potrà:

  1. fuggire e rifugiarsi nel laboratorio;
  2. rifugiarsi nel laboratorio e, da qui, fuggire dalla casa - se ha trovato precedentemente il modo di farlo;
  3. tentare la fuga in altre stanze;
  4. affrontare l'assistente/factotum:

Optare per a) significherebbe arrivare a uno stallo del gioco oppure a un finale...esplosivo. Nel corso dell'esplorazione delle stanze, il lettore/giocatore può aver raccolto indizi tali da permettergli di abbandonare la casa dal laboratorio: questa sarebbe l'opzione b), ma in questo caso la verità scoperta non sarebbe tutta, sarebbe solo parziale e non spiegherebbe tutti i misteri della casa e non ci sarebbe, perciò vittoria. Le ultime due opzioni, sono soltanto "ritardi" poiché non possono aver esito positivo in quanto, se lo avessero, aprirebbero nuove possibilità di sviluppo della storia, anche realizzabili volendo, ma probabilmente controllabili con difficoltà da parte degli autori; la storia si sarebbe potuta dilatare troppo, il che sarebbe risultato antieconomico e, a conti fatti, un ulteriore ritardo più o meno lungo. La verità era nella casa e là bisognava stare e cercarla.

Non bisognava dimenticare, inoltre, che l'evento principale - il risveglio dello scienziato - doveva aver comunque luogo, per di più mentre il lettore/giocatore stava giocando. Inoltre, ragionando con gli studenti, appariva sempre più logicamente chiaro che, presto o tardi, il lettore/giocatore avrebbe dovuto necessariamente "incontrare" lo scienziato da cui avrebbe avuto un'illustrazione esauriente della verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Come, del resto, in ogni storia mystery che si rispetti. A questo punto il problema era: come farli incontrare faccia a faccia?

Nel caso il giocatore svegli inconsapevolmente il factotum, quest'ultimo, dopo un'inutile e impari lotta fra i due, avrebbe fatto sicuramente prigioniero il giocatore stesso e, successivamente, lo avrebbe portato al cospetto dello scienziato, il quale nel frattempo si sarebbe svegliato.

Ma se il lettore/giocatore, non schiacciasse il pulsante che attiva la macchina? E continuasse a gironzolare per le stanze, come dare il tempo allo scienziato per svegliarsi? Con un trucco narrativo: una stanza dalla quale non sarebbe più stato in grado di uscire (la porta si è incastrata) e, perciò, avrebbe dovuto essere tirato fuori da qualcuno che, nel frattempo, non solo si sarebbe svegliato ma si sarebbe accorto anche della sua ingiustificata, inaspettata e inopportuna presenza. Ecco quindi come si poteva limitare il numero dei percorsi in maniera tale da pervenire alla conoscenza completa della verità: in definitiva soltanto due.

Controlli cibernetici, informazione e interattività

Per poter dire di aver vinto, però, manca la condizione di verità della seconda proposizione: è vero che il lettore/giocatore "è uscito indenne dalla casa".

Mentre gironzola per le stanze, il lettore/giocatore può sempre uscire dalla casa: basta che ritorni sui propri passi; ma questo implica - nel caso ci voglia rientrare - un ricominciare la lettura/gioco in quanto deve comunque passare di nuovo tutti i controlli disseminati nelle varie schermate. Questo sistema di controlli è essenziale per far sì che il gioco accerti automaticamente, da un lato, se alcuni eventi hanno davvero avuto luogo: in altre parole se il giocatore ha trovato ed è in possesso di determinate informazioni sparse nei vari luoghi della casa, dall'altro, se il lettore/giocatore sta costruendosi e facendo l'unico percorso possibile per poter giungere alla vittoria; in base alle informazioni che il giocatore è in grado di "ritornare" (lo si chiami pure feedback: per quanto rudimentale lo è a tutti gli effetti) per mezzo di questi controlli al gioco, quest'ultimo è, a propria volta, in grado di determinare se il giocatore medesimo è o no vicino alla vittoria. È una sorta di controllo cibernetico. Se il lettore sbaglia completamente percorso il gioco lo porta alla sigla finale; se non lo fa, significa che al giocatore è rimasta ancora una possibilità di vittoria, sempre che abbia precedentemente trovato e, perciò, ora disponga delle informazioni giuste per procedere.
Disseminare informazioni è operazione relativamente complicata dal punto di vista narratologico. Bisogna innanzi tutto decidere

  1. quali informazioni dare e quali tralasciare;
  2. quali sono determinanti per la vittoria quali invece sono, diciamo, di doverosa completezza ma non indispensabili (trovare indizi o prove dell'esistenza in vita o passata della figlia dello scienziato non è, per esempio, necessario per uscire vivi dalla casa: è solo la conferma di una diceria);
  3. dove - che equivale in certa misura a decidere anche quando - mettere queste informazioni.

