09-11-2013
Con la NFL i sogni diventano realtà..
di
Andrea Brizzi
Che stai per vivere un’esperienza fuori dal comune lo capisci non appena metti piede sul suolo di Sua Maestà.
Anche se non è la prima volta, entri sin da subito in un’atmosfera diversa. Ti lasci alle spalle il caos di Fiumicino e apprezzi la pacatezza di Heathrow dove sembra di stare in un mondo per noi alieno.
E’ tutto così perfetto e funzionante, e, mentre percorri i corridoi per la dogana e il recupero bagagli, trovi gratuitamente libretti turistici di Londra con tanto di cartine e mappe della metro.
Dai noi i fondi per fare queste cose probabilmente saranno finiti in tasca di qualche politico o amministratore corrotto o ai soliti amici degli amici.
La Piccadilly Line ti attende, è la via d’accesso alla città e a quella che già sai sarà un’esperienza indimenticabile anche se non ne conosci le sfumature.
Attraversi i sobborghi a ovest di Londra e la prima cosa che noti è che guidano al contrario. Lo sai, perché ci sei già stato, ma ti fa sempre effetto e ogni volta che lo vedi ti dici con convinzione che nel regno unito non guiderai mai, rischieresti un frontale ad ogni svolta.
La tua maglia rossa col numero 52 e il tuo cappellino rosso passano inosservati ai più, a Londra non si fa caso a nulla, nemmeno agli uomini vestiti come se dovessero andare a sistemare il giardino o alle donne che mettono in mostra e in risalto senza il minimo problema le loro femminilità in modo che per noi, figli del vaticano, definire audace è utilizzare un eufemismo.
Mentre gli altoparlanti della metro, che lì si chiama Tube, ad ogni fermata ti ricordano che stai utilizzando un servizio della Piccally Line e “mind the gap betwenn the train and the platform” (prestate attenzione alla distanza tra il treno e la banchina), ti accorgi che non sei l’unico ad indossare merchandising della NFL.
Sguardi attenti non hanno problemi a distinguere chi, come te, sta andando in centro per lo stesso motivo, non necessariamente mostrando gli stessi colori e simboli.
Dopo aver attraversato a stomaco brontolante Covent Garden e aver raggiunto l’albergo, ti immergi subito nell’atmosfera londinese, ventosa ma non fredda.
Trafalgar Square è già dominio della NFL, tutta bella transennata, con le strutture montate e gli inservienti che lavorano sugli ultimi dettagli.
In attesa degli amici che aspettano di incontrarti per entrare in possesso dell’agognato biglietto per la domenica, ti gusti una delle piazze più belle del mondo con in sotto fondo il rumore delle macchinette che prezzano il merchandising su cui il giorno dopo investirai buona parte dei tuoi soldi. I colori sfavillanti delle maglie della NFL cominciano un po’ timidamente a farsi notare qui e là in tutta l’ampiezza della piazza, poi finalmente scambi 4 chiacchiere di Football passeggiando sulla Strand e vicoli adiacenti a Covent Garden nel quartiere di Westmister.
Si parla poco della partita della Domenica, l’unico pensiero è chiuderla il prima possibile per far entrare le seconde linee. I nostri titolari mezzi ammaccati hanno bisogno di riposo e di restaurare la condizione fisica.
Questo non significa che in una piacevole ora sotto il tramonto londinese non si affrontano tutte le questioni più succulente in ballo nella NFL.
Poi ognuno per la sua strada e ti immergi nella città, nei luoghi che, in passato, hai già visitato, ma che hanno in sè dei ricordi particolari. Fanno riaffiorare particolari emozioni. E’ come se volessi riprendere da dove avevi lasciato l’ultima volta, come se volessi far sapere alla città… “non mi considero un turista, ma un mezzo londinese d’adozione”…
Una delle cose che adoro fare quando sono a Londra è essere mattutino.
