Proposta di mozione avente per oggetto

Decisioni del Consiglio Comunale di Seregno in merito al Decreto legislativo 276/03 attuativo della Legge 14 febbraio 2003 n. 30 (Legge Biagi).

IL CONSIGLIO COMUNALE DI SEREGNO

1. In merito alle agenzie di intermediazione di manodopera

premesso che

· il diritto al lavoro é un diritto fondamentale posto alla base della Costituzione Italiana,

· per essere, e rimanere tale, tutti i cittadini devono essere posti nella stessa condizione per l’accesso evitando non solo le discriminazioni etniche, culturali, di religione, di sesso e di espressione politica e sindacale ma anche quelle che possono derivare dalla intermediazione di una merce dotata di una propria intelligenza e personalità;

· con l’intermediazione privata i rischi di una discriminazione di fatto determinata dalla convenienza, come della “buona azione”, di favorire un disoccupato rispetto ad un altro saranno sempre più alti;

· che l’articolo 6, secondo comma, del decreto legislativo 276/2003 prevede la possibilità che un Comune sia autorizzato a svolgere attività di intermediazione di manodopera costituendo una propria “agenzia di intermediazione” secondo quanto previsto dall’articolo 4 del decreto legge citato.

considerato che

· la frammentazione dei soggetti autorizzati alla gestione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro non offre maggiori possibilità di lavoro alle lavoratrici/ori né risponde adeguatamente alle esigenze delle imprese che ricercano personale.

· l’avere introdotto la possibilità a una miriade di soggetti pubblici e privati accreditati, tutti messi sullo stesso piano, di esercitare nel mondo del lavoro intermediazione di manodopera, risponde forse all’esigenza di fare anche della disoccupazione un mercato redditizio dal punto di vista economico e politico, ma metterà in difficoltà il servizio pubblico e creerà una segmentazione istituzionalizzata del mondo del lavoro;

· esiste concretamente il rischio che il pubblico con sempre meno risorse: - tutti i soggetti privati accreditati potranno utilizzare risorse pubbliche, - dovrà accollarsi l’onere di collocare le persone che le varie agenzie non giudicheranno redditizie, senza avere gli strumenti né economici né normativi per esercitare un vero governo del mondo del lavoro;

· tutte le agenzie pubbliche e private sono considerate paritarie e alle Province con i CpI non è neppure assegnato il ruolo di “coordinamento”;

· una simile struttura abbinata a una moltitudine di rapporti di lavoro individualizzati renderà impraticabile un intervento pubblico sulle politiche attive del lavoro;

· le risorse serviranno a pagare gli avviamenti a prescindere dalle caratteristiche professionali delle persone o da quelle del lavoro offerto;

ritiene che

· le amministrazioni locali debbano rispondere a una simile destrutturazione e smantellamento del sistema pubblico che l'U.E. continua a considerare strumento indispensabile, scegliendo la strada del sostegno e rafforzamento di un sistema univoco e pubblico;

· sia necessario che i Comuni Lombardi rifiutino una logica che li porterebbe a costruire in proprio attività di intermediazione e partecipino, invece, con le Province alla costruzione di una rete pubblica che abbia come fulcro i CpI, unici titolari dell’intermediazione;

· specifiche convenzioni tra Province e Comuni possono prevedere la messa in rete di competenze, servizi, anche specialistici, modalità di progettazione e gestionali di politiche attive, di orientamento, di formazione, capaci di rendere effettivo l’incontro tra domanda e offerta, dando pari opportunità a tutte le parti in cerca di lavoro.

· fare intermediazione non vuol dire incrociare due dati e neppure limitarsi a mettere in rete informazioni su chi cerca e chi offre lavoro, ma presuppone un lavoro difficile e costoso sia nei confronti delle persone e delle aziende, il ruolo e le competenze acquisite dai comuni possono essere giustamente valorizzate rifiutando un ruolo improprio di intermediazione e contribuendo alla definizione e alla gestione di servizi complementari alla buona riuscita dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro operando all’interno dell’attività dei CpI;

decide

· di non intervenire sul mercato del lavoro svolgendo attività di intermediazione.

· di contribuire con adeguati finanziamenti al rilancio ed allo sviluppo della rete regionale dei CpI

· di considerare, contribuendo la precarietà lavorativa ad un aumento dei costi sociali a carico del pubblico, l’istituzione di un fondo (da costituirsi con fondi versati dalle società i somministrazione e dalle aziende utilizzatrici) per finanziare politiche di sostegno al reddito (anche sotto forma di agevolazione all’accesso dei servizi pubblici) ed alla maturazione previdenziale per i periodi di inattività dei lavoratori precari.

