Sant’Euplio
Il
mio tredicesimo componimento è dedicato a Sant’Euplio, uno dei patroni di
Catania[1].
Riguardo alla vita di questo santo, possediamo gli atti del suo martirio in due
redazioni: l’una greca, molto succinta, l’altra latina, in cui sono presenti
diversi particolari in più. I documenti fanno riferimento al primo editto di
Diocleziano (304): quest’imperatore, il cui principato fino allora era stato
improntato ad una sostanziale tolleranza religiosa, inopinatamente decise di
perseguitare i cristiani impedendone il culto e intimando la consegna dei loro
testi sacri. L’editto ebbe efficacia in tutte le regioni dell’impero, anche
in Sicilia, dove era corrector, cioè
governatore, un certo Calvisiano[2].
Euplio, che, secondo la versione latina, era un diacono, il 29 Aprile di
quell’anno si presentò presso il palazzo di Calvisiano recando una copia del Vangelo
e professò la sua fede: «Sono cristiano e voglio morire per il nome di Cristo».
Il governatore gli domandò da dove provenissero le sue carte ed il martire
rispose che gliele aveva consegnate il suo signore, Gesù Cristo. Calvisiano,
sprezzantemente, gli chiese di leggere qualcosa dal suo libro ed Euplio
acconsentì: Beati coloro che sono perseguitati per la giustizia, perché
loro è il regno dei cieli (Matteo
5.10); Chi vuole venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua
(Marco 8.34). Calvisiano, vedendolo
fermo nella sua posizione, ordinò che fosse imprigionato e sottoposto a
tortura. Il 12 Agosto Euplio fu ricondotto al cospetto del governatore, che tentò
d’indurlo a recedere dai suoi propositi e gli garantì la vita in cambio
dell’abiura e del sacrificio agli dei tradizionali: «Sciagurato, adora gli
dei, Marte, Apollo ed Esculapio». Euplio ribatté di credere in un’altra
triade: «Adoro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; adoro la santa trinità,
all’infuori della quale non vi è altro dio. Periscano gli dei che non fecero
il cielo e la terra e ciò che è contenuto in essi». Calvisiano si arrese a
tanta costanza e condannò Euplio alla decapitazione: il santo accettò
serenamente il verdetto ringraziando Cristo. Al suo collo, in segno di scherno,
vennero appese una copia del Vangelo ed una scritta in cui si motivava la ragione
della condanna, il che ricorda il noto particolare della crocifissione di Gesù,
quando fu collocata sulla croce un’insegna nella quale si leggeva: “Gesù di
Nazareth re dei Giudei”. Euplio, continuando a rivolgere i suoi ringraziamenti
a Cristo, porse la gola al boia e fu decollato. Alcuni suoi correligionari in
seguito ne recuperarono la salma e le diedero sepoltura. La Chiesa Romana
festeggia questo santo nel giorno del martirio, cioè il 12 Agosto; anche la
Chiesa Greca venera Euplio, ma un giorno prima, l’11 Agosto. Le spoglie di
Sant’Euplio furono verosimilmente trafugate da Giorgio Maniace nel 1040,
insieme con quelle di Sant’Agata, Santa Lucia e San Leone: oggi si trovano a
Treviso (cfr. Giuffrida, p. 157) o,
secondo altri, a Trivico in provincia d’Avellino (Correnti,
p. 143). La più nota chiesa a lui dedicata, eretta nel 1548, è stata distrutta
dai bombardamenti alleati del 1943: i pochi resti, consistenti in alcune
decorazioni, negli stucchi dell’abside e in dodici medaglioni che riproducono
gli apostoli, furono restaurati ed esposti all’attenzione dei visitatori nel
1978. Per chi voglia saperne di più,
Vito Maria Amico, Catana
illustrata sive sacra et civilis urbis Catanae historia, traduzione di Vincenzo di Maria, Catania 1989, pp. 272-281;
Santi Correnti, La
città semprerifiorente, Catania 1976, p. 143;
Tino Giuffrida, Catania,
dalle origini alla dominazione normanna, Catania
1979, pp. 154-158;
The
acts of the Christian Martyrs, introduction,
texts and translation of Herbert Musurillo,
Oxford, 1972, pp. 310-319 (contiene il testo originale degli atti greci e di
quelli latini, accompagnato da una traduzione inglese);
Giuseppe Rasà Napoli, Guida e breve illustrazione
delle chiese di Catania e sobborghi, Catania
1900, pp. 281-283.
