IL CAMPANILE

 

Il campanile è sempre stato l'orgoglio dei sanvitesi e il simbolo del paese. Esso "si distingue per eleganza avendo le proporzioni di un pilastro dorico, per fondamenta profonde 16 metri, non che per elevazione, mentre dal suolo alla sommità della guglia misura metri 73, tre quarti di quello di S. Marco di Venezia" (Ciconi).

II campanile sorge davanti al duomo, solo un po' spostato a destra, per cui nasconde in parte la visione della facciata. E' a pianta quadrata; in alto, in corrispondenza della cella campanaria, una trifora si apre su ogni lato; è sormontato da un tamburo ottagonale su cui poggia la guglia.

I lavori per la sua costruzione furono probabilmente iniziati negli anni 1461-1465, su progetto di Giovanni di Federigo da Pordenone, che fu anche sovraintendente ai lavori.

Era allora "cameraro" Giovanni di Porcia, alla cui solerzia i sanvitesi dovettero la nuova chiesa. Egli, mentre fervevano i lavori nel contiguo duomo, trovò il tempo e il denaro per incominciare l'edificazione del campanile.

La costruzione vera e propria ebbe inizio probabilmente nel 1484, dopo che era stata abbattuta la casa di un certo Petri. I lavori furono portati avanti velocemente, sebbene fossero serviti trentatre "corsi" di mattoni per le fondamenta. Nel giro di un anno l'elevazione del campanile era giunta all'altezza della prima "ballestriera".

Nel 1490, mentre il Bellunello stava lavorando all'interno della chiesa, il solito Zuan de Porcia, divenuto Podestà, faceva aggiungere altri ottantacinque "corsi" di mattone al mozzicone di campanile, la cui costruzione era rimasta ferma dal 1485 (Metz). Bisognerà attendere fino al 1558 per vederlo finito, per lo meno fino alla cella campanaria, dal momento che tre deputati, fra cui l'Amalteo, raccolgono i fondi necessari per la fusione delle campane, che saranno eseguite dal fonditore Antonio da Salò.

Per il completamento del campanile ci vollero ancora degli anni, per la cronica mancanza di soldi da parte della Comunità. Finalmente nel 1569 aveva anche la guglia, la cui sommità venne ornata da una statua di Orazio Liberale, che aveva ottenuto l'approvazione del perito d'arte Pomponio Amalteo, e che rappresentava il Patrono S. Vito.

Purtroppo nel 1583 un fulmine rovinò la guglia del campanile, di cui i sanvitesi andavano tanto fieri. I lavori di restauro furono eseguiti abbastanza celermente da Jacomo Fratuzzo. Ma il campanile non doveva avere molta fortuna: evidentemente, oltre ad essere l'orgoglio del paese, ne era anche il parafulmine, visto che nel corso di circa 200 anni fu più volte colpito e in parte distrutto da folgori, con evidente imbarazzo del tesoro pubblico.

Nella cella campanaria ci sono 5 campane, delle quali una sola è antica, datata 1565, che un tempo era posta nell'Arengo. Su di essa è inciso il bassorilievo del Santo Patrono con lo stemma della Comunità e l'iscrizione: Z P - L / MDLXV / ARE PUBL. COM. S. VITI.

Nel 1917 le truppe austriache occuparono San Vito e portarono via dal campanile le campane di bronzo per farne cannoni, rispettando solo la più piccola e antica. Nel 1920 furono collocate le nuove campane, fuse con il bronzo abbandonato dal nemico, e le loro iscrizioni ricordano gli eventi di quegli anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su ogni campana:

DACIANO COLBACHINI E FIGLI

FONDERIA PONTIFICIA PADOVA

MCMXX

ME FREGIT FUROR HOSTIS

AT HOSTIS AB AERE REVIXI

ITALIAM CLARA VOCE DEUMQUE

CANENS

(Mi spezzò il furore del nemico, ma dal bronzo del nemico rivissi cantando a chiara voce l'Italia e Dio).

 

Sulla campana maggiore:

MARIA ANNA

SANCTA MARIA ORA PRO NOBIS

A PESTE FAME ET BELLO LIBERA NOS DOMINE

 

Sulla seconda campana:

VITO ANTONIO

SANCTE VITE ORA PRO NOBIS

SOLI DEO HONOR ET GLORIA

 

Sulla terza campana:

SANCTE JOSEPH

SPES AGONISANTIUM ET MORIENTIUM ORA PRO

NOBIS

S. MODESTO NICOLO'

IN TE DOMINE SPERAVI NON CONFUNDAR IN AETERNUM

 

Sulla quarta campana:

CRESCENZIO ROCCO

EXALTARE SUPER COELOS DEUM

 

 

Sulla base del campanile, verso la piazza, è incisa una data:

 

MCCCCLXXXV.

Sul lato nord:

X. P. S. REX VENIT IN

PACE ET DEUS

HOMO FACTUS EST

MDCXXVI

 

 

 

NOTA RENALDIS

L'anno del Signore 1746, adi 30 genaro. Dovendosi demolire il Duomo vecchio di questa Terra, fu in tal giorno trasportato il Santissimo Sacramento nella Chiesa del Pio Ospitale e furono anco trasportate tutte le Reliquie.

2 maggio si diede principio a demolire la Chiesa.