Non che sia una persona particolarmente avvezza alle sveglie con il cielo ancora scuro, ma, vuoi per l’ora in meno, vuoi perché adoro la città all’alba e vagare per le sue vie con un caldo bicchiere di caffè in mano, mi riesce sempre naturale svegliarmi presto.
I Londinesi hanno ritmi diversi dai nostri, da noi alle 7 del mattino in strada c’è già il caos, lì a quell’ora gira solo qualche autobus vuoto, le strade sono semi deserte e se si ha la passione della fotografia come non sfruttare queste occasioni?
Dopo un salto obbligatorio al Twinings Shop per fare scorta di thè da riportare in Italia finalmente arriva il momento di togliersi uno sfizio, una sorta di sassolino nella scarpa che ancora non ti eri riuscito a togliere, The London Eye, il giro mozzafiato sulla ruota panoramica sul Tamigi, di fronte in pratica al Big Ben.
Da un lato mi dico di aver fatto bene a conoscere bene prima la città perché adesso dall’alto posso riconoscere tutto, persino in lontananza l’arco di Wembley, ma da un altro punto di vista mi dico anche come ho potuto non farlo prima!
Intanto la città ha iniziato a prendere un assetto diverso, è stata invasa dalla NFL e dai suoi fans, maglie e cappelli di ogni squadra, su tutte quelle dei 49ers s’incontrano ad ogni angolo, ad ogni passo.
In molti, sono londinesi, indossano i vessilli dei Jaguars, ma c’era d’aspettarselo visto le chiacchiere che da tempo girano sulla volontà di farne una squadra in pianta stabile a Londra.
Poi inizia il Fans Rally a Trafalgar Square e se già il mondo londinese in cui sei immerso sembra fatato, quando entri nel mondo della NFL sembra il paese dei balocchi, dove i sogni diventano realtà.
Appena entri ti mettono in mano gratuitamente un braccialetto con un piccolo circuito integrato ed effige della NFL, la simpatica ragazza che te lo mette e che ti distrae con le sue fattezze femminili di qualità ottima ti spiega che il giorno dopo allo stadio, entrando nella tailgate area se te lo fai convalidare dal lettore elettronico puoi essere estratto per stare a bordo campo e che una volta a casa puoi registrare il codice del tuo bracciale per vincere due biglietti per una partita delle 3 in programma a Londra del prossimo anno.
E questo è solo il benvenuto, anzi, nemmeno il benvenuto perché il tutto accade a 10 metri dall’ingresso nella piazza, poco prima dei controlli di sicurezza, quindi ancora non sei entrato!!!
Il paese dei balocchi continua appena metti piedi all’interno del party, non fai in tempo a girarti attorno per vedere cosa c’è da fare che dallo stand dove puoi farti la foto con in testa il casco dei 49ers e sullo sfondo uno dei 5 Vince Lombardy Trophy lo speaker annuncia che regalerà dei biglietti per il Superbowl di Febbraio a New York.
Sì, avete capito bene!
Lo speaker corre tra le persone in fila, tra quelle di passaggio, tra cui il sottoscritto, e si dirige proprio verso di me.
Non credo a ciò che vedo, mi pianto in quel centimetro quadrato di mondo, ma stavolta la fortuna non mi assiste.
I due biglietti per il Superbowl di Febbraio vengono messi in mano ad un tipo vicino a me…
Intanto Tony Boselli viene intervistato sul palco e la sua figura domina la piazza attraverso il maxi schermo. In questo momento iniziano ad accadere cose che avranno tutte un loro peso specifico in quella che definisco una delle cose più eccezionali che mi sono accadute nell’escursione londinese…
Scatto qualche foto a Boselli, la posizione non è male, ma c’è la telecamera mobile sul braccio meccanico in mezzo. Così mi dico che da lì non va bene, devo trovarmi un posto migliore. Mi sposto lungo la parte superiore della piazza vedendo le attrazioni presenti.