Da ultimo, ma non per questo meno importante, bisogna decidere il come il giocatore le troverà e in che maniera controllare se lo ha fatto.

Così facendo, si crea il percorso di lettura che porta alla vittoria e, si riduce, almeno teoricamente, l'interattività del giocatore, poiché si minimizza in qualche modo uno sviluppo incontrollato dell'entropia del "sistema" ipertesto narrativo/gioco (ma il concetto di sistema con tutto quanto questo implica potrebbe venir applicato tout court al concetto di ipertesto). Da quanto detto, è possibile intendere l'interattività come risultante del rapporto tra informazioni date e da scoprire. Inoltre, va notato che, in genere, il grado di interattività è inversamente proporzionale al grado d'informazione dato; tanto maggiore questo sarà, tanto minore sarà quello dell'interattività; tanto necessariamente maggiore questa sarà, tanto minore, significherà essere il grado o numero delle informazioni date e direttamente disponibili dall'utente.

Far capire agli allievi cosa fosse l'interattività non mi fu difficile. All'inizio, avevo dato agli studenti, dividendoli in gruppetti di due o tre ma lasciando da solo chi avesse voluto farlo individualmente, la consegna di descrivere abbastanza dettagliatamene ciascuna delle stanze della casa; un gruppetto o un singolo, una stanza. Un compito che volle svolgere anche la collega. Avevo raccomandato sì di essere abbastanza dettagliati ma senza esagerare; e soprattutto di essere concisi. Invece, chissà, forse per la sempre presente e tacita convinzione che bisogna scrivere molto (specie se lo si deve fare a e per la scuola), ricevetti descrizioni il più delle volte accurate che dicevano fin troppe cose a scapito del piacere del lettore/giocatore di cercarsele e scoprirle, rendendo, in questo modo, minima l'interattività. Una camera da letto, per esempio, che bisogno aveva di essere descritta nei particolari anche più insignificanti? Avrà un letto, un comodino con sopra una lampada, un armadio più o meno grande, un cassettone, qualche sedia, forse una specchiera, quadri alle pareti. "Ecco", dicevo ai ragazzi, "più che perdersi in dettagli e, magari dire cosa succede quando il giocatore vi entra, per quest'ultimo mi pare più utile potersi fare un'idea, dal mobilio, dalla tappezzeria, dagli oggetti che trova, di chi avesse occupato o ancora occupasse la camera." Quindi, più che riempire di particolari descrittivi la stanza (e su questo esempio tutte le altre stanze), era meglio caratterizzarla, ossia comunicare al lettore le informazioni essenziali per consentirgli di capire se la stanza era stata occupata da una coppia (evidentemente quella matrimoniale) oppure era quella tipica di un figlio o una figlia giovani, quella destinata agli ospiti e così via. Dovetti perciò procedere a tagliare ciò che i miei alunni mi avevano consegnato: tagliare senza pietà, compresa la stanza descritta dalla collega. Tagliare senza remore come un macellaio e adattare, rimodellare come un chirurgo: considerato che la casa era quella degli Orrori, di questa mia operazione nessuno si meravigliò né se ne risentì più di tanto. Ancora, invece di dire cosa ci fosse dentro, sopra o sotto un armadio, una cassapanca ecc., perché non creare un collegamento che porti il lettore/giocatore, se lo desidera, a questa informazione? In questa maniera, si stimola la sua curiosità e, quel che più mi premeva mostrare agli studenti, si crea l'interattività per quanto semplice, si presenti nella forma.

