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Quando la legge in Italia?
 
(04/01/2007) - Ragazzini simpatici, intelligenti e capaci di fare un mucchio di cose, animati da molteplici interessi e hobbies, amanti della musica e/o dello sport, appassionati di storia o di geografia, con grandi sogni per il futuro; ragazzini, talora geniali, che però possiedono l’incredibile caratteristica di avere difficoltà a leggere e scrivere in modo corretto e fluente e, di frequente, ad eseguire a mente anche calcoli semplicissimi; ragazzini denominati, dal disturbo che li affligge, dislessici. Essi costituiscono, all’incirca, il 5% della popolazione scolastica e, spesso, le loro storie sono tristi e dolorose, intessute di incomprensione, senso di colpa, frustrazione ed emarginazione. Dalla dislessia non si può guarire, perché la dislessia non può essere curata: non dipende da deficit intellettivi, non è associata a patologie neurologiche e sensoriali, non è causata da problemi psicologici o ambientali. Ha un’origine costituzionale, una base neurobiologica, probabilmente connessa ai meccanismi di apprendimento legati alla cosiddetta memoria inconsapevole. Come tale, è una realtà permanente: dislessici si nasce e si resta per tutta la vita. Le conseguenze della dislessia, tuttavia, nonostante gli ostacoli specifici, o disabilità, dell’apprendimento che essa comporta e/o causa, possono non essere drammatiche, non determinare l’insorgere di seri malesseri psichici (angoscia, inibizione, somatizzazione, aggressività, depressione), non risolversi nel fallimento scolastico ed esistenziale. Perché sia così, è, però, fondamentale che il disturbo sia precocemente diagnosticato e sono poi essenziali, oltre che i trattamenti di rieducazione specialistica, talune misure educative e didattiche idonee a consentire ai soggetti che ne sono affetti una formazione adeguata ed il successo scolastico, evitando accuratamente di interpretare il loro problema come effetto di poca intelligenza, pigrizia e svogliatezza o di stigmatizzarlo con minacce e richiami ossessivi all’impegno, certamente inutili e soventemente dannosi in quanto capaci di indurre insuperabile ansia da prestazione e blocchi, anche irreversibili, di apprendimento. Si tratta di misure strategiche tese a favorire, dal punto di vista umano-relazionale, situazioni di serenità e di benessere, a dispensare da prestazioni imbarazzanti, a compensare - mediante l’uso di strumenti ausiliari anche informatici, la concessione di tempi di esecuzione più lunghi, l’adozione di nuovi modi di insegnamento e di adeguate forme di verifica e di valutazione – le oggettive condizioni di svantaggio. Il problema è di garantire ai dislessici, non assimilabili ai diversamente abili di cui alla legge n. 104/92, pari opportunità di apprendimento e di successo formativo, rendendo effettivo il loro diritto allo studio e non pregiudicando il loro futuro inserimento sociale e professionale. Al riguardo, molto è stato fatto in questi ultimi anni, grazie all’attività dell’AID (Associazione italiana dislessia), costituitasi nel 1997 con sede nazionale a Bologna, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, in generale, ed il mondo della sanità e dell’istruzione, in particolare, sulla dislessia, nonché di promuovere la ricerca e la formazione sul problema e di costituire un punto di riferimento e di aiuto per i soggetti direttamente coinvolti ed i loro familiari. E’ migliorata la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari, premessa indispensabile per diagnosi tempestive, certe e puntuali; le scuole di ogni ordine e grado sono tenute, in base ad apposite circolari del ministro competente, ad adottare misure compensative e dispensative per gli alunni con diagnosi di dislessia, non solo durante il corso degli studi, ma anche per gli esami finali; è in fase di attuazione un progetto che dovrebbe condurre alla formazione e quindi alla presenza in ogni scuola di insegnanti con competenze specifiche sulla dislessia e perciò in grado di rispondere adeguatamente alle questioni relazionali e didattiche che il problema pone, superando così il grave limite della scuola italiana che, solitamente, ha validi docenti per insegnare ai portatori di handicap, ma non ai dislessici che presentano esigenze diverse e peculiari; con diverse università, sono stati siglati protocolli d’intesa, finalizzati ad assicurare ai dislessici la possibilità di raggiungere i gradi più alti degli studi, garantendo loro tutti i supporti necessari. Moltissimo, però, resta ancora da fare affinché le storie a lieto fine dei dislessici non siano soltanto casi sporadici, dovuti a casuali fortunatissime circostanze. Ancora oggi, tantissimi bambini dislessici non sono riconosciuti come tali e per essi restano un miraggio sia la procedura diagnostica sia i trattamenti riabilitativi. La dislessia è un problema che in Italia riguarda complessivamente circa un milione e mezzo di persone, ma l’Italia è tuttora uno dei pochi paesi europei in cui non vi è, per i dislessici, una legislazione, né generale né specifica in materia di integrazione scolastica e universitaria e di inserimento sociale e nel mondo del lavoro. Tale mancanza può essere fondatamente considerata la causa principale del diffuso disagio esistenziale dei dislessici e delle loro abituali interruzioni degli studi, che non solo impediscono la loro realizzazione personale e professionale e costituiscono un’enorme perdita sociale, ma soprattutto rappresentano un fallimento del nostro stato democratico, che, ai sensi dell’art. 3 della costituzione, ha il compito di garantire per tutti i cittadini, indipendentemente dagli status di partenza, il pieno sviluppo della persona umana. Nella precedente legislatura, tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento avevano dato il loro consenso ai contenuti di una proposta di legge tesa a colmare il vuoto normativo italiano e a riconoscere e tutelare la dislessia (ed anche la disgrafia/disortografia e la discalculia) quale disturbo specifico dell’apprendimento. Attualmente tale proposta, ripresentata all’inizio della presente legislatura nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, è all’esame, in sede referente, delle Commissioni Istruzione e Cultura della Camera e del Senato. Sarebbe oltremodo auspicabile che maggioranza e opposizione superassero al riguardo le loro contrapposizioni frontale, operando con la dovuta sensibilità umana sociale e politica, e giungendo rapidamente all’approvazione della legge che da tanto tempo ormai si attende. La sua importanza è di tutta evidenza. Costituirebbe, infatti, il quadro giuridico necessario a garantire finalmente a tutti i dislessici il diritto alla diagnosi, all’identificazione, alla riabilitazione, alle pari opportunità, alle misure didattiche dispensative e compensative, ai provvedimenti di aiuto nella vita sociale e lavorativa, ad un futuro migliore. E’ una questione di civiltà, è una questione di giustizia.
Nino Carabellò  Fonte: www.imgpress.it

 

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