Poi vengo incantato dall’ipnotico profumo degli hot dog e degli hamburger americani, così mi butto nella mischia e mi metto in fila per mangiare, una lunga fila, molto lenta a scorrere vista l’ora, sono molto di lato al palco ma riesco a gustarmi comunque lo spettacolo delle cheerleaders dei Jaguars. Improvvisamente un omone di colore mi chiede permesso, ha lunghe treccine e un fisico di livello, porta una giacca della NFL Alumni e diverse persone lo riconosco come un commentatore della tv inglese, in tanti ci si fanno foto assieme.
Onestamente non l’ho riconosciuto, anche se ho l’impressione che si sia trattato di un ex giocatore perché il viso mi era molto familiare, io per non far torto a nessuno un po’ di foto a distanza ravvicinata le ho scattate!!!
Finalmente riesco a mettere le mani sul pranzo, ossia su un paio di hamburger davvero deliziosi, mi metto in un angolo e me li gusto. Finito di consumare un pasto leggero, tipicamente americano, mi dirigo verso il centro della piazza.
Devo trovare un punto dove sistemarmi per fare in modo comodo una sigaretta e poi per fumarla, e al tempo stesso anche un punto buono per poter fare le foto. Mi guardo intorno e vedo che sulle scale centrali della piazza c’è un quadrato transennato vuoto e tra questo quadrato e un’area poco sopra dove sono situate due delle telecamere centrali che riprendevano l’evento c’erano dei gradini liberi su cui potersi sedere a avare una posizione davvero ottima per fare foto.
Decido di andare velocemente ad occupare uno di quegli spazi ancora liberi senza rendermi conto che quella scelta sarà fondamentale nel proseguo della giornata. Dimostrazione pratica che nella vita le decisioni e le scelte che ti portano a raggiungere la realizzazione di sogni a cui nemmeno immaginavi sono così particolari e inconsapevoli che quando ci rifletti ti dici, forse nella vita è davvero solo questione di fortuna e nulla di più.
Intanto il party va avanti, la mascotte dei Jaguars intrattiene il pubblico tra una esibizione delle cheerleaders e un filmato sul maxi schermo delle migliori azioni della stagione, si alternano ospiti, Fred Taylor, Ron Woodson, Roger Goddell, Dwight Clark, Fred Biletnikoff, Guy Mc Intire e Briant Young.
Nonchè Jim Harbaugh, Patrick Willis, Navorro Bowmann, Donte Whitner (che dalla prossima partita si chiamerà Hitner) e che spiega la sua scelta di cambiare nome perché: “è quello che faccio!” Jim Tomsula e il nostro proprietario John York.
Un siparietto divertente avviene con la trasformazione dei Field Goal, in pratica il pubblico deve urlare il più possibile per caricare la forza nella gamba virtuale di un kicker che calcia Field Goal da varie distanze, come in un gioco della play station, solo che invece del pulsante per caricare la forza si doveva urlare, ad ogni Field Goal azzeccato, mascotte, presentatore, e i vari ospiti, lanciavano tra il pubblico le mini palle da Football con gli stemmi dei Jacksonville Jaguars.
Nonostante i tentativi di lanciarle il più lontano possibile la palla arrivata più lontana aveva raggiunto a mala pena la fine delle scale sotto di me.
Poi arriva Jim Harbaugh, carica il pubblico con un WHO’S GOT IT BETTER THAN US? E una piazza piena non so di quante migliaia di persone risponde NOBODY!!!!!!!!!
Credo che Harbaugh sarebbe capace di mandarti ad affrontare un tank armato di soli coriandoli tanto riesce a caricare le persone con la sua incredibile personalità!
Poi gli vengono date alcune palle da regalare al pubblico ricordandogli che lui è un ex QB della NFL, non gli e lo avessero mai detto!!!!!!! Tanto perché non è competitivo per nulla ha iniziato a tirare dei missili, uno dei quali è stato shockante!!! È addirittura riuscito ad arrivare alle telecamere alle mie spalle e ha lanciato una mini palla, molto più leggera di una palla di grandezza regolare, il pallone dalla spirale perfetta sarà passato a 5 metri di distanza da me.
