Il 31 marzo 2006, al termine di una breve ma interessante presentazione dei progetti di restauro del Santuario di Sant'Antuono (sant'Antonio abate), il Sindaco di Grottole (Matera) ha ritenuto opportuno premiare l'azione dei Fisaini che hanno supportato l'instancabile lavoro di Innocenzo Pontillo e della sua associazione FINISTERRAE volta ad ottenere in primis il restauro citato ed in seconda istanza il ritrovamento dei resti dell'antico abitato di Altojanni, origine dei cittadini stessi di Grottole.

L'inizio dei lavori di restauro, che saranno eseguiti dal Consorzio Ravennate e diretti dall'architetto Prof. Amerigo Restucci, è previsto per l'inizio di giugno 2006. Nello stesso periodo inizieranno i lavori di indagine archeologica eseguiti dall'Università della Basilicata, sotto la direzione della dott.ssa Francesca Sogliani.

In quella stessa data tanto i Fisaini quanto la Sezione di Archeoastronomia dell'Unione Astrofili Napoletani, saranno nuovamente coinvolti, su richiesta dell'architetto Restucci, per effettuare rilievi di natura archeoastronomica.

Franco Ruggieri... [Righel]

 


 
Grottole, panorama dalla valle del Basento   

Il tavolo dei relatori. Da sinistra:
un architetto,
un assessore,
il Prof. Amerigo Restucci,
il Sindaco Angelo De Vito,
l'archeologa dott. Francesca Sogliani,
un archeologo.

 

Innocenzo Pontillo espone le sue osservazioni
 
 

GROTTOLE: Pezzi di storia di Altogianni
di Giacinto Ruzzi


Come un po’ tutti i Paesi d’Italia, anche la Terra di Grottole è densa di tracce e resti di insediamenti umani di epoche lontane. Mi occupo di Altojanni, un buon pugno di terra tra il Santuario di Sant'Antonio abate e Castel Crotula, detto "Quastdduzz", a circa tredici chilometri dal centro urbano.
Altojanni, al di là dei non pochi dubbi circa la sua fedele ubicazione, è nel territorio di Grottole e, quindi, appartiene a Grottole. Si estende in graduale salita dalla valle del Bradano a nord e da quella del torrente Bilioso a sud fino alla sommità del colle che conserva i resti di una torre con un’area circoscritta da un recinto in muratura. Si erge maestosa a 479 metri di altitudine dominante le due vallate che impedivano qualsiasi attacco di sorpresa ed assicuravano un’ottima difesa.
Ogni angolo di Altojanni possiede un fascino tutto suo, particolare, sia che scivoli verso il Bradano, sia che precipiti verso il torrente Bilioso o in altre direzioni.
Su questo fazzoletto di terra ogni giorno si risvegliava ed ogni sera si addormentava un borgo abitato di piccola grandezza che ora non c’è più, perché distrutto o seppellito dal tempo.
Attraverso ipotesi archeologiche che percorrono misteriosamente Altojanni, il luogo consente di ammirare un suggestivo palcoscenico con un ampio ventaglio di grotte rupestri di incomparabile bellezza ed apprezzare quant’altro costituiva l’aspetto antico col vitale agglomerato residenziale.
Nell’area di Altojanni, lungo i pendii tra sterpaglie, piante di fico selvatico ed operosità di formicai, sono ancora visibili bellezze calpestate dall’uomo e contraffatte dal tempo: fosse sepolcrali, granai con una tipologia ricchissima, elementi di case e stalle, resti di muri perimetrali, mattoni e tegole di vario taglio e qualità in profondissima quiete. Tutte tracce che documentano, forse, le fasi del progresso della case, secondo il recitare della storia, le angherie di popoli aggressivi e quindi avversi ad apporti civili, sociali e culturali.
Qui è rimasto un. grande rispetto per il verde e nessuno ruba l’aria. I visitatori rimangono visitatori, devoti del santuario di Sant’Antonio abate, interessati a cogliere con lo sguardo anche i resti artistici di un borgo sempre vivo e sempre morto.
Il resto, si dice, è presenza anonima di tombaroli che hanno creato un effetto archeologico devastante.
E’ tutto quello che rimane di quest’area artistica e naturalistica, archeologicamente delicata, dove un. tempo la campana della vicina abbazia scandiva l’esistenza della vita.
Per inciso dico che l’abbazia è caduta anch’essa nelle prime parole di una leggenda: "C’era una volta", e che da tempo chiede aiuto per ora ancora assente.
Sono convinto che, con la forza politica e con l’impegno, può esserci recupero e valorizzazione dell’intera area archeologica di Altojanni e della vicina abbazia.
E’ bello vedere e capire l’arte a Roma, Firenze, eccetera, ma sarebbe altrettanto bello vedere e capire l’arte per niente conosciuta in piccoli centri di periferie lontane.
Altojanni è un luogo su cui insistevano cento, centocinquanta anime che conducevano una vita non di anime dannate, ma di gente col volto color della terra.
Lo storico Andreucci dice, tra l’altro, che il borgo fu sotto il Principato longobardo di Salerno, dei Saraceni, degli Angioini, degli Aragonesi e di altri popoli che crearono disperazione e silenzi.
Fu feudo sottoposto alla giurisdizione di vari feudatari. Fu sotto il Castaldo di Aderenza, dei Zurbo, degli Orsini, del Principe di Taranto e del Contado di Montepeloso (oggi Irsina). Subì numerosi saccheggi e spesso fu arrossato di sangue. Fu assoggettato da Guglielmo Braccio di Ferro, da Ruggiero il normanno, dal dominio di Giovanni D’Angiò e dal regno di Giovanna II. Dal 1500 di Altojanni non si ha più nessuna notizia.
Lo storico Pasquale Simone lasciò scritto che gli abitanti di Altojanni furono decimati dalla carestia e dalla peste del 1655-56 e da un terremoto susseguente. I superstiti si trasferirono a Grottole.
Definire oggi in sé e per sé la tipologia e le caratteristiche di questo luogo, dire chi ci viveva e come ci viveva in una terra bella, ma difficile, è un vuoto storico che non si lascerà mai colmare.

