inua
Sceneggiatutra
OKAPPA
e KAPPAO’
Un
cane meccanico percorre la strada ghiaiosa e in salita
che porta ad una cava abbandonata. Arrivato in cima,
sale su una rupe e guarda dall’alto due uomini che
danno gli ultimi ritocchi ad un ring fatto di pali di
legno e corde dove sta per avere luogo un incontro di
boxe. La banda musicale soffia qualche nota dagli
strumenti, si fanno vive le prime persone.
I
combattenti sono: “Bleck Macigno”, campione di 120
chili ben distribuiti, pelato, con lunghi baffi, molti
peli dappertutto; il “Pugile sentimentale”, atleta
sconosciuto nell’ambiente, non professionista e dalla
corporatura preoccupante, per se stesso.
In
una piccola grotta non distante dal ring, l’allenatore
di Bleck macigno, Pandolfo, fumando un sigaro da’ gli
ultimi consigli e fa un regalo al suo pupillo, un paio
di guantoni nuovi.
In
un’altra grotta vicina il Pugile sentimentale si
rilassa bevendo birra e facendosi massaggiare dal suo
allenatore, Nicky.
Intanto
le persone sono diventate pubblico che scommette, mangia
panini e beve birra.
Una
donna sui sessant’anni fa il gioco delle tre carte ad
un giovane. Altri due osservano la scena curiosi e
divertiti.
Una
bambina di otto anni fa il giro del ring roteando su se
stessa; un’altra bambina della stessa età,
visibilmente più grassa, la imita goffamente.
Cinque
ragazzi in gruppo mangiano panini e bevono birra. Uno di
loro, piccolo di statura, emette un rutto della cui
sonorità appare molto fiero e fa un’espressione di
sfida nei confronti del ragazzo che gli sta di fianco,
più grosso di statura. Questi mette a tacere la
tracotanza del primo con un rutto che zittisce anche il
chiacchiericcio del gruppo.
Arriva
Diana, la donna di Pandolfo. Pandolfo la vede ed esce
dalla grotta per raggiungerla. I due s’incontrano e si
parlano così:
D-
Devo parlarti.
P-
Fa come se fossi a casa tua.
D-
Scopo con un altro da tre mesi.
P-
Non potresti essere più esplicita?
D-
Va bene: sono confusa, non so, ho bisogno di un po’ di
tempo da dedicare a me stessa… con questo non pensare
subito che abbia un altro, già colgo nei tuoi occhi
l’espressione tipica del maschio geloso…
Pandolfo
resta appoggiato sulle corde del ring mentre Diana si
allontana.
Sul
lato del ring opposto a quello in cui Pandolfo è
rimasto a pensare a testa bassa, due ragazzi pizzicano
il sedere ad una donna sui 25 anni, lei fa finta di
andarsene infuriata per poi avvicinarsi e riprendere il
gioco. La ragazza si lascia rincorrere fino a
raggiungere il lato del ring che Pandolfo sta oramai
abbandonando per poi uscire di campo correndo, inseguita
dai suoi amici.
Sullo
stesso lato si incomincia a vedere nel frattempo una
fila di uomini poggiare soldi nelle mani di un individuo
che raccoglie scommesse con aria furtiva. Dal fondo del
ring si avvicinano i tre organizzatori dell’incontro
che è sì clandestino ma di una clandestinità
istituzionalizzata rispetto a quella dell’individuo
appena descritto. I tre così assortiti, una donna
anziana e due uomini giovani e robusti, sono fortemente
intenzionati a mantenere il monopolio delle scommesse
sull’incontro e si dirigono con aria minacciosa verso
l’individuo che sta tentando di infrangerlo.
Quest’ultimo, appena li vede, si allontana dal gruppo
dei suoi clienti e si confonde tra la folla.
Arriva
alla cava anche Canfù, a bordo di un’Ape car; si
tratta di un personaggio di oltre settant’anni, scuro
di carnagione, vestito con la parte superiore di una
tuta da ginnastica, camicia, cravatta e paglietta. Canfù
è seduto su una sedia a rotelle automatica e scende
dall’Ape car grazie all’ausilio di due tavole di
legno; porta in braccio un bella donna sui
quarant’anni, Matilde.
Genà,
il suo figlio più giovane, lo vede da lontano e lo
raggiunge. Si salutano cordialmente e si parlano così:
C-
Genà!
G-
Papà!
C-
Come stai figlio..
G-
Bene papà e tu?
C-
Ti presento Matilde.
Matilde,
sistemandosi la gonna corta, si alza e porge la mano a
Genà.
M-
Piacere.
G-
(divertito)
Piacere.
C-
Figlio me la sposo, ad Ottobre, al santuario di s.
