Dichiarazione mutoide numero sei.

L’anno mutoide ha una durata ipotecaria. Le stagioni sussultano e singhiozzano dall’una altra secondo un ordine di coppe e spade. Nei pochi giorni di lutto nazionale come il Natale, i mutoidi indossano le mutande scariche, ovvero quelle calate a metà gamba nel gesto atletico del discobolo accattone. I mutoidi hanno una calamitosa attrazione per i ghiacciai alla menta, i cicloni di zucchero filato, le tempeste caramellate, i panforti scordati alla deriva sugli oceani musicali di melassa, per la famiglia che accerchia un panettone pieno di candidati oppositori nei giorni dei guastafeste comandati. I mutoidi sono esseri sensibili e regalano una foresta ad ogni albero di Natale abbandonato dopo le feste. I mutoidi sanno essere padri molto attivi ed attenti, adottando tutte le candele orfane dei nasi colorati dei bambini, restituite alla luce. I mutoidi piangono solo col doping. I mutoidi ridono anche senza il pirsing. Ad alta voce i mutoidi reclamano la scarcerazione iperglicemica della ruggine battendo forte sulla grancarcassata siciliana. I mutoidi più che romantici si sentono rocambolici ed anche pneumatici in caso di maltempo. I mutoidi più che eclettici sembrano illusionisti o calindrici. Da vero igienista, il mutoide naturale si riconosce in pubblico dal fatto che chiede sempre in prestito le dita degli altri, prima di passarsele nel naso stantuffando il contrappunto dell’accordo dei fagioli stufati. Non tutte le dita, naturalmente, fanno il caso del calibro suo. Molte sono quelle scartate, e finiscono nelle caramelle colorate. I mutoidi sono per natura molto attenti al sottile silenzio degli altri. Essi rispettano quello delle innocenti pesche, frammenti marziani, calati per ragioni di intreccio, nel rosso deserto di Alchermes. I mutoidi legalizzano il gioco d’ azzardo del verme solitario. I mutoidi lottano contro l’estinzione delle sorprese fatte di aria e catene di neve. I mutoidi si oppongono all’estradizione dei preziosi denti carati verso quei paesi, come il regno del Pongo, che li vogliono inanellare ai piedini fatati delle show-girls. I mutoidi richiedono il prepensionamento delle gocciolanti olive snocciolate schiacciate in nome della salata crescentizzazione dei mari dell’intera luna, già frittellizzata dalla fantasia di bambini buoni o cattivi. I mutoidi vaticinano la santificazione della serial dentiera che morde il culo dell’ acca giuliva di turno di mille Pol Spots. I mutoidi reclamano la grazia per il pelo penale, condannato prima al fuoco lento della marmellata di gogna e poi al pettine elettrico, perchè sorpreso nell’uovo del labirinto dell’amante da un acaro extremer sciolto senza capo, né penne, né coda. I mutoidi osannano l’ educazione sessuale che spinge all’autoerotismo con i prefissi sconosciuti nelle pastorizzatrici. Come buoni pesci rossi, i mutoidi onorano le parole date sott’ acqua. Per i mutoidi le mani insaponate strette nei bagni turchi valgono il doppio. Anche i colpi di tosse dati sui treni stappati sono tenuti in considerazione dai mutoidi notai, ma in misura di due per uno, e così per i disegni divini espressi nei sogni dei tassisti follemente in corsa nelle mezzanotti infrazionabili. I mutoidi civili rispettano la distanza regolamentare dalle mammifiere barriere architeutoniche. I mutoidi ossequiano i discutibili rigori concessi dall’arbitrio dell’inverno russo e gli angoli ungululanti che pungono pur senza lati, ali ed aliti, i robusti peni di pasta a bicomponente scambiati nei veglionissimi dei pompieri per Santa Barbara. I mutoidi sbeffeggiano i corsi di salsa e salsiccia, le molli esauste dei materassi del volante, gli orologi infettati dal sangue blu, le sveglie morte di noia sulle mille asole deserte dell’ arcipelago di un travestito siero, le cravatte impacchettate alle gole gigliottinate, le incipienti stempiature scoperte sulle automobili appena immacolate, le chiavi con ottocento repliche consecutive, i telefonini che nascondono la cellulite sotto la menopausa dell’agenda dei numeri eternamente componibili. I mutoidi saggiamente amano i difetti delle persone e li scoprono con gioia lanciando tra il pubblico pagante cariche di dinamite pacifista. I mutoidi vivono di momenti e di sentimenti ed esteriorizzano la loro interiorità a colpi di tappi di Ganciafiamme. I mutoidi, che sono nomadi per vocazione, amano l’ asilo che regala loro il sarcofago antropofagotto dopo le notturne circumnavigazioni degli alberi di Natale e in cui si difendono dagli spifferi dei topi d’autore. I mutoidi pentiti che hanno abbandonato l’abito alle sue fodere, si trovano assieme a russare nelle vasche da bagno o a giocare all’Apollo 13 nella centrifuga delle lavatrici vedove. I mutoidi attratti dai cavilli selvaggi s’interrogano sulla costituzionalità delle tette dispari e della funzionale agilità dei peni paralleli. I mutoidi sono esperti collezionisti di peli e non perdono occasione per decantarne pregi e magie per presepi. Se i mutoidi sono distratti dalle centinaia di cose che si contano da sole, sanno però distinguere le segreterie dalle segretarie, gli equini dagli iniqui imitatori, la clonazione delle anime avvelenate dai sotterfunghi di un Luciferro cromato, la blobbazione della vita dalla sobblazione del consumo. Sebbene subiscano un forte richiamo mistico, i mutoidi non credono nelle armate Benemerite, né alle mille anime in cerca di autore. I mutoidi non riducono tutto al dio Cloro, la purga più efficiente sostitutiva di un "Padre Nostro". I mutoidi non scalano la catena del Bancomat, né affondano schiavi e triremi sulla striscia della rete dell’Internet. I mutoidi sanno di essere immortali, ma essendo molto distratti, non lo fanno pesare alle Bilance affondate nelle belle baiadere. I mutoidi giullari, travestiti da palombari con gli assi nella Monica fatale fanno partecipare i loro volti fotocopiati alla commemorazione del cormorano ignoto. I mutoidi celebrano travestiti da anfibi affogati in un bicchiere di caffé, il giorno internazionale della polvere, e questo li rende eternamente felici.

Dicembre 1998

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