E nonostante il brusio della folla e la distanza il suo sibilo è stato impressionante!!!
Ma non è tutto, il meglio deve ancora venire e non lo dico tanto per il calibro degli ospiti in arrivo, ma per quello che starà per accadermi.
Nel mezzo della festa vengono annunciati i Jacksonville Jaguars, tutta la squadra, non solo qualche esponente. Il fatto è che si sta spingendo molto sul fenomeno Jaguars perché nonostante siano pochi a volere un team in pianta stabile a Londra, Goddell, pur ridimensionandosi ,sotto sotto cova il desiderio di spostare i Jaguars a Londra, ne è prova il poster che regalano degli Union Jax, con il richiamo esplicito alla Union Jack, la bandiera britannica.
Con in testa alla fila due bandiere britanniche e una dei Jaguars, non che una bionda niente male, la franchigia al completo entra a Trafalgar Square passando in mezzo alla gente, tutti siamo convinti che gli faranno fare un giro della piazza per poi dirigersi sul palco.
Fotocamere in mano si inizia a scattare cercando anche di capire quale sarà il miglior momento per effettuare gli scatti migliori durante il passaggio della squadra che nella mente ti immagini avvenga in fondo alle scale su cui stai stazionando, poi però accade quello che non ti immagini, la sagoma della bionda con una radio in mano e scortata da due energumeni si dirige verso quel quadrato transennato rimasto vuoto fino a quel momento. La voce di qualcuno alle tue spalle esclama in inglese, stanno venendo qui!
E per ogni fan del football NFL il momento diventa di quelli storici, di quelli in cui ancora non riesci a realizzare che stai per avere quell’esperienza che racconterai ancora fra 50 anni.
Sembra impossibile, ma quei ragazzoni alti e grossi stanno proprio venendo verso di te, tutto accade in modo così naturale e realizzi che stai per stringere la mano, battere il 5 e scambiare 4 battute con quegli atleti che ritieni mezze divinità e che sei abituato a vedere in tv o al monitor del pc e che mai avresti immaginato di conoscere di persona, ma questa è la NFL, è quel mondo dei balocchi dove i sogni diventano realtà.
All’improvviso ti ritrovi a battere il 5 con Hayes, Blackmon, Shorts, Gabbert, Drew-Jones, Pozluzny e tutti gli altri, sei un 49ers, vestito da 49ers e ti trovi in mezzo alla squadra che 24 ore dopo incontrerai sul campo di battaglia per la conquista di una importantissima W, e si ride, si scherza, si fanno foto e si scambiano battute con una sobrietà che ha dell’incredibile, è una grande festa, è un gran divertimento per tutti, la moglie di Pozluzny che mi chiede se cortesemente per ricordo di famiglia posso scattargli una foto insieme al marito a Trafalgar Square e mi mette in mano il suo cellulare, Babin che si abbraccia me e un altro e si riprende con il telefono mentre io scherzando gli ricordo: lo sai che domani vi battiamo?
E lui la prende a ridere. Blackmon e Hayes che ci sventolano la bandiera dei Jaguars in testa mentre noi gli facciamo il coro LET’S GO NINERS!!!
Il tutto è così sobrio che sembra quasi una rimpatriata tra vecchi amici, ad ogni battuta segue una risata e un 5.
La cosa che più ti resta dentro è la disponibilità e la normalità di quei giocatori, che sono comunque grandi interpreti dello sport che amiamo, che sono miliardari, che dalla vita hanno tutto e potrebbero sentirsi superiori a tutto, ma che in realtà sono persone normalissime, che come te stanno vivendo un’esperienza particolare e la stanno vivendo proprio per come farebbe un qualsiasi tifoso.
Sarà che noi europei siamo abituati diversamente, dove se incontri Venditti e gli chiedi un autografo ti manda a quel paese, dove se incontri un calciatore e gli chiedi una foto lui scappa perché non ha voglia di perdere tempo con la plebaglia.