2. In merito delle funzioni del comune come “datore di lavoro” e come “committente” di lavori”

premesso che

ritiene che

per queste ragioni, le amministrazioni comunali debbano adottare provvedimenti amministrativi e misure organizzative improntate ad evitare che si abbassi la qualità del servizio e delle condizioni di dignità e di sicurezza dei lavoratori interessati, rinunciando ad utilizzare direttamente quelle forme di rapporto di lavoro caratterizzate dalla impossibilità per un essere umano di migliorare professionalmente e nella propria personalità e socialità e della insicurezza crescente, che penalizzano i diritti e non combattono il lavoro nero;

decide quindi

di non utilizzare, nel caso in cui fossero estese al P.I., le forme di prestazione di lavoro meno dignitose quali:

3. In merito all’impiego di lavori svolti tramite contratto con imprese d’appalto

premesso che

il ricorso a lavori in appalto dovrebbe riferirsi a lavori specifici, non continuativi e ripetibili a distanze di tempo lungo;

decide di

· evitare in ogni caso di sottoscrivere contratti di committenza con imprese di appalto che operano come intermediari di manodopera senza svolgere una autonoma attività lavorativa e senza essere fornitori di prodotti e servizi;

· porre a condizione dell’appalto l’impegno a garantire il rispetto pieno delle norme contrattuali e di sicurezza necessarie a garantire un lavoro dignitoso.

4. In merito all’inserimento persone svantaggiate

premesso che

1. per le persone “svantaggiate” l’obbligo di accettare lavori somministrati a termine, con trattamento retributivo e normativo inferiori a quelli dei CCNL;

2. per i Comuni o le Province il compito di stipulare convenzioni con le Agenzie di somministrazione che dovrebbero trovare un lavoro a termine alle persone svantaggiate presso imprese che stipuleranno un contratto di somministrazione;

ritenendo che

questa sia una politica sbagliata, e controproducente, sul piano occupazionale e sociale poiché sancisce una ghettizzazione delle persone svantaggiate, escludendole da ogni prospettiva di lavoro “normale,.

decide di

impegnare la giunta a non stipulare convenzioni con le agenzie di somministrazione e di chiedere alla provincia di condividere tale scelta predisponendo congiuntamente vere politiche per l’inclusione nel mondo del lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori più deboli presenti nel territorio.

5. In merito alla certificazione.

premesso che

· con l’introduzione di ulteriori tipologie di lavoro (si raggiungono oltre 45 tipologie) e una deregolamentazione normativa sia dei “singoli” rapporti di lavoro, che delle possibilità di terziarizzazione dell’impresa (appalti, cessioni, staff leasing), il nuovo decreto legislativo lascia aperti ampi spazi alla contestazione e all’impugnazione da parte delle lavoratrici e dei lavoratori;

· proprio per evitare il contenzioso, dare certezze alle imprese e rendere difficile il ricorso alla Magistratura da parte delle lavoratrici e dei lavoratori il legislatore ha disposto che siano istituite commissioni di certificazione con il compito di certificare l’autenticità dei singoli rapporti di lavoro, la genuinità degli appalti, i regolamenti delle cooperative;

· la norma prevede che la scelta di ricorrere alla certificazione sia volontaria ma è noto che il lavoratore al momento dell’assunzione è la parte più debole, conseguentemente sarà la parte più forte, il datore di lavoro, a scegliere;

· dopo la certificazione i lavoratori potranno ricorrere all’autorità giudiziaria solo per particolari e specificate situazioni e solo se avranno esperito la conciliazione obbligatoria e che gli effetti della certificazione permarranno sino alla sentenza di merito;

tenuto conto che

Con il Decreto Ministeriale del 21 luglio 2004 viene assegnato alle Province il compito di costituirsi come sede di Certificazione

Chiede alla Provincia

· di sospendere l’istituzione della commissione provinciale di certificazione

· di non accreditare alcuna altra istituzione pubblica a questa attività (comuni, scuole, università)

· di non riconoscere attività di enti bilaterali di certificazione nei quali sia assente anche solo una delle parti sindacali.

· di rispondere alle necessità comunque esistenti (e indicate anche dalla legge 276) di sostegno alla stipula di contratti di assunzione con l’istituzione di un servizio di consulenza presso i CpI che aiuti i soggetti deboli alla consapevolezza delle condizioni contrattuali e di legge che stanno alla base dell’assunzione. L’attività di consulenza dovrà quindi operare esclusivamente per garantire e verificare il rispetto e la piena applicazione delle norme contrattuali e di legge vigenti.

6. Indicazioni per le società e gli enti partecipati dal comune di Seregno

decide di

dare indicazione ai rappresentanti del Comune di Seregno nei Consigli di Amministrazione e/o di Gestione delle società e degli enti partecipati di uniformarsi alle precedenti deliberazioni per quanto di propria competenza.

Giuseppina Minotti, Capogruppo del PRC
Seregno, 18 ottobre 2004
Consiglio Comunale di Seregno
Milano - Italia