PARROCCHIA DEI SANTI

SEBASTIANO E ANTONIO DI PADOVA

SCARCELLI - CAVALIERE

 

CHIESA S. ANTONIO DI PADOVA – SCARCELLI

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anno sociale 2005/2006

 

Luca  9. 37 - 50

 

Appena Gesù giunge con  i tre apostoli alle falde del monte, dove è avvenuta la sua trasfigurazione, una gran folla gli viene incontro, ma le  persone rimangono meravigliate, perché non capiscono il vero significato del suo insegnamento e delle sue opere; questa mancanza di fede fa intuire a  Gesù  l’insuccesso della sua predicazione .

Ma, ecco, dalla folla staccarsi un uomo che si avvicina a Gesù, dicendo con voce supplichevole:

« Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio  figlio, perché è l’unico che ho. Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli  grida, lo scuote ed egli dà schiuma dalla bocca e solo a fatica se ne allontana lasciandolo sfinito. Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti  ». 

La  preghiera del disperato padre: ( “Ti prego”, aggiunge rivolgendosi a Gesù, al quale  basterebbe rivolgere lo sguardo verso il suo unico figlio per guarirlo), getta luce all’inizio sulla situazione; ad esse segue la descrizione dei sintomi della malattia: quando lo spirito del male lo invade, egli cade in convulsioni, getta gridi, schiuma dalla bocca, poi tutte le membra si irrigidiscono, e, quando il demonio cessa il suo assalto e lo abbandona, egli rimane a terra stecchito.  Ha chiesto agli apostoli di guarirlo, scacciando lo spirito maligno dal suo corpo, ma loro non ci sono riusciti.

Gesù, prima di rispondere all'infelice padre, si lascia sfuggire parole indignate verso i presenti.

«O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò?».

 Questo rimprovero, secondo taluni, sembra coinvolgere direttamente gli apostoli; secondo altri è diretto alla folla presente; per altri, invece, è diretto al padre del fanciullo.

Inviando gli apostoli  in missione, Gesù aveva dato loro il potere di cacciare i demoni dagli ossessi, e spesso l'avevano fatto con esito felice, ma questa volta erano stati impotenti. Il motivo è che il potere di liberare dal demonio appartiene solo a Dio, non all’uomo. Il discepolo può esercitarlo nella fede, soltanto come un qualcosa che appartiene a un altro a cui rivolgersi con la preghiera, ma non come cosa propria.

Quindi con voce serena e tranquilla ordina al padre : «Conducimi qui tuo figlio ». Glielo conduce. Ma, appena il demonio si trova alla presenza di Gesù, scaraventa violentemente per terra il fanciullo, il quale si contorce e si rotola, emettendo schiuma dalla bocca.

Allora, con parole minacciose,Gesù comanda al demonio di uscire da lui; da quell’istante il fanciullo è guarito e lo consegna al padre.

La folla presente  resta sbalordita; comprende quanto sia grande Dio e l’entusiasmo scoppia come a Nain, ma non si parla del messaggio che viene colto, ci si limita a descrivere la gente fuori di sé, conscia che Dio è intervenuto con potenza; non c’è alcun riconoscimento di fede nei riguardi di Gesù . Mentre tutti sono meravigliati, Gesù dice ai suoi discepoli  « Mettetevi bene nelle orecchie queste parole : ”Il Figlio dell’uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini” ». Gesù annuncia così una seconda volta la sua passione ai discepoli. Questo discorso è duro per i discepoli .Il testo dice che era troppo oscura la sua parola,velata, nascosta, perché ne potessero capire il senso.In poche parole : essi appaiono qui come coloro a cui non è dato conoscere i misteri del regno di Dio. Ma perché non è dato?  Perché hanno paura di interrogarlo su quello che aveva detto? Forse ciò che intravedono li spaventa: il loro destino non è separabile da quello di Gesù. Ecco ciò che intuiscono e ne rimangono turbati. Appaiono qui su posizioni diametralmente opposte  riguardo all’esperienza che Gesù  sta vivendo; i loro interessi sono altri : si guardano, si sentono un gruppo in via di organizzazione e si chiedono chi di loro  sia il più grande .Gesù lo indicherà successivamente, però prima vuole porre  le basi della sua opera e con pazienza indica loro la strada.