Sarà che in Europa e soprattutto in Italia siamo abituati ad essere trattati a calci in faccia dalle nostre star, che tutto quello che stai vivendo a Trafalgar Square ti sembra assurdo.
In realtà forse assurdi siamo noi Europei, e tra gli assurdi noi Italiani abbiamo la palma d’oro, lo sai che c’è, che la prossima volta che fai uno dei tuoi schifosi e noiosi film, caro Verdone, te lo va a vedere da solo al cinema, visto che quando incontri le persone per strada le tratti come se fossero dementi!
Le vere Stelle, le vere Star le ho davanti agli occhi e sono dei giocatori di Football che con la loro umiltà stanno inconsapevolmente dando degli insegnamenti che nemmeno l’università più forbita riesce ad dispensare!!!
Ma nel paese dei balocchi, nel mondo della NFL accade sempre qualcosa che fa passare in secondo piano quello che è accaduto prima e lo fa senza però sminuire ciò che è avvenuto nel passato. Sono circa le 16 e finalmente arriva lui, il divino, l’eterno, Joe Cool, Mr 4 Superbowl, Joe Montana!
Le urla di giubilo della piazza lentamente si smorzano e cala il silenzio, un religioso silenzio. A Joe e al presentatore che condurrà l’intervista vengono riservati due sgabelli, è l’unico ospite a cui è riservato uno sgabello, gli altri sono stati intervistati in piedi.
È impressionante la reazione del pubblico presente che calato nel silenzio è concentrato a scattare foto con qualsiasi mezzo a disposizione, sembra quasi una coreografia pianificata a tavolino il vedere tutti con le braccia in alto a scattare, in realtà è solo la voglia di scattare l’istantanea di un altro ricordo indelebile del giocatore più forte nella storia del Football Americano.
Joe parla di vari argomenti, parla dei suoi ricordi rispondendo a domande specifiche su ogni Superbowl da lui giocato e naturalmente vinto mentre sul maxi schermo passano le immagini di quelle partite, lancia qualche palla tra il pubblico e poi parla dell’attuale situazione della franchigia riconoscendo una grande difesa e un attacco che sta iniziando a muoversi nel verso giusto, sì, Joe può permettersi di dire così di un attacco che da 5 partite segna più di 35 punti, forse solo lui può permettersi di farlo nella NFL e pochi altri.
Dopo Joe la festa può finire con una sfida in stile bande musicali universitarie tra i D-Line dei Jaguars e i 49ers Noise.
The Game Day
Arriva il giorno della partita, nella vita di un europeo è raro dirsi: fammi preparare per andare allo stadio a vedere i 49ers, sono cose che ti succedono raramente nella vita, e quando te lo dici all’interno della tua stanza d’albergo sai che quello sarà un giorno speciale, un giorno eccezionale.
L’International Series è una festa della NFL, non conta chi gioca, è una grande festa, è la festa di tutti. Sono presenti i tifosi e i colori di tutte le franchigie della NFL e sta volta anche i Browns sono rappresentati tra il pubblico, unica franchigia i cui colori non avevo visto nella marea di tifosi presenti 3 anni or sono.
Il tailgate party è una sorta di ripetizione più in grande della festa del giorno prima, sta volta però il pubblico è maggiormente coinvolto, è stato allestito un mini campo da football dove si svolgono giochi divertenti che ti fanno trascorrere le ore che ti dividono dalla partita.
Nel piazzale tra un panino e una birra incroci le cheerleaders dei Jaguars che vanno a danzare in abiti succinti da uno stand all’altro.
Ti fermi a guardare le ultime notizie su un piccolo maxi schermo che trasmette NFL Network, fai questa e quella cosa fino a quando risalendo le rampe che portano all’accesso dello stadio vieni investito da un vento che a tratti con difficoltà ti fa riuscire a camminare.