Lucia.
Genà
si fa serio e chiama il padre in disparte.
G-
Papà ma che cos’è questa storia, che bisogno c’è
di sposarsi?
C-
(scuotendo la testa) Non puoi capire.
G-
Vi piace questa donna, siete innamorato… portatevela a
casa e viveteci insieme, ma perché vi dovete proprio
sposare?
C-
Non puoi capire…
Sguardo
interrogativo di Genà.
C-
Era vergine!
Stacco
su Matilde che guarda felice ed ignara.
Stacco
su Genà che guarda Canfù con stupore.
Nel
frattempo la banda circonda Matilde che comincia a
ballare a tempo di musica. Canfù la raggiunge e si
unisce, a modo suo, alla danza.
L’attenzione
della folla viene richiamata dall’alto volume della
musica proveniente da una spider rossa che fa capolino
sul luogo dell’incontro. Appoggiati sulla capote ci
sono un mezzo boss sui venticinque anni, di statura
media, pancetta, baffetti e basette lunghe e due donne
molto truccate che gli cingono i fianchi. L’autista è
un personaggio bizzarro dai capelli rossi, al suo fianco
c’è un uomo grosso e serio, il gorilla del mezzo
boss.
L’autista
parcheggia vicino ad una pozzanghera e il mezzo boss,
scendendo dalla macchina, ci finisce con un piede dentro
e comincia ad inveire e a prendere a calci l’autista.
Subito dopo raggiunge il gruppo dei tre organizzatori e
fa come per autorizzarli a dare inizio all’incontro.
Ma la risposta secca è: “Se non arriva don
Vincenzo non si comincia”. Il mezzo boss torna tra
i suoi e tra l’indifferenza generale.
Distanti
dalla folla sono sedute due ragazze sui venticinque
anni, Anna e Paola. Anna accarezza i capelli di Paola e
si parlano così:
Eri
felice con lui?
P-
(entusiasta) Sì, ero veramente felice…
E
quanto è durato?
P-
(rabbuiata) Questo è molto triste.
Paola
cambia nuovamente espressione e, incuriosita, corre a
vedere chi sta arrivando.
Anna
la segue.
Arriva
finalmente don Vincenzo. E’ a bordo di un side-car
guidato da una donna bellissima e dai modi raffinati.
La
donna, capelli scuri lunghi e stivali neri di pelle,
scende dalla moto e si avvicina alla piccola portiera
del side-car per aprirla. Ecco don Vincenzo, un uomo di
settant’anni, distinto, con un vestito bianco, sigaro
di ottima marca e foulard rosso al collo.
La
folla si gira per guardarlo con rispetto. Il gruppo dei
tre organizzatori gli si fa incontro portando una
bottiglia di vino bianco e due calici. Don Vincenzo
accetta e si incrocia per un attimo con lo sguardo di
Pandolfo che gli manda un cenno di saluto.
Don
Vincenzo si accomoda su una poltrona fatta preparare a
posta per lui, su un punto abbastanza alto della cava,
da dove si può vedere meglio quanto accade sul ring.
Può
avere inizio l’incontro.
L’arbitro,
un omone dai capelli arruffati e i lunghi baffi, si fa
al centro del ring e presenta i due combattenti tra le
urla del pubblico:
Alla
mia destra, 120 chili (tutti ben distribuiti), il
campione, Bleck Macigno!
(urla
scomposte del pubblico)
Alla
mia sinistra, 75 chili di nervi e nervetti, lo sfidante…
(si avvicina all’angolo per farsi dire il nome, Niky
e il pugile sentimentale si consultano) …Il
pugile sentimentale!
(urla)
Al
suono del gong parte la musica di Vladimir Vystotskij.
Le parole della filastrocca “Il pugile
sentimentale”, cantata in italiano da Vinicio
Capossela, descrivono le fasi dell’incontro che si
svolge come una sorta di pantomima rituale. Ciò che
accade è un incontro di boxe ma in realtà si celebra
il senso dell’OKAPPA e KAPPAO’:
Vince
l’incontro il pugile sentimentale, senza aver mandato
a segno neanche un pugno.
Bleck
Macigno si accascia stremato mimando con le labbra
l’ultimo verso della filastrocca:
“…la
vita è proprio okay, pensa un po’, sarà okappa per
qualcuno ma per altri è kappaò!”
La
musica riparte lenta e il pugile sentimentale accenna
goffi movimenti ritmati che si evolvono in una vera e
propria danza alla quale si unisce tutto il pubblico e
lo stesso Bleck Macigno.
Si
torna alla soggettiva dall’alto del cane meccanico e
l’inquadratura si dissolve in una lenta carrellata
ottica estensiva. |