I primi Italiani
   
Ufficialmente lo chiamano Scipionyx Samniticus, perché così si sente più importante, ma i locali alludono a lui come Ciro o, più affettuosamente, Ciruzzo... tanto è poco più grosso di una gallina.
E poi che conta la mole? Neanche Napoleone era un gigante, eppure ...
Ciruzzo era un figlio del Matese (perciò Samniticus) che abitava il massiccio circa 115 milioni di anni fa; viveva tranquillo sulle coste di un'isoletta che si trovava là dove nessuno oggi si aspetterebbe di vedere, a circa mille metri di quota, un arcipelago dal clima tropicale.
A giudicare dai denti doveva essere piuttosto giovane e, come tutti i ragazzi, curioso e ricco di spirito d'avventura. Così un bel giorno, scordandosi del fatto che non era un abilissimo nuotatore, decise di andare a vedere com'era fatta l'isola accanto forse perché aveva adocchiato, fra quelle rigogliose felci, una truccatissima Samnitica che doveva essergli parsa particolarmente affascinante.
Fatto sta che annaspando nelle acque limpide, almeno in superficie, mentre inseguiva il richiamo dei ferormoni, gli venne un crampo allo stomaco: evidentemente non aveva ancora digerito del tutto quella specie di topolino grigio che suo padre chiamava dottamente "protomammifero".
Aveva avuto un bel dire Mamma Samnitica "Sta attento, quella roba è pesante, piena di acidi grassi saturi. Non fare subito il bagno."
Con l'annegamento di Ciruzzo si spense il richiamo dei ferormoni; la sua bella si girò dall'altra parte e sculettando si rimise in cerca di nuove e più promettenti avventure.
Lo Scipionyx affondò lentamente in quella melma quasi priva d'ossigeno che l'avrebbe conservato pressoché intatto per intere ere geologiche. Sic transit gloria dynosauri.
   
Il vero motivo della celebrità di Ciruzzo (a parte l'aver dimostrato il diritto ancestrale dei Sanniti al possesso degli Appennnini centro-meridionali) è costituito dalle eccezionali condizioni di conservazione, non solo dello scheletro che è quasi intatto ma anche di tracce di alcuni organi interni. Si sono salvati la trachea e l'intestino, alcuni muscoli, dei quali è possibile distinguere le singole fibre, e addirittura il fegato che, essendo più grosso di quanto ci si sarebbe aspettato, ha innescato una serie di ipotesi su suoi eventuali usi collaterali, per esempio come pistone per aumentare la ventilazione, come d'altra parte ancor oggi fanno i coccodrilli.
   
Ciruzzo era bipede e carnivoro, proprio come te.
Panorama di Pietraroja (BN) dove è stato rinvenuto Ciruzzo, visto dallo spiazzo antistante il Museo di Paleontologia.
Ma la vita continua.
 

Sì, la vita continua e così, 20 o 30 milioni di anni dopo, dalla parte opposta della penisola, in un ambiente non molto diverso, sta scorazzando un altro giovane dinosauro.
Ci troviamo dove ora sorge il Villaggio del Pescatore, nei pressi di Duino ed alle porte di Trieste.
Qui, ancora adesso, esiste una piccola laguna semifangosa. Quella volta c'era una specie di lago-laguna di acqua dolce, come molti altri disseminati lungo le coste, ricco di alghe, gamberi e pesci.
Qui viveva il nostro ragazzo assieme ai genitori, agli amici e a molti altri dinosauri dal becco d'anatra del branco.
Però, a pensarci bene, forse era una ragazza, ma non lo sappiamo con sicurezza.
Ragazzo o ragazza che sia, era proprio un bel esemplare: 5 o 6 anni, 4 metri di lunghezza ed 1 e 30 di altezza e gli piacevano da matti le appetitose piante acquatiche. Già perchè non era carnivoro come Ciruzzo, ma vegetariano.
Antonio (o Antonia) da bipede correva veloce con le forti zampe posteriori anche se poteva tranquillamente usare tutte e quattro le zampe per spostarsi con più calma.
E forse proprio durante una di quelle scorribande con gli amici, lungo i bordi del lago-laguna, dimentico delle raccomandazioni che anche Mamma Adrosaura faceva spesso, proprio come aveva sempre fatto Mamma Samnitica con Ciruzzo, si è consumata la tragedia.
E come Scypionix, piano piano, anche Antonio, dopo la caduta, si adagiò sul fondo fangoso e venne ricoperto in brevissimo tempo e, grazie ai sali minerali contenuti nell'acqua che penetrarono nelle sue ossa, si potè conservare fino a raccontarci la sua storia.

Giancarlo Scarpa

Ricostruzione al computer dello scheletro completo.
Antonio, dopo e prima della cura.
   

E non è finita!

Molto prima che l'uomo preistorico lasciasse tutte queste testimonianze, altri segni di vita sulla crosta della regione sono stati "fissati" dai sauri. Le ultime rivoluzionarie scoperte registrate dai ricercatori riguardano le numerose impronte (circa trentamila) di dinosauri rilevate ad Altamura, sulla Murgia oggi siticulosa ed assassata, e a San Marco in Lamis, sul Gargano.

Quelle orme datano in milioni di anni la emersione dalle acque della nostra regione e documentano, secondo l'archeologa Donata Venturo, che tra i 120 e i 65 milioni di anni fa, la Puglia era frequentata in lungo e in largo dai dinosauri sia pure di piccole dimensioni (cinque metri circa). Ciò significa che la regione era emersa e che Altamura, oggi in un territorio molto arido e con scarsa disponibilità d'acqua, era sulla linea di costa di un'area acquitrinosa, evidentemente ricchissima di vegetazione, dovendo sfamare branchi di dinosauri (secondo i paleontologi un dinosauro, da solo, per sostenersi, aveva bisogno di 30-40 ettari di prateria alla settimana). E quaranta sono i dinosauri che hanno lasciato le loro impronte nella cava Pontrelli di Altamura estesa 12.000 metri quadrati: se ne andavano tranquilli in un'unica direzione, lungo la costa che doveva collegare, in antico, la Puglia con l'Istria e la Dalmazia.

Impronta di dinosauro sul Gargano.

Testo e immagine sono tratti da PA, 25-26

 
 
 

 

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