È una sorta di avviso, la mente si mette in modalità partita, sta per svolgersi una partita di Regular Season con in palio una W, improvvisamente per te che sei tifoso di una delle squadre impegnate senti il peso della questione, l’atmosfera di festa inizia a svanire dalle tue membra e a lasciar spazio alla tensione per l’incontro.
Ti chiedi se la copertura di Wembley sarà sufficiente a tenere lontano dal campo di gioco quel vento dall’enorme intensità, ti chiedi questo perché sai che se il vento riuscirà a raggiungere il grid iron allora influirà sul gioco di lancio, sui punt e suoi field goal e inizi a farti i tuoi calcoli, inizi a dare le tue letture alla questione.
Ho deciso, sta volta, di concedermi il lusso del Club Wembley, un modo di andare allo stadio diverso, molto più americano, fatto di confort e di classe, di divanetti al posto delle poltroncine di plastica, fatto di poggia bibite e di assistenza completa. First in class era il motto di Eddie De Bartolo Jr, e se i Niners rigiocheranno a Londra, e credo che nel giro di qualche anno questo riaccadrà, non abbandonerò questa scelta.
Dopo aver goduto degli agi del Club Wembley accedi alle gradinate e ti rendi conto del perché sulle tv lungo i corridoi del Club Wembley, settore a cui si accede da entrate privilegiate e si accede ai vari livelli non con le scale ma con le scale mobili, si utilizzava lo slogan: a quale livello appartieni? Qual è il livello attraverso il quale esprimi la tua fede sportiva allo stadio?
Il Club Wembley in soldoni oltre a tutti i confort, detto in modo più spiccio, è l’anello di mezzo dello stadio che in totale è costituito da 3 livelli. In grandezza è l’anello più piccolo, situato perfettamente nel mezzo.
Da qualunque posto di questo anello la distanza e l’altezza dal campo è perfetta. Vedi i giocatori in faccia e non sei troppo alto, ma allo stesso tempo non sei nemmeno troppo basso perdendo l’importante caratteristica della prospettiva e della profondità. Pur stando all’altezza della endzone con i colori dei 49ers non si hanno difficoltà a riconoscere la conquista di un primo down sulle 20 yards dalla parte opposta del campo.
Il cronometro scorre all’indietro mentre i giocatori di entrambe le squadre effettuano il warm up, che più italicamente è il riscaldamento sul campo.
Dixon già durante questa fase cerca e riesce a scaldare il pubblico.
Altri giocatori sono più concentrati, altri più rilassati, dipende da come caratterialmente si affrontano queste fasi. Una cosa che ti colpisce è vedere come Kyle Williams durante il player warm up effettua un paio di ricezioni ad una mano che se le facesse in partita andrebbe su tutte le copertine dei rotocalchi sportivi d’oltre oceano.
Poi, quasi il tempo accelerasse arriva il momento degli inni nazionali, la mascotte dei Jaguars si lancia dal tetto di Wembley facendo una sorta di bungy jumping, Joe Montana effettua il coin toss e la partita comincia.
Kyle Williams commette fumble sul ritorno ma riesce a recuperarlo e iniziano le imprecazioni di rito, ormai sono iniziati i 60 minuti di football, in questi 60 minuti saremo nemici con quei ragazzoni che appena 24 ore prima ti avevano regalato un’esperienza unica e inimmaginabile.
Che dire della partita.
Vederla allo stadio è molto più semplice capire, è molto più semplice leggere ciò che sta accadendo e perché sta accadendo. Senza perderti nulla di quello che accade in campo, side line comprese, puoi gustarti i duelli uno a uno che si svolgono sullo storico prato verde di Wembley. Cose che la televisione non può farti apprezzare.
Una delle cose che ogni volta ti lascia senza parole è la velocità con cui tutto accade e che la televisione non può farti comprendere a pieno, e con velocità non intendo solo il susseguirsi degli avvenimenti, ma proprio la velocità di tutto, degli stessi giocatori in campo, è impressionante la differenza tra il vedere un’azione in tv e vederla invece allo stadio, sembra quasi di assistere ad un’altra cosa.
