Federico Garcia Lorca

Poeta e Drammaturgo Spagnolo

Nasce a Fuentevaqueros, vicino a Granada nel 1898.
E' considerato il più popolare poeta di lingua spagnola e uno dei principali
rappresentanti del teatro moderno. La sua poesia, centrata principalmente sui
temi del destino e della morte, affonda le radici nella cultura andalusa,
caratterizzata da una fusione di elementi arabi e gitani.
I suoi versi cantano passioni umane elementari in una forte compenetrazione
di sogno e realtà. I lavori teatrali, oltre a far propria l'eredità dei canti gitani,
mutuano elementi dei canti tradizionali spagnoli e della poesia surrealista.
La lingua fonde spontaneità e raffinato lirismo, creando immagini sorprendenti e originali metafore

Il 17 luglio 1936 scoppia l'insurrezione militare contro il governo della Repubblica:
inizia la guerra civile spagnola. Il 19 agosto Federico García Lorca, che si era
nascosto a Granada presso alcuni amici, viene trovato, rapito e portato a Viznar,
dove a pochi passi da una fontana conosciuta come la Fontana delle Lacrime,
viene brutalmente assassinato senza alcun processo.

Luna

La luna venne alla fucina
col suo sellino di nardi.
Il bambino la guarda,guarda.
Il bambino la sta guardando.
Nell'aria commossa
la luna muove le sue braccia
e mostra, lubrica e pura
i suoi seni di stagno duro.
Fuggi luna, luna.
Se venissero i gitani
farebbero con il tuo cuore
collane e bianchi anelli.
Bambino, lasciami ballare.
Quando arriveranno i gitani,
ti troveranno sull'incudine
con gli occhietti chiusi.
Fuggi luna, luna, luna.
che già sento i loro cavalli.
Bambino, lasciamo, non calpestare
il mio albore inamidato.
Il cavaliere si avvicinava
suonando il tamburo del piano.
Nella fucina il bambino
ha gli occhi chiusi
Per l'uliveto venivano,
bronzo e sogno, i gitani.
Le teste alzate
e gli occhi chiusi
come canta il gufo,
ah, come canta sull'albero!
Nel cielo va la luna
con un bimbo per mano
Nella fucina piangono
gridano i gitani.
Il vento la veglia, veglia.
Il vento la sta vegliando.

Piaghe d'Amore

La luce, questo fuoco che divora.
Questo paesaggio grigio che m'attornia.
Questa pena per una sola idea.
Quest'angoscia di cielo, terra e d'ora.

Questo pianto di sangue che decora
lira senza timbro, torcia senza presa
Questo peso del mare che mi frusta.
Questo scorpione che attende entro di me.

Ghirlanda d'amore, letto di ferito
sono e di insonne, sogno la presenza
tua nel fondo in rovina del mio petto;

e se ricerco una vetta di prudenza
il tuo cuore mi dà una valle densa
di cicuta e passione d'aspra scienza.



 

Oh Voce Occulta dell'Amore Oscuro

Oh voce occulta dell'amore oscuro!
oh belato senza lana, oh ferita,
camelia sfiorita, ago di fiele,
flusso senz'acqua, città senza mura!

Oh notte immensa di linea sicura,
monte celeste di protesa angoscia!
Cane nel cuore, oh voce inseguita!
Silenzio senza fine, iris maturo!

Voce ardente di gelo, via da me!
Non farmi perdere nella sterpaglia
dove gemono carne e cielo sterili.

Libera il duro avorio della testa,
pietà di me, spezza il mio dolore!
Perché sono natura, sono amore!


 

Notte dell'Amore Insonne

Notte alta, noi due e la luna piena;
io che piangevo, mentre tu ridevi.
Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti
attimi e colombe incatenate.

Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.

L'alba ci ricongiunse sopra il letto,
le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.

Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi rami
sopra il mio cuore nel sudario avvolto

Quando spunta la luna
tacciono le campane
e i sentieri sembrano
impenetrabili.
Quando spunta la luna
il mare copre la terra
e il cuore diventa
isola nell’infinito…