Preso un bambino, lo mette accanto a sè .Poi dice: « Chi accoglie questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato».Gesù in tal modo offre un criterio ai suoi perché sappiano dirsi se davvero sono disposti ad accogliere Lui ed il Padre, proprio come Egli si presenta, cioè Messia sofferente e figlio di Dio. Solo quando i piccoli, i poveri, gli emarginati dalla società hanno il posto che compete loro nella comunità, la comunità ha davvero accolto il suo Signore: così facendo essa vive davvero la stessa esperienza di donazione che Gesù sta vivendo o ha vissuto.È consuetudine che nella società i grandi,i più importanti siano serviti dagli altri. Invece  nella comunità che ha Gesù come Signore il più grande deve donarsi come Lui al servizio di chi è più piccolo, affermando che « Il più piccolo tra voi tutti è il più grande ».

Gesù sogna una comunità di umili e di piccoli. I piccoli sono tutti coloro che non contano, che vengono dopo. Il Vangelo non dice che i piccoli sono gli unici che possono appartenere alla comunità, dice però che la comunità deve  prediligerli e avere molta cura di loro, come fa Gesù. Il verbo “accogliere” significa ascoltare, rendersi disponibili, ospitare, porsi al servizio. “Nel suo nome” significa accogliere il piccolo come Gesù lo accoglie e trattarlo con rispetto come se fosse lo stesso Signore. L’annotazione che i discepoli si contendono il primo posto mostra con evidenza che la comunità dei primi discepoli  non è ideale: (si discute già sul problema dei “posti”e questo è un fattore certamente non positivo). Seguire Gesù significa, in definitiva, rinunciare ad ogni forma di integrismo.

L’esorcista estraneo, che scaccia i demoni nel nome di Gesù pur non appartenendo al suo gruppo, provoca l’indignazione dei discepoli. Secondo Giovanni, hanno fatto bene  a proibirgli di farlo? L’azione liberatrice non dovrebbe manifestarsi solo all’interno del loro gruppo; in tal caso sembrerebbe una preoccupazione in difesa di Gesù. In realtà,  la bontà di Dio agisce anche al di fuori e il discepolo non deve provarne invidia.

È evidente la pretesa umana di volere controllare tutto, di aver il monopolio anche di questi poteri o carismi che solo Dio può possedere ed esercitare.

Gesù,  istituendo la sua Chiesa, non si è legato le mani, non ha chiuso la via a coloro che non ne fanno parte. Come farebbe a crescere la Chiesa? Gesù precede sempre i suoi inviati e prepara il cammino .I suoi inviati ne risconoscono i segni in ogni persona che fa il bene e che agisce anche nel nome di Gesù , pur non facendo ufficialmente parte della sua comunità. Dopo aver parlato in sintesi dei due capitoli cerchiamo di capire quello che Luca vuole trasmetterci in due racconti che hanno entrambi come attori i bambini, ma vogliono evidenziare differenti  realtà Nel Nuovo, come nell'Antico Testamento, i demoni sono identificati con gli idoli e con gli spiriti malvagi, responsabili di diverse malattie e infermità, in particolare delle malattie psichiche. Il malato è un indemoniato, cioè posseduto da uno spirito maligno da cui è impossibile liberarsi da soli.

La missione efficace di Gesù, guaritore di malattie d’ogni tipo, psichiche e fisiche, i suoi interventi manifestano la vittoria del bene sul male, di Dio su ogni spirito o sulla radice stessa di tutti i mali.Non si può negare in questo fatto la realtà della possessione diabolica, anche se i sintomi descritti dagli evangelisti si ritrovano nell'epilessia. La sola e vera spiegazione di questo fatto sta nel modo di operare del demonio, il quale provocava nel corpo del fanciullo da lui posseduto gli stessi effetti prodotti dall’epilessia .