Qui, oggi, è silenzio e solitudine. Per la verità, è anche profumo di bosco, di lentisco, di menta selvatica e un volteggiare di foglie e di bioccoli di lana rimasti appesi alle spine amare.
Ritengo di poter asserire, però, che alla nascita del borgo la maggior parte delle abitazioni si addentravano nelle viscere della terra tra filoni di roccia e sabbia compatta. Lo spazio interno aveva, sicuramente, molte minute articolazioni. Gli itinerari, poi, dicevano chiaro, sia i percorsi pedonali: sentieri impervi, mulattiere, tratturi tra pietre ed organismi vegetali, zampeggi di pecore, sia la presenza di animali selvatici: cinghiali, tassi, volpi, lepri, istrici, faine eccetera, e sia pascoli con fresche acque sorgive e garriti e voli di uccelli.
Lungo questi itinerari, dunque, l’uomo di Altojanni recepiva le voci complesse della natura e la natura stessa che mascherava, leggiadramente, la fatica e i lamenti in silenzi d’amore, mentre nelle grotte coglieva l’intimità della famiglia e la freschezza impietosa della buona notte.
La storia di Altogianni non è in chi "guarda e tace" e neppure nel "silenzio di chi non ha più nulla da ascoltare, non ha più nulla da dire".
Grottole, 21 maggio 1989

Nota interessante
Da uno scritto relativo alla difesa (territorio, contrada) di Altogianni, custodito presso l’Archivio di Stato di Potenza, al N.158, pag. 1228 si legge: "Lo stesso principe di Bisignano, rispondendo all’azione del Comune per la difesa di Altogianni, oppose che questa si scambiava col nome di altre difese, nelle quali trovavasi oggi suddivisa". E a pag. 1230: "...la Commissione ha avuto presente la verifica fatta dal Tribunale di prima istanza di Matera, dalla quale risulta, che la difesa di Altojanni sia designata anche sotto i nomi di Ortosa, o Ortora, o Orsara".
Grottole, 21 maggio 1989

Ricevuto per e-mail da Innocenzo Pontillo (inno72)
06 gennaio 2002 ore 14.52

Ed ora qualche scorcio panoramico della zona con il Santuario di Sant'Antonio, i supposti resti di Altojanni e la chora.

 

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