New York

Sotto le moltiplicazioni
c'è una goccia di sangue d'anatra.
Sotto le divisioni
c'è una goccia di sangue di marinaio.
Sotto le somme, un fiume di sangue tenero;
un fiume che viene cantando
per i dormitori dei sobborghi,
ed è argento, cemento o brezza
nell'alba bugiarda di New York.
Le montagne esistono, lo so.
E le lenti per la saggezza,
lo so. Però io non sono venuto a vedere il cielo.
Sono venuto per vedere il sangue torbido,
il sangue che porta le macchine alle cateratte
e lo spirito alla lingua del cobra.
Tutti i giorni si ammazzano a New York
quattro milioni di anatre,
cinque milioni di maiali,
duemila colombe per il gusto degli agonizzanti,
un milione di vacche,
un milione di agnelli,
e due milioni di galli,
che lasciano i cieli a pezzi.
E' meglio singhiozzare affilando il coltello
o assassinare i cani nelle allucinanti cacce,
piuttosto che sopportare all'alba
gli interminabili treni di latte,
gli interminabili treni di sangue
e i treni di rose ammanettate
dai commercianti di profumi.
Le anatre e le colombe,
i maiali e gli agnelli
pongono le loro gocce di sangue
sotto le moltiplicazioni,
e le terribili grida delle vacche munte
riempiono di dolore la valle
dove l'Hudson si ubriaca di nafta.
Io denuncio tutta la gente
che ignora l'altra metà,
la metà irredimibile
che alza i suoi monti di cemento
dove palpitano i cuori
degli animaletti che si dimenticano
e dove cadremo tutti
nell'ultima festa dei trapani.
Vi sputo in faccia.
L'altra metà mi ascolta
divorando, cantando, volando nella sua purezza,
come i bambini delle portinerie
che portano fragili bastoncini
nei vuoti dove si ossidano
le antenne degli insetti.
Non è l'inferno, è la strada.
Non è la morte, è la bottega di frutta.
C'è un mondo di fiumi spezzati e distanze inaccessibili
nella zampetta di questo gatto spezzata dall'automobile,
e io sento il canto del lombrico
nel cuore di molte bambine.
Ossido, fermento, terra scossa.
Terra tu stesso che nuoti tra i numeri dell'ufficio.
Che vado a fare, mettere in ordine i paesaggi?
Mettere in ordine gli amori che poi sono fotografie,
che poi sono pezzi di legno e sorsate di sangue?
No, no; io denuncio.
Io denuncio la congiura
di questi uffici deserti
che non diffondono le agonie,
che cancellano i programmi della selva,
e mi offro per essere mangiato dalle vacche munte
quando le loro grida riempiono la valle
dove l'Hudson si ubriaca di nafta.

Come son pesanti i giorni,
A nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto è vuoto,
tutto è freddo e senza pietà,
ed anche le care limpide stelle
mi guardano senza conforto,
da quando ho appreso nel mio cuore,
che anche l'amore può morire.


Giaccio da solo nella casa silenziosa,
la lampada e' spenta,
e stendo pian piano le mie mani
per afferrare le tue,
e lentamente spingo la mia fervente bocca
verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi
- e all'improvviso son sveglio,
ed intorno a me la fredda notte tace,
luccica nella finestra una limpida stella -
o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
dov'e' la tua dolce bocca?
Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
e veleno in ogni vino;
mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
essere solo
essere solo e senza di te!

E' vero

Ahi, che fatica mi costa
amarti come ti amo!
Per il tuo amore mi duole l'aria,
il cuore
e il cappello.
Chi mi compra
questo nastrino
e questa tristezza di filo
bianco, per tessere fazzoletti?
Ahi, che fatica mi costa
amarti come ti amo!

La canzone,
che non dirò mai,
dorme sulle mie labbra.
La canzone,
che non dirò mai.
Una lucciola stava
sopra le madreselve,
e la luna pungeva,
con un raggio nell'acqua.
Allora io sognai,
la canzone,
che non dirò mai.
Canzone piena di labbra
e di alvei lontani.
Canzone piena di ore
smarrite nell'ombra.
Canzone di viva stella
sopra un giorno eterno.

Solo il Tuo Cuore Ardente... e Niente Più.


Il mio paradiso...
... un campo senza usignolo né lire,
con un fiume discreto e una fontanella.
Senza lo sprone del vento sopra le fronde
né la stella che vuole essere foglia.
Una grandissima luce
che fosse lucciola di un'altra,
in un campo di sguardi viziosi.

Un riposo chiaro e lì i nostri baci,
nèi sonori dell'eco,
si aprirebbero molto lontano.
Il tuo cuore ardente, niente più.


Sonetto del Dolce Lamento

Temo di perdere la meraviglia
dei tuoi occhi di statua e la cadenza
che di notte mi posa sulla guancia
la rosa solitaria del respiro.

Temo di essere lungo questa riva
un tronco spoglio, e quel che più m'accora
è non avere fiore, polpa, argilla
per il verme di questa sofferenza.

Se sei tu il mio tesoro seppellito
la mia croce e il mio fradizio dolore,
se io sono il cane e tu il padrone mio

non farmi perdere ciò che ho raggiunto
e guarisci le acque del tuo fiume
con le foglie dell'autunno mio impazzito

 

Citazioni

 

Volafarfalla

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