Fare mostra di salute e robustezza fisica è la migliore base per l’erezione dell’opera di genio. Eseguendo con infallibile certezza tale principio, tutte le ebbrezze e le vertigini saranno soltanto fughe o paure davanti al compito supremo: la produzione del canone assoluto.

Questa affascinante enunciazione pone fine a pericolose deviazioni che hanno nociuto all’autentica immagine del Nuovo Gruppismo.

E’ un’ebbrezza commovente osservare gli Ultimi Impostori Complicati versare sudore concettuale-e-non nel tentativo di interpretare la psicologia dell’oggetto rappresentato.

A nulla sono valsi surrogati faticosi, bestialità perdute, coliche renali, a nulla, (se non hanno il fisico, restino pure a casa)!

Invece, come tutti sospettavamo, ha trionfato generosamente in baldanza atletica, la prestanza operativa, la smorfia dello sforzo, l’urlo calorosamente animato dalla voluttà della forma. E così brindiamo a quest’alba incipiente che filtra e onora la circostanza più o meno fortuita di un simile evento!

Ci piace, infatti, colloquiare nell’umidità che rende finalmente giustizia alla confusa e sregolata produzione degli abili e furiosi ()così ci piace vederli nell’atto creativo) Maestri Espositori.

Ebbene, sono proprio così: "Belli come angeli e scelti ottimamente"; tipi dinamici, sempre disponibili a corroborarsi mente e corpo con arditi cimenti; ad onorare con bonificazioni addominali, persino gli appuntamenti difficilmente ripetibili. Oppure, come questa notte, sintetizzano il canone artistico sia con le loro opere, cui sono dediti invariabilmente (e pare parlino). E quindi, nell’ora caotica che vede il tramonto della critica a favore dei valori autoctoni, gruppisti, tribali, proprio del nuovo "modello del minuto barbarico", inchiniamoci alla sobria eleganza, alla laboriosa lucidità che trasuda dalle opere, disposte in questo curioso esperimento collettivo.

Senz’altra autorità che quella conferita dalla mia modesta professione di critico d’arte, non posso fare altro che accendere una n.esima Marlboro, ed attendere, la mia attesa del nulla.

GIAMPIETRO G. ZERBINATI

Back - Home