In seguito, dalla munificenza dell'Eminentissimo Sig. Cardinale Daniello Delfino Patriarca d'Aquileja e Principe di S. Vito, nel termine di anni quattro, fu riedificata dalle fondamenta in onore de' Santi Protettori di questa Terra: Vito, Modesto e Cresenza.

1750. Nel giorno delli 31 ottobre fu benedetta solenemente questa Parochiale Chiesa dal Rev.mo Sig. Don Giacomo Annoniani degnissimo Vicario di questo luogo, assistente il Clero ed il Popolo.

Il giorno primo di novembre alle ore 15, si portò l'Eminentissimo Sig. Cardinale Patriarca alla detta Chiesa, accompagnato con acclamazioni dal Clero, dalla Nobiltà e dal Popolo, ed ivi lesse la prima Messa, udì la seconda, e poi si portò alla Chiesa del Pio Ospitale, dove fu solenemente levato il Santissimo Sacramento dal Rev.do Sig. Vicario Manzoni e, processionalmente accompagnato dall'Eminenza Sua, fu riportato nella nuova Parochiale Chiesa, dove fu cantato solenemente il Te Deum, e data dal Rev.do Sig. Don Ottavio Manzoni - altro degnissimo Vicario di questa Terra - la benedizione col Santissimo Sacramento, si ritirò l'Eminenza Sua al suo Castello accompagnato dal Clero, Nobiltà e Popolo incessantemente acclamante. Tutta questa fonzione seguì accompagnata con molti tiri d'artigleria in segno d'esultanza.

Dopo il pranso si portò tutto il Clero in corpo a rendere le dovute grazie a Sua Eminenza per averle fatto una sì sontuosa Basilica; dopo di cui il Sig. Capitanio Co. Cesare Renaldis e Vice Podestà il Co. Bonaventura Manzoni con tutto il Publico Consiglio ed altra Nobiltà, si portorono parimente al Castello e Palazzo di Sua Eminenza, e resero le dovute grazie per avere sollevato il Publico di tanta spesa per la nuova erezione del Duomo, ornato dalla munificenza dell'Eminenza Sua con molte pietre, con un sontuoso organo ed altri ornamenti degni di sua grandezza. Questo secondo complimento fu portato dal Sig. Co. Vice Podestà con somma proprietà. Ricevuti dal Sig. Cardinale Patriarca Principe ambo li complimenti con sommo aggradimento, promise la continuazione della sua grazia a beneficio e vantaggio della Chiesa, del Publico e della Terra.

Continuando, e non mai cessando dal ben fare, l'Eminenza Sua ornò la sagrestia di un sontuoso banco da paramenti, da calici, e da altri utensili; fece fare all'intorno d'essa le sue sedie con li suoi armaretti per li sacerdoti, dove potessero custodire le cose sue.

In oltre fece erigere, a tutte sue spese, un altare di marmo dedicato alle Anime del Purgatorio colla palla di pittura di mano del Sig. Giugno celebre in Venezia.

Fece ancora erigere a suo dinaro due sontuose statue figuranti S. Vito e S. Modesto per ornamento dell'Altar Maggiore.

Adi 24 genaro 1752. Fu ordinato per questo giorno l'universale digiuno per la consacrazione della Chiesa che doverà seguire domani.

Mons. Ill.mo e Rev.mo Vescovo di Concordia Fra Giacomo Maria Erizo Patrizio Veneto venne, da Portogruaro, ed arrivò in Ca' Maniago, dove fu complimentato da due deputati della Magnifica Communità, l'uno il Co. Bonaventura Manzoni e l'altro il Sig. Giacomo Manzoni e da questi levato nelle loro caroze fu condotto in Patriarcato, e dopo poco spazio di momenti fu servito in Chiesa dove nella sagrestia, illuminata per esser tardi, disse col Clero l'Officio. Levato dalla Chiesa, fu accompagnato in Patriarcato dove l'Em.mo Sig. Cardinale Patriarca lo aveva obligato a farsi servire, dalla liberalità di questo Porporato fu fatto trattare il Prelato con tutta la Corte.

Adi 25, il giorno della Conversione di S. Paolo, fu nuovamente dalli Deputati levato il Prelato e condotto alla Chiesa dove fece la solenne Consacrazione, ed anco fece il suo Pontificale solenne. Portò, ed incluse in cassetta di piombo, e depose nella mensa dell'Altar Maggiore le Reliquie di Santa Colomba e di San Clemente papa. La Funzione fu sollenizata con molti tiri d'artiglieria tanto la sera antecedente, quanto questo giorno della Consacrazione. Si fecero pure molti fuochi nella piazza la sera delli 24, e con solenne esultanza fu da tutto il Popolo, concorso per tal funzione, ringraziato il Signore Iddio per aver illuminato l'Em.mo Patriarca ad impiegare tanto dinaro nella erezione della Chiesa, e per ciò non doverà in alcun tempo essere dimenticata la obligazione universale di questa Terra verso un tanto Benefatore.

La sera, Mons. Rev.mo Vescovo di Concordia pernotò in Patriarcato, ed il giorno dietro partì.

Ciò sia ad eterna memoria.

 

 

«Rinaldo Renaldis» (1726-1789)

 

 

 

 

(Udine, Archivio di Stato, Congr. 452, `Estratto della V.da Fraterna di S Nicolò" 1750-1751, foll. 168-171).

 

 

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