Codici, mezzi tecnici e multimedialità

Il fatto che i miei allievi mi avessero portato lunghe descrizioni delle stanze con un notevole numero di dettagli, fece sì che mi rendessi conto della necessità di dover spiegare e far notare loro la differenza tra codici espressivi, differenza determinata dal mezzo espressivo adoperato, dalle possibilità tecniche che questo offre, oltre che dal modo scelto per esprimersi: nel nostro caso l'ipertesto. Le descrizioni denotavano l'uso del codice scritto del tipo voluto dai colleghi di Lettere; erano un testo, quindi, che andava letto linearmente, senza salti o digressioni. Per questo motivo anche la sua lunghezza era accettabile, Ma, per quanto si dovesse leggere, il lettore/giocatore lo doveva fare stando davanti ad uno schermo e ciò, se la cosa avesse dovuto andare per le lunghe, avrebbe probabilmente annoiato (e, ragione tutt'altro che secondaria e irrilevante, avrebbe stancato gli occhi). Quindi i testi dovevano essere brevi, essenziali, senza fronzoli non necessari. Sì, alcune schermate, come quella in cui lo scienziato spiega tutto, oppure quella che descrive la situazione di partenza, dovevano avere testi piuttosto lunghi; ma queste erano eccezioni giustificate da necessità narrative: per quanto era possibile la brevità andava privilegiata e la lunghezza evitata.

Il linguaggio HTML insieme alle applet Java, a Java Script e ai Fogli di Stile, permettono di arricchire i testi con altri codici sonori e/o visivi aumentando non solo l'interattività ma aprendo la strada ad un certo grado di multimedialità. Mi accorsi e lo spiegai e mostrai ai ragazzi, che per scrivere un ipertesto - forse a maggior ragione se narrativo come era il nostro - non bastava scrivere il testo o i testi per ogni schermata (leggi pagina in HTML), scegliere i nodi ipertestuali, le informazioni da dare direttamente o da lasciar scoprire al lettore/giocatore. Tutto ciò si era rivelato essere solo una parte dell'intero processo creativo dell'ipertesto. Occorreva anche trovare e scegliere le figure (statiche e/o in movimento) che aiutassero ad creare gli ambienti esplorati dal giocatore, Servivano anche, se si riusciva trovarli, rumori, suoni per rendere per quanto possibile "realistici" tali ambienti. Sarebbe senz'altro stato bello, avendo avuto le capacità e le possibilità tecniche nonché il tempo, scrivere questi ambienti in VRML il linguaggio per la Realtà Virtuale in Rete. Non poteva mancare in questo ipertesto (ma se andava bene in questo non significava andasse bene in altri, men che meno in tutti) un commento musicale per quasi tutte le pagine. Bisognava quindi cercare le musiche presumibilmente adatte, ascoltarle tutte e poi scegliere quelle che più facevano al caso nostro: bisognava scegliere musiche che contribuissero a creare, sottolineandola, l'atmosfera cupamente misteriosa nella quale l'interno della casa era immerso. Musiche che, pur non distogliendo l'attenzione del lettore/giocatore, nondimeno, accompagnassero i momenti di pericolo o concitati della storia. Non bisognava tralasciare le sigle di testa e di coda, tutt'altro che poco importanti se si voleva stimolare il lettore/giocatore a proseguire nel racconto: non si doveva assolutamente dimenticare che come la TV col telecomando, qui si era in balìa di un click di mouse. Era chiaro, ormai: più od oltre che di produzione, la realizzazione del nostro ipertesto narrativo era diventata una questione di post-produzione: creazione e raccolta mirata di materiali di vario tipo, testuali, audio, video, da assemblare opportunamente.

Tutti gli studenti erano spontaneamente motivati a leggere e giocare, a entrare ed a esplorare la casa. Lo erano al punto da non accorgersi che sotto il profilo strettamente narrativo e narratologico, tale motivazione non esisteva. Perché mai uno avrebbe dovuto entrare nella casa e scoprirne gli eventuali misteri? La storia in sé non spingeva nessuno a prendere simili iniziative. La casa, le dicerie su di essa, avrebbero potuto non interessare per niente. Bisognava narrativamente creare la situazione di partenza, fors'anche il personaggio con cui il lettore/giocatore poteva identificarsi. Fu così che la prima pagina in cui egli s'imbatte, il prologo, fu l'ultima ad essere scritta.