Sant’Euplio
Promulgò
Dïocleziano
a
sorpresa un empio editto
con
il quale al pio cristiano
il
suo culto era proscritto;
una
cupa ombra discese
sopra
i tetti delle chiese,
dopo
il bando chiuse tutte
ed
alcune anche distrutte;
e
perfino la lettura
nelle
case fu vietata
della
mistica Scrittura,
Verità
da Dio svelata.
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura
d’artigiani».
Si pretese la consegna
d’ogni copia del Vangelo
ispirato da Chi regna
sulla terra e sopra il cielo;
per poterne fare un rogo
si cercava in ogni luogo,
si pagava con la vita
una Bibbia custodita
a dispetto del divieto;
non restava, per paura
del terribile decreto,
che ritrarsi o fare abiura.
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
A Catania, nella corte
del prefetto Calvisiano,
all’ingresso un grido forte
risuonò: «Sono cristiano
e perciò morire io voglio,
per salire fino al soglio
di Gesù, che giacque morto
nella tomba ed è risorto».
Era Euplio, un uomo pio
e devoto alla Parola
ch’ebbe origine da Dio
e che gli uomini consola.
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
Calvisiano, stupefatto
per l’audacia dell’intruso,
che gli parve mezzo matto,
e restandone confuso,
ribatté con aria smorta:
«Chi gridò, varchi la porta»,
ed il martire cristiano,
col Vangelo aperto in mano,
mise allora dentro il piede;
l’altro, come l’ebbe visto,
domandò: «Chi ciò ti diede?»,
ed Euplio disse: «Cristo».
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
L’empio ingiunse, sbigottito,
pur mostrandosi mordace:
«Del volume proibito
leggi quel che più ti piace».
Non un solo istante in forse,
il suo libro Euplio scorse
e poi subito, al suo punto
prediletto essendo giunto,
lesse a tutti ad alta voce:
«Chi mi vuol venire appresso
con sé prenda la sua croce
e rinneghi anche se stesso».
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
Calvisiano urlò: «Sia messo
in prigione: alla tortura
posto innanzi, il reo confesso
sceglierà di fare abiura».
«O Signore, io Ti ringrazio,
nel Tuo nome pena o strazio
più non temo e sarò forte
nel momento della morte,
purché tu mi resti accanto
e lenisca i miei dolori»
così prese a dire il Santo,
dagli sgherri tratto fuori.
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
Era il dodici d’agosto
quando Euplio, a mille pene
e tormenti sottoposto,
con i ceppi e le catene
fu condotto in tribunale,
dove il presule imperiale,
per ridurlo al proprio culto,
gli promise un pronto indulto:
«D’Esculapio, Apollo e Marte
i tre numi santi adora
e ripudia le tue carte».
Gli rispose l’altro allora:
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
Fu fissata la sentenza:
«Gli sia mozza l’empia testa
per l’aperta irriverenza».
Sant’Euplio accolse in festa
la temibile condanna,
intonando lieti osanna:
«Gesù Cristo, Ti ringrazio,
dalla vita io parto sazio».
Fermo il collo, a cui sospeso
fu per beffa il suo Vangelo,
porse al boia ed era teso
il suo sguardo estremo al cielo.
«Credo nel Padre, Artefice
dell’universo
intero,
credo
nel Figlio, Archetipo
divino
ed uomo vero,
credo
nel Santo Spirito,
Dio
che da Dio procede;
questa
è la sola Trïade:
folle
chi non vi crede
e
prega idoli vani,
fattura d’artigiani».
Marco Tullio Messina
[1] Sulla forma del nome c’è discordanza: nella fonte greca si legge Eâploj (Éuplos), mentre in latino la grafia è incerta tra Euplus e Euplius. Io, anche per ragioni metriche, ho mantenuto grafia ed accento popolari, cioè Eǘplio.
[2] Su questo titolo, cfr. Adolf Holm, Storia della Sicilia antica, III vol., San Giovanni La Punta 1993 (trad. it.), pp. 641-642. Nel mio carme, ho tradotto in modo improprio corrector con prefetto.