Nel racconto dell’indemoniato geraseno (Luca 8,28-39)egli diviene  il prototipo dei pagani liberati da Gesù, ed è descritto come un uomo alienato e asociale, l’emblema del dominio di satana; infatti, rappresenta  l’alienazione dell’uomo, la perdita di tutte quelle relazioni che costituiscono l’essere umano nel profondo.

Per poter resistere alle insidie del diavolo l’apostolo Paolo  nella lettera agli Efesini, cap. 6.10, ci invita a rivestirci dell’armatura di Dio ed  attingere forza  nel vigore della Sua potenza .I nemici che dobbiamo affrontare non sono creature fatte di sangue e di carne, ma dominatori di questo mondo di tenebra, spiriti del male.Continua dicendoci, se abbiamo superato tutte le prove, di tenere in mano lo scudo della Fede e la parola di Dio e pregare incessantemente, così solo possiamo spegnere i dardi infuocati del maligno.

È sorprendente: di fronte a Satana, Gesù lotta e vince, di fronte all’opposizione dell’uomo non oppone resistenza. Si direbbe che Egli sia insieme forte e debole: forte di fronte al male, debole di fronte alla libertà dell’uomo.

Nel secondo racconto Gesù attira a sé un piccolo fanciullo e, mostrandolo agli apostoli, afferma che nel Regno di Dio, a cui Egli sta per dare inizio, non ci devono essere membri divisi in categorie di maggiore o minore importanza: tutti coloro che ne faranno parte devono essere dediti al servizio degli altri. Conclude perciò ammonendoli che, per entrare nel Regno di Dio, devono  apprendere la semplicità e l'ingenuità dei fanciulli,che, contrariamente ai discepoli, non hanno nessuna pretesa e sono sempre in situazione di totale dipendenza e disponibilità.

È legge di natura che il fanciullo nasca debole, senza facoltà di intendere e di volere, senza difesa contro l'influenza dell'ambiente, dove la sua nascita l'ha collocato. Da ciò deriva per i genitori e per tutti coloro che vengono a contatto con lui l'obbligo di allontanare da lui il male, sia nell'ordine fisico sia  intellettuale e più ancora in quello morale-spirituale.

Nell'atto dei figli ritornati in vita,della restituzione  ai propri cari è implicita, la chiamata ad una nuova vita anche per i genitori stessi ,è la restituzione della speranza, un invito ad aprire il cuore ad una prospettiva diversa;probabilmente cominceranno a pensare alla propria esistenza in modo nuovo e con la consapevolezza di tutte le implicazioni che la strada di Dio offre a chi intende percorrerla; mi riferisco al padre di questo  bambino, alla vedova di Nain (Luca7.11) e alla figlia di Giaro (Luca 8.51); forse le vere persone che dovevano essere “resuscitate” o “guarite”sono loro e l'atto di ridar loro i figli equivale alle parole: “...dico a te, alzati! ” .

Le guarigioni di questi bambini e di tante altre persone simboleggiano  la missione di Gesù in questo mondo,che non è quella del “guaritore ” ma di Colui che purifica, cioè di chi salva dalla  radicalità del male. Le persone, schiave del demonio, sono sorde perché  non sentono più la voce di Dio, mute perché non trovano parole per parlare a Dio; sono epilettiche quelle che in cui le passioni si agitano e si scombussolano; ma, se vogliono, Gesù è vicino a loro, è sempre pronto a prenderle per mano, e, se hanno fede, a sollevarle e restituirle a vita rinnovata e vera.

                                                                                           

                                

                                                                                                                             Famiglia

Scarcelli,11/02/2006                                                                                      Giovanna Smedile

                                                                                                                       Giuseppe Bertino