Alla fine, ne venne fuori un ibrido tra il gioco d'avventura, il libro-game. Ciò in qualche misura l'avevo previsto. Senza troppe spiegazioni frontali, con la tecnica dell'"imparo facendo" - ed era questa la cosa più interessante dal mio punto di vista d'insegnante - gli studenti, con estrema naturalezza, impararono non solo cosa fosse un ipertesto ma anche come se ne costruisse uno narrativo.

Space blackmailers - i ricattatori dello Spazio

Oltre a La Casa ne inventammo un altro, meno complesso dal punto di vista narrativo: Space blackmailers (i ricattatori dello Spazio). Meno complesso ma avente caratteristiche degne di nota

Nel costruirlo, procedemmo alla stessa maniera come avevamo fatto col primo: fabula, intreccio, raccolta di materiale iconico e sonoro e post-produzione. Ma qui presentai, introdussi - e furono ben accolte dagli alunni - alcune novità. La più appariscente consisteva nell'accentuare l'interattività riproducendo, sia pure in modo semplificato, una tastiera di computer, così da dare al lettore/giocatore la sensazione di essere ai comandi di una nave spaziale: era alla consolle del computer di bordo; in questo, dal punto di vista linguistico espressivo c'era qualcosa che richiamava alla mente la funzione metalinguistica jakobsoniana poiché il computer riproduceva se stesso. La seconda novità - assai meno visibile ma forse più originale e "rivoluzionaria" era data dalle "memorie" del computer di bordo: con un click del mouse si potevano consultare informazioni inerenti le stelle, i pianeti, i sistemi solari, Galassie, lo spazio in genere; e ciò non perché si accedesse a informazioni preparate e messe nel disco fisso dell'elaboratore della scuola ma perché la " Space Encyclopaedia", così l'avevo chiamata, era costituita esclusivamente da (alcuni) link a siti web specialistici, in altre parole le "memorie" del computer di bordo erano la Rete. Elementi di Geografia astronomica sono programma di quinta elementare perciò ai miei ragazzi di prima questi argomenti non erano del tutto sconosciuti. Mostravo loro anche e soprattutto, un modo piuttosto inconsueto e futuribile di studiare o per lo meno di approfondire argomenti: ma, in un certo senso, con la storia così avveniristica non eravamo già nel futuro? Nulla da meravigliarsi se lo eravamo, di fatto, anche nel modo di studiare. Leggendo e giocando per di più! Tutta la storia, comunque, essendo basata su eventi "scientifici" offre spunti di studio e approfondimento. Basti pensare che ho dovuto spiegare per sommi capi ai miei studenti di cosa si occupasse una disciplina come l'esobiologia. In ogni caso, Space Blackmailers si può giocare anche off-line,: con qualche limitazione, naturalmente.

Ultima novità: dal punto di vista narrativo avevamo aumentato la possibilità che accadessero eventi casuali, in maniera tale che, pur conservando il suo percorso vincente, questo in certa misura dipendesse anche dal caso: in questo modo la lettura/gioco sarebbe stata ogni volta diversa e la vittoria niente affatto assicurata. Eventi casuali ma non solo anche a tempo: il lettore/giocatore che non avesse avuto in certi momenti, con certe pagine, un po' di pazienza e non avesse atteso, probabilmente si sarebbe perso lo svolgersi di eventi anche determinanti per la vicenda e il suo finale positivo.

Per una fruizione ottimale

Per una fruizione ottimale di ambedue gli ipertesti si dovrebbe:

  1. usare un computer con Pentium o Pentium II abbastanza veloce 166/200 e oltre di Mhz;
  2. essere connessi ad Internet (se si vuole usufruire delle "memorie" del computer di bordo in Space Blackmailers);
  3. una scheda sonora più che buona: quella usata da me a casa (ma non a scuola) è la Creative Sound Blaster AWE 64: senza questa o superiore o similare in prestazioni, la resa multimediale perde molto;
  4. Microsoft Internet Explorer 4.1 o superiore: le pagine HTML degli ipertesti sono state scritte per questo browser: con altri, anche il suo ben noto rivale, Netscape Navigator, la visualizzazione delle pagine può non sempre essere corretta e proporzionata.

Per saperne di più sugli ipertesti narrativi

Giulio Lughi, Ipertesti letterari e labirinti narrativi