Le aspettative sull’incontro non sono deluse, siamo enormemente superiori ai Jaguars, il cui più grande difetto è evidente anche all’occhio meno esperto, semplicemente si trovano ad affrontare situazioni alle quali non sono preparati, ne è un esempio della sgroppata di Miller lasciato solo senza copertura nel flat destro al primo lancio di Kaepernick, ma lungo l’arco di tutta la partita di situazioni a cui i Jaguars non sono preparati se ne susseguono molte. Semplicemente over coached.
Offensivamente diamo spettacolo rispettando il buon nome che nella storia ci siamo creati a livello offensivo, Kaepernick è in palla, lancia e corre in modo sublime, Boldin manca una ricezione che sembra facile, ma poi si rifà poco dopo conquistando un primo e goal con una ricezione da circo in tuffo.
Williams manca un paio di palle, ma poi si rifà lungo lo svolgimento della partita e fa piacere vedere come Colin lo coinvolga in modo maggiore nel gioco offensivo dei Niners.
Frank Gore è semplicemente entusiasmante, ma è tutto il reparto corse a dare prova della sua forza.
Davis è incontrastabile sia come bloccatore che come ricevitore.
Difficile capire chi sia il migliore in campo, Colin esalta il pubblico con le sue giocate, con quel tipo di azioni che lo hanno portato alla ribalta nella NFL e vederlo correre è davvero uno spettacolo unico, sembra un essere mitologico, con l’agilità di una gazzella, la velocità di un puma e la forza di un leone.
Davis prende tutto o quasi tutto quello che gli passa sopra la testa e Gore schianta nugoli di avversari come fosse un carro armato che abbatte fuscelli.
La partita è chiusa nei primi 30 minuti di football dove dilaghiamo mettendo sul tabellone la bellezza di 28 punti.
Difensivamente manca un po’ di pressione, ma per il resto siamo presso che perfetti, i Jaguars non chiudono un primo down nemmeno a pagarlo a peso d’oro e soprattutto non riescono a varcare la linea delle 50 yards.
Nonostante le difficoltà fisiche la linea difensiva tiene alla grande e il resto lo fanno in modo egregio Willis e Bowmann i due gemellini che formano un muro invalicabile per chiunque.
Secondarie perfette, nonostante Henne abbia diverso tempo per lanciare non sa a chi dare l’ovale che stringe in mano, la nostra unica macchia è il non mettere pressione al QB avversario se non attraverso Lemonier in una unica occasione.
Shorts e Blackmon non è che non stiano cercando di fare la differenza, semplicemente però non gli e lo permettiamo.
Da sottolineare un paio di feroci chiusure di Reid e un tuffo di Dorsey per placcare il folletto Jones-Drew davvero da custodire indelebilmente nella memoria a lungo termine, così come lo stile e la tecnica mostrata da Willis e Bowmann nei placcaggi.
Fantastica la veemenza di Justin ‘Cowboy’ Smith.
Un leggero rilassamento lo abbiamo all’inizio del secondo tempo, una cosa che ci può anche stare visto il vantaggio, ci costa in pratica 10 punti, ma è sufficiente tornare a giocare per qualche minuto e mettere in ghiaccio la partita. Vengono tolti i titolari che più necessitano di rifiatare e si entra nell’ultimo quarto dove nel garbage time si vedono ancora delle cose interessanti.
Parte dello spettacolo però è oscuro perché difficilmente lo vedi in tv, e sono gli stacchi delle cheerleaders ad esempio, ma soprattutto il gustarsi l’attività sulla sideline, il vedere come lungo la panchina viene vissuta la partita da uno degli allenatori più sanguigni della NFL e da uno dei coaching staff più egregi della lega.
La partita finisce e mentre ti gusti qualche azione dal canale redzone sui mega schermi ti appresti a goderti ancora la bellezza del club wembley, finita la partita non è finita la festa, si può gustare un aperitivo seduti in uno degli innumerevoli tavoli e commentare con gli altri tifosi quello che hai appena visto, spostarti un po’ più avanti e goderti un piccolo concertino che sembra quasi improvvisato ma che in realtà è ben organizzato e solo dopo un po’, quasi controvoglia ti riavvii verso le scale mobili per lasciare lo stadio.
Ma la NFL è il paese dei balocchi dove i sogni diventano realtà così appena uscito dai gate ti imbatti nelle bande delle squadre che si fanno una mezz’ora di indiavolate suonate di tamburi ritmici e di rullanti e d’improvviso la festa continua, si alzano cori e si balla fin quando esausti ci si avvia lungo Olympic Way per raggiungere la fermata della metro di Wembley Park e sotto una pioggerellina che man mano diventa sempre più intensa c’è un unico nome che viene ripetuto ritmicamente dal pubblico sfollante: Kaepernick! Kaepernick! Colin Kaepernick!!!
Un coro che continua sulla metropolitan line, che echeggia nella stazione di Baker Street dove i fans della NFL iniziano a distribuirsi sulle varie linee della Tube e che arriva fino a Charing Cross passando per la Northern Line.
Un onore, quello riservato a Kaepernick dall’esigente pubblico di Wembley, toccato solo a pochi atleti al mondo anche considerando diverse tipologie di sport… insomma, a quanti è stato riservato il privilegio di essere inneggiato per nome dal pubblico di Wembley che sfolla?
Nella notte San Giuda, la peggior tempesta che abbia colpito il regno Unito negli ultimi 5 anni, colpisce la capitale Britannica.
Venti a più di 130 km orari, pioggia e mare in burrasca, ma Londra non perde la sua compostezza.
Nonostante la mattina del lunedì siano solo due le linee di metro funzionanti nessuno si fa prendere dal panico.
In poco tempo tutto torna alla normalità, e in qualche ora riprendono regolari tutti i servizi, compresi i traghetti sul Tamigi.
La giornata è di quelle indimenticabili, la quiete dopo la tempesta sportiva e meteorologica, il cielo è sereno come raramente accade a Londra dove una giornata tipo alterna schiarite e scrosci di pioggerellina di 10 minuti. Tira ancora un po’ di vento che tende a spegnersi con il passare delle ore, rispetto ai giorni passati fa freddo, ma a Londra a fine Ottobre deve fare freddo, se così non fosse la città perderebbe un po’ del suo fascino, della sua britannicità.
Le ultime ore del soggiorno londinese trascorrono, negli occhi ancora le immagini di quella lunga e intensa esperienza, di quello che Londra con le sue magie ti riesce sempre a regalare, delle emozioni che una città unica al mondo è capace di trasmettere fuse assieme alle emozioni e alla realizzazione dei tuoi sogni che solo la NFL riesce a regalare a chi di NFL vive, respira e sussulta 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno.
Certo, qualcosa non è stato perfetto.
Quest’anno la NFL non ha fatto la palla della partita, ma solo la palla generica dell’International Series.
Il campo di Wembley non era nelle migliori condizioni, duro e compatto con erba troppo corta e spesso diradata, ma la cosa più imperfetta la si nota l’ultimo giorno di soggiorno, è quella sensazione di tristezza che ti assale quando prendi la Piccadilly Line in direzione del Terminal 5 di Heathrow.
Ti chiedi se ha senso fare il viaggio di ritorno e te lo chiedi più che altro perché hai qualcosa dentro che non è sereno nel farlo.
Ma lo fai perché sai che tornerai, sai che riprenderai da dove hai lasciato perché se per l’ennesima volta tu stai lasciando un pezzo di te lì a Londra è anche vero che per l’ennesima volta Londra sta lasciando un suo pezzo dentro di te… e alla fine, per la legge di attrazione universale… i pezzi devono tornare a combaciare